lunedì 30 novembre 2015

THE VISIT di M NIGHT SHYAMALAN

Dipende, tutto dipende. Non era questo il ritornello di una banda di maltrainsema spagnoli? Mi par di sì. Ma che ci vuoi dire, o Spettatore Indisciplinato, con sta storia del "dipende"? Ma nulla: dipende se stai sul cazzo alle illuminate e illuminati dei social, e se per caso non ti venisse in mente di bestemmiare contro le effimere libertà liberali: la libertà di parola ed espressione per prime. Sarebbe meglio, non credete, che simpatie ed antipatie non condizionassero il nostro giudizio sulla qualità del cinema, tolto chiaramente Zalone, ma li siamo nel campo del tso per milioni di italiani
Quindi il nostro Shyamalan paga il fatto di star antipatico. O di aver nelle sue pellicole una certa morale, non si sa. Mica sono chiari i detrattori e detrattrici, non sono ai livelli di disorganizzazione del pensiero come quelli contro Sorrentino o Von Trier,ma se si impegnano.. Potrebbero farcela!

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Va che bella coppia di anziani, di meravigliosi nonni! Come fai a non fidarti di loro? Sopratutto se non li hai mai visti, e forse, la separazione dei tuoi, con relativo malessere della madre, ti spinga a cercare affetto, una parvenza di famiglia.Non siamo autosufficienti. Non possiamo andar avanti da soli, non ci bastiamo. Possiamo sforzarci di creder in questa cosa, ma il bisogno di una famiglia, una casa, una relazione con qualche essere umano, sono alla base della nostra esistenza. Nonostante ogni nostro sforzo per creder nel contrario. Così ecco i due figlioli che vanno a trovar i nonni.
Ora: non solo non li hanno mai visti, ma par che nemmeno si siano lasciati benissimo con la loro sfortunata madre. Qualcosa di orribile è capitato, la notte che la donna scappò dalla casa dei genitori.
Così i ragazzi partono con gioia e spensieratezza. In particolare la figlia maggiore, userà quel periodo di vacanza per fare un documentario sui suoi nonni.
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Ecco: cominciano i guai. Ma allora è un fottuto mockumentary? Yeah, bro!  Genere e modo di far cinema assai detestato, da moltissimi cinefili. Non a torto eh! Si possono fare cose orribili usando questo mezzo delicatissimo. D'altronde è anche vero che più il mezzo si mostri assai delicato e sul limite della catastrofe, più il regista ci mostra quanto sia bravo. E il nostro M. Night lo è.
Usando a pieno quanto il genere ti possa offrire, con cambi repentini di prospettiva, ripresa, mostrando come anche la realtà sia cinema, solo senza lo schermo che ci separa da quel che viviamo. Ribalta quindi l'idea di mockumentary. Non la realtà che irrompe nel cinema, ma viceversa. Il finale con una struggente e mielosa colonna sonora dopo il massacro, è profondamente ironica e mostra come le percezioni cambino attraverso i mezzi cinematografici. E che virtuale e reale non siano più termini di paragone necessari. Almeno che non ci si voglia domandare: cosa non lo è ancora? Di virtuale realmente tangibile?
Per questo penso che il film abbia cose da dire ben più importanti rispetto ad altre opere che usano lo stesso stratagemma registico. Non si tratta di mascherare l'inconsistenza tecnica o di sceneggiatura, ma di sposare totalmente il punto di vista della ragazzina, bravissima e meravigliosa Olivia De Jonge, che poi è il punto di vista sia nostro, che del regista. Punto di vista spesso falsato, per via dell'intervento di un altro elemento, cioè quello dello spettatore: il fratello, pimpante e ottimo Ed Oxenbould.  Così vediamo sullo schermo il duello eterno tra un artista, tanto che lei ha delle regole ferree su come girare, e le voglie, le aspettative dello spettatore, il fratello che mette a nudo le contraddizioni delle scelte registiche. Basti pensare a quel momento di scontro/incontro, dove i due si chiedono, inchiodando l'altro davanti alla telecamera, quanto la mancanza del padre li porti a soffrire e quanto alcune problematiche irrisolte siano dovuto a questo.

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Ma il film risulta assolutamente vincente su un punto per me fondamentale, per ogni film, tanto che vi rammento la mia regola circa il buon cinema: personaggi, storia, messaggio. E codesta pellicola almeno in due di questi campi  stravince a mani basse.
Personaggi: ma voi, o detrattori e detrattrici, pensate sia facile portare sullo schermo due adolescenti, scritti e pensati da un adulto, senza scivolare in una visione distorta da adulto che pensa di conoscer i meccanismi comportamentali dei giovani? In un momento assai delicato, pieno di furori, contraddizioni, complesso e difficile? No, non lo è. Eppure questa coppia di fratello e sorella, sono magnifici. Due ragazzini che cercano di sopravvivere come possono al mondo in frantumi degli adulti. Adulti occidentali in questa parte del mondo dove le relazioni e l'altro non contano nulla, dove una trombata è meglio che un solido rapporto di coppia, tanto poi divorzi e ti rifai una vita. Un mondo scellerato che offre opportunità fasulle. I ragazzi si trovano frastornati, senza punti solidi di riferimento anche da criticare e abbattere, hanno degli amici irresponsabili che dovrebbero chiamar mamma e papà.. Forse i nonni potrebbero esser migliori.
Dici: ma vedi che sono pazzi, scappa! Eh, certo. Però io credo che la reazione della ragazzina, in particolare, sia comprensibile. Ha solo loro, in un certo senso prova affetto per questi due parenti, e non sa come reagire, forse sono solo le stramberie degli anziani, o peggio sono ammalati. Sai, non credo che la malattia, in particolare quando si ha a che fare con la demenza senile, sia facilmente gestibile a quell'età. Si tende a minimizzare, la sofferenza ti impedisce di accettare la morte e la malattia. Ripeto sono due ragazzini e si comportano come tali.
Funziona come horror? Si. Ci sono scene disturbanti, e ha un bellissimo pre finale, di grande impatto. La resa dei conti è ferocissima e serve per crescere. Superare le proprie paure.
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E chi sono questi orchi? Due disperati pazzoidi che cercano anche loro una famiglia, un affetto, ma sono vittime della loro follia. Per qualcosa di terribile, fatto anni prima. Eppure nel loro delirio, cercano di mantener una certa facciata di normalità, piccoli gesti quotidiani che tutti più o meno fanno. Sono cattivi e non puoi tifare per loro, ma anche tanto umani che ti fanno pena.

Ti dicevo: personaggi, storia, messaggio. Appunto: messaggio. Non portare rancore. Eccolo. Il miglior messaggio degli ultimi tempi. Qui si campa sul rancore: per un legame finito, per un lavoro non avuto, per rabbia contro la società o la famiglia, per la sconfitta della squadra di calcio. Per noi uomini e donne liberi/e è naturale crescere nel rancore. Perché dar il peggior spettacolo di sé, è sincero, vero, siamo fatti così, non possiamo migliorare e tutte quelle tristissime cazzate che ci diciamo . Cinici da bar, cattivisti da happy hour. Invece, codesto regista, ci rammenta proprio il contrario: comprendere, capire, perdonare, saper che il padre che ti ha lasciato è lo stesso che ti ha dato tanto amore, che i genitori con i quali ti sei lasciata così male, sono gli stessi che ti ameranno sempre. E nel finale mi sono commosso.
Poi parte il rap e insomma ....^_^ 

mercoledì 25 novembre 2015

CASTAWAY ON THE MOON di LEE HAE JUN


Nel cinema, per me, conta tanto anche il modo di dire certe cose. Il come. Perché, talora, potrai avere anche delle bellissime idee a disposizione, ma se non sai come trasmettere un messaggio, sviluppare l'empatia per i personaggi, rendere "la solita storia" qualcosa di interessante, rischi di fallire e anche miseramente.
Nella maggioranza dei casi, o è puramente fortuna, devo dire che nei casi del cinema orientale ho trovato spesso questa grande attenzione al come metter in scena una storia, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche come scelte "umanistiche". E questa cosa mi garba assai.

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Prendiamo codesta pellicola. Alla base c'è una bella storia d'amore. Credo che sarebbe uscito un buon film ugualmente anche se sviluppato diversamente, ma mantenendo la cosa fondamentale per la riuscita di una pellicola: i personaggi. Nondimeno è proprio l'azzeccatissimo mix grottesco e sentimentale a rendere gustosissima e riuscita questa ottima commedia coreana.
Di cosa parla? Di un uomo che tenta di suicidarsi e finisce, trasportato dalle correnti del fiume Han, su un isolotto disabitato situato presso la città. L'uomo sulle prime è demoralizzato. Non funziona il cellulare, si ritrova in un ambiente ostile, non sa nuotare. Si ritrova solo con la sua sconfitta umana, vittima di un crollo finanziario e della fine di una relazione. Nel frattempo una ragazza passa la sua vita chiusa in camera. Si è volutamente esclusa dal resto del mondo, tagliando i contatti con gli altri. Inventandosi una vita virtuale attraverso il computer. Un giorno, per caso, lei vede lui. Sulle prime lo confonde con un alieno, ma piano piano....
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Possiamo fare a meno degli altri? Possiamo vivere una vita in una dorata esclusione dal contesto sociale, mettendo un muro tra noi e i sentimenti, il mondo, l'umanità? Che la solitudine sia una scelta, come nel caso della ragazza, o una necessità , come nel caso dell'uomo, anche quando essa diventando abitudine, consuetudine, ci dona il miraggio di un equilibrio ritrovato, vedi lui e il suo lavoro per aver il grano con cui fare gli spaghetti, non è una condizione giusta per nessun esser vivente. Che, ripeto, si possano creare motivazioni, gesti rituali, e tante cose per viverci in un dato momento anche lungo della nostra vita, è normale, che sia il fine stesso dell'esistenza no.
O meglio possiamo anche gridarlo forte, possiamo tirar fuori la storiella tipica dei liberali circa la scelta di vita individuale. Possiamo dire e fare tutto, anche esser felici e star bene, ma non è il fine della nostra esistenza. Qualcuno verrà a gettarci delle bottiglie con i messaggi. Basta leggerli.
Possiamo anche non leggerli. Possiamo anche ignorarli. Perché codesto atteggiamento ci aiuta, ci difende. Il dolore, la solitudine ci danno una personalità ben precisa e definita. Una casa, un luogo, in cui siamo "sicuri e protetti". Star male ci fa star bene. Il resto è un tentativo. Il tentativo mette in dubbio e alla prova le nostre scelte, la società fa del nostro immobilismo un punto di forza.

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La potenza di codesta meravigliosa pellicola è proprio questa: lanciare un messaggio profondo, condivisibile, sulle relazioni umane e la loro importanza fondamentale, attraverso momenti buffi, drammatici, divertenti, commoventi, in un contesto tra surrealismo e rappresentazione del reale
Riuscire a commuovere, rendendo "viva", un'anatra di metallo, tettuccio di un furgoncino abbandonato, non è da tutti,ma la grandezza di questo film si trova proprio nelle brevissime sequenze tra uomini e cibo o uomini ed oggetti, come se facessimo parte tutti di un singolo destino, tutti dentro una singola lacrima di dio.
Opera che non lesina nemmeno qualche frecciatina alla vita del paese asiatico, con il suo ritmo vorticoso, il controllo, la paura per qualche minaccia, forse da nord, e della solitudine più o meno forzata che tutti vivono.
Ma noi possiamo e dobbiamo abbandonare le nostre isole e camere. Qualcuno ci sta aspettando.

martedì 24 novembre 2015

STAGE FRIGHT di JEROME SABLE

Possono convivere musical e horror? Non sono forse due generi totalmente differenti? Uno è come dovrebbe esser la vita: ballando e cantando saremmo sicuramente più allegri e felici. L'altro è  il genere più cupo, violento, radicale e pessimista. Non è un azzardo contaminarli insieme? Ci verrebbe da dir di sì. Ma.. Sai che c'è sempre un "ma", ecco: non è una cosa così strana. In un certo senso Rocky Horror Picture Show  e Il fantasma del palcoscenico, sono opere rock che filtrano con l'horror e i suoi luoghi comuni.


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Sicché codesta pellicola ha dei precedenti nobili, ma anche una particolarità: forse è il primo slahser musicale, forse. Di fatto è un film assolutamente godibile sotto tutti i punti di vista. Come horror ha dei buon momenti di tensione e omicidi particolarmente efferati, truculenti, raccapriccianti, omaggio a Dario Argento, Fulci, ma non solo, vi è anche tanto De Palma. Omaggi però mai fastidiosi, o fini a se stessi.La parte musical è più che decente, e se non fosse per l'assassino, sarebbe stato un perfetto film di questo ottimo e meraviglioso genere cinematografico.
Opera di produzione canadese, che vede alla regia, sceneggiatura e co-autore delle musiche un tizio da tener sott'occhio : Jerome Sable.


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La  storia parte da un delitto  che sconvolge la vita di due fratelli Camilla e Buddy, la loro madre, viene trucidata da un uomo mascherato, nel suo camerino. Dieci anni dopo i due lavorano come cuochi in un campeggio estivo che si occupa di metter in scena i classici del musical. Il posto raduna diverse persone assolutamente strambe, fuori dal comune, non ben accettate dalla società,  A capo di tutto questo c'è il vecchio produttore e amico della donna assassinata, il quale si occupa dei due orfani, come se fossero suoi figli. Non tutto va per il verso giusto: l'uomo è in realtà un semi fallito e il camping rischia la chiusura, ultimo tentativo di far colpo sui pezzi grossi di Broadway è metter in scena un musical: The Haunted of Opera.
Piccolo particolare: è lo stesso spettacolo recitato dalla madre di Camilla e Buddy, prima che venisse eliminata.
La ragazza vuole assolutamente aver il ruolo materno, forse per superare il trauma o sentirsi legata alla madre, e quindi fa il provino per il ruolo. Nel frattempo un misterioso killer semina morte e terrore fra i giovani e il personale. Chi sarà mai? Cosa lo spinge ad uccidere?

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Il film funziona assai bene grazie alla contaminazione con il musical, è un concentrato di omaggi, citazioni, divagazioni ironiche, e di spettacolari delitti. Risultando così una divertita e divertente riflessione sui meccanismi del cinema d'intrattenimento, e non solo.  Nel cast, davvero buono per un prodotto simile, spicca il buon ,caro, vecchio Meatloaf , chiaro omaggio proprio al Rocky Horror Picture. Il suo personaggio è ricco di sfaccettature, il bene e il male in una persona sola, reso molto bene. Come straordinario è il killer che ammazza cantando canzoncine heavy metal, suggestiva anche la maschera kabuki.
Insomma un film decisamente valido, originale nel suo esser così smaccatamente "citazionista", con buoni numeri musicali e una messa in scena davvero solida e notevole. Non fatevelo scappare