venerdì 12 settembre 2014

FANNY E ALEXANDER di INGMAR BERGMAN

Per umiltà e onestà intellettuale  vi dico subito:  uscirei sconfitto, se dovessi mettermi a fare il critico seriamente e tentare di analizzare un capolavoro simile..Come potrebbe un giornalaio di lissone spiegare il cinema di Bergman? Con tutte le tensioni autobiografiche ,le intuizioni geniali, la filosofia e la religione, troppa roba.
Non che in passato io abbia rinunciato ad occuparmi del maestro svedese,assolutamente. Crescendo, però, ci si rende conto di quanto sia inopportuno mettere in gioco le proprie considerazioni e opinioni .In quanto certi artisti sono talmente immensi, che ci vorrebbero pagine e pagine di libri per avvicinarsi minimamente alla loro portata.

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Fanny e Alexander è un racconto autobiografico dove Bergman cerca in qualche modo di fare i conti con la sua famiglia di origine. Come tutti gli appassionati sanno, l'infanzia di Ingmar è stata assai dura. Piena di soprusi da parte paterna, una certa indifferenza materna, conflitti con il fratello maggiore e la sorella, ( nella sua autobiografia , "Lanterna Magica", confessa di aver cercato malamente di eliminare entrambi , durante la sua infanzia), una prima gioventù spezzata da punizioni,incomprensioni,rancori, questo ha pesato duramente sulla sua formazione.
 Codesta opera narra anche di questo, basti pensare alla figura del Vescovo, ma è anche un modo di riparare  a quella sua vita così scarsa dal punto di vista affettivo. Infatti Alexander ha la fortuna di avere una nonna molto affettuosa, come la mamma che avrebbe voluto avere, e un padre, il direttore di teatro Oscar, che nel suo immaginario sarebbe stato il babbo giusto per lui e le sue passioni teatrali.

Intorno a lui una umanità composta da gente fragile,vittima delle proprie passioni, di una vita fatta di troppi umanissimi errori. Molto probabilmente è solo una mia impressione ,ma in codesta opera , mi pare che Bergman dia anche una leggera possibilità a una sorta di malinconica e intima felicità,( il calore affettivo della nonna, l'ombra del padre defunto), seppure essa sia prigioniera nella durissima realtà fatta prevalentemente delle punizioni del patrigno e di un ambiente del tutto assente dal punto di vista affettivo.

Quanto dolore si percepisce in questa pellicola! Implacabile, freddo,esso cerca di farsi spazio attraverso le forme possibili di una vita serena e l'unica salvezza possibile rimane una sola: la fantasia.

Poster

Quante volte nella nostra vita ci siamo affidati ad essa? Quante volte schiacciati da una situazione che ci arreca solo disagio, ci impegniamo affinché la fantasia possa darci un po' di sollievo? Scappatoie, anche facili. Però, sopratutto in alcune età, unico metodo per stare a galla,per salvarsi.
E sono proprio le fantasie di Alexander a dar un tocco di assoluta poesia e genialità alla pellicola, ( basti rimembrare la magnifica scena notturna nel negozio di marionette, con l'arrivo di Dio. Una sequenza quasi horror,davvero inquietante), l'autobiografia qui diventa un mezzo per riflettere su sé stessi e il potere che abbiamo sulla vita : possiamo cambiarla o no?
Ed è anche un atto affettuoso, in un certo senso, sul mondo piccolo fatto di cose anche veniali o poco pratiche nel mondo grande,ma da difendere assolutamente.

Guardando la pellicola pensavo alla Fragilità. Questa vergogna nel mondo degli uomini che non devono chiedere mai, dell'umanità spinta verso nuovi orizzonti di gloria, (cioè l'acquisto del nuovo I Phone),e così misera e amareggiata nelle relazioni sociali e nei suoi diritti di lavoratori. Eppure,per me la fragilità non sempre è un ostacolo. Semplicemente è una questione di sensibilità e intelligenza. Comprendere le sfumature, ( che son ben più di 50 ), del mondo e degli esseri umani, porsi in modo limpido,disarmato di fronte al mondo e agli altri. Anche questa è fragilità. E non è una vergogna.



In questa pellicola vediamo gente , anche di un certo livello, alle prese con i dolori e le piccole,quasi impercettibili gioie, e al centro la famiglia
Perché parte tutto da qui. Non ci scegliamo i genitori,ma come genitori influiamo tantissimo sulla crescita e la formazione dei figli. Ed è un compito che non finisce mai. Mica puoi dire, lo dicono ma i codardi, " ormai non è più affare mio". Perché il tuo figliolo è il risultato dei tuoi esempi, del tuo modo di vivere, che poi rinnegherà e combatterà, o porterà con sé amabilmente,ma la famiglia è importante come via di evoluzione di una persona. Siccome la responsabilità e la naturale conseguenza , in questi tempi spaventa assai,ecco che troviamo alibi anche per i genitori maldestri, inefficaci,o peggio ancora soffocanti e aguzzini dei loro figli.
Lo manifesta bene Bergman, questa ultima categoria, proprio nel momento in cui Alexander vede il fantasma del Vescovo. In quanto , seppure ,tu poi sceglierai la tua di vita e vivrai la tua di vita, non si cancellano gli insegnamenti e il vissuto nel momento formativo di un essere umano, ci accompagnano per sempre. Volenti o nolenti,come si dice.
In realtà non è solo la famiglia a esser fondamentale per la nostra persona e quello che sarà in bene o male ,la nostra vita. Conta anche l'ambiente, la nostra capacità di far fronte alle frustrazioni e alla repressione che subiamo crescendo. In poche parole : il passato. Gran parte delle migliori opere son dedicate proprio al confronto con il passato. Oggi,visto che non ci facciamo mancare nulla, pare naturale allontanarlo da noi. Secondo una triste filosofia di vita da fast food, ( l'americanizzazione + il "sempliciottismo" italico fanno danni culturali non indifferenti), si tende a cancellare il passato,a dire che non abbia importanza. Poi nel mondo grande ci troviamo il revisionismo a cazzo di cane e in quello piccolo, la dimenticanza comoda e rassicurante su quello che siamo,eravamo, cancelliamo errori e dolore ,ma pure le cose savie e belle. Le riteniamo vetuste e pleonastiche,allegria! Non è così.

E anche questo conta nel film di Bergman, ( in realtà in tutta la sua filmografia), la ricerca di una piccola oasi di pace ,in un passato ricercato e voluto,in una condizione umana di apparente felicità talora solo sognata e altre volte rincorsa e afferrata per pochi secondi. Felicità che trovi nell'arte,nel teatro, nella lanterna magica,nel cinema,ma sopratutto all'interno di un set ben collaudato. Come ci teneva a precisare lo stesso Ingmar
Che codesta pellicola sia un capolavoro dal punto di vista tecnico lo lascio dire a chi fa cinema e ne capisce. Chiaramente è così: fotografia davvero eccelsa, ad esempio. Come anche i discorsi sulla sua effettiva durata. Io ho quella martoriata da 188 minuti,ma è pura gioia per il mio cuore e i miei occhi



Sopratutto : cosa sarei io,senza il tuo cinema? Che tipo di spettatore abbietto, ancorato al nostalgismo canaglia,alla rincorsa gaglioffa nel declamare le lodi al" mestierantismo ", con le sue brutture per masse affamate di intellettualismi pleonastici, lontani dalla gioia e dalla pulcretudine assoluta del grande cinema? Che tipo di pensieri e dolori avrei provato? Se li provassi,abbandonandomi a certe lordure.

Lo Spettatore Indisciplinato è tale proprio perché è in continua ricerca del senso alto e nobile del cinema, perché vede in esso non solo il riempitivo di esistenze grige e monotone, o distacco senza dolore e riflessione da quello che mi circonda. Ma perché reputa il cinema un modo per formarsi come uomo e cittadino,come essere umano militante e spesso anche "tragicomicamente " ridicolo,ma possiamo anche esserlo. Non è un male, se tendi al tuo miglioramento,a un rapporto totale , ( di anima,carne,cuore), con questa stupenda e meravigliosa arte che è fare cinema.
Grazie Ingmar, ( e grazie :lars, woody, ozu, werner,moretti,scola....eh, quanti!)


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