venerdì 17 ottobre 2008

IL GOBBO DEL QUARTICCIOLO di CARLO LIZZANI

Splendido film che narra le gesta di Alvaro Cosenza,detto Il Gobbo per via ovviamente del suo lieve difetto fisico.
Dopo una breve militanza tra i partigiani -viene cacciato perchè è uno dal grilletto facile e troppo testa calda- il protagonista del film combatte una guerra personale contro il capo della polizia fascista Moretti.
Cosenza gli violenta pure la figlia-che rimasta incinta sarà costretta ad abortire-fino alla eliminazione dello sbirro mussoliniano.
Dopo la liberazione ,mentre la ragazza finisce per diventare una prostituta-protetta dal Monco,interpretato da PierPaolo Pasolini,una buona prova di attore-il Gobbo diventa un temuto bandito.Fino allo scontro finale che vede la fine dei due giovani,vittime di un rapporto tormentato di amore e odio e di uno sradicamento all'interno della società
Due perdenti che non chiedono pietà o sconti di nessun tipo,che bruciano disperatamente le loro vite,con rabbia e dolore.

Un grandissimo film,robusto e diretto con stile tra i gangster movie degli anni 30-tipo scarface- e il rigoroso documentario.Lizzani si dimostra ancora una volta bravissimo nel descrivere un periodo storico.

La figura del bandito senza causa è al centro del film,che peraltro sfrutta anche un validissimo e rabbioso Pasolini,molto efficace in questa parte,preferibile rispetto al ruolo del predicatore rivoluzionario in Requiescant.
Film che parla anche di tanti sbandati di oggi,giudicati criminali dai bravi cittadini che ogni giorno con la loro vita di xenofobi e reazionari portano il paese verso uno stato di controllo poliziesco,di repressione e vigilanza.Mentre la figura sporca e allo stesso tempo romantica del bandito che non ha nulla da perdere distrugge forse involontariamente proprio questo schema borghese della difesa dei loro interessi di privilegiati.Mascherandosi dietro alle legge e alle forze repressive,per questo ho più simpatie verso un Bakunin che rifletteva sul ruolo del brigante,rispetto a chi enfatizza l'ordine costituito-spesso sul sangue di lavoratori e migranti-chiaramente la soluzione non è il brigantaggio e il banditismo,che sono in ogni caso involontariamente alleati con la repressione borghese come alibi per fortificare le vite e le città
Resta il fatto che la vita di Alvaro Cosenza,brilla anche di luce cattiva,quella degli altri è opaca come la mediocrità silenziosa e feroce che si nasconde dietro al rispetto di leggi classiste

1 commento:

Anonimo ha detto...

Perchè non chiamarlo Giuseppe Albano invece di Alvaro Cosenza??