venerdì 19 luglio 2019

GO HOME- A CASA LORO di LUNA GUALANO

Ogni estate io e mia moglie abbiamo l'abitudine di frequentare un cinema all'aperto, qui a Firenze. In questi anni abbiamo visto diversi film invisibili, come si suol dire, o colto l'occasione per guardare quelle pellicole che durane l'anno ci erano sfuggite.
Ieri sera siamo andati a veder questo film "Go Home- A casa loro" che si è rivelato un prodotto piccolo ma bellissimo, di cui vi consiglio la visione.
I motivi per cui questo film va sostenuto, fato conoscere, fallo diventare un cult sono tanti e validi, ad esempio... Che ne so! Potremmo incominciare ponendo l'accento sul fatto che sia un horror italiano, totalmente indipendente, costato pochissimo ma che non risente affatto di nessun "poverismo", di nessuna deriva citazionista a cazzo di cane,  di nessuna improvvisazione o peggio ancora dilettantismo ostentato ma tanto che ce frega, siamo indipendenti!
L'opera è girata davvero benissimo.  Luna Gualano ha un senso straordinario degli spazi, del tempo, e di come usarli. Oltretutto usa la macchina da presa come parte narrante e fondamentale per l'opera. Ogni movimento è legato a un preciso sentimento, una sensazione che in quel momento i personaggi stanno provando o per dar l'idea dell'ambiente.
Ecco, è un film horror italiano diretto da una donna. In questi anni questo genere ha visto un buon numero di donne girare horror spesso anche di ottima qualità. In Italia penso sia un caso pressoché unico e mi auguro di rivederla di nuovo all'opera.
In realtà è un film horror italiano girato da una donna ma fatto da una coppia, quella formata dalla regista con lo sceneggiatore/ co autore delle musiche Emiliano Rubbi. Non vuol dire nulla ma a me è piaciuta questa idea di film davvero famigliare, di un progetto che ha visto l'impegno di due persone legate sentimentalmente, scusate è il mio lato romantico che ha preso il sopravvento.
Sopratutto Go Home va visto per quello che racconta e per come lo racconta.

A Roma durante una manifestazione dell'estrema destra contro la presenza di un centro d'accoglienza per migranti che transitano dalla città, scoppia un'apocalisse zombi. Un giovane neofascista per scappare dai morti viventi troverà rifugio proprio nella struttura, salvato da quelle persone che lui vede come stupratori, assassini, ladri di lavoro e così via.
Per quanto mi riguarda ci sono due modi di intendere e usare il genere: 1) portare su carta o sullo schermo una pura storia di intrattenimento, anche ben fatta, senza nessun aggancio con la realtà ma che si auto alimenta attraverso regole precise e personaggi stereotipati. Il genere puro. 2) usare il linguaggio, la grammatica del genere per parlare di altro. Per rendere universale, comprensibile, argomenti politici per un pubblico magari anche non troppo politicizzato.
Io amo questo modo di fare cinema di genere. Perché a mio avviso un messaggio filtrato da una storia fantastica, irreale, ha più presa nel cuore e nella mente dello spettatore. Ovvio che amo moltissimo il classico cinema politico ma spesso mi par che sia un discorso straordinario fatto per i soliti noti. Un po' chiuso in un determinato settore del pubblico.
Emiliano Rubbi  scrive uno straordinario e classico film di zombi utilizzando come ambientazione un centro d'accoglienza. Questo basta per far diventare questa pellicola un'opera militante, politica, schierata. Sopratutto lo sceneggiatore evita ogni semplificazione o strizzatina d'occhio al pubblico. I personaggi, seppur non approfonditi ( di loro non sappiamo quasi nulla come del resto non ci viene spiegata cosa ha scatenato l'invasione di zombi), non sono mai delle macchiette. Sono semplicemente esseri umani. Anche il giovane neo fascista ci viene descritto come un codardo dall'inizio fino allo straziante finale, ma non c'è accanimento contro di lui. Avvengono cose molto dure e crudeli fatti dagli uomini, ma non c'è mai- in questa splendida sceneggiatura- un certo cinismo da fighetti annoiati che vogliono mostrare quanto sono cattivi loro. C'è dolore, paura, sofferenza, odio, ma mai a cuor leggero. Mai.
C'è semmai la debolezza umana, la volontà di sopravvivenza, la vigliaccheria di quelli che a parole vogliono la " bella morte". Attraverso Enrico, interpretato benissimo da Antonio Bannò- si critica tutto un mondo. Non necessariamente cattivi ma uomini piccoli e deboli che se la prendono con gli ultimi, Uomini che urlano volgarità e odio contro gli altri e poi arrivano a dichiararsi compagni quando si trovano al cospetto dei migranti. Tuttavia Enrico è un ragazzo giovane, uno dei tanti lasciati a bollir nella loro rabbia e nel loro disagio. Un personaggio che il giovane e ottimo attore rende davvero bene sullo schermo.
Non manca anche il possibile eroe, un personaggio che sarebbe piaciuto decisamente a Carpenter, cioè il gigante Ibraim (se non sbaglio il nome) un taciturno e tormentato uomo che scappa da chissà quale terribile incubo. Chissà cosa ha perso e subito per diventare così chiuso in se stesso. Un personaggio che l'attore  Sidy Diop rende umanissimo e potente.
Per cui il film ci offre anche degli ottimi personaggi a cui si vuol anche bene e si spera che non finiscano male.
E invece la pellicola picchia duro. Durissimo.
I momenti di leggerezza, che non mancano affatto, sono messi lì per prepararci all'ultima mezzora, quella che ci prende a mazzate senza troppi complimenti.

Gli zombi per fortuna non corrono, sono truccati benissimo, e fanno il loro mestiere. Simbolo di un odio famelico che divora per alimentarsi e creando altri mostri affamati.
Un particolare non da poco è anche la colonna sonora. Brani di gruppi indipendenti - e del Piotta- che danno una potenza incredibile alle immagini.
Insomma io direi che questa pellicola merita tutto il sostegno di chi ama il genere horror e il buon cinema.  Guardatelo, fatelo vedere, diamo visibilità a un film meraviglioso.

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