venerdì 25 settembre 2020

SPECIALE FLORENCE KOREA FILM FEST : PRIMO GIORNO GIOVEDÌ 24 SETTEMBRE.

 

Un'edizione alquanto strana, diversa, insolita, quella del Florence Korea Film Fest del 2020.  Specchio di questi tempi di pandemia, paura,  tensione. In questa ottica anche innocui, inoffensivi, film catastrofici ( come Exit in gara ieri sera) assumono un valore di riflessione sui pericoli imminenti, la sopravvivenza, l'eroismo di persone normali. 

Tuttavia le misure di sicurezza, veder i film indossando la mascherina,  la mancanza fisica di registi, attori, uomini e donne del cinema coreano, da una parte si fa sentire- c'è nell'aria una certa sottile mestizia- dall'altra non inficia più del dovuto la pulcretudine di questo evento culturale tanto amato ed apprezzato non solo dai fiorentini, ma da tutti gli amanti del cinema.

Da oggi comincerò a scrivere un post di riflessioni indisciplinate dedicate ai film in concorso.  Una cosa semplice, senza fronzoli di sorta, giusto per poter far conoscere opere  che difficilmente possiamo  veder in altri contesti. Suggerimenti di visione, riflessioni più profonde laddove ve ne sia bisogno.

Tenete anche conto che il sottoscritto ha superato la mezza età da un po', per cui la stanchezza si fa sentire e le migliori intuizioni/intenzioni svaniscono con le prime luci dell'alba.  Per questo cercherò di far piccole recensioni nel quale vi spiego la trama, dando una mia interpretazione.

Perché il cinema parla sempre al singolo, anche se si rivolge alle masse. E ogni spettatore vive l'emozione di assistere a un racconto per immagini alla propria maniera.

Leggendo le altrui parole, però, possiamo trovare affinità e riscontri con i nostri sentimenti e pensieri. Spero possa capitare con voi; che le mie parole vi possano spingere ad amare il cinema coreano. Magari a venire a Firenze per la visione di questo meraviglioso festival.


I FILM

- A Little Princess.

diretto da Heo in-moo

Il primo film della nuova edizione del Florence Korea Film Fest è un'opera che mescola la commedia e il dramma, senza trattenersi mai. Questo per me è un valore aggiunto molto importante, visto che detesto il cinema trattenuto, il quale  ostenta la sua anti retorica come fosse una virtù, quando è solo mancanza di coraggio nel mostrare le cose e le persone, i loro sentimenti, le loro gioie e paure.  In gran parte del cinema coreano, in particolare quello con tendenze smaccatamente popolari, questo non avviene mai.

Scrivo questo per avvisarvi che passata la prima parte del film, decisamente leggere e divertente, con la seconda entriamo nel melodramma/dramma sentimentale decisamente spudorato.

Il film verte e trova totale sostegno nelle magnifiche interpretazioni delle due attrici protagoniste. La giovane star ( è nata il 26 gennaio 2006) Kim Su-an - vista anche in Train to Busan- e la veterana Na Moon-hee.

 Nei ruoli di una ragazzina  che insieme alla sorellina di pochissimi mesi si trasferisce dalla nonna, causa la morte della madre, e l'anziana signora che le accoglie avendone la vita cambiata.

L'opera affronta il tema delle relazioni famigliari, di quanto poco conti il legame di sangue, in un certo senso, perché quello che ci rende genitori o nonni, è l'esempio, l'affetto, il sostegno, la condivisione della vita quotidiana e dei suoi splendori o miserie.

Nella prima parte il tocco è quello della commedia. Il regista ci presenta una Buson non invasa dagli zombi, ma abitata da persone comuni, tutte alle prese con l'amore, la famiglia - da ricostruire o da costruire- i legami solidi. C'è empatia, compassione,  un senso profondo di appartenenza al genere umano, raccontato attraverso l'importanza dell'amore.

Nondimeno è presente, in modo molto forte e marcato, il dramma. La malattia, la vecchiaia, la morte, la paura di perdere una vita che ha ancora tanto tempo davanti a sé. Ogni personaggio è alla ricerca di qualcosa che ha perduto. Di fatto tutti i personaggi sono alle prese con qualcosa che manca o ha perduto nella loro vita. Per qualcuno è la famiglia, per altri l'amore, per altri ancora la memoria. 


In fin dei conti A Little Princess, ci mostra la vita. Con le sue stagioni, l'inizio e la fine, la voglia e il desiderio che tutti noi abbiamo di amare ed essere amati. Non nasconde mai il dolore, la sofferenza. È un film spudorato, che non trattiene nulla. Un'opera estremamente sentimentale. 

Un tipo di cinema di cui io sento sempre il bisogno.



- The Battle : roar to victory.

diretto da Won Sin -yeon

Il regista di questo magnifico, epico, spettacolare ed avvincente film storico, debutta nel cinema come stunt man. Dopodiché passa alla regia. Il suo primo film è un horror " The Wig" poi si specializza in opere thriller-action.  

Il dinamismo, il movimento dei corpi e della mdp, sono infatti elementi essenziali anche in questa opera che celebra e rilegge una vittoria fondamentale per le forze indipendentiste coreane, durante l'occupazione giapponese.


Ci troviamo di fronte a un'opera in cui l'azione è preponderante, serve per delineare e marcare le differenze fra i coraggiosi combattenti coreani- contadini, pastori, soldati, anche banditi redenti- che lottano per la libertà e l'amore per la propria terra e i crudeli, sadici, feroci giapponesi.  I personaggi quindi diventano simboli, sono la quintessenza del loro ideale. Li dobbiamo analizzare e comprendere attraverso non tanto un discorso di empatia e partecipazione umana ( come nel caso di A Little princess) ma  come incarnazioni di ideali,  idee, fede.  La contrapposizione tra la violenza di chi deve liberarsi ed è oppresso e quella degli occupanti.

Un irritante discorso di pacifismo ad oltranza, di non violenza assoluta, non tiene mai conto che la Storia va in altra direzione.  Dire che un combattente per la libertà della Corea è uguale a un giapponese che in quel paese violenta, sevizia, uccide, per il gusto di terrorizzare e sottomettere gli innocenti, è sbagliato.  Profondamente errato.

 Le occupazioni si concludono in un solo e unico modo: con la guerra di liberazione.  Impossibile che dei fascisti crudeli, come erano i giapponesi- non per nulla nostri alleati nella Seconda Guerra Mondiale-  comprendano i loro errori, si pentano delle loro crudeltà, avendo dalla loro parte il potere e la forza militare, politica, economica. 

Questa pellicola carica di pathos ( la straziante scena del massacro nel villaggio di contadini)  momenti divertenti e spettacolari, avvincenti, scene d'azione, ci parla di questo: quanto sia fondamentale lottare per essere liberi.

Quello che mi ha colpito nel profondo è lo stile suggestivo, solenne, che avvolge la Storia, e il dinamismo delle scene d'azione . Mai esagitate, confuse, sempre molto ben chiare, distinte e travolgenti. La cura per l'inquadratura e l'estetica, che però non diventa mai un puro vezzo fine a sé stesso, ma conferisce spessore all'opera.

- Exit

diretto da Lee Sang- geun.

Una parte importante del cinema coreano è formata da pellicole di puro, intonso, limpido, intrattenimento. Opere che hanno solo un unico scopo: intrattenere lo spettatore.  Questo modo di intendere il cinema è da sempre divisivo. Nel senso che ci sono i cinefili raffinati,i quali magari hanno anche studiato cinema o diretto qualche corto, per cui  far film sia  creare opere d'arte. Per cui il cinema deve esser fatto in un certo modo, al contrario vi sono altri che son sostenitori dell'idea che i film siano prodotti di un'industria destinati a esser messi sul mercato per incassare. L'importante è che siano prodotti professionali, fatti bene.

Col passar degli anni sono sempre meno un ortodosso dell'arte nel cinema, mi interessa sempre di più il processo di produzione. Un film come  prodotto non è necessariamente qualcosa di orribile e squallido, ma può anche essere un'opera fatta molto bene. Un tipo di cinema che appassiona, diverte, commuove, spaventa, gli spettatori senza trattarli da stupidi.

Exit  fa parte di questa seconda categoria.  Un film di puro intrattenimento, che pone tutte le sue forze sul dinamismo, i corpi in movimento, l'adrenalina, tuttavia dopo un inizio promettente si perde un po',.Diventa ripetitivo, i personaggi non hanno dei veri e propri sviluppi, se non automatici, dettati non da una loro reale presa di posizione, quanto dalla naturale piega che la storia deve prendere.


Il film narra le avventure di un giovane senza arte né parte, la cui unica passione è praticare sport. In modo particolare l'arrampicata. Il giovane uomo viene visto come un perdente dalla numerosa e chiassosa famiglia, perché non ha una sistemazione decente. Non ha un lavoro e non sembra nemmeno che la cosa lo interessi più di tanto. Costui vive nel ricordo di un amore a senso unico per una donna conosciuta durante degli allenamenti sportivi. 

L'occasione di diventare un eroe si palesa quando un folle libera un gas letale per le vie di Seul. Il ragazzo mettendo in pratica quello che ha imparato durante le sue giornate dedicate allo sport, sarà di notevole aiuto sia per la famiglia che per la ragazza tanto amata, quanto - all'apparenza- irraggiungibile. 

La prima parte è la migliore. Perché ci viene presentato una classica storia di perdenti in cerca di riscatto, la descrizione della famiglia è divertente e anche le prime sequenze con l'arrivo del gas mortale, creano tensione e pathos.

Peccato che si perda con il procedere della storia.  Il gas da elemento quasi soprannaturale, finisce per essere una "nebbiolina", i personaggi corrono, si arrampicano, saltano, ma tutto questo dinamismo non crea alcuna tensione. 

Tuttavia se aveste il desiderio di una visione leggera, disimpegnata, di puro genere,  credo che questo film possa anche garbarvi.


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