martedì 12 ottobre 2021

SquidGame di hwang Dong-hyuk

 Venti e passa anni fa durante un'intervista televisiva , Verdone disse che uno dei problemi del cinema italiano era che la gente amasse andare a veder film coreani.  Leggenda?Mito? L'ho davvero vista e sentita o me la sono immaginata?E se così fosse perché proprio Verdone? Lasciamo stare e andiamo avanti. Come ben sapete in casa Viganò- Nencini il cinema asiatico è molto apprezzato e considerato, come tutto il cinema di ogni continente che ci emozioni, faccia riflettere o semplicemente sia in grado di intrattenere.

Per questo l'enorme successo di codesta serie ci riempie di gioia e felicità, anche perché è un prodotto totalmente diverso rispetto alle serie occidentali ( quando diciamo occidente ci riferiamo agli Stati Uniti).

Diversa nella struttura non lineare, nei personaggi e nelle loro motivazioni, nel mescolare melodramma e comicità, horror e sentimenti. Ci sono delle zone grigie e sfumature che non sono mai un modo vigliacco per non prender parte e far della filosofia a cazzo come in alcuni prodotti americani. Le sfumature, in questo caso e nel cinema coreano in generale, impreziosiscono i personaggi e li dirigono verso scelte decisive poco dopo.  Sono il momento di ragionamento personale, di paura e coraggio, non un modo per lavarsi le mani dalla responsabilità di scegliere una strada.


Quindi sarebbe interessante analizzare i motivi del successo di una serie così lontana dal gusto occidentale, ma molti preferiscono farci sapere che non la vedranno perché va di moda.  Il conformismo degli anti conformisti, codesto bisogno di stare sempre ai margini, a differenziarsi in ogni caso, a mio avviso meriterebbe una bella serie tv o, meglio ancora, un documentario carico di dramma. Ovvio che siano scelte dei singoli e fanno bene a veder altre cose, migliori e preziose.  A me questa serie è garbata assai. Per quale motivo? Più di uno. 

Partiamo dai personaggi. L'eroe è un classico esempio dell'immaginario cinematografico coreano, un inetto, pigro, indolente parassita che vive sulle spalle dell'anziana madre e spende tutti i soldi nelle scommesse.  Uno di quelli che vive ai margini ma non è del tutto sprofondato nella miseria.  Uno scansafatiche, immaturo, che però ama moltissimo la figlia.  A modo suo cerca di esser un padre, ma non ne ha le capacità volute dalla società. 


Gli altri personaggi sono persone che non hanno avuto successo nella vita. Perché hanno truffato i clienti che si sono affidati a loro per aumentare la loro ricchezza, perché sono nord coreane che al sud si arrangiano anche rubando pur di mantenere il fratello minore o sono pakistani sfruttati sul lavoro e invisibili agli occhi dei più. Per non parlare di chi ha la colpa di essere anziano e malato. Un peso. Da eliminare. Infatti in questo gioco si ritrovano tutti gli indesiderati da parte della opulenta e spietata società coreana. Il cinema di quel paese rappresenta sempre le tensioni sociali tra classi, la violenza come unico mezzo di comunicazione tra persone, non è che se lo siano inventati con Parassite, ma è proprio un modo ben radicato di far cinema, ampiamente bilanciato attraverso ottime commedie romantiche. 

Per cui Squid Game è una serie che intrattiene, ma allo stesso tempo è critica sociale e politica chiara, tagliente, forte. Peraltro mescolando una certa propensione al taglio con l'accetta e la rappresentazione stereotipata dei ricchi malvagi, con sottigliezze e anomalie inserite con delicatezza per rendere più potente il messaggio.  

Quindi personaggi, messaggio politico semplice e diretto ma non banale, inoltre trovo che usi assai bene i richiami ad altri prodotti, contaminando la storia con citazioni prese anche dal cinema occidentale. Non male nemmeno l'idea dei giochi da bambini riletti in modo a dir poco micidiale.  L'infanzia come terreno incontaminato, di giochi con  gli amici, che rivela il suo   volto oscuro (d'altra parte la violenza è quasi sempre presente nei giochi da bimbi ma riletta attraverso la giocosità dei bambini che non conoscono ancora la violenza triste e squallida degli adulti)  perché inquinato dalla noia di chi ha troppo.  Ci sono due riflessioni legate al concetto di aver troppo e aver nulla, il secondo è strettamente collegato al primo. Un gruppo sociale ha fin troppo potere (tanto da decidere anche le lotte delle opposizioni o cosa sia eticamente giusto) e l'altro non ha nulla.Quindi a costoro venga data la possibilità di trionfare e farsi una posizione giocando; in fin dei conti lo fanno sempre scommettendo alle corse, acquistando gratta e vinci, indebitandosi alle slot machine dei bar.  Il danaro e la mera sopravvivenza sono le cose che contraddistingue il genere umano. Per essi sono disposti a tutto. Così la noia di gente troppo ricca e disumana, lascia spazio a un infantilismo legato alla scommessa, al tifo per un giocatore o alla crudeltà più pura e incontaminata, proprio come i bambini nei loro giochi.

Eppure esiste una forza legata alla morale, all'etica, al provar sentimenti di affetto e amore per gli altri, così come esistono persone soccorrevoli, altruiste e generose. Saranno quelle che decideranno di non diventare un servo del potere derivato da avere molti soldi? O qualcuno che serve la legge? O forse solo un uomo troppo arrabbiato e solo? Si prevede una seconda stagione e io vorrei tanto che non si ripetesse la stessa cosa che è capitata con La Casa di Carta, cioè una prima stagione assai piacevole e le cazzate più atroci fin dai primi minuti della seconda.


Ps: il regista ha diretto un ottimo dramma storico The Fortress, visto anni fa al Florence Korea Film Fest. Se lo doveste trovare guardatelo, vale la pena.