domenica 30 novembre 2014

THE CHASER di NA-HONG JIN

La violenza è violenza. Tragica, brutale, feroce.Non ti permette di sghignazzare, di ironizzare,è una questione morale. Sai cosa significa Morale? Si: che palle! Ecco cosa significa nella tua beata testina di vitello.Non puoi permetterti di far ridere la gente mostrando un uomo che muore, non puoi permetterti di rovinare il peso di una vendetta, lo squallore di una tortura. In occidente dove tutto deve essere una cosa fatta per rilassarti, per intrattenerti, è possibile- per fortuna non tutti fanno questo , basti pensare a un film come Prisoner- ma ti hanno abituato bene. Il cocco venga a vedersi il film, tifi per il torturatore e si ecciti a vedere la tettona di turno fatta a pezzi. Andrà a casa tranquillo. Tanto è un film.
Dal momento che pensi: tanto è un film , quella pellicola non vale un cazzo.



Non ti sporchi per nulla, non rifletti sul male che c'è nel nostro mondo , su quanto sia penoso morire male e da soli, con la sola compagnia delle tue suppliche inascoltate e del tuo pianto. Che te frega, è un film. Una citazione di qualche altro film, ti abitui che in fondo a me che me frega? Dai non farmi la morale.Così masse amorfe si abituano a tutto.
Poi ti capita di vedere un film coreano e là mica la pensano proprio esattamente come noi. La violenza non è per nulla abbellita, non ci sono gente gettata a destra e manca con spruzzi di sangue che manco fosse la fottuta niagara, no. Perché questo ti porterebbe a svelare la magia: è un film!.
Prova a dirlo mentre vedi questo stupendo thriller, diretto dall'autore di Yellow Sea, ti sarà impossibile.

A Seul un maniaco uccide brutalmente delle giovani prostitute. Un ex agente del servizio di sicurezza che si è ridotto a far il magnaccia riesce a fermarlo e a consegnarlo alla polizia. Solo che l'uomo è intenzionato a scoprire dove si trova la giovane prostituta che lui ha costretto ad andar all'appuntamento con il maniaco.



Mentre cerca di trovare la ragazza assistiamo all'incapacità dei servizi di sicurezza,a come funzioni malissimo la legge in quel di Seul ,a come gli agenti e i loro superiori siano più attenti a far dimenticare la loro brutta figura con il sindaco della città,che ad assicurare alla galera un delinquente pericolosissimo.
I temi sono quelli che troviamo anche in altri film coreani : la vendetta che si mischia con la giustizia ,ma non porta nessuna redenzione e riscatto, un paese con una polizia discutibile, il protagonista e antagonista in guerra, ( spietata, feroce,crudele),ma anche uno specchio dell'altro.
La morale scorre leggera sotto traccia,ma è presente e implacabile. La violenza degrada ogni uomo e non è mai la soluzione migliore, è solo quella a portata di mano . Perché altre sono troppo difficili e complesse.
E anche io fatico a vederle.

Quindi non rimane che una caccia solitaria contro un nemico che è il male. Ma noi cosa siamo? D'altronde il "buono", " quello forte", chi è ? Un magnaccia, ex tutore dell'ordine pubblico cacciato per corruzione. Uno che ha spinto una ragazza malata ad andare a un appuntamento con un cliente, per i soldi. Non è un santo, non è uno che potrebbe permettersi di dare lezioni di comportamento o che possa dirsi assetato di giustizia.



Eppure piano piano affiora in lui una certa umanità. Per la bambina della sua protetta. Che farà questa povera bimba se la madre non dovesse tornare? Chi se ne occuperebbe?
Il film segue strade per nulla consolatorie e c'è una scena di delitto particolarmente atroce e insostenibile non tanto per la violenza,ma perché spezza la speranza , l'illusione che qualcosa possa cambiare.
Da quel momento tu diventi il cacciatore.
Non ti si permette di dire: ok,va ora vado un attimo in cucina, poi torno. No,stai lì. Inchiodato allo schermo.
Vedi la sofferenza della vittima, rimbomba il pianto e le urla soffocate. Nessuno muore bene ,se muore assassinato. Nessuno muore da eroe.
Ti monta la rabbia, ti domandi come sia possibile arrivare a tanto.
Un mondo corrotto,indifferente, insensibile, è il teatro di questa caccia. Non c'è interesse nemmeno nelle forze dell'ordine a una vera giustizia, non importa a nessuno . La gente viene uccisa,sotterrata, dimenticata.
Tranne che per questo eroe per caso,che invece farà di tutto per portare a termine la sua missione: fermare il maniaco. Con tutti i mezzi  e a tutti i costi.



The Chaser funziona benissimo come film di genere: teso,disturbante in alcuni momenti, ben scritto,diretto,interpretato. Ma a differenza di altri prodotti cerca sempre di colpire e coinvolgere lo spettatore. Non concedendo a loro il lusso di prendere le distanze,ma facendogli sentire il peso della follia,della vendetta,della morte e della violenza
Ecco,per me questo è cinema . Grande cinema

mercoledì 26 novembre 2014

SACRO GRA di GIANFRANCO ROSI

L'italiano lo riconosci perché si lamenta di non esser considerato dal resto del mondo, di non contare un cazzo, e poi appena un suo connazionale vince un premio, che fa il buon italiano? Lo insulta, denigra, provando un infantile entusiasmo nel farlo.
Popolo strano e misterioso, nevvero? Altro che ,anche pacchiano talora.
Ultimamente il nostro cinema - da me sempre molto amato e seguito- sta vincendo diversi premi e riconoscimenti importanti. L' oscar, cannes, e anche il festival di Venezia. Con questa opera




Un documentario, genere che io amo assai e che negli ultimi tempi ha dimostrato di saper essere una parte importante dell'industria cinematografica, ambientato a Roma , anzi sul e nel Grande Raccordo Anulare, quasi un mondo a sé stante ,separato dalla Urbe e dal resto d'Italia.
Gianfranco Rosi è uno stimatissimo autore di documentari e questa volta ci mostra un'umanità marginale,quasi fuori da ogni tempo. Tra esistenze emarginate, colpite e affondate, a un passo o anche oltre della miseria. E altre anche di radici nobili,ma sempre nel segno di una emarginazione, di esser altro e oltre rispetto al mondo. E poi c'è lo squallore: le ragazze che ballano, vestite come fossero delle pornostars di film scadenti, sul bancone di un bar di periferia. Poca gente e nemmeno una "checca che fa il tifo" ( cit. Lucio Dalla), le prostitute, la lavorazione di un fotoromanzo e le speranze,sogni, illusioni di chi ha vissuto alla periferia dell'Impero dello Spettacolo.


Film incompiuto, imperfetto,che proprio in questo trova la sua forza e interesse. Nella sua galleria frammentaria di esistenze apparentemente lisce - ( cit e. ruggeri), di vite quasi piccole e futili, con il peso di esistenze reali, di storie e vissuti non immaginati e immaginari. La malinconia del quotidiano, di dialoghi banali, del pescatore che legge il giornale cercando il dialogo con la moglie,ma riceve solo il silenzio.
La lotta solitaria del salvatore delle palme contro i parassiti che ne causano la morte, il ragazzo della croce rossa e la tenerezza del rapporto con la madre malata, sono frammenti,immagini ,brandelli di vita e dialoghi.
Che io ho amato assai.



Perché questa umanità sia quando è allo sbando, sia quando vive dignitosamente la sua condizione, o quando ostenta una certa nobiltà, è ammirevole. Non è facile vivere certe situazioni,anche l'inerzia di un nuovo giorno è tanto, e in questi personaggi vi noto una certa dignità. Sempre. Anche quando cadono a pezzi, hanno il viso segnato.
Forse il leone d'oro è troppo, non so. Non rammento gli altri titoli,ma certamente è un film importante,con immagini suggestive, grande capacità di mettere in immagini il "tutto tutto niente niente" ( cit a. albanese), che compone grandissima parte della nostra esistenza
Roma come sempre è bellissima. Paradiso e inferno,delizia e croce, grande e profondo amore mio.

domenica 23 novembre 2014

DUE GIORNI, UNA NOTTE di JEAN PIERRE E LUC DARDENNE

A volte mi piace pensare che il cinema abbia una valenza anche etica e sociale. Un momento di riflessione, di sana indignazione ,ma non quella italiota del magna magna, quella più profonda e dolente che ti porta a dire: ma come cazzo è possibile che siamo finiti così in basso? Si perché la classe politica potrà fino a un certo punto,ma dove eravamo noi quando abbiamo fatto passare questa macelleria sociale? Dove eravamo noi che combattiamo giustamente per i diritti civili, quando ci toglievano il diritto al lavoro
Che è quello più importante. Con un lavoro e un salario anche te che fai parte della classe proletaria, puoi costruirti un futuro.
Invece ci hanno dato le libertà individuali e l'infelicità collettiva. Libero di navigare , di comprare cose bellissime,ma in bilico sul baratro della minima sicurezza lavorativa.
Non porta nulla di buono la precarietà, la mia generazione questa cosa l'ha compresa e capita. In più, se nei tuoi ricordi c'era l'idea e la vita di una classe operaia dignitosa, bè anche quella è difficile da ritrovare.
Mentre la tua generazione faceva l'indiana metropolitana ascoltando le sagge parole di Claudio Rocchi, i padroni hanno vinto la lotta di classe. La loro classe ha vinto.



E il cinema non dovrebbe parlare di questo? Non dovrebbe essendo un prodotto industriale per le masse cercare di spiegare anche quello che ci circonda?Io credo di sì . E lo credo fortemente. Vi è anche da dire che io sono un povero ingenuo, uno che si illude di avere una coscienza, una visione politica della vita e che crede profondamente nell'umanità, nell'amore, nella lotta di e per la classe.
Voglio ,arrivato alla fine dei miei giorni, essere lucido. Dire : non sono stato come sta banda di cinici vigliacchi,pleonastici,nascosti come i peggio codardi nei loro piccolissimi privilegi. Sordi al richiamo dei nostri tempi, quelli felici di sconfitte ignobili, quelli che svendono la loro dignità umana,che tanto fanno tutti così.
TANTO FANNO TUTTI COSI'. La scusa delle teste di cazzo.
Ti hanno cresciuto bene negli anni 90,quando i mass media berlusconizzati per racimolare i voti degli italioti rancorosi , ottusi,idioti, hanno sdoganato il pensiero squallido della maleducazione e del cinismo per tonti
Parlare vino al vino,pane al pane, la sincerità è solo di chi maledice, se la prende con gli ultimi, non ha un minimo di compassione, siamo tutti soli, cane contro cane e altre imbecillità. Sopratutto : pensa per te e non provare mai vergogna per le tue bassezze e parole cattive in libertà
Altro che il buonismo di San Spilby, abbiamo dato modo alle bestie affamate di mediocrità di governare l'italia e costruire un immaginario collettivo odioso.



E per questo reputo fondamentale il cinema- in via di estinzione e rarissimo- dei Dardenne
Un cinema militante,ma lucido. Fateci caso nei loro film ,al contrario di certi che si fanno scrivere i film da quel pirla di Laverty, non ci sono mai le scimmie urlatrici,le scene madri che manco Merola,ma c'è il vero dramma e l'essenza urgente,graffiante,potente, della vita e degli esseri umani. Sanno quello che fanno e perché, non per movimentismo, spontaneismo e romanticismo utopico,ma perché conoscono gli uomini e ne parlano con il dovuto e rispettoso distacco,che per i meno distratti, è invece un profondo sostegno ad essi.
Lo hanno sempre fatto e in questa loro ultima pellicola lo dimostrano benissimo



Cosa racconta codesta pellicola? Una cosa davvero orribile,che mi ha assai amareggiato e colpito. Una giovane operaia , in passato vittima di depressione, è stata licenziata perché il padrone ha proposto ai colleghi di votare una simile e immonda stronzata: lei rimane ,ma voi non prendete nessun bonus da 1000 euro, lei sta a casa e prendete il bonus? Il capo reparto tra minacce e pressioni ha fatto in modo che lei rimanesse a casa. Ora però, scoperta questa pressione da parte di uno che andrebbe sotto posto alla giustizia proletaria, si può rivotare.E forse la giovane donna potrà riavere il lavoro.
Così per due giorni e una notte lei deve ricontattare colleghe e colleghi e chieder di rinunciare al bonus,e votare affinché possa tornare al posto di lavoro.

Il film mostra questo. Le reazioni dei compagni e compagne di lavoro, ( la scena al campo sportivo è di uno straziante, mi veniva da piangere accidenti),sono diverse e in questo modo i registi mettono in scena la classe operaia non dei libri, o delle fantasie,ma quella reale.

Assistiamo a bassezze clamorose e a pentimenti, solidarietà. Vediamo sullo schermo quello che ci capita nella vita reale. Per tutta la durata noi siamo in strada con questa donna che tenta faticosamente di riprendersi, ( lo ripeto: la depressione è una malattia , non si divertono i depressi , non vanno trattati da deboli e frignoni), dalla sua malattia , una donna che vuole solo lavorare,perché il lavoro ci rende utili alla comunità, ci dà il salario e possiamo costruire qualcosa con la nostra famiglia. In tutto questo brilla limpido,cristallino, il meraviglioso rapporto con il marito. Finalmente un uomo, come molti, che non è un vigliacco, traditore o peggio un bambinone preso dalla play station,ma un tizio che sta al fianco della sua donna e cerca di aiutarla. Amo questa coppia.



Marion Cottilard è a dir poco bravissima. Riesce a dar sostanza a un personaggio di donna qualunque, e renderlo universale,assoluto, potente.
Fabrizio Rongione, uno degli attori-feticcio dei fratelli belgi, ha a disposizione il personaggio più positivo della sua carriera ed è bravissimo, credibile,tenero e sofferto.

Ecco questo è il cinema che amo .

lunedì 17 novembre 2014

DIRTY CARNIVAL di YOO HA

Da tempo penso e reputo che il cinema migliore venga dall'oriente.  Vi trovo nelle loro pellicole una cura per i personaggi, per le storie, per le emozioni,che ormai un certo cinema sia per le masse,che per noi chiccosi indisciplinati , fatto in occidente ha quasi del tutto smarrito.
Prendiamo ad esempio questo ottimo film: Dirty Carnival.. Cosa racconta ? Cosa mostra? Cosa propone che io non abbia già visto mille volte? Forse nulla. Però è talmente ben girato,scritto,interpretato, che sinceramente non me ne frega nulla che non sia una pellicola originale o d'avanguardia.
Ecco in oriente sanno fare benissimo il cinema di genere, perché in ogni pellicola ci mettono un elemento etico, morale, umano , che rende una storia di gangsters , ( storia saputa e risaputa), un appuntamento con qualcosa di bello e importante.

A Dirty Carnival (2006) Poster

Perché oltre alle sparatorie, all'azione violenta, c'è altro: ci sono le persone e quindi i personaggi. Non sono mai semplici manichini,marionette, con frasi forzatamente fighette, ( che poi ti senti un cinefilo cool a ripeterle agli amici che hanno gusti migliori dei tuoi), ma uomini e donne che si ritrovano a sopravvivere in una città tanto moderna e piena di benessere, quanto feroce e spietata.
Non manca quasi mai in questi film una velata critica sociale al sistema della loro nazione,non manca mai un pizzico di pietà umana per quasi tutti i personaggi,come scrivevo prima: morale ed etica.
Tanto che non c'è nulla di strano se un fratello gangster picchia il fratello minore perché fa parte di una gang. La famiglia è importante e bisogna difenderla, come gli amici, i compagni di banda o sventura.

A Dirty Carnival film poster.jpg

Kim Byung- doo è un piccolo gangster che a quasi trenta anni di età è ancora sotto le dipendenze di un boss , tirapiedi di un potentissimo malavitoso e importantissimo uomo d'affari. Il ragazzo e i suoi uomini vivacchiano di risse, estorsioni, piccole cose. Nonostante il nostro eroe ci tenga molto all'eleganza e al rispetto è una sorta di sfigato del giro della malavita coreana. Ha una mamma che non sta bene, un fratello pronto a mettersi nei guai e una sorella. Verso la famiglia è protettivo e come capo , con i suoi uomini, è amichevole. Un giorno ritrova un suo vecchio amico Min-ho ,il quale ha grosse ambizioni: girare il suo primo film  che parli del vero spirito dei gangster. Per questo vuole che l'amico gli parli delle sue esperienze. L'incontro con l'aspirante regista e i vecchi compagni delle elementari lo porta a incontrare dopo tanto tempo anche una sua ex compagna di scuola, ovviamente non tarderà a innamorarsene
Nel frattempo per desiderio di scalare la gerarchia all'interno della banda, Byung- doo uccide un procuratore corrotto che voleva incastrare il gran capo: il Presidente Hwang, non solo sempre più ambizioso il giovane gangster ammazza anche il suo ex capo.
Non ha fatto i conti  con l'amico regista che , con l'inganno, gli estorce , in un momento di dolore e debolezza di Byung Doo , la verità sull'omicidio del procuratore. Scena che mette interamente nella sua opera di esordio, film che otterrà un grosso successo e che sarà l'inizio di una tragedia atroce.



Quindi se fino a un certo punto tu stai vedendo il solito gangster movie su un delinquente di mezza tacca che tenta la scalata al potere, ( per quanto girata benissimo e di altissimo livello), ecco che a un certo punto interviene un elemento destabilizzante, che comporta una riflessione non banale e interessante sul confine tra realtà e finzione, sul ruolo del cinema e del successo
Byung Doo e Min-ho sono due personaggi destinati a perdere perché non tengono conto dei loro limiti, non si accorgono di vivere in un contesto troppo grande e violento per loro, perché la loro ambizione li porta a scelte errate e in quelle scelte trascinano gli altri.
Il gangster ha delle crisi di coscienza, ama la sua ex compagna di scuola, vorrebbe cambiar vita per lei,ma il destino e la sua formazione, il modo di vivere lo spingono a sbagliare e perdere l'occasione. Mentre commette l'errore di fidarsi troppo dei suoi uomini, il regista invece sfrutta il suo amico senza valutare le conseguenze,anche lui vuole il potere,il danaro,la fama. E questi loro comportamenti, come l'assurda allegria che li spinge ad esibirsi continuamente al karaoke, assomiglia tantissimo alla squallida orgia di denaro,sballo,droghe dei broker di "wolf of wall street" e alle buffonate dei lavoratori di "tutta la vita davanti"
Il karaoke da elemento di spensieratezza, diventa triste presagio di prigione dalla quale è impossibile scappare per Min- ho, famoso e importante ,ma anche ormai perso,smarrito, impaurito,schiavo.

Un film durissimo, come le scene di combattimento. Sporche, incasinate,senza coreografie a cui il cinema orientale ci ha abituato - benissimo- ma con il rumore delle ossa che si spezzano dopo ogni bastonata, con la confusione e le tante, troppe ,coltellate per uccidere un uomo. Non sono eroici e fighi questi delinquenti, sono gentaglia destinata ad essere eliminata, a tradire e ad esser tradita. Senza via di scampo.
I capi , come il Presidente Hwang, non si sporcano mai le mani, loro fanno affari e guadagnano tantissimo. Sono importanti e stimatissimi uomini d'affari, ( mafia e capitalismo hanno molte cose in comune), e loro sono inviolabili e intoccabili, mentre danno ordini di morte e fanno tantissimi soldi.
Non si può scherzare con gente simile,come impara Min- ho. Non sono come nei film , violenti ,ma eroici, non è una passeggiata di salute. Il giovane , in preda al desiderio di successo, non comprende che è come una mosca nella rete di un ragno.
Dirty Carnival, risente certamente della lezione di Scorsese e dei maestri del genere,ma rilegge il tutto con uno sguardo autonomo e un'amarissima riflessione sulla cieca e sciocca ambizione umana, il limite del cinema e la violenza irrefrenabile e rapace della vita reale.
La solitudine di chi è vittima di questo diabolico giro,è evidente nella scena finale, bellissima , al Karaoke.
L'allegria spensierata del predatore che sa di poter sbranare la sua vittima quando vuole e l'angosciante solitudine della vittima.

TUTTA LA VITA DAVANTI di PAOLO VIRZI'

La precarietà sul lavoro ha generato , come unico risultato, la precarietà negli affetti, negli obiettivi personali, nelle relazioni, nella vita quotidiana e nei progetti futuri.
Nonostante spesso sul luogo di lavoro si cerchi di creare ambienti dinamici, moderni, allegri,di forte cameratismo,che però celano una gerarchia feroce con in cima le peggio teste di cazzo.
Si, dei miei dieci anni di precarietà rammento colleghi idioti illusi di chissà quale premio di consolazione da parte del padronato e padroni, o meglio datori di lavoro, ( ma quale lavoro per cortesia? Quello che mi date 100 euro dopo tre mesi?), tanto amiconi e diamoci del tu, quanto farabutti  sotto ogni punto di vista.
Se il lavoro fisso annoia,ecco: viva la noia. La noia di avere uno stipendio,comprare casa, sposarsi e metter su famiglia.  Tutto questo seppure in forma di commedia è ben evidente in codesta pellicola .



Sai che ai tempi, visto che io ho debuttato proprio ai tempi bellissimi e pionieristici del Pacchetto Treu,mica ti capivano se dicevi : sono precario.  I più anziani ti invitavano a lavorare in fabbrica, ( che poi sono quelle chiuse dopo pochi anni,alla faccia del lavoro sicuro), i colleghi con il lavoro fisso ti consideravano un simpatico intruso e non è che poi assumono loro e io? I sindacati si arrampicavano, con buona fede, sui vetri. C'era stato un prima, dove le cose erano chiare: da questa parte " noi" gli eroi della classe proletaria. Lavoratori , uniti perché sotto padrone e sotto la dittatura del capitale e dall'altra la ciurma dei padroni e dei suoi collaborazionisti- i sottoproletari e i piccolo borghesi. Tutto chiaro,semplice,ordinato
Poi è arrivata la mia generazione: tanto abile nel dirti i nomi dei personaggi e protagonisti dei Goonies,quanto idiota in fatto di diritti lavorativi. Ognuno perso nella sua illusione di vincere il portachiavi come impiegato del mese, o il famoso viaggio a miami con i capi, ognuno certo di non andare da nessuna parte.



Vedere Wolf of Wall Street e codesta pellicola di Virzì una dopo l'altra mi ha fatto riflettere come il capitalismo turbo,senza regole, basato sulla percezione del guadagno e di una ricchezza senza responsabilità sociale,anche solo di facciata, unita alla deriva individualista e di corsa all'arricchimento alla cazzo di cane da parte delle classi subalterne abbia generato una folle allegria immotivata che nasconde in sostanza la più feroce e tragica delle tristezze. L'uomo che in tempi di fortissima crisi del lavoro diventa sempre più simbiotico con il suo lavoro, ( incerto nel caso della pellicola italiana, pressoché illegale in quella americana),ma non c'è reale indignazione per queste cose.  Anzi: si la gente si arrabbia,si incazza,ma accetta.
E così si ritrova  a vivere malissimo la sua condizione,ma per carità non dirmi di impegnarmi in prima persona .


Io ai tempi ho partecipato a un grande sciopero all'interno di un noto centro commerciale e ho fatto in modo che alcuni precari non si prestassero a lavorare al posto degli scioperanti.
Un momento è stato: poi le tenebre,.come sempre

Parliamo del film! Marta è una giovane che si è appena laureata con lode in filosofia,ma come tantissime non riesce a trovare un lavoro decente. Marta è una ragazza normale,come tante. Ha una madre malata terminale,un ragazzo che è andato a far carriera in america,vorrebbe aver l'occasione di lavorare nel settore in cui ha lavorato,ma nei nostri tempi di prendi i soldi e scappa ,di guadagno immediato e fotti tutti,cosa vuoi che conti la lentezza e profondità del pensiero? La bellezza negli occhi e nell'anima,il sapere, cosa vuoi che conti l'uomo? A parte i vestiti che indossa e il denaro che fa. La cultura che fattura , che fa utili, che fa guadagnare,semplifichiamo tutto: massa di coglioni!
Bè,lei trova casa presso una ragazza un po' svampita e in cerca di stabilità affettiva e lavorativa: Sonia Si affeziona alla sua bambina,crede di innamorarsi di un combattivo ma solitario sindacalista , e si perde nel favoloso mondo del call center. Deve riuscire a piazzare un inutile robottino a casalinghe e pensionate.
All'inizio il lavoro le piace,ma piano piano scopre l'orrore di vite vuote, della feroce competizione individualista e rancorosa di colleghe e colleghi,di vivere una vita che non è tale e nemmeno l'illusione di essa,ma che si basa su enormi cazzate e cameratismi idioti.
Scopre il capitale e la sua essenza.


Voglio dire una cosa: io ho sbagliato e chiedo venia. Si, ho sbagliato perchè accecato dall'idealismo pezzente dei settaristi,di quelli che sono puri e duri e moooooolto fuori dai meccanismi della vita. Così ho criticato questo film con pretesti idioti e campati in aria.
Certo,compagni! Questa è autocritica pubblica, una funzione doverosa per tutti i compagni.
 Facevo paragoni con Petri e Volontè, senza capire che sono altro e oltre rispetto a Virzì, certo,ma che il regista livornese è l'unico in Italia ora come ora a fare bellissime commedie sociali. Dietro a una battuta, a un sorriso,a una risata,c'è sempre la tragedia,l'accusa,l'amarezza. E poi, cosa assolutamente non da poco, c'è l'umanità. Ci ricorda che noi non siamo il nostro lavoro, l'astrattezza di un'idea senza concretezza nel reale,ci ricorda che possiamo anche chiedere scusa alla pensionata derubata, ( e il pianto di Marta è uno straordinario ritrovare la propria condizione umana),certo voi vi nascondete dietro al cinismo,al pessimismo di comodo,al plauso del cattivo che vince, non costa nulla.
Ti dice: il mondo fa schifo accettalo. Non solo non combattendo per le strade,ma accettalo nel tuo intimo,annullando la voglia di amare,comprendere,conoscere gli altri. Tenetevi la merda, tenetevela tutta. Io non smetterò mai di amare e aver fiducia nel genere umano. Perché siamo meglio di quello che molti furbi vogliono farci credere
La bontà nel confronto degli altri oggi viene vista come : 1) cretineria, 2) ipocrisia, comprendi che ti stanno coglionando o no?La bontà è la massima rappresentazione dell'essere vivente,di noi uomini
Per questo il finale di codesta pellicola è stupendo. Ci dice: puoi fare anche tu come Marta, puoi smettere di dire : ma che me frega e dire: si mi interessa e come.
Inoltre la pellicola ha dei personaggi davvero scritti benissimo, cosa che non avevo colto la prima volta, gente disperata e senza equilibrio. Che sbaglia tantissimo,che cerca rifugio da qualche parte,che non conosce l'idea di amare,ma ama e lavora.



Bravissima Isabella Ragonese e il resto del cast da Elio Germano,ormai dopo Leopardi lo sto rivalutando, Micaela Ramazzotti, ( ottima anche come voce in Her), Sabrina Ferilli e Massimo Ghini, per finire con Mastrandrea, sempre in parte.
La commedia italiana deve fare questo: dietro il sorriso mai nascondere l'orrore. E qui si avverte benissimo.

ps: io avevo la tessera Nidl. Io sto con il sindacato,sempre.