lunedì 3 febbraio 2020

iI Due Papi di Fernando Meirelles

Qualche tempo fa avevo preso la decisione di scrivere post su film visti in sala.  Tralasciando le opere guardate sul nostro telo in salotto, legate a Netflix e Amazon Prime.  Pigro come sono ho scritto meno della metà su tutte i film visti al cinema. La pigrizia è uno dei miei peggiori difetti, sicuramente il più duro da gestire.
Anche questo anno ho ripreso fiducioso lo stesso schema:  scrivere di tutti i film visti in sala.  Più o meno i risultati sono gli stessi.
Tuttavia farò uno strappo a questa regola perché il film di cui vi parlerà è tra i miei preferiti della scorsa stagione ed è quello per cui tifo nella competizione per gli Oscar. Perché far un film sul Vaticano, il Papa, senza scadere in papismo estremo o (peggio ancora) in critiche tanto cattive quanto scialbe ed idiote, non è operazione facile. Questo ottimo film riesce a trovare un giusto equilibrio tra finzione e attinenza a una certa realtà che non santifica nessuno.

L'opera è tratta da una pièce teatrale The Pope, del 2017, sceneggiata dallo stesso autore Anthony McCarten,  ed è una riflessione molto acuta sulle divisioni della e nella chiesa. Non vista come un corpo unico sotto un pensiero dominante, ma come tutti i posti in cui viene gestito un potere, piena di correnti e opinioni distanti.
Il che non vuol dire che siano tutti degli atei mascherati ossessionati dalla gloria e dalla potenza che il ruolo e il suo prestigio donano a chi è Papa, neppure martiri della fede con l'espressione assente per via di visioni e lunghe notti in chat con Dio.
La fede è una cosa seria e complessa purtroppo spesso infangata da rancorosi buoni a nulla, che col pretesto del Vangelo ( senza conoscerlo)  si lanciano in linciaggi morali di rara idiozia.  Non sono frasi imparate a memoria e scollegate dal loro contesto, non sono visioni e ambizioni terrene nascoste sotto le vesti pregiate e i gioielli,  tutto questo è il mercato della fede, Sono come quei venditori al tempio scacciati in malo modo da Gesù.
Per colpa loro, del loro bigottismo squallido molti si sono allontanati dalla chiesa o come me non avvicinati.
Per cui se per caso voleste veder un film che attacca duramente il Vaticano, irriverente, scandaloso e provocatorio, non è questa l'opera giusta.
Non è nemmeno un'agiografia pomposa e triste, di quelle in cui i protagonisti dicono solo cose belle con in sottofondo un John Williams dei poveri che ci dà dentro con musiche zuccherose e spacca timpani.  Non si vuol parlare di due santi, sopratutto su Papa Francesco, non si fanno sconti.

L'opera mischia abilmente realtà e finzione senza che questi elementi pregiudichino il valore del film, non è un documentario storico ma nemmeno l'opera di fantasia in cui si inventa di sana pianta un fatto piuttosto che un evento.  I ricordi argentini di Papa Francesco, compreso anche il suo ruolo durante la dittatura e di come il suo tentativo di voler dialogare con alcuni membri della giunta militare abbiano portato solo danni ai suoi colleghi ed amici, tanto che qualcuno non l'ha mai perdonato.  Il film mostra e lascia spazio al nostro intervento su questi fatti, ti offre l'occasione di una riflessione partendo da un'accusa oppure (dipende da come la vedete voi) un tentativo di analisi su come sia difficile far le scelte giuste sotto dittatura. Non tutti siamo eroi, in particolare quelli che diranno subito: " ah, ma che codardo il Papa." Vorrei davvero vedervi in caserma sotto tortura o in una situazione in cui potreste far una brutta fine, andar a rompere le palle a un pezzo grosso della giunta non è cosa da poco. Certo, i suoi colleghi hanno avuto più coraggio a far certe scelte, infatti l'opera non dà medaglie al valore, mostra la crisi, gli errori fatti anche in buona fede.
Potremmo allora dire che sullo schermo vediamo i due uomini dietro al loro esser Papi? In parte.  Bergoglio  e Ratzinger sono persone agli opposti su tutto e per tutto. Tanto Papa Francesco è umanissimo, ancorato nel mondo reale e con passioni terrene molto da uomo comune, quanto Papa Benedetto XVI è uomo di rigore, regole, teoria, gusti classici, poco propenso alla battuta, serio, forse un po' rigido.
Il film ci mostra un grande studioso che aveva anche colto il problema dei nostri tempi, il relativismo. Tanti sono convinti che si tratti di progresso e invece è solo la debolezza di non accettare responsabilità, di non aver coraggio di scelte definitive.  Questo argomento sarebbe assai interessante anche per noi agnostici e i laici.  L'idea che non esista bene o male, nero e bianco ma che sia tutto basato sul grigio, su un individualismo massificato che giustifica a prescindere i capricci di un momento, non sono certo segnali di progresso. Il progresso che invece io trovo nel diritto delle donne a non dover aver stipendi minori rispetto agli uomini e di vivere come persone pari al resto del mondo, o nelle leggi sui matrimoni per i gay e anche le adozioni, questi sono esempi di progresso laico in una società giusta.
No, vabbè per me il massimo del progresso sarebbe la dittatura del proletariato e il ritorno del socialismo reale, ma credo che sia decisivo per tutti ( liberali e comunisti laici e credenti) sconfiggere e superare il relativismo e le sue storture.
Tutto questo discorso per dire che se anche non ho mai amato più di tanto la figura di Papa Benedetto XVI perché in un certo senso forse un po' troppo teorico, distante, slegato dal contesto e conservatore, credo sia una mente brillante e un acuto osservatore. Dovrò leggere qualche suo libro.
In poche parole questo film riesce a parlare di fatti importanti e poco allegri per il vaticano e il papato, senza mancar di rispetto a nessuno. Ma non nel modo ipocrita e borghese del cercar di proteggere la facciata delle istituzioni e dei suoi uomini, ripeto non si negano le responsabilità che hanno avuto nel loro passato o sotto il loro papato, ma il tutto è fatto con rigore, forza, capacità di conquistare il pubblico con momenti leggeri e altri più sferzanti, e anche alti, nel senso che non ci viene presentata una fede precotta e facile da digerire, ma una sagace e arguta riflessione su di essa.
Oltre a un'ottima regia e una solida ed efficace sceneggiatura, il film si tiene in piedi anche grazie alla bravura straordinaria dei suoi magnifici e memorabili interpreti.
Anthony Hopkins fa di Benedetto XVI un uomo certo severo e vissuto sempre dentro alla teoria, allo studio, lontano dalle masse, ma non troppo chiuso mentalmente, anzi grazie alla sua cultura riesce ad imbastire discorsi complicati e complessi, mentre Jonathan Pryce ci offre una splendida interpretazione di Papa Francesco. Tormentato da certi rimpianti, uomo che ama la vita,  e ha una visione della chiesa non chiusa nelle regole dei libri sacri, ma ancorata nella realtà.
Questo è il film per cui faccio il tifo per gli Oscar. Per il resto non li seguo da tempo, mi limito a leggere i vincitori il giorno dopo. Anzi no, leggo quelli che devono subir lo smacco della vittoria di un film che non hanno amato.
Matte risate, ve lo assicuro <3 nbsp="" p="">

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