mercoledì 16 gennaio 2019

Benvenuti a Marwen di Robert Zemeckis

La forza del cinema è- e rimarrà- la potenza dell'immaginazione. Meglio: l'immaginazione come atto di insubordinazione (umana e commossa)alle regole della realtà. La vita vera dove spesso gli arroganti e i malvagi hanno la meglio e dove chi ha la colpa di essere diverso, quasi sempre, è destinato a una vita difficile e rischiosa.
Questo uso della fantasia, del sogno, persino della speranza, non è un modo per scappare dal mondo, cercare una distrazione inoffensiva e rassicurante. No.
Semmai è l'opposto. Cioè il tentativo testardo di non cedere al negativismo dominante nella nostra società, mantenere il cinema come una fabbrica di sogni ma non lontani da una profonda riflessione sulla società e il mondo.
Un riscatto morale ed etico, un terreno incontaminato dove costruire la nostra città
La città che potremmo riempire di amici, amori, dove essere eroi e annientate i nemici.
Un posto come Marwen

La storia vera dell'artista Mark Hogancamp, fumettista e fotografo. che ha la vita spezzata dopo un brutale pestaggio da parte di cinque ottusi reazionari infastiditi da un comportamento dell'uomo. L'odio per il diverso, il sentirsi dalla parte sana dell'umanità, fa crollare ogni piccolo elemento di rispetto e conoscenza dell'altro.; così a costoro par normale picchiare a morte una persona perché ama girare indossando scarpe da donna.
C'è un discorso presente, ma tenuto giustamente sotto traccia, quella non tanto dell'identità sessuale ma del piacere personale anche feticista e il modo diverso in cui è vissuto dagli attori in campo. Da una parte per qualcuno è un bisogno- giusto o sbagliato non è mia intenzione dar un giudizio netto in questo caso- che porta un minimo di serenità,  o la parvenza di essa. Dall'altra persone che non vogliono nemmeno capire cosa ci sia alla base di questo comportamento e si sente autorizzata a massacrare il "pervertito".
Tuttavia questa è la base di partenza di una pellicola magnifica, ricca di fantasia e immaginazione che si sposa perfettamente con una tecnica perfetta.
L'odissea che deve affrontare il suo personaggio per raggiungere "casa" è cadenzata dai racconti di guerra inventati da Mark.  In quei racconti, nella città immaginaria di Marwen, lui è libero di essere amato dalle donne che fanno paarte della sua vita, di vincere e sterminare i cattivi, di essere forte ed eroico.
Una liberazione o una gabbia, questa fantasia? Entrambe le cose. Da una parte è il sostegno di un uomo ferito, distrutto, con grossi problemi a relazionarsi con gli altri,  impaurito dalla vita  e dalle persone, ma dall'altra impedisce a costui di capire davvero la vita e le relazioni.
Non è una persona poco amata, Mark, tutt'altro! Ha molte amiche che lo seguono, una donna che si è innamorata di lui e la nuova vicina di casa, elemento di rovesciamento e cambiamento della sua vita, che ci tengono a lui.
Ecco Zemeckis, in questo film, mostra quei piccoli momenti di tenerezza, attenzione, quasi impercettibili che però fanno la differenza e ci fanno capire come le persone, in maggioranza, non siano uguali al branco di violenti. Intorno a Mark c'è affetto. Solo che lui ne vede una parte, incapace di affrontare il mondo .
Le fantasie eroiche (forse anche erotiche) di Mark sono realizzate in modo davvero impressionante usando  pupazzi con le facce degli attori, usando tutta la tecnologia possibile ma lasciando anche uno spazio per qualcosa di infantile e artigianale nelle bambole.  Par di star a giocare con i nostri Big Jim o Barbie, si avverte il senso ludico, la serietà del gioco, della rappresentazione del reale e delle persone che da bambini riempiva le nostre giornate. Poi cresci, devi essere operativo come galoppino di un imprenditore, essere efficace ed efficiente, devi produrre dimenticando la tua vita e la gioia profonda e seria del gioco. e del giocare.
L'intelligenza di questo ottimo film è lasciarci riflettere sui lati positivi e negativi di una vita dove la fantasia sia l'unica via di fuga da una disperazione assoluta, gestita benissimo da un bravissimo Steve Carrel, il film ci spinge ad aver fiducia nel nostro possibile cambiamento e riscatto e tutto ciò avviene grazie all'influenza positiva chce il mondo ha su di noi, in particolare su come l'amore possa spingerci a migliorare. Anche quando magari non finisce come vorremmo.
Poteva venir fuori un film morboso basato sui gusti del protagonista, poteva essere un film dal taglio documentaristico e didascalico su una vittima dell'omofobia e dell'idiozia, invece abbiamo una pellicola che unisce sapientemente fantasia e stupore con la realtà . Proviamo tenerezza vedendo il protagonista aggirarsi per la città trainando una jeep con a bordo le sue bambole (coperta di Linus e scudo contro il male che potrebbe incontrare stando fuori) sentiamo la sua sofferenza quando si sente in colpa, pensa di essere sbagliato e non ha la forza di sostenere lo spazio di un aula di tribunale in compagnia dei suoi assalitori. Per alcuni il personaggio di Carrel potrebbe non sembrare troppo simpatico, questo penso sia giusto. La vittima da sostenere non è solo quella che istintivamente apprezziamo, ma la dobbiamo sostenere per quello che ha subito. Come quando si sottovaluta il problema di una molesta perché a denunciarla magari è una persona con chiari problemi mentali.  Siamo troppo condizionati dalla simpatia e antipatia.
Mark è un uomo con i suoi limiti, potremmo anche ritenerlo respingente per quanto riguarda il nostro schema mentale ma non merita di rischiare la vita per un suo vizio. O piacere.
Il finale sarà criticato visto che viviamo in tempi in cui tutto deve essere cattivo, mai una gioia e così via elencando. Ma è una storia vera. Una storia che non finisce malissimo.
Marwen è un film che va visto perché in questi tempi l'ondata reazionaria si è resa protagonista di alcune cose spiacevoli. Locali pubblici in cui i proprietari si vantano di disprezzare gli omosessuali, di provare schifo per essi. Come se fossero chissà quali pericolosi criminali o portassero chissà quale malattia mortale e contagiosa.
Una parola oggi, una battuta domani e taaac, come per magia ci ritroviamo un ferito grave  se non un morto.
Marwen è prima di tutto una lezione di empatia nei confronti delle vite diverse dalla nostre. Non poco, direi.


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