venerdì 25 luglio 2014

DOPPIA RECENSIONE A MOMENT TO REMEMBER di LEE JAE-HAN

Cosa significa ricatto morale? Un modo oggettivo per denunciare quelle pellicole che cinicamente abusano di buoni sentimenti e tragedie? Oppure l 'ennesima maschera da indossare per non dover confrontarsi con il dolore, i sentimenti, per paura di scoprirsi meno buoni, meno pronti a sostenere le difficoltà che certe situazioni possano crearci.

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Il cinema ha questo compito: porre lo spettatore di fronte al peso delle sue decisioni, e metter in scena i sentimenti e la loro potenza
Che potrà anche apparire eccessiva, imbarazzante,ma siamo noi che non siamo in grado di sostenerli. Perché amiamo a metà, quando va bene, legati a un'idea d'amore vivace,gioiosa,con un po' di sesso,ma fino a che vada bene a me. Abbiamo delle persone accanto che soddisfano questi desideri spicci.
Cosa succede poi quando arrivano i problemi ? E non dico quelli cercati e voluti dalle coppie , generalmente,ma quelli che son così grossi da dover accusare per forza il destino.



L'amore è più forte della malattia? Quanto basta per superare insieme i problemi che arriveranno?E se la nostra amata non dovesse più ricordarci? Se, in presenza nostra, ci dovesse chiamare con il nome di un ex e dirci ti amo, che potremmo fare? Come reagire?
Sono gli interrogativi che pone questo ottimo film coreano del 2004, riscritto e diretto più volte dal suo autore, come una sorta di ossessione nella quale aggiungere nuove soluzioni e profondità ai personaggi.
Tu, cara/o lettrice/ore, prendi una bella coppia di giovani. Lei figlia di un importante costruttore,che torna a casa dopo il fallimento di una relazione con un tipo sposato, lui un carpentiere dal passato non felicissimo. I due si incontrano, si amano, la vita pare sorrider a costoro.
Ma.. Eccolo, il solito,bastardo,odioso, ma: lei si ammala. Nonostante la giovane età, per una serie di problemi, alla ragazza viene diagnosticato l'Alzheimer. Una malattia odiosa, terrificante, che a me spaventa e non poco. Tanto che non vorrei mai ammalarmi in vecchiaia di questo male. Non lo reggerei. Perdere la memoria, non sapere più chi sono e le persone che amo. Cosa c'è di peggio? Nulla ,credo


Così sei trascinato dentro questo immenso dolore. Per fortuna il regista coreano se ne frega di apparire anti retorico,perché a differenza di certi supponenti francesi con la loro: pellicola tratta da storia vera 2.0, lui sa che di fronte alla malattia di una persona cara, ci si dispera. Si cerca la forza e per una volta che sei in cima 4 cadi e ti fai malissimo. Non è comprensibile e sostenibile che una giovane donna, ( e non una a caso,ma la tua, quella che ti ha ridato la gioia di vivere, di condividere ogni cosa della tua vita), possa ammalarsi e svanire sotto i nostri occhi e noi sparire nella sua memoria e quindi vita.

I due protagonisti sono fantastici perché si amano in un modo che nei nostri film occidentali, ma no! Film americani, per lo più è quasi impossibile-con i dovuti distinguo,sia ben chiaro- trovare. Così legati, puri nel loro sentimento e passione, così devoti al loro amore che davvero ti sembra una pena troppo grossa quello che capita a loro.



Lui cerca di fare tutto il possibile, ma è troppo difficile. Inoltre la storia principale ci fa scoprire anche il dolore degli altri, come quello del dottore che ha in cura la giovane donna.
Si passa dalla volontà di stare insieme alle difficoltà. E non si nasconde nulla. Non mancano i dialoghi pieni di amore e sofferenza per quello che capita, la gente piange e sta male come si piange e si sta male nella vita, ( tranne quelli che come facevo una volta io trattengono il dolore che così si deve fare,ma caro il mio vitali ma vedi di...), non mancano scene commoventi, toccanti.
Insomma è un film d'amore e dolore stupendo. Come stupendi siamo noi quando amiamo,soffriamo,senza aver paura di non essere abbastanza "forti"


Ed ora la recensione di Valentina


Ormai ne sono sempre più convinta: la cinematografia orientale (e coreana in particolare) rappresenta la nuova frontiera del cinema perché è una delle poche che ha ancora molto da dire e che sa perfettamente come dirlo.
Vi è nel cinema orientale ciò che noi occidentali abbiamo assolutamente perso, ormai da decenni. Gli orientali hanno ancora fiducia totale nel mezzo cinematografico come tramite per raccontare storie, coinvolgere, emozionare e stupire. Il cinema occidentale pare aver dimenticato che questi sono i motivi per cui è nato e sta andando sempre di più alla deriva verso un’omologazione che è figlia della natura commerciale che appare sempre più evidente nelle pellicole che vengono prodotte negli ultimi anni, tranne poche e rare eccezioni.
Ogni volta che vedo una pellicola come A moment to remember non posso fare a meno di pensare a quante sfumature meravigliose ci siano in un sentimento, quanto si riesca a comunicare con un semplice sguardo o un gesto, senza bisogno di grandi discorsi, di dichiarazioni d’intenti o promesse quasi sempre disattese. Quello che colpisce in un film del genere e che accomuna tutta la filmografia orientale è quanto poco ci sia bisogno di dare definizioni, di attribuire un nome alle cose. Noi siamo abituati ad incasellare tutto, a dare una spiegazione per ogni cosa, abbiamo bisogno di coordinate per non perdere la direzione, per non smarrire noi stessi forse perché, semplicemente, abbiamo perso la fiducia in noi stessi, in ciò che siamo e nelle nostre emozioni e sensazioni. Non le riconosciamo più perché ci siamo talmente allontanati da loro da aver disimparato ad interpretarle correttamente.
Ma basta guardate un film come questo di Lee per ritrovare una leggerezza che noi sembriamo aver perduto. Una leggerezza che non è mai superficialità ma un lasciarsi vivere, uno stare in sintonia con il nostro io più profondo, senza ostacolarlo ma scivolandoci dentro con fiducia.
E quando parlo di leggerezza non intendo certamente superficialità perché i temi trattati in questa pellicola non potrebbero essere più tragici dato che si affronta una malattia terribile come il morbo di Alzheimer, ancora più incomprensibile perché si parla di una ragazza poco più che ventenne; un cambio di prospettiva, quindi, rispetto ad altre pellicole che affrontano questo tema ma in relazione a persone ormai anziane.
Eppure la malattia, per quanto determinante all'interno della pellicola fin dal primo momento in cui fa la sua apparizione, non è il fulcro intorno a cui ruota la vicenda narrata dal film perché il punto di vista è sempre quello della costruzione del sentimento amoroso, della relazione dei due protagonisti, di quanto un amore vero e profondo possa essere elemento di salvezza per la vita di due persone. Perché se, da una parte, la protagonista è vittima della malattia e vive con angoscia il declino che l'aspetta, dall'altra, il protagonista maschile deve fare i conti con un passato di violenza ed abbandono che riesce a superare proprio grazie alla presenza della giovane moglie che ha il coraggio di insegnargli che la rabbia rende schiavi mentre il perdono ci libera. E questo uomo, finalmente liberato da un passato che lo rendeva debole, troverà il coraggio di vincere la paura nei confronti del terribile declino psichico della giovane moglie e di starle vicino sapendo che, probabilmente, non riceverà niente in cambio, sapendo che sarà molto più il tempo in cui lei non lo riconoscerà neppure rispetto a quello in cui un barlume di coscienza la renderà consapevole di amarlo.
A moment to remember è anche un film che gioca con i generi, alternando momenti da commedia che, a tratti, sfocia nel comico, momenti sentimentali e romantici fino a giungere al dramma esplicito. E anche questo è tipico della cinematografia coreana che non sceglie quasi mai un genere ben definito ma preferisce spaziare e mischiare generi anche apparentemente lontanissimi tra loro. E i risultati sono praticamente sempre ineccepibili.

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