martedì 23 giugno 2015

ANIME NERE di FRANCESCO MUNZI

Il cinema è, a volte, un'arma puntata in faccia allo spettatore. Ti tiene prigioniero, immobilizzato, e ti mostra il lento ed inesorabile declino di una società. Per difesa noi uomini pensiamo che le cose non ci riguardino. Non siamo su un gommone in balia di una sorte spietata, non abbiamo disabilità, non viviamo sotto i ponti, non siamo cittadini in un paese del profondo sud, in mano alla criminalità.
In quel momento di distacco, di indifferenza, ecco che ti arriva un film come questo. Pellicola che non fa prigionieri, che non ti permette nemmeno per un secondo di dire:" Ma si tanto a me"
Tanto a te un beato cazzo!
La mafia è arrivata dritta dritta a casa tua. Ha la cravatta, la macchina sportiva, sono gentili e hanno un sacco di soldi, ma è giusto che tu lo sappia: mentre dai retta a un pirla che parla di ruspe contro i rom, quelli ti hanno preso tutta la città. E gli eroi del territorio sono stati zitti zitti.

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Codesta opera ci dice proprio questo: benvenuti nella fine del mondo civile, legalitario, dove l'amore e l'affetto per i nostri simili conta ancora qualcosa
Prima che criminali, gli uomini protagonisti di questo ottimo film sono persone che non provano affetti e sentimenti. Vivono in un rudimentale contesto di sopraffazione, violenza,ma nemmeno epica e drammatica. No, di piccole cose, sguardi, parole dure sussurrate a denti stretti. 
L'apatia del male, nemmeno la banalità.

Un male presente, che avvolge. Non siamo nei film folkloristici di Damiano Damiani, dove però si cercava di mostrare qualcuno che si ribelli anche se destinato a esser sconfitto. Munzi , e lo sceneggiatore Gioacchino Criaco, non ci permettono nemmeno di intravedere l'ombra di un possibile "eroe dello stato".
Ci sono solo uomini legati a un destino, mentalità, fato, ma nemmeno questo rende bene l'idea. L'ottima fotografia plumbea, cupa, rende benissimo la mancanza di alternative, la prigionia forzata. L'implacabilità di una amarissima vittoria di tutto ciò che di male possa esistere

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Munzi gira un grande film, perché qui c'è tanto cinema. Nei volti azzeccatissimi degli attori, nel modo di inquadrare, di togliere quando c'è bisogno. Un racconto, una saga famigliare, girata con il freno a mano, ma per questo ancora più solenne. La gente spara e finisce sparata, senza spettacolarità. I lutti che ci lasciano senza lacrime, viste che ne dovremmo piangere troppo
E il grigiore di brutti posti, chiusi, dispersi, la Bellezza è rivoluzionaria e aiuta gli uomini a vivere bene. Qui nel recinto di una mentalità, società, di una criminalità che ormai occupa ogni spazio della vita del paese, dal paese in calabria a milano, c'è un cielo nero portatore di sventure, morte,desolazione
Noi non possiamo altro che aver paura di tutto questo, paura che nasce dallo sbigottimento: come è stato possibile?

4 commenti:

hetschaap ha detto...

E' davvero un film terribile ed implacabile. Una pellicola soffocante perché non permette scampo. Sembra che un destino ineluttabile non ti permetta la fuga, persino quando vuoi restare al di fuori di certi meccanismi (come il personaggio di Luciano) finisci irrimediabilmente per essere trascinato dentro. Perché non c'è scampo, perché non c'è nessuno che può aiutarti. Lo Stato non esiste. Si capisce benissimo da i rari interventi delle forze dell'ordine. Nessuno ti può proteggere. O ti fai rispettare da solo o muori.
Ma la cosa più terribile, guardando questo film, è che non riesci a capirne il motivo. Fare questa vita per cosa? Per vivere in un paese sperduto, in case fatiscenti, allevando capre e coltivando la terra? Non è una ricchezza di cui non godrai mai il motivo. Il motivo è qualcusa che sfugge perché è comprensibile solo a chi in quel mondo c'è nato e cresciuto. Per noi è totalmente inconcepibile.

babordo76 ha detto...

è un film in qualche modo apocalittico. Si narra la fine di un mondo, il nostro mondo e i legami umani, per aprirsi a un mondo non tanto diverso - ci sono famiglie, fratelli, in un certo senso amici- ma devastati da codici che qualcuno definisce d'onore,ma che di onorevole non hanno nulla.

Kris Kelvin ha detto...

Mi sembra di capire che il film vi è piaciuto... :)
E allora, pur se non richiestomi :) riapro la polemica: Questo film era in concorso all'ultima Mostra di Venezia, insieme a "Il Giovane Favoloso" di Martone e "Hungry Hearts" di Costanzo. tre film bellissimi e coraggiosi, nient'affatto facili e scontati, che hanno riscosso applausi ovunque. Ebbene, alla fine l'unico ad essere stato premiato è stato "Hungry Hearts" (e solo per le interpretazioni degli attori), e molti critici di casa nostra hanno avuto lo stesso da ridire! Qui non si tratta di essere "piagnoni" o "sciovinisti", si tratta di capire il perchè in Italia si fa di tutto per non promuovere la nostra produzione... mentre a Cannes, come si è visto quest'anno, i Francesi non si vergognano per niente.

babordo76 ha detto...

da una parte siamo poco inclini a difender il nostro cinema, dall'altra le giurie hanno fatto delle loro libere scelte. Devo veder ancora i film di cannes,ma non polemizzo con le giurie ^_^