mercoledì 29 ottobre 2014

HER di SPIKE JONZE

L'immaginazione fa di tutto per creare mondi lugubri,cupi,apocalittici, ma non tiene mai conto di una costante , nella storia degli esseri umani
Quale sarebbe codesta costante o costanza umana? Quella degli affetti. Tu prendi un uomo fallo vivere in qualsiasi tempo, sotto qualsiasi regime, pure in mezzo all'apocalisse totale,ma il genere umano non smetterà mai di cercare e dare amore.
Ora che sappiamo questa piccola e banale verità, dovremmo comprendere cosa voglia significare: dare amore,e quindi : cercarlo.
Voi lo sapete? Avete una brillante teoria in merito?Mi piacerebbe confrontarle insieme. Credo che da anni stiamo dando troppo spazio, ( per vigliaccheria,comodità, debolezza,per darci un tono,quello che pensi e vuoi tu), a un certo disfattismo e cinismo per paura di metterci in gioco , di condividere la nostra vita o i nostri pensieri. Tutto questo ci fa vivere una sorta di utilizzo dei sentimenti come se fossero dei bisogni fisiologici del momento ,caricati di regole e significati immaginari e irreali,spesso ripresi da pessimi film e telefilm di successo. O da ridicole riviste.
Io credo che l'amore, in tutte le sue varianti,sia invece la radice comune del genere umano. 


Ed essendo questa radice, questa base ,da dove parte tutto, ( gratificazioni e frustrazioni), non abbia regole precise. Sopratutto legate all'oggetto del nostro sentimento.
 L'amore che ci fa ridere e tremare il sangue nelle vene  per la donna, il cane, una città,ogni cosa, non dovrebbe esser tema di scontro da parte di alcuno.  Certo,esistono diversi gradi e scalini,forse,ma non si può e non si deve considerare l'innamoramento , l'affettuosità, il benessere di una persona, di serie a o serie b ,rapportandolo all'oggetto di cosi tanto trasporto emotivo.
Per questo ieri sera, posso dire, ho visto una delle storie d'amore più belle e intense che mi sia mai capitato di visionare: SUA- Her di un regista che non ho mai apprezzato moltissimo,ma che con le sue ultime due sue fatiche , non dico mi abbia fatto cambiare idea,ma sicuramente stimo e apprezzo assai: Spike Jonze.

Oltretutto portando il sentimento dell'amore allo stadio della parola,e dando alla parola l'importanza fondamentale di " creare" la verità e la realtà. Non tanto il fatto concreto, tangibile,è l'elemento del reale,quanto l'averlo immaginato e detto. Perché noi uomini siamo parole dentro a un corpo. E non un corpo che usa le parole.
Questa supremazia della parola,dell'immaginazione, mi piace assai. E l'amore ha molta immaginazione,eh!

Theodore è appena uscito da una relazione , vive solo, sicuramente non è allegrissimo. Però cerca un contatto, non vuole rimanere troppo solo. In parte questo sollievo avviene facendo sesso con sconosciute attraverso le chat vocali,ma non basta. Non riesce però a superare il trauma della rottura e in parte ha paura di impegnarsi davvero,con una donna.  Theo è un uomo sensibile, tanto che fa un lavoro meraviglioso: scrive lettere per avvenimenti importanti, aiutando persone che non sono in grado di metter nero su bianco un loro sentimento.
Un giorno attiva , grazie a una nuova offerta, una " mente artificiale" programma di ultima generazione che ha la funzione di tenere compagnia al genere umano.
Lui la crea secondo le sue esigenze., il risultato è : Samantha.


La vicinanza di una voce, il fatto di parlare quotidianamente con qualcuno, comincia a rendere il solitario Theo, un uomo sul procinto di innamorarsi. Perché spesso è quello che capita. Il potere della comunicazione e complicità,è proprio li che cominciamo a smettere di inventare assurde scuse su quanto si stia bene da soli, su quanto ci bastiamo, e ci abbandoniamo all'avventura della conoscenza di un'altra persona, che pare essere lì apposta per noi. Non è così, non è tanto lei, o io,quanto la voglia di ritrovarci all'interno di un noi. E questo capita a Theodore e Samantha
Si,ma lei non esiste! Lei è una voce che esce da sto smartphone o come si chiama. Il massimo della solitudine, dello squallore. Lui vive una vita irreale,fittizia,la sua è follia.
Perché ? Non diciamo tutti che l'amore ci porti alla follia? Che renda folle ogni uomo e donna? Quindi per quale motivo dobbiamo criticare e giudicare un uomo che si è innamorato di un sistema operativo? Sopratutto quando questo sistema, dal bel nome di Samantha, sviluppa velocemente anche emozioni,riflessioni,sentimenti,paure e gioie. Peraltro ben recitate da una convincente Micaela Ramazzotti?

Lo stesso valga, cari rompicoglioni che tentate vanamente di elevarvi a possessori di coscienze immacolate, per chi ama il suo cane, la sua chitarra eccetera eccetera. Come io non giudico e classifico il dolore altrui,perché non è una gara, lo stesso valga per l'amore


Non manca il conflitto all'interno di questa relazione, ( lei sente la mancanza di un corpo e cerca di superare questo problema "affittando" una ragazza per fargli far sesso con Teo e provare attraverso costei ,cosa proverebbe una donna "vera"), ed esattamente come in quel clamoroso capolavoro che è  " La vita di Adele",qui ci troviamo di fronte alla nascita,l'evoluzione e la fine di un rapporto sentimentale. E ancora una volta abbiamo la conferma: che siano due donne, un uomo e un sistema operativo, un cane e il suo padrone, l'amore è identico per tutti. Anche le sofferenze, le devianze, le disillusioni, i rancori,e gli abbandoni. Come le infinite gioie,il paradiso a portata di mano.
Certamente Teo alla fine avrà vissuto un sentimento talmente potente e profondo da renderlo un uomo migliore,pronto a unirsi con una donna vera. Per amore, solo per amore, come canterebbe Vecchioni.

E a noi non rimane che il piacere di aver visto un buonissimo film, con i suoi difetti e tentennamenti, ma forte e preciso nel ricordare che siamo parole che scintillano nel buio,desiderio di vivere e rivivere nei pensieri e nelle parole degli altri e che nonostante tutto, siamo straordinari . E meritiamo di viverci la nostra vita. 

lunedì 27 ottobre 2014

VERSO SERA di FRANCESCA ARCHIBUGI

Esistono diversi modi per raccontare un'epoca. Quella epica,possente,travolgente, delle grandi cause, dei grandi uomini, parlando di un Noi militante e indottrinato,specificando i meccanismi politici,economici,sociali, facendo film- inchiesta o docu film, e va benissimo. Io li adoro
Oppure raccontando il noi minuscolo, della masse di militanti senza nome e senza gloria, della corrente della storia troppo forte per non trascinare via e far affogare i sogni più bizzarri e le persone più fragili.
Non mi dispiace nemmeno questo. Forse perché il tempo avanza e io rammento bene i sorrisi,le lacrime,le parole rivoluzionarie a cazzo,ma che brillavano di una luce genuina . Vera.
Non tutti siamo nati per essere Nenni, Longo, Lenin, e così via. Molti sono stati ingenui,altri forti e coraggiosi e ognuno gestisce la cocente e assoluta,totale,devastante ,sconfitta di una generazione e dell'intendere il Movimento come elemento destabilizzante della politica borghese,come meglio può.

Verso sera (film).JPG

Così Francesca Archibugi scrive e dirige un film di dolce bellezza che parla di contrasti generazionali e solitudini, usando però non un  linguaggio e un metro di giudizio tagliente alla Moretti, ( d'altronde sono cose che possiamo fare noi che abbiamo la coscienza immacolata), ma si accosta ai suoi personaggi e li descrive con la tenerezza umanissima di un Virzì.
Lasciando che attraverso i dialoghi e la costruzione perfetta dei personaggi si rifletta su un anno che è stato in un certo di senso il canto del cigno dei movimenti ed esperienze della sinistra extraparlamentare e gruppettara: il 1977.
Un inizio che collima con la fine davvero di abbacinante pulcretudine, di follia anarchica e altro,ma anche il cavallo di troia di pensieri piccoli borghesi assurdi,di slogan insensati, ( tutto e subito, vietato vietare), di una generazione giovane,arrabbiata,antagonista, con una sincerità graffiante e poche , ma confuse idee. I risultati si vedranno negli anni a venire. Sia da parte di quelli che smessi i panni del Grande Rivoluzionario è finito a vivere nella Milano Da Bere,sia in quelli che non sono riusciti a farsi una vita e vivono come reduci, con discorsi che incantano per un po' i giovani, e poi finiscono all'alba se non prima.



Tutto questo però è il contorno del film e noi non dobbiamo farci confondere. Perché qui, diversamente ad altre e meno riuscite pellicole come ad esempio : Lavorare con lentezza,  il contesto sociale e politico serve per presentare i personaggi, quello che conta sono le dinamiche tra di loro. L'umanità di due persone chiuse nelle loro rispettive e radicatissime idee politiche e quindi di vita. Perché ogni cose che diciamo o facciamo è politica. In che senso? Ti chiederebbe un popolare personaggio di Verdone. Nel senso di accettazione di una grande responsabilità nei confronti tuoi e degli altri.
Ludovico è un anziano professore universitario, all'inizio del film lo vediamo mentre tenta di scrivere una lettera alla sua nipotina: Papere.
Così in un lungo flashback ci ritroviamo nel salotto di casa del professore, l'anziano uomo di cultura e militante molto importante del Pci, è alle prese con il figlio movimentista . Parlano della fine del rapporto tra il ragazzo e la sua nuora, del fatto che l'anziano debba occuparsi d'ora in  poi anche della nipotina, ( figli come pacchi postali, che tanto è tutto facile,ma si dai!),la cosa sconvolge la vita di Ludovico
Vedovo da anni, con una sua vita metodica, basata su consolidate abitudini, si vede smuovere il tutto con l'arrivo di Papere. E come se non bastasse anche dell'amica immaginaria della bimba: Papere 2.
 

Quando troverà un certo equilibrio ecco arrivare la nuora. Una ragazza che vede gente, fa cose, come la sua coetanea del film di Moretti: Ecce Bombo. La regista mette in scena molto bene lo scontro tra questi avventati rivoluzionari,che in sostanza però con il loro comportamento preparavano il terreno fertile della borghesia e mi riferisco al loro vivere malamente la vita privata " scopare di qui, scopare di  là, ma si tanto lo lascio, io sono fatto così,io sono libera di" e tutte quelle cazzate atroci lì,  e la borghesia bigotta , moralistica, vecchia e immobile sulle sue posizioni del professore e quindi del Pci. In questo modo , attraverso i personaggi del vecchio professore e della nuora esce pienamente il discorso politico sulle debolezze delle sinistre italiane,ma non è un discorso irriverente e supponente. C'è tanto affetto in tutto questo.



Perché, esattamente come Virzì, Archibugi ama i suoi personaggi e questa umanità che stava dalla parte giusta e migliore, pur dicendo e facendo cazzate, pur tra mille errori,ma dovuti ai difetti tipici dell'esser uomini e donne. Non c'è cattiveria o rivalsa nel mettere in scena questi personaggi. Sbagliano, cadono,ma lei li trattiene sempre per mano.
Oltretutto: è una delle pochissime in grado di metter su pellicola figure infantili senza  renderli insopportabili, bamboleggianti, irritanti.
Papere è spettacolare e fantastica,il modo in cui parla , i discorsi. Una bella bimba di 4 anni che si ritrova a vivere con un nonno, alla quale è molto affezionata, e con una madre scapestrata, incasinata,ma alla quale vuole molto bene.
Non bastano i sogni e progetti per vivere e stare in piedi, ci vogliono legami solidi e piccole sicurezze.
Come è necessario aprirsi agli altri e comprendere quelle persone che sono lontanissime da noi. Non fermarsi a un pregiudizio che aggiunge altro "incasinamento", a rapporti già molto precari e fragili.

Mi piace proprio questa rappresentazione umana socio-affettiva, mi piace come segue e ci presenta i suoi personaggi, i dialoghi mai troppo elaborati,ma mai sciatti.
Parla della solitudine dei vecchi, degli scontri generazionali, dei bambini  e la loro grande capacità di adattarsi ai cambiamenti  e dei bambini che hanno già una certa età si pensano rivoluzionari,ma crollano di fronte alle piccole difficoltà della vita.

Si, un film di sinistra per la sinistra, se vista nell'ottica di una metafora su quel periodo. Ma anche un bellissimo film sui rapporti umani, sull'importanza di non esser soli, di comunicare e vivere confrontandosi con gli altri,il che per me non è poco.
Bravissimi tutti gli attori, in particolare magnifico Marcello Mastroianni. Capace di dare autorevolezza, tenerezza, miopia politica e profondità di sentimenti , al suo personaggio.

venerdì 24 ottobre 2014

DIAZ di DANIELE VICARI

Ci sono eventi che , anche se non vissuti in prima persona, hanno segnato una generazione. Perché talmente enormi, devastanti,aberranti, che risulta impossibile star lontani da essi.
La mia generazione, prima che trovasse rifugio nell'elogio agli anni 80 dei  Goonies, è stata battezzata nella violenza e nella morte delle giornate di Genova. Tutti noi rammentiamo benissimo dove eravamo e cosa facevamo quando è morto Carlo Giuliani e quando le forze dell'ordine decisero di trasformarsi in teppisti sadici durante la rappresaglia alla diaz e le torture a Bolzaneto.
Ero in montagna,leggevo il manifesto, con la mia solita lungaggine tra pensiero ed azione ero pronto per fare politica,ma non avevo ancora nessuna tessera di partito. Anzi : Del Partito,che per me , allora, era il Prc.
Lessi la notizia della morte del compagno Carlo e poi della mattanza successiva , contro compagni e compagni inermi, colpevoli solo di esser a portata di mano di un gruppo di fascisti in divisa.  Gente repellente, orribile, gente che siccome lo stato mi dà l'autorizzazione di fare male a gente disarmata , si pavoneggia in assurde punizioni e umiliazioni. Più o meno un grande cantautore cantava così: " quante volte le avete colpite?" Decisamente meno,ma voleva dire: non vi basta? Non vi è bastata la carica in piazza, la violenza feroce e brutale nella scuola? No. Ecco,cosa vi passa nelle vostre teste? Vi siete scordati che voi siete difensori dei cittadini? Vi era forse sfuggita dalla vostra testa che non stavate reprimendo dei pericolosi camorristi o mafiosi, gente che scioglie viva altra gente nell'acido,  o che eravate fuori di testa perché erano morti due dei vostri. No, quella è stata un'aggressione schifosa,ignobile, e da quel giorno di luglio siete automaticamente fuori dall'umanità.
Avete fabbricato prove false, cercato il pretesto,goduto non come sbirri,ma come uomini e donne , nel fare male a gente che stava dormendo o che era ormai nelle vostre galere.



Io leggevo tutto questo sul giornale, altri molto più in gamba e svegli di me,erano là. Sul treno, mentre tornavo a casa, si discuteva con la gente e tutti erano concordi nel fatto che quell'episodio fosse vergognoso. Lo pensavano anche quelli che non erano dei bolscevichi maledetti, come me.Vi ricordate: " Un altro mondo è possibile!"  ? Fa stano, vero? Avevamo grandi ideali. A essere sincero, io ce li ho ancora. Io , seppure con il gravissimo handicap di non avere una tessera di partito, sono rimasto ancora fedele alla mia idea comunista. Non solo come movimentismo,ma come  costruzione di società. Sono un pirla o un romantico rottame, e più vado avanti meno sopporto il fallimentare settarismo dei duri e puri da occupazione di cabine telefoniche, visto il numero di militanti,ma sono e rimarrò un comunista. In brianza, per giunta. Merito una medaglia d'oro alla resistenza ! Scherzo.
Non sono mai stato movimentista, non credo affatto nella società civile, nei liberi cittadini, nei cani sciolti, nell'anarchia e nel comunismo libertario,ma che tempi erano quelli. Ti rendi conto, mia cara lettrice e mio amichevole lettore, che avevamo speranze e ideali? Lo so,potranno dire confusi.Ma talmente confusi e infantili che hanno usato la repressione e la mattanza fascista per fermarci. E non ci sono riusciti. Per un po'.
Ci siamo fermati noi: con divisioni,litigi, io sono più rosso di te, compagni basta con la lotta di classe , e altre orribili cazzate.
Ma sapete una cosa? Vi amo lo stesso,compagni e compagne . Perché  tutti noi ci abbiamo provato.



Così molti si sono avvicinati alla politica,anche io. Ho militato con passione e sincerità nel prc e poi nel pcl. Ho conosciuto compagni e compagne a dir poco favolosi. Gli anni migliori della mia vita. Certo, dal punto di vista della formazione,poca roba. Ma ho passato nel migliore dei modi la mia gioventù. Io e gli altri eravamo presenti, in quel tempo. E non siamo sconfitti, o perdenti.Non ci hanno piegato alla loro logica. Non sarò mai di destra o un liberal capitalista.

Ma Diaz, inteso come film, come è? Stupendo.



Stupendo perché necessario,fondamentale, perché è il cinema che voglio vedere.  Vicari gira un horror sulla nostra società,sulla nostra storia. Ci ricorda che i marescialli rocca, gli agenti che manca solo ti offrano caffè e briosche mentre ti interrogano, sono una bella invenzione televisiva. O meglio: esistono anche loro, esistono uomini di legge democratici e coscienti del loro ruolo,ma una parte di esaltati fascisti, di gente frustrata che non vede l'ora di menare c'è. Lavoro difficilissimo, certo. Pieno di stress,certo. Ma ditemi chi non lo è da oltre venti anni? Da quando viviamo nel paradiso del capitalismo?
E io non sono un garantista dal cuore d'oro. No, non lo sono per nulla,ma riconosco l'orrore disumano di certe azioni vigliacche,ripeto: non stai attaccando dei sanguinari,sadici, assassini. Ma gente che dormiva, inerme.
Non dimentichiamolo,perché poi arrivano i provocatori a sparare minchiate.

Diaz è un film che non perdona, non dimentica e mostra. Attraverso flashback , attraverso la vita di alcune persone che sono rimaste coinvolte. Giustamente non vuol nemmeno fare di ogni erba un fascio. Ci mostra anche la minoranza delle forze dell'ordine che vivono male quanto fatto. Giusto così.Ma non dimentica che i veri offesi e vittime sono i manifestanti.



Impeccabile dal punto di vista tecnico, carico di inaudita tensione, coinvolgente e sconvolgente. Cinema indisciplinato, che ti obbliga a partecipare, a non nasconderti. Perché le violenze inaudite che vediamo,sono verissime. Il ragazzo costretto a fare il cane,la ragazza umiliata -e cosa atroce,quella che gode di più della sua umiliazione è una donna poliziotto- sono cose reali,accadute.
Prima di perderci nei deliri dei debunker e dei complottisti, prima di chiuderci a fare i grandi rivoluzionari su facebook,prima avevamo voglia di credere in mondi diversi possibili. Ognuno con metodi diversi,ma il fine era quello.
Come sempre ci siamo sconfitti da soli,ma non siamo morti. Ricordiamolo e ricordiamocelo

mercoledì 22 ottobre 2014

CALL GIRL di MIKAEL MARCIMIAN

C'è del marcio in Svezia. Potremmo descrivere in cotal guisa la pellicola che il regista svedese Marcimian ha tratto rielaborando una storia vera.
Una bruttissima storia di ragazzine costrette a prostituirsi, di politici e pezzi grossi dell'esercito invischiati, di servizi segreti che non vogliono far conoscere la verità.
Quindi l'illusione di una socialdemocrazia paradisiaca, nonostante il clima infausto, va a disperdersi in un clima cupo di violenza, sopraffazione, corruzione, sottile e cruda repressione.



Il film segue due piste: una è la classica investigazione poliziesca con tanto di servizi e collaboratori di politici che intralciano le indagini perché non vogliono che lo scandalo scoppi sotto le elezioni, ( visto l'alto numero di ministri e uomini di legge coinvolti), qui è evidente la lezione del thriller politico americano,compresi anche le enfatizzazioni, i dialoghi troppo esposti e semplificativi, anche se ben sorretti dal ritmo e dalla buona interpretazione degli attori. E poi , ( la seconda, quella che preferisco), affronta la vita delle ragazze. Come vengono reclutate,il lato quotidiano del lavoro, i rapporti con la loro "padrona", e tutto il resto. Noi veniamo a conoscenza di questo mondo grazie alla storia di Iris e Sonia, due ragazzine problematiche e per questo ospiti di una casa famiglia , dove in teoria dovrebbero vivere tranquillamente con i coetanei , le quali a poco poco si fanno trascinare nel giro di sesso a pagamento con anziani facoltosi e pubblicamente importanti.



La pellicola è sopratutto il ritratto amaro e duro di una nazione incapace di dare educazione e fiducia ai giovani, nascondendosi dietro idee liberali e di libertà personali fragilissime, un paese di viziosi e indifferenti, dove è impossibile fare luce su un caso tanto squallido. Perché le elezioni, il fatto di poter essere il primo ministro , di poter gestire il potere, passa sopra la serenità e la tranquillità che ogni ragazzina dovrebbe avere. Passa sopra alla giustizia e al lavoro di un giovane ed onesto poliziotto.
Guardando il film , mi veniva da pensare che spesso noi italiani siamo convinti che certe cose capitino solo da noi. Proviamo vergogna per una classe dirigente pubblica e privata priva di etica, morale, senza senso della vergogna . A parte , poi, glorificare un vecchio e squallido porco perché si fa menare il suo flaccido organo dalle ragazzine. La mancanza di morale italica che per la vergogna poi cerca di darsi un contegno diventando giustizialisti un tanto al chilo.
Non stavano meglio in Svezia: il film mostra squallide cene eleganti, ragazzine costrette a fare sesso con anziani laidi,il corpo della donna come merce , usato da altre donne per far soldi e comprato dagli uomini.
E in più la macchina statale e della sicurezza che attacca chi vuole portare la verità a galla.
Non c'è consolazione, non c'è speranza, ed è questa cosa che forse ci lega, come popoli, come persone.



La colonna sonora a base di successi rock e dance,sottolinea un'atmosfera in superficie allegra,libera,spensierata,ma pone ancora di più l'accento sulla natura putrida, decadente, viziosa, che in sostanza sta alla radice del sistema svedese in quegli anni.  Un classico problema che si manifesta nelle democrazie liberal-capitaliste.
Call girl , quindi è un buon film. Indagine amarissima sul declino di un paese , delle sue classi dirigenti, del suo sistema fin troppo debole e incapace di difendere le fasce più deboli, opera lucida che talora strizza l'occhio a un certo modo americano di fare cinema,ma che mantiene sempre la sua stupenda anima di cinema nordico. Un certo rigore e pessimismo che io amo tantissimo.