sabato 29 agosto 2015

E JOHNNY PRESE IL FUCILE di DALTON TRUMBO

Unica opera dello sceneggiatore e scrittore Dalton Trumbo, " E Johnny prese il fucile", tratto da un romanzo del regista, è tra le più toccanti storie anti militariste e pacifiste mai scritte o portate sullo schermo. Il suo punto di forza, a mio avviso, sta proprio nel punto di vista scelto per spiegare l'orrore di un conflitto bellico: quello di un soldato ferito in modo gravissimo, ridotto a un tronco umano, incapace di comunicare con gli altri, ma vivo. Fortissimi i suoi pensieri, la sua voglia di vivere, il suo disperato bisogno d'amore. Un soldato che è un ragazzo prima di tutto. Uno di quelli che la propaganda guerrafondaia, alla base delle nostre democrazie,  truffa e destina a uccidere o esser ucciso.
Credo che sia tutto qui. Si, certo poi possiamo parlare degli eroici soldati e i sopravvissuti - non tutti- forse alla fine ci credono pure. Ma prima e durante la battaglia c'è solo paura e feroce adrenalina. Per vivere. Non significa svilire le grandi vittorie contro i nemici delle libertà e delle civiltà, ma partire dal fatto che in guerra ci va gente che il giorno prima ci sorride dietro il bancone di un negozio, dice stupidaggini con noi al bar, sogna di far soldi, o ha una donna nel cuore e vuole sposarla, godersi la tranquillità
La natura della guerra è l'espansionismo. Esso significa garantire potere e ricchezza alle nazioni occidentali. D'altronde la ricchezza l'ottieni in due modi: o sfruttando le classi inferiori, tipo le case lavoro inglesi e scozzesi del 1800, o colonizzando.  Per questi motivi di espansione territoriale, conquista di nuovi spazi, ricchezza delle classi alte, tu povero ragazzo della classe media-bassa vai a farti uccidere.
#staisereno ti diamo il premio: i nostri ragazzi.



Dalton Trumbo rifiutò di denunciare alla commissione per le attività anti americane, si comportò da eroe e Kazan da vigliacco? Forse si. Quello che importa è che abbia fatto quello che doveva fare. Comprendo la paura, il terrore, comprendo tutto e capisco che Kazan abbia collaborato, ma non lo giustifico. Bene ha fatto Nolte a non alzarsi a non applaudire.
Dalton si è beccato i suoi 11 mesi di galera, per un'idea. Ricordiamolo a quelli che da sempre fanno la morale al mondo, rammentiamolo a questi che vedono il male lontano da loro e mai nel loro sistema politico- economico. Facciamolo notare ai nostri nandi mericoni, quelle persone che pur avendo superato i 15 anni hanno ancora il sogno americano.
Fuggì in Messico e da lì, continuò a scrivere attraverso pseudonimi vari. Vinse anche due Oscar usando nomi fittizi. Un grande uomo.

Nel 1971 affronta la sua prima regia. Decidendo di portare sullo schermo un suo discusso romanzo di successo: E Johnny prese il fucile.

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Film angosciante, disturbante, commovente come pochissimi altri. Non è possibile ritrovarsi negli altri, quelli che dovrebbero esser sani. Noi siamo immobilizzati a letto, con e come Johnny. Per tutta la durata del film ti domandi: ma chi decide cosa è vita e cosa no? Come fai a dire: ormai non prova più niente?Con quanta sufficienza carica di indifferente disprezzo parliamo di altre vite, umane e no, ( lo stesso discorso per me vale anche per gli animali. Non è che tu possa torturare un cane o un gatto o altro animale, che tanto...), sicché cominci a pensare: " E se capitasse a me?" Urlo, piango, rido, vivo e tu amore mio non mi ascolti. Tu amico mio non mi guardi. Tu padre mio stai pensando al costo del funerale.
Ecco tutto questo è il film in questione.. Girato in bianco e nero per rappresentare un presente cupo, senza vita, lento e inesorabile, e dei flashback colorati. Per la vita che c'era e ora c'è , ma par sia scomparsa.

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Ben presto, però, i flashback diventano una scusa per dar spazio al surreale. Troviamo un magnifico Gesù, interpretato da Donald Sutherland, un Cristo umanissimo e pietoso,  che fa il falegname e gioca a carte con i morti, impotente di fronte al dolore di Johnny. Incontriamo il soldato con il padre e questo loro rapporto è davvero commovente, Jason Robards interpreta un uomo che si sente mediocre, la cui unica fonte di gioia è la canna da pesca.  Ma c'è tenerezza nel rapporto tra padre e figlio. Visioni che incrociano amore e abbandono. La disperata voglia di Johnny di vivere e la tristissima condizione del suo corpo.
Non manca però chi si affeziona a costui. Una giovane infermiera che proverà pena e compassione per lui, gli donerà qui pochi momenti di amore e vita.

Opera fondamentale, importante, perché ci mette a confronto con riflessioni importanti.

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