martedì 26 maggio 2015

YOUTH di PAOLO SORRENTINO

Cosa sei, Giovinezza? Sono la caccia al dragone, la principessa da conquistare, il Regno fatato dove prosperare. Sono anche la rockstar sul palcoscenico, il famoso regista sul tappeto rosso, lo scrittore che vende troppi libri, il pornostar da video su youporn. E poi mi ascolterai cantare. Posso cantare le tue gesta leggendarie per obiettivi unici al mondo. Ecco, uomo, volevi sapere cosa sono? La gloria che diventa leggenda. Questa sono. Mitizzata da tutti, disperatamente sognata e pregata di tornare per gran parte del resto della vostra vita. Io e la morte siamo le vostre uniche certezze. Tutti siamo stati giovani e tutti moriremo.
E la vecchiaia? Perché? Figliolo mio, lo so. Non piaccio a nessuno. Certo, ora dicono che siamo sempre giovani. Ma è un trucco. Li vedi quei disperati? Vestiti giovanili, operazioni per non lasciare le rughe, ma credimi. Sono vecchi. Parlano di quante volte vanno a pisciare, di vecchie fiamme, non rammentano il presente e hanno un ricordo non vero del passato.
La vecchiaia è solo il riassunto delle puntate precedenti. Prima che finisca la trasmissione.

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La storia. Possiamo fare film senza storia? Non so. Andrei contro al secondo punto fondamentale, per me, di far buon cinema. Ricordate? Personaggi, storia, messaggio. Questo è il cinema che piace a me. Però mi son scordato di mettere la cosa principale: emozioni, empatia, sentimenti. La cosa e ne scrivi tre? Si, perché a mio avviso fanno parte di una stessa cosa. Non puoi divider questi tre elementi. Il tutto è come le filmiamo codeste cose? Esiste un modo giusto o uno sbagliato? Quello sbagliato è il metodo del regista o nostro? Non ho le idee chiare in proposito. So solo, e di questo ne sono più che certo, che una volta acquistato il biglietto, accetto le regole del gioco volute dal regista e da chi ha scritto quel film. Non sono le mie. Io mi ci devo perdere nel film. Devo fare questo.

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Le suggestioni, le percezioni, sono importanti. Razionalizzare tutto, fermarsi a un tecnicismo che ci faccia da scudo, o pretendere frasi altissime, anche quando parliamo di gente che non ricorda quando ha pisciato l'ultima volta, è un modo che rispetto e trovo giusto, ma non mio. Non per quanto riguarda l'idea chiarissima che ho del cinema e di cosa mi piace.
Sorrentino lascia che siano le immagini a parlarci e ad emozionarci. Più che le parole, più che un pensiero pedante, didascalico, e guardando: noi comprendiamo.
La giovane massaggiatrice che balla davanti a un video gioco, la baby prostituta così fragile, timida, persa, Diego Maradona sfatto, con sulle spalle il peso dei chili in più e di un mito che non può far morire, ma anche così puro e infantile da palleggiare con una pallina da tennis.  E poi un bravissimo Paul Dano, attore che riflette amaramente, facendo autocritica, sulla sua fama. Una gloria effimera avuta con un film di grande incasso, mentre i suoi film più personali e amati quasi nessuno li rammenta.
Infine i due protagonisti: Fred e Mike. Amici da una vita. Vite vissute in modo assolutamente opposto. Egoista, apatico, uomo che ha tradito ripetutamente la moglie, che ha vissuto solo per la musica, "le emozioni sono sopravvalutate",  padre che non sa come gestire il dolore profondo della figlia, abbandonata dal marito, musicista che non vuole più suonare da quando la moglie si è ammalata. Nemmeno se lo desiderasse la regina. Questo è  Fred.
E Mike? Lui pensa che le "emozioni sono le uniche cose vere che abbiamo"  lo dice prima di prendere una decisione importante per lui, che risulterà fondamentale per l'amico. Mike è un regista che ha avuto un buon passato, ma ultimamente è in forte declino. Lui vuole solo girare il suo testamento. Comprende il peso della vecchiaia, l'arrivo della fine e vuole lasciare qualcosa di suo. Per sé stesso e per gli altri. Perché i films, le canzoni, i libri, non li creiamo per noi. Ma per qualche anima vagante , qualche sconosciuto "così famigliare", per questo. Un biglietto per l'immortalità.
Mike vive di sentimenti, emozioni, cristallino e limpido. Indifeso. Questi due uomini vivono in estremo la loro vecchiaia e la loro vita: a entrambi manca qualcosa. Quel qualcosa che trovano l'un nell'altro.
Youth è un viaggio emozionale al rallentatore. I nostri occhi e le sensazioni che proviamo durante la visione, sono la forza del film.

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D'altronde noi come viviamo e cosa diciamo? Abbiamo una storia solida, robusta, o sono momenti, percezioni, suggestioni, ma sopratutto: emozioni. Sono queste cose a dominare la nostra vita, sempre in bilico sul chaos.
E cosa diciamo? Parliamo seriamente del tempo, ce la prendiamo con i tempi cattivi, frasi fatte. La morte e la vecchiaia producono tante frasi fatte. Tantissime
Non la reputo banale la scena in cui Keitel spiega la gioventù e la vecchiaia , usando un cannocchiale. Dice cose vere. E la verità spesso è scontata e banale. Inoltre serve al pubblico per comprendere, visto che non vanno solo gli imparati al cinema.

A me questo film è piaciuto tantissimo. Mi è entrato sotto pelle, mi ha toccato l'anima, mi ha sfiorato il viso come una carezza tenerissima e incerta. Si, una pellicola fragile, incerta, slegata,ma non è un difetto.
Trovo bellissimo quello che dice e come lo dice. Prendi, ad esempio, la scena in cui Paul Dano dice: puoi narrare l'orrore o il desiderio. Io scelgo che non voglio parlare dell'orrore. Ma del desiderio: del tuo , del mio.
Un inno alla vita, possente e assoluto. In un dialogo.
Bellissimo anche il dialogo tra Fred e Mike, quando si domandano cosa rammentano i figli di loro. Tema autobiografico, nel quale Sorrentino si mette a nudo e ci svela una sua paura: che i figli possano dimenticare chi siamo e perché abbiamo fatto alcune cose per loro. Nasce da una bruttissima e dolorosissima esperienza del regista, Noi gli siamo grati di averci voluto far partecipare.

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Un flusso di coscienza woolfiano in immagine e movimento. Bisogna abbandonarsi, bisogna accettare le premesse, quello che un Autore vuole raccontarci o suggerirci, Dobbiamo esser meno egoisti ed egocentrici, al cinema, di fronte a un film, non siamo nulla. Solo vasi da riempire.
A me codesta opera ha dato tantissimo: riflessioni sul rapporto padre e figlio, paura della morte, incertezza su come vivrò la mia vecchiaia e delle persone che amiamo. Mi ha emozionato, commosso, mi sono perso sulle strade di montagna con i due protagonisti. Ed ha un finale di rara e assoluta bellezza.
Grazie.

6 commenti:

Sam ha detto...

Il mio problema con il cinema di questo tipo è proprio che faccio fatica a lasciarmi prendere se non mi viene raccontata una storia.
Riflettevo in questi giorni sul fatto che comunque un film dovrebbe cercare di comunicare alle masse e non solo a chi può capirlo... forse darò una seconda possibilità ai film di Sorrentino solo per cercare di capire se lo fanno! Infondo se vogliamo essere davvero critici dobbiamo valutare anche la reazione più comune e non solo la nostra... e la mia è spesso noia con questo cinema ;) ma vedo che per tanti è diverso.

babordo76 ha detto...

l'uso delle immagini nei film di Sorrentino spiega quello che altri fanno con il dialogo. Penso che la visione di un film sia un venirsi incontro. Il regista dovrà parlare al pubblico, ma il pubblico deve sforzarsi di comprender il linguaggio di quel regista. D'altronde è una scelta. Se vado a veder un film di Ken Russel o Jodorowsky non chiedo semplicità e linearità. Sono conscio della mia scelta. Posso prendere e rifiutare, ma non amo la figura paternalista del regista che mi deve prender per mano e spiegare "semplificando" tutto
In realtà credo che Sorrentino sia una buona via di mezzo. Youth non è un film di simbolismi astratti,ma parla di cose comuni: lo smarrimento,la solitudine, il rimpianto, ha anche degli ottimi dialoghi ( quando Keitel dice che la maggior parte della gente non ha un film testamento, né le ultime parole,ma muore sola). A me ha emozionato profondamente. Però comprendo anche chi non ama codesta pellicola. Forse sarebbe da rivedere tra venti anni, quando su facebook troveranno un nuovo modo di riempire la giornata, oltre che parlare male di sorrentino, moretti, von trier, nolan ^_^

Sam ha detto...

Perchè esiste un modo migliore di passare il tempo, se non parlare male di qualcuno? ;)
Io questo non l'ho ancora visto e quindi era una riflessione generica. Sì, un autore non deve certo semplificare, ma comunicare non solo ai pochi in grado di capire sì. e siccome stanno tutti dicendo di come appunto questo film ti entri dentro, penso che dovrei vederlo e magari potrei ricredermi sul cinema di Sorrentino. chissà!

Kris Kelvin ha detto...

Sì, la scena del cannocchiale è davvero di disarmante semplicità e bellezza. Assolutamente perfetta. :)

hetschaap ha detto...

Dalle tue parole (bellissime) mi viene in mente un'ulteriore riflessione. Il film procede per immagini e scene apparentemente slegate tra loro perché comunica allo stesso modo in cui lavora la memoria: filtra. Un film che si intitola giovinezza e la racconta attraverso lo sguardo della vecchiaia non può altro che applicare un filtro emotivo a ciò che ci mostra. Perché la memoria fa questo: conserva fatti anche banali o, comunque, scollegati, distanti, a volte insignificanti. La menoria non ha una razionalità che ci permette di scegliere cosa conservare ma opera in maniera imprevedibile ed apparentemente casuale. E Sorrentino traduce tutto questo in quello che è puro linguaggio cinematografico.

babordo76 ha detto...

Sam: è una bella attività, ma è meglio parlare delle cose che ci piacciono. Si, è un film fatto di suggestioni e percezioni, di come uno vive il cinema. Quindi anche le critiche vanno bene, perché posso comprendere che non piaccia affatto.

Sauro:si, bellissima. Tanto

Vale: esatto.Un flusso di ricordi, pensieri, sensazioni, emozioni. Quindi l'andamento del film è affine a tutto questo.