domenica 27 settembre 2020

SPECIALE FLORENCE KOREA FILM FEST: TERZO GIORNO 26/09/2020

 Tre film che affrontano, usando stili e generi diversi, la società coreana. Dalla fine della dittatura, al mondo ferocissimo del mercato, fino all'uso distorto del potere. Tre opere molto interessanti, a mio avviso da vedere.


- 1987 : When the day comes.

diretto da Jang Jun-hwan

Non è che in Corea esista solo il regime del nord.  Per molto tempo, con il sostegno del mondo libero, nel sud c'è stata una feroce dittatura fascista. Miglia di oppositori eliminati, controllo dell'informazioni, tuttavia- come capitava in quei tempi, vedi il Sudamerica del Piano Condor- quelli erano i nostri figli di puttana. Li abbiamo accantonati e condannati, dopo. Quando ormai il sistema economico capitalista era pronto per una democrazia liberale e poi liberista.

1987 affronta l'anno in cui le cose cominciarono a cambiare, il controllo spietato delle squadre anti-comunismo dà i primi segni di cedimento. Tuttavia per arrivare a questa situazioni altre persone moriranno o soffriranno.

Il film è un robusto, solido, dramma politico e storico.  Opera solenne, che narra i metodi repressivi della dittatura senza risparmiare nulla e puntando molto sul coinvolgimento emotivo dello spettatore. Cosa che apprezzo sempre molto, non amando il distacco cerebrale, intellettuale ad ogni costo.  Qui si narra la storia di uno studente ucciso barbaramente dalla polizia politica, di come la sua morte abbia colpito la vita di numerose persone, non solo gli antagonisti o attivisti, ma di procuratori, poliziotti, direttori di carceri, semplici ragazzine.   I legami sentimentali contano anche in questi contesti. Servono per farci capire che nonostante tutto, l'umanità migliore resiste, anche se sepolta sotto tonnellate di paura. 

Un film travolgente dal punto di vista emotivo, in particolare nella parte finale. Certo Ordinary person e A Taxi driver sono migliori, ma è un esempio di cinema rigoroso dal punto di vista del messaggio e dei contenuti, che non ha paura anche di essere spettacolare, retorico, spudoratamente sentimentale e popolare in molti punti.


. Light for the youth.

diretto da Shin Su-won

Una volta liberata dalla dittatura, terribile e feroce dei militari, come si è evoluta la società libera e democratica? Cedendo alla dittatura morbida e per molti piacevole del libero mercato. Sono ormai trenta e passa anni che godiamo dei frutti del liberismo e del capitalismo. Certo, è diventato green, il posto di lavoro è condiviso con la tua "famiglia", mi metti i tavoli da ping pong o mi fai scegliere che musica ascoltare nel tuo magazzino del cazzo.. Ma di fatto è un mondo padronale. Svenduto dai nostri dissidenti democratici, la risposta light che ci serviva per ripulirci e sistemare a nostro vantaggio la storia.

Sul lavoro c'è tantissimo da dire. Mi esprimerò meglio in altri post. Ora il tempo è poco e lo spazio ristretto, ma se anche voi considerate la situazione dei lavorati dipendenti pessima, ecco questo film fa per voi.

La regista è un'affermata scrittrice e una delle poche registe donne attive in Corea del Sud. La sua abilità di narratrice si manifesta totalmente nella costruzione della storia e dei personaggi. Certo la regia è autoreferenziale, intellettuale e da cinema d'autore e indipendente, ma  in questo caso è un valore aggiunto per certe scelte precise.

La disumanizzazione di un paese è rappresentata metaforicamente attraverso la storia di un ragazzo, Jun, che lavora per un call center di recupero crediti.  I ritmi martellanti del lavoro, i turni opprimenti, un ambiente spersonalizzante e alienante, sono ben rappresentati.

Un giorno il ragazzo scompare e questa scomparsa crea problemi professionali e umani alla sua diretta superiore. Una donna che vorrebbe far carriera in un mondo competitivo e maschilista. 

L'opera rappresenta benissimo sia il problema del mondo del lavoro, stravolto da leggi e comportamenti orribili, sia la solitudine umana in un mondo di luci e opportunità, di libertà tenuta al guinzaglio da catene invisibili. Ma pur sempre catene.


-Idol

diretto da Lee Su-jin

Un thriller assai complesso, complicato, al limite del macchinoso, ma di grande forza visiva e suggestivo per quanto riguarda tutto il reparto tecnico.  Un film che funziona anche come rappresentazione dei personaggi, attraverso i quali comprendiamo la deriva della società coreana.  Il lato oscuro e maligno del potere, di come si rigeneri e sorga dalle proprie ceneri. 

La storia è quella di due uomini, un politico in carriera e un un piccolo commerciante.  Ad unirli il fatto che il figlio del politico abbia investito e ucciso il figlio oligofrenico del proletario.  Da questo evento, visto in moltissimi altri film, l'opera prende vie inaspettate e sconcertanti.  

Per cui dobbiamo donar ad essa tutta la nostra attenzione, perché non è un film che vuol spiegare, ma lascia in sospeso, lo spettatore deve arrivarci usando la sua intelligenza. La mia è diesel, per cui lo capirò tra due mesi. Forse.

Tuttavia vale la pena guardarlo. Perché è un film che spiazza, sconcerta, colpisce con la sua violenza e amarezza,


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