martedì 7 aprile 2015

SECOND CHANCE di SUSANNE BIER

Susanne Bier ha uno stile ben preciso: questo modo di fare cinema, la sua rappresentazione dell'umanità, le tematiche, possono non piacere a moltissime persone. Ma io non sono "moltissime persone", basta e avanza quello che sono: sicché (cari miei) non perdetevi questa ultima buona prova della danese.
Prodotto dalla casa di produzione Zentropa (garanzia in questi ultimi decenni di grandissimo cinema proveniente dalla terra di Lars Ulrich , fondata da quel genio assoluto che è Lars Von Trier), il film in questione non è diverso in nulla, rispetto a quanto fatto dalla Bier fino ad ora.

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Il melodramma estremo, quasi sadico nel metter una dietro l'altra situazioni esasperanti ed esasperate, è la superficie dell'anima di questa pellicola e del cinema della regista. Infatti le critiche puntano tutto su questo aspetto. Scatta subito il meccanismo di difesa dello spettatore: " ricatto morale", "perfida e ridicola insistenza", "moralismo d'accatto", perché così possiamo sopravvivere alla visione e non porci domande che ci metterebbero in imbarazzo, che ci farebbero molto male.
Così viviamo, così ci illudiamo. Io amo invece proprio questo suo sbatterti in faccia le cose, questo non darti possibilità di fuga e di inchiodarti alla sua classica domanda: " e tu che faresti?"

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La storia in breve: un poliziotto è il padre felice di un bimbo di pochi mesi. Durante un controllo in casa di uno spacciatore scopre (chiuso in un armadio) un piccolo dell'età del suo figlio. Il bimbo risulta in condizione igieniche disastrose.
Purtroppo un giorno suo figlio muore e così al poliziotto non rimane altro che fare scambio d'infanti. Dando origine a una tragedia devastante.
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Chi siamo noi per definire chi sia o no una buona madre e un buon padre? La morale individuale, per quanto spinta da ottimi presupposti,è altro rispetto alle conseguenze sociali, etiche, al mondo esterno?
Sono queste le domande che il film impone, facendoci passare una via crucis di dolore devastante, dove i rapporti umani paiono ridotti alla rabbia, alla violenza, eppure.. C'è Simon (eccellente Thomsen ) l'amico e collega del protagonista, che combatte una sua battaglia contro l'alcol e un matrimonio fallito alle spalle, il suo percorso di rinascita è simbolo della possibilità umana di ricrearsi una vita, di avere appunto una seconda possibilità, anche se per alcuni questa cosa non è proprio vera. 


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Lo stesso vale per la madre snaturata, drogata, vista come persona da condannare (al pari del violento e criminale marito) eppure davvero in grado di amare il figlio. Certo c'è bisogno di un aiuto esterno, di assistenza, ma questo è solo un nuovo inizio. Forse.

Tu cosa faresti, o caro spettatore indisciplinato? Io come sempre sono vittima del mio giustizialismo spiccio e poi ci ragiono su e comprendo di sbagliare. Non perdono, non sono tollerante, se dall'altra parte non avverto un tentativo di miglioramento, anche campato in aria e difficoltoso, ma almeno la comprensione di vivere in un modo indegno per sé e per gli altri, quindi ero concorde con il protagonista: prendi il bimbo e salvalo. Però mentre la pellicola  procede, ecco...Come puoi pensare che un bimbo possa sostituire il tuo? Come puoi condannare a prescindere una persona che per te non è valida? E allora cominci a fare autocritica, a riflettere e guardare in faccia le tue debolezze e responsabilità, cominci a pensare e a pesare le tue scelte.
Tutte cose che a molti danno fastidio, quindi meglio perdersi a criticare gli elementi superficiali e difendersi come possiamo. Voi, che siete ben disciplinati. Non io, che mi son goduto un film importante e assai bello. Nonostante il dolore . E che Susanne faccia di tutto per farsi odiare.

4 commenti:

hetschaap ha detto...

Certo il film pone sicuramente un dilemma morale nello spettatore ma, ancora di più, pone a confronto due visioni diametralmente opposte: quella femminile e quella maschile. Come si può pensare che un figlio possa sostituirne un altro nel cuore di una madre? Come di può credere che un'altra madre non riconosca il proprio figlio? Entrambe le cose sono impossibili. E infatti la pellicola dimostra il fallimento totale di questo piano.
Un film che, giustamente, colpisce duro ma non potrebbe essere altrimenti, dato l'argomento.

babordo76 ha detto...

Effettivamente ( come mi hai fatto notare)questa cosa che i bimbi prima di una certa età siano pressoché identici, è tipicamente maschile. Come quella di risolvere un dolore, comprando un sostituto. Lo stesso che avviene anche in Dopo il matrimonio.
Bier ci spinge a riflettere sempre profondamente

Kris Kelvin ha detto...

Susanne Bier è tornata in Danimarca e spero che lontano da Hollywood sia tornata quella di prima... gli ultimi due film suoi ('Love is all you need' e 'Serena') erano francamente imbarazzanti.
Qui, anche come tematica, mi sembra in effetti tornata all'antico. Spero di riuscire a vedere il film per darti la mia opinione

babordo76 ha detto...

Non ho visto il film americano con cooper e lawrance,nemmeno la coproduzione della pellicola precedente. Qui siamo in pieno stile danese: melodramma estremo, viscerale, mazzate su mazzate,a me piace assai. <3

se dovessi vederlo poi fammi sapere