lunedì 15 febbraio 2021

Red Dot di Alan Darborg

 Mi piacciono molto i survivor come sotto genere horror. L'idea dell'uomo civilizzato che si trova disperso in un ambiente ostile, in cui tutte le cose che riteniamo fondamentali si mostrano pleonastiche, perché la natura è indifferente nei confronti del nostro progresso.

Subito dopo arrivano i folk horror e i revenge movie.  Sempre per il motivo scritto sopra. Cosa rimane della nostra civiltà (che si basa sul benessere del singolo, sull'ostentazione del successo, dei titoli) quando devi affrontare la possanza, la forza bruta di persone messe agli angoli, abbandonate a una vita di durezze, che si trasforma nella difesa ad oltranza della propria identità e della propria terra? Infine il revenge movie.

Abbiamo leggi, codici, regole, per tener in piedi la società, onde evitare che tutto finisca in barbarie e rese dei conti interminabili. Tuttavia, con buona pace dei garantisti, che succede a una persona quando perde la persona amata?  O una violenza ingiustificata entra a gamba tesa nella sua esistenza? Siamo ancora disposti a rimanere umani e aver fiducia nelle giustizia, oppure il dolore ci mette di fronte al fatto di aver perso tutto.

Sangue chiama sangue, odio vuole odio, non per risarcire un danno e nemmeno per riscattarsi, tornare a veder la luce. La vendetta è l'accettazione delle tenebre e l'unico scopo è punire i colpevoli.  

Tutti questi tre elementi ci fanno capire come siano fragili il progresso, la civiltà,  l'empatia, non perché elementi negativi, anzi, ma perché nella nostra società sono delle bandiere maldestramente sventolate per nascondere la ferocia, la rabbia, la violenza. Nascondiamo queste cose sotto un tappeto, oppure come sempre le normalizziamo, cerchiamo di depotenziare la loro carica sovversiva.

Perchè in un mondo debole, che si reputa sempre innocente, assolto, non coinvolto, la differenza fra buoni e cattivi, si fa sempre più sottile. 



David e Nadjia sono due persone normali. Anzi, in questi tempi in cui c'è una divisione tra le brave persone laureate e cattivi analfabeti funzionali, loro sono una coppia perfetta.  Lui si è laureato con successo in ingegneria, lei sogna una brillante carriera come dottoressa. Sono istruiti, carini, non ultimo sono pure una coppia interrazziale. Insomma persone verso cui stabilire da subito un buon legame, una solida empatia.

Come succede a molte persone della mia generazione ( e quelle a seguire) avranno molti mezzi per aver successo nel lavoro e nello studio, ma non sanno assolutamente nulla della vita. Non comprendono ad esempio cosa significhi sposarsi, vivere una lunga relazione con una persona. Come spesso capita sono due single, due individualisti, che per caso vivono insieme.

Nulla di male, d'altronde è uno dei pilastri della società odierna, quella di sostenere ogni desiderio, soddisfazione personale, a discapito di una visione inclusiva,  di condivisione, sostegno, cioè una vita di coppia consapevole.

Per cui dopo solo un anno sono già in crisi. Lui travolto dal lavoro, lei insoddisfatta per come funzionano le cose nella loro unione, la paura di non poter avviare la sua carriera in quanto aspetta un bambino.


Il trasferimento a Stoccolma poi non fa altro che peggiorare le cose. Sono soli, a parte l'amicizia di un vicino di casa, Thomas.  David, un giorno, si presenta con una proposta che solo in Svezia possono accettare: andar a nord, per campeggiare di notte, col fine di veder l'aurora boreale.  Uno sano di mente (cioè del sud del mondo) direbbe: " Ehi, ma sei cretino? Già si muore di freddo qui. Figurati nella neve e nel gelo del nord di questo fottuto paese". Invece la cosa viene presa bene.

Si palesa, per cui, il primo elemento: il survivor. Vedi che questi due, senza tutte le comodità da cittadini medi(ocri),  si perderanno nei boschi.  

Per farla breve, prima di arrivare nel rifugio in cui hanno prenotato, causano un piccolo incidente con un paio di cittadini locali. I quali sono assolutamente diversi, sotto ogni aspetto possibile e immaginabile, rispetto ai nostri protagonisti. Due rozzi cacciatori, poco inclini alla saggezza culturale e alla raffinatezza sociale. 

David, oltretutto. decide di non dir niente ai due gentiluomini e così si allontanano.

Ovvio che grazie a questa pensata entriamo prepotentemente nel filone del folk horror. Due cittadini che causano un piccolo danno a due membri di una comunità chiusa, diffidente, e mo son cazzi.

Tuttavia verso il finale c'è un piccolo colpo di scena che riscrive completamente il film, tutto quello che abbiamo visto fino a quel momento e sopratutto a me ha fatto cambiare idea su molte cose.

I fuochi d'artificio arrivano con la parte finale.  La vendetta. Di chi? Per quale motivo? Questo dovrete scoprirlo voi guardando il film. 

 Red Dot è un film feroce, crudo, disperato.  Il tutto narrato con un tono gelido, ma non trattenuto. Noi siamo testimoni e spettatori impossibilitati ad agire. Non possiamo nemmeno chiudere gli occhi, far finta di nulla, perché non è una pellicola che vuol intrattenere i suoi spettatori con citazioni, strette d'occhio complici, non c'è nesssun " stai tranquillo, vedi che tutto è finto."
 Racconta di responsabilità, scelte, di persone non cattive, ma disinteressate a tutto e a tutti,  istruiti e a modo loro validi, eppure incapaci di gestire relazioni e sentimenti.  Per questo la coppia è così credibile, oltre che per la bravura assoluta dei due attori. Ci fa ragionare come noi anti razzisti, moderni, civli, siamo intolleranti e razzisti per motivi di classe.  Ribaltando molti luoghi comuni del genere folk.  Ci spinge a considerare la vendetta come una scelta, quando perdi tutto.  In più, cosa non da poco, non scade mai nel cinismo, nel pessimismo a cazzo di cane, che tutto fa schifo e non c'è niente per cui valga la pena vivere. 
Sono persone distrutte, sole, travolte da una naturale mancanza di responsabilità, di scelte errate. In cui ognuno porta sofferenza e morte agli altri e ne riceve il prezzo salatissimo.
Il film è anche un buona opera di genere; contaminata,  con colpi di scena ben distribuiti, e personaggi davvero reali e credibili.
Ovvio se soffrite il freddo, state lontani da codesta pellicola.  Il vuoto, il nulla, sommerso in un bianco accecante, è forse la cosa che mi ha terrorizzato di più.
Ah, no! Il trapano! Maledetto trapano!


2 commenti:

In The Mood For Cinema ha detto...

Sinceramente a me ha dato noia proprio il colpo di scena finale. Ma perché dobbiamo per forza trovare la "profondità" di contenuti o la riflessione quando ogni tanto basta fare un bel survival senza se e senza ma? Il colpo di scena secondo me rovina un po' il tutto, considerando che sempre secondo me è prevedibilissimo già dal momento in cui compare il personaggio che ne è protagonista...

babordo76 ha detto...

Ciao, e scusa per l'enorme ritardo nella risposta. Dal mese prossimo mi obbligherò a riprender a scrivere su codesto blog almeno una volta alla settimana. Comprendo il tuo punto di vista, perché a me non dispiace un puro film di genere, tuttavia ci sono anche opere che compiono riflessioni, cambiamenti, sul genere. A me il finale è piaciuto molto, perché sovverte l'idea che ti sei fatta dei due protagonisti. Lo trovo ficcante. Dubito che si possa capire qualcosa prima di averlo finito di vederlo ^_^