martedì 21 gennaio 2020

SORRY WE MISSED YOU di KEN LOACH.

La stagione cinematografica 2020 si è aperta con la visione di film diretti da autori che per un motivo o l'altro non sono tra i miei preferiti o, come nel caso di Loach, ho rivisto alcuni punti di contatto con la sua visione del metter in scena la realtà sociale di questi tempi.
Il regista inglese è un pilastro della mia educazione al cinema, come spettatore indisciplinato e politicizzato, opere come Kes, Family Life, Piovono Pietre sono visioni fondamentali che ancora oggi mi scaldano il cuore di sano fuoco rivoluzionario. Tuttavia col tempo le sceneggiature di Paul Laverty,  mi son sembrate sempre più fiacche, legate a una facile indignazione, a una rappresentazione superficiale delle dinamiche di classe e dei rapporti di forza. Questi problemi sono ben presenti anche in questa opera, ma in questo caso ci sono anche elementi riusciti che rammentano quasi i tempi migliori di Loach. Quasi, eh.
Certo la sceneggiatura vuol mettere troppa carne sul fuoco e per questo sembra che si disperda senza approfondire nulla. Lo stile Laverrty e trockjista, che ci dobbiamo fare. Nondimeno analizzandolo con molta calma e riflettendoci con rigore politico, potremmo anche trovar giusto questo senso di dispersione, di non compiuto che è una cifra della pellicola.
In fin dei conti Loach rappresenta la classe lavoratrice e le sue dinamiche/contraddizioni interne. Sopratutto tiene a mente e riprende il contesto sociale e politico in cui i personaggi si muovono.
E oggi i lavoratori non sono affatto gli operai di Piovono Pietre o di altre opere, in cui pur essendo sconfitti mantenevano una visione di classe profonda e acuta.  Perché ancora memori delle lezioni delle avanguardie in fabbrica del sindacato e del comunismo.
 Per cui quei protagonisti mi sembravano - e lo sono- migliori rispetto ai personaggi dei film successivi. Proletari indignati e lamentosi ma senza nessuna idea di coscienza o lotta di classe. Nessuna. Forse sono capaci anche di votare a destra o non votare del tutto. Non c'è traccia di istinto alla ribellione, al lottare per i loro diritti.
Questo ci delude un po' perché chi fa politica ha l'idea chiara sulla situazione e magari anche una predisposizione alla lotta di classe, ma è chiaramente isolato in ogni contesto. Sì, qualche compagno si illude che nella sua fabbrica le cose siano diverse, ma non abbiamo riscontri tale per non credere che siano frutti di sogni, illusioni, vane speranze. Quel mondo è forse morto e sepolto, e per ritornare a contare deve capire il contesto odierno, non porsi in un settarismo del tutto inutile. Chi sono i nuovi lavoratori? Quali problematiche devono sostenere? Come toglierli dal loro isolamento?
Queste sono le domande che i militanti devono farsi e chiedere ai loro segretari- tutti novelli lenin- di dar una risposta, una strategia, che ci siamo rotto le palle delle polemiche tra chi ha lo 0, 2 contro quelli del 0, 1.
Domande che non vengono prese in considerazione né da Laverty  né da Loach.
Il lavoro è un elemento di rottura e separazione tra le persone. Non  un mezzo di riscatto sociale, di unione proletaria,  ma una sanguisuga che succhia energia vitale alle persone, le usa e getta come oggetti,  li spreme senza pietà.
La gloriosa libertà offerta dal mondo libero e democratico alle masse.
Complice anche un razzismo di classe che non viene quasi mai considerato, ma risulta evidente nelle critiche a chi protesta visto come un deficiente analfabeta funzionale che si oppone alle meravigliose azioni del libero mercato e del liberalismo in genere.
Per arrivare a tutto ciò chiaramente abbiamo dovuto trasformare le masse in tanti individui legati da bisogni effimeri, ma distanti o contrari ai diritti sociali, i grandi assenti nelle agende politiche dell'occidente. Semmai concediamo e riconosciamo qualche lotta per i diritti civili, giusto per dividere ancora di più  il popolo da settori avanzati della borghesia.
 Tutto questo genera lavoratori stressati, impauriti, arrabbiati ma codardi per cui è giusto prendermela col ragazzo senegalese ma mai far nulla contro il padroncino.
Non mi stupisco, la codardia e la debolezza sono le radici di questi tempi. Che si presentino come forze conservatrici e capitaliste o come effimeri progressi la debolezza e la codardia stanno sempre alla base delle scelte.
Loach e Laverty sembrano aver capito la fondamentale importanza della famiglia, aprendo una riflessione e discussione interessante visto che ultimamente sposarsi o crearsi una famiglia par un reato da sciocchi.
Come possiamo far combaciare i fatti della vita, la voglia di stare insieme, goderci i figli e i ritmi disumani del lavoro? In un modo solo, perdendo la famiglia.
O aprendo una crisi difficile da gestire. 
Le scene famigliari sono la parte migliore del film, anche se a volte paiono forzate. Tuttavia è così che si vive. Questo è il risultato del mondo capitalista.
Avere due lavori che ti rubano ogni attimo della tua esistenza ma non riuscire a vivere decentemente.
Ripeto pur lavorando entrambi.
Un tempo, molte famiglie facevano vite dignitose anche con un solo stipendio, oggi con tutte le regole e leggi in favore al padronato è difficilissimo per dei lavoratori vivere senza paura di debiti o altro.
 Abbiamo distrutto la legge 300 del 1970, lo statuto dei lavoratori, per il Job Act.  E prima ancora per tante altre leggi che hanno dato potere alla classe  imprenditrice, spesso popolata da cialtroni, per togliere tutto alle masse lavoratrici.
Lo notiamo seguendo il protagonista che di mestiere fa il corriere e sua moglie, infermiera a domicilio.
Lui, come tanti proletari moderni, si lascia convincere di esser autonomo e di poter lavorare come imprenditore di sé stesso. Un illuso che si lascia convincere con promesse di terza mano.
Forse il film ci dice ben poco sul lavoro che fa il protagonista e non approfondisce i rapporti tra colleghi, tuttavia credo sia dovuto al fatto che agli autori non interessi più un discorso politico legato alla rappresentazione politica e sociale del lavoratore, ma mostrare i danni umani fatti dal capitalismo sulle persone e in particolare sulle famiglie.
Ecco, proprio per questo penso che , pur non essendo più il Loach che amavo da ragazzo, questo film vada visto. Per una riflessione seria e ponderata su temi che colpiscono tutti noi.

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