giovedì 28 novembre 2019

MARRIAGE STORY di NOAH BAUMBACH

A volte basterebbe aver il coraggio di parlarsi, di dirsi le cose che ci feriscono e quelle che potrebbero esser la nostra salvezza. Però quante coppie hanno questa forza e coraggio? Non è facile, immediato  e purtroppo l'amore in questi casi può davvero poco.
Perché nella nostra società basata sul rifiuto del dolore, sulla paura di risultare vulnerabili è meglio lasciar le cose nel dubbio, nell'incomprensione. Troviamo conforto nel rifugiarci nelle nostre idee, nei torti che pensiamo di aver subito, senza pensare alle nostra mancanze o le giustifichiamo. Questo modo di agire non può che portare al fatto di ritenere normalissimo lo scontro, il dolore per la conclusione di una relazione e non ci si chiede mai come sia possibile che da nessuna parte possa giungere un aiuto per salvare un rapporto, per impedire che le persone si facciano male.
Perché è talmente scontato che le relazioni siano destinate a finire che non ci chiediamo mai: " Ma cosa avrei potuto dire o fare? Cosa avrei dovuto dir al mio amico, fratello, figlio?" e la cosa sconcertante è che il mondo esterno una volta compreso che vi sia una crisi concorre per portare il tutto su un livello burocratico, giudiziario, spersonalizzante e disumano. 
In questo film le cose di cui vi ho appena parlato sono chiare e precise sin dall'inizio. Ed è con pena, sconforto, sofferenza per due persone assolutamente belle, non crudeli, verso cui non è difficile empatizzare, che assistiamo a quello che gli capita. Gli avvocati che confondono il tutto con una guerra di genere, che usano mezzi sleali, che fanno a pezzi, pur di vincere, le persone.
Non una persona a caso o particolarmente cattiva, ma quella donna o quell'uomo che tanto abbiamo amato e che in realtà amiamo ancora.

 Nella crisi di questa coppia vediamo tutte le debolezze e fragilità accettate a prescindere su cui si basa la nostra società. Meglio abbandonarci all'ignavia della propria sofferenza che chiedere aiuto alla persona amata,  meglio usare l'alibi di caratteri diversi e dei litigi che comprendere a pieno che la relazione è composta da persone totalmente diverse tra di loro, per cui è normale litigare, annoiarsi, esser delusi ma proprio esplicitando queste cose e vedendole come parte della nostra vita, forse si potrebbe continuare una relazione non viziata da violenze o pesanti trascuratezze.
Però tutti ci comportiamo più o meno come questi due meravigliosi  e memorabili personaggi.  Decidiamo che la fine possa esser gestita civilmente e senza sofferenza, non tenendo conto che stroncare una relazione è un lutto vero e proprio, viviamo lo stesso dolore. E che la società per quanto ti ribelli si intrometterà e nn certo per darti una mano a rimediare.
La vittima vera di questo film è il figliolo, che vive sentimenti per lui grandissimi e difficili da comprendere, che vuol far di tutto affinché la madre non soffra dando la colpa al padre di ogni cosa,  ed è questa la parte più triste che si dovrebbe tener conto quando ci si separa, sopratutto quando la causa è una nostra mancanza, un ingigantire cose minime, e così via.
Tuttavia il film è bellissimo perché non si crogiola nel disfattismo totale, non è la solita ridicola solfa contro la coppia  e la famiglia, non è un inno alle cretinate tipo meglio soli che mal accompagnati e così via.
L'opera, interpretata benissimo da Scarlet Johansson e Adam Driver, mette in scena con precisione e affettuosa partecipazione gli errori che commettiamo, in buonissima fede, e di come il mondo ne possa approfittare. Quando tutto quello di cui abbiamo bisogno è tempo per noi, per comprenderci e aiutarci, come possiamo senza hollywood ending ma anche senza rovinarci l'esistenza.

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