martedì 12 ottobre 2021

SquidGame di hwang Dong-hyuk

 Venti e passa anni fa durante un'intervista televisiva , Verdone disse che uno dei problemi del cinema italiano era che la gente amasse andare a veder film coreani.  Leggenda?Mito? L'ho davvero vista e sentita o me la sono immaginata?E se così fosse perché proprio Verdone? Lasciamo stare e andiamo avanti. Come ben sapete in casa Viganò- Nencini il cinema asiatico è molto apprezzato e considerato, come tutto il cinema di ogni continente che ci emozioni, faccia riflettere o semplicemente sia in grado di intrattenere.

Per questo l'enorme successo di codesta serie ci riempie di gioia e felicità, anche perché è un prodotto totalmente diverso rispetto alle serie occidentali ( quando diciamo occidente ci riferiamo agli Stati Uniti).

Diversa nella struttura non lineare, nei personaggi e nelle loro motivazioni, nel mescolare melodramma e comicità, horror e sentimenti. Ci sono delle zone grigie e sfumature che non sono mai un modo vigliacco per non prender parte e far della filosofia a cazzo come in alcuni prodotti americani. Le sfumature, in questo caso e nel cinema coreano in generale, impreziosiscono i personaggi e li dirigono verso scelte decisive poco dopo.  Sono il momento di ragionamento personale, di paura e coraggio, non un modo per lavarsi le mani dalla responsabilità di scegliere una strada.


Quindi sarebbe interessante analizzare i motivi del successo di una serie così lontana dal gusto occidentale, ma molti preferiscono farci sapere che non la vedranno perché va di moda.  Il conformismo degli anti conformisti, codesto bisogno di stare sempre ai margini, a differenziarsi in ogni caso, a mio avviso meriterebbe una bella serie tv o, meglio ancora, un documentario carico di dramma. Ovvio che siano scelte dei singoli e fanno bene a veder altre cose, migliori e preziose.  A me questa serie è garbata assai. Per quale motivo? Più di uno. 

Partiamo dai personaggi. L'eroe è un classico esempio dell'immaginario cinematografico coreano, un inetto, pigro, indolente parassita che vive sulle spalle dell'anziana madre e spende tutti i soldi nelle scommesse.  Uno di quelli che vive ai margini ma non è del tutto sprofondato nella miseria.  Uno scansafatiche, immaturo, che però ama moltissimo la figlia.  A modo suo cerca di esser un padre, ma non ne ha le capacità volute dalla società. 


Gli altri personaggi sono persone che non hanno avuto successo nella vita. Perché hanno truffato i clienti che si sono affidati a loro per aumentare la loro ricchezza, perché sono nord coreane che al sud si arrangiano anche rubando pur di mantenere il fratello minore o sono pakistani sfruttati sul lavoro e invisibili agli occhi dei più. Per non parlare di chi ha la colpa di essere anziano e malato. Un peso. Da eliminare. Infatti in questo gioco si ritrovano tutti gli indesiderati da parte della opulenta e spietata società coreana. Il cinema di quel paese rappresenta sempre le tensioni sociali tra classi, la violenza come unico mezzo di comunicazione tra persone, non è che se lo siano inventati con Parassite, ma è proprio un modo ben radicato di far cinema, ampiamente bilanciato attraverso ottime commedie romantiche. 

Per cui Squid Game è una serie che intrattiene, ma allo stesso tempo è critica sociale e politica chiara, tagliente, forte. Peraltro mescolando una certa propensione al taglio con l'accetta e la rappresentazione stereotipata dei ricchi malvagi, con sottigliezze e anomalie inserite con delicatezza per rendere più potente il messaggio.  

Quindi personaggi, messaggio politico semplice e diretto ma non banale, inoltre trovo che usi assai bene i richiami ad altri prodotti, contaminando la storia con citazioni prese anche dal cinema occidentale. Non male nemmeno l'idea dei giochi da bambini riletti in modo a dir poco micidiale.  L'infanzia come terreno incontaminato, di giochi con  gli amici, che rivela il suo   volto oscuro (d'altra parte la violenza è quasi sempre presente nei giochi da bimbi ma riletta attraverso la giocosità dei bambini che non conoscono ancora la violenza triste e squallida degli adulti)  perché inquinato dalla noia di chi ha troppo.  Ci sono due riflessioni legate al concetto di aver troppo e aver nulla, il secondo è strettamente collegato al primo. Un gruppo sociale ha fin troppo potere (tanto da decidere anche le lotte delle opposizioni o cosa sia eticamente giusto) e l'altro non ha nulla.Quindi a costoro venga data la possibilità di trionfare e farsi una posizione giocando; in fin dei conti lo fanno sempre scommettendo alle corse, acquistando gratta e vinci, indebitandosi alle slot machine dei bar.  Il danaro e la mera sopravvivenza sono le cose che contraddistingue il genere umano. Per essi sono disposti a tutto. Così la noia di gente troppo ricca e disumana, lascia spazio a un infantilismo legato alla scommessa, al tifo per un giocatore o alla crudeltà più pura e incontaminata, proprio come i bambini nei loro giochi.

Eppure esiste una forza legata alla morale, all'etica, al provar sentimenti di affetto e amore per gli altri, così come esistono persone soccorrevoli, altruiste e generose. Saranno quelle che decideranno di non diventare un servo del potere derivato da avere molti soldi? O qualcuno che serve la legge? O forse solo un uomo troppo arrabbiato e solo? Si prevede una seconda stagione e io vorrei tanto che non si ripetesse la stessa cosa che è capitata con La Casa di Carta, cioè una prima stagione assai piacevole e le cazzate più atroci fin dai primi minuti della seconda.


Ps: il regista ha diretto un ottimo dramma storico The Fortress, visto anni fa al Florence Korea Film Fest. Se lo doveste trovare guardatelo, vale la pena.

lunedì 27 settembre 2021

Tre Piani di Nanni Moretti

 Azzarda e spiazza.

Ecco quello che mi sento di dire (e scrivere) circa l'ultimo film di Moretti.Un percorso incominciato in quel bellissimo e struggente opera di finzione , "Mia Madre, film in cui il Moretti autore e personaggio simbolo par che facesse quasi una sorta di testamento artistico, un voler confrontarsi con la sua straordinaria opera artistica e il percorso umano che ogni essere vivente intraprende dopo certi lutti pesantissimi- che brutta espressione, come se ne esistessero di leggeri-  per cui quel film ci avrebbe dovuto traghettare, insieme al suo autore, verso altri lidi. Altre storie e personaggi. Un nuovo corso artistico. Quando succedono queste cose lo spettatore e il fan si sente defraudato, imbrogliato,  scatta la sindrome Sheldon Cooper nei confronti del cambiamento di direzioni, tematiche, stile, del nostro beniamino.  Perché su di essi costruiamo certezze, riti, in un mondo che ci spaventa e non comprendiamo, l'ultimo film di un autore che da anni ci dice- benissimo- le stesse cose, ci fa sentire bene.  Creiamo anche una sorta di rapporto di complicità Per questo perdoniamo a loro anche opere decisamente insulse e brutte, come fanno molti con un noto autore americano, pur di ritrovare la stessa cosa, detta nella stessa maniera, fino alla morte del suo autore.


Questa cosa mi capitava spesso da ragazzo, quando una delle mie band rock preferite si buttava sulla musica elettronica.  Maledetti! Traditori! Sto disco fa schifo! Ora, essendo del leone, per mia natura è pressoché impossibile sbagliare, ma oggi sarei meno duro con quelle band.  Potrei cogliere il bisogno di far altro, di spiazzare il pubblico, o sfidarlo invitandolo a qualcosa di diverso. 

Trovo anche molto buffo che molti di quelli che stroncano il film puntano molto su questa completa diversità con l'opera morettiana e poi si lamentano del Moretti egocentrico e bla bla bla. Ci sta. Faccio solo notare che è una cosa abbastanza comica.

Ma davvero Moretti era una sorta di comico? Uno che ci faceva ridere?  Certo non mancava una risata nei suoi film, ma che genere di risata era? Amarissima, crudele, umanissima nel suo sarcasmo.  Oppure improvvisamente Bianca, La Messa è finita, Sogni d'oro e tutti gli altri erano commedie italiane al pari dei vari Nuti, Verdone, citando i due migliori nomi di commedie.  Oltretutto è una critica campata in aria, Woody Allen non ha diretto anche film serissimi? Copie e incolla delle opere di Bergman, ma insomma..Ci siamo capiti!


Tre Piani è la prima opera di Moretti in cui il regista romano adatta per lo schermo un'opera altrui. Non credo sia semplice dopo anni di lavori su storie personalissime, adattarsi a portare sullo schermo la storia di un altro.  Far in modo che due sensibilità coincidano o riescano quantomeno a convivere insieme. Però questo è anche il lavoro dell'artista. Adattare alla propria visione i mondi che ci circondano. Piegarli alle tematiche ed istanze che tanto ci stanno a cuore. 

A bene vedere ogni ammiratore sincero di Moretti, riconosce il suo autore proprio dalle tematiche che sono le stesse ma servite diversamente. Il suo autore lascia spazio ad altri attori e attrici, mentre per lui ritaglia un ruolo che sembra ripetere lo stesso personaggio, ma in realtà è quasi un'autocritica pubblica. Dopo anni di rigore morale, di coscienze immacolate, cosa rimane? Una donna- il suo pubblico?- che dopo un periodo di dolore deve risorgere e prender la sua vita in mano.  Basterebbe questo per dar una versione altra e oltre alla pellicola. 

Ancore una volta lascia un messaggio importante a Margherita Buy, suo alter ego, anche in questa dolente e dolorosa confessione di un lunghissimo sbaglio, non tanto artistico, quanto umano.  Nella pellicola non viene messo in dubbio il lavoro di magistrato, ma la rigidità umana di Vittorio Bardi. Una inflessibilità che dovrebbe guidare il giovane figlio verso una vita di regole ed onestà, ma che per il ragazzo risulta essere una prigione soffocante, tanto da farlo crescere un pirla criminale. Ecco, forse questo discorso sulla inflessibilità, sulla certezza assoluta, è un passaggio molto bello e importante, che avrebbe meritato maggior attenzione. 

E ma il libro! Dal momento che viene adattato sullo schermo, il lavoro cartaceo non è importante per una riflessione che riguarda solo il film e le intenzioni- che stiamo ipotizzando-  che stanno alla base del  progetto.

Certo forse era meglio prender solo una di queste storie e approfondirla, magari ci sono delle cadute di tono- come si suol dire- magari qualcuno nel cast era un po' meno bravo degli altri, queste sono considerazioni normali.  Tuttavia non possiamo affossare con giudizi taglienti la costruzione di personaggi che sono vittime della loro solitudine e non riuscendo ad uscirne finiscono nei guai, qualcuno supererà questa fase, altri no.

 In due di questi casi è la giustizia, il desiderio ardente di vederla trionfare per riparare a qualche torto subito- ma in realtà nel caso di Scamarcio assolutamente immaginario- porta alla galla personalità tormentate e insoddisfatte.  Non solo, nel caso della famiglia che affida la figliola alla coppia di anziani, è ben chiara anche la totale mancanza di empatia, di comprensione dell'altro, tanto che un povero anziano vittima di demenza senile viene sospettato di violenza sulla loro bambina. Il padre si accanisce tanto su questo particolare da non vedere e sentire la realtà. Tanto da mettersi nei guai pur di sentirsi dire che il vecchio era un pedofilo. 

Ecco a me ha interessato questo sviluppo così inusuale, distante dalla solidarietà con chi di solito è la vittima, cosa che capita anche quando il personaggio di Scamarcio finisce sotto processo, non si enfatizza il suo esser squallido che affiora dalle acque profonde di una supposta moralità, ma si contestualizza in un mondo privo di riferimenti e di responsabilità, in cui tutto è solo vissuto in superficie e nel momento in cui accade.  Non si sceglie la strada del mostro totale contro la povera vittima, perché entrambi carnefici e vittime in un gioco disperato che parte da dolore, solitudine, debolezza.. 

Altro pianeta invece per quanto riguarda la performance perfetta di Margherita Buy.  Anche in questo caso non si prende la strada veloce e sbarazzina di un femminismo borghese, come piace alle giovani ribelli, ma è un discorso anche in questo caso pieno di sfumature. Lei non mette in dubbio l'amore del marito, ma si accorge che costui aveva preso il controllo di ogni singolo aspetto della sua vita e di quella del figlio. E questo non è - come accadrebbe in altri film- il punto di arrivo del personaggio, ma di partenza. Comprende le piccole cose, ma senza che queste diventino simbolo filosofico o simbolico, capisce che non doveva scegliere tra il figlio disgraziato e il marito.  Sopratutto inizia un vero e proprio dialogo con l'ombra del marito.  Anche in questo caso quello che ci sembra una cosa giusta - la legge è uguale per tutti- ci fa notare che l'individuo oltre che alle regole ha bisogno di affetto, risate, di cadere e far o dire cazzate, insomma di vivere.

Cosa che non riesce al personaggio di Alba Rohrwacher. L'unica che comprende quanto siano schiavi senza catene del condominio, dell'appartamento, di una vita chiusa in sé stessa.  Tutti hanno delle ossessioni che li portano alla rovina- totale o parziale-lei è l'unica che cerca l'altro e in questo mondo non può che finire spezzata e persa. 

Tre piani è un film cupo, rigoroso, però aperto anche alla speranza come il bellissimo finale- imbarazzante manco per il cazzo- che ci dice quanto sia importante non lasciarsi comandare dal rancore e che è solo una questione di tempo, pazienza, tenacia.

Per far ballare la vita, in un giorno qualsiasi.

mercoledì 1 settembre 2021

Possession - Legami di sangue di Warris Hussein

 Da ragazzo andavo fiero dei miei due volumi dedicati al cinema dell'orrore scritto da Teo Mora. Tantissimi titoli interessanti, quasi tutti scomparsi o dimenticati, in ogni modo difficili da reperire. Nondimeno non perdevo la speranza che un giorno avrei visto almeno uno di quei film. 

Quel giorno è arrivato.


Possession- legami di sangue"è un film americano prodotto nel 1972 e presentato al Festival del cinema di Berlino. L'opera è tratta dal libro Possession of Joel  Delaney della scrittrice Ramona Stewart (autrice anche della sceneggiatura) e narra la storia di una ricchissima donna dell'alta borghesia di New York, che riceve la visita del fratello di ritorno da Tangeri. Costei è felicissima  in quanto è da molto tempo che è separata dal suo amatissimo fratello. Le cose sembrano andar bene, fino a quando Joel non aggredisce un uomo. Da quel momento il giovane mostra dei pericolosi segnali di violenza e follia.  L'unica a occuparsi di Joel è  Norah, la sorella,  anche se in modo del tutto maldestro. Gli avvenimenti precipitano fino a una terribile realtà che distrugge il mondo tranquillo, ordinato, pulito, dabbene eppure completamente vuoto, fasullo, composto da persone che si sentono al sicuro dietro la rassicurazione del raziocinio e che allo stesso tempo giocano con le credenze degli altri. Che non sono simpatici mobili da esporre per dar un tono etnico ai freddi appartamenti dei ricchi, come fa la nostra Norah, ma contengono maledizioni, preghiere, fede, terrore e purificazioni.


Il film alla sua uscita mosse accuse di razzismo e scandalizzò per la scena in cui un bambino è costretto a spogliarsi nudo. Si criticò la regia senza nerbo di Hussein, ma credo che siano un po' esagerate codeste recensioni negative.
L'opera in realtà è il dramma borghese di una donna della buona società, abituata al lusso, a una vita agiata e senza scossoni, nonostante una tragedia unisca sorella e fratello,  che scopre improvvisamente un mondo fuori dai confini rassicuranti del suo quartiere. Certo gli altri non ci vengono descritti come dei buoni selvaggi. Sono poveri, esclusi sociali, hanno lasciato il loro paese per un sogno che si è trasformato in un quartiere malfamato, coperto da spazzatura e indifferenza.  Gente che crede, ha fede, prega perché sa che il Male esiste, ma viene derisa dai borghesi progressisti tanto quanto da quelli più conservatori. Norah è una donna sicuramente liberal, educata e cortese con la cameriera, ma si trova sopraffatta dalla terrible visione della miseria- bellissima la sequenza in cui scappa dal quartiere latino, in quel momento crolla la sua figura di donna moderna per far uscire la donna bianca spaventata dagli altri-  non capendo che sono gli unici in grado di salvarla davvero. 


Gli altri, i dimenticati, infatti nonostante qualche diffidenza iniziale, alla fine le danno un grande aiuto. Però lei lo respinge, perché una donna del suo ambiente non potrà mai accettare nulla che abbia a che fare con la superstizione popolare, la religione e i suoi misteri. Per cui, come vedete, un film che critica con precisione la borghesia.

Non è solo questo, a mio avviso, funziona bene anche come storia di una donna che ama tantissimo il fratello, non lo vuole perdere nemmeno quando capisce che costui ormai è in balìa dello spirito feroce di un serial killer portoricano,  Shirley Mclaine e Perry King sono davvero bravissimi nel render credibile il loro legame sentimentale. Lei protettiva con delicatezza e complicità, lui capace di far conoscere alla sorella una visione diversa del mondo. In fin dei conti la domanda è: quanto potrebbe ingannarci l'amore per un fratello, quando in realtà è solo l'involucro di un demone?

Io sono figlio unico, per cui.. Però ponetevela voi che avete sorelle e fratelli.

Elemento interessante è anche che la possessione non è da parte dei soliti demoni o dal diavolo in persona, ma è dovuto al vooodoo e la malvagia presenza è l'anima tormentata di un ragazzo cresciuto tra violenza e odio, abbandonato da tutti,  diventato un feroce assassino di donne. Farà amicizia con Joel e una volta morto, per diverse affinità legate all'abbandono materno, troverà modo di prender possesso del corpo del giovane e sprovveduto amico bianco e agiato.

Tutto questo per dire che non dobbiamo aspettarci i soliti preti e scene, ma qualcosa di diverso. 

Infine vorrei spendere due parole sul cast. Shirley Mclaine è bravissima nel ruolo di Norah, praticamente regge il film sulle sue spalle. Le basta un piccolo movimento per far trapelare rabbia, paura o amore. La sorpresa invece è Perry King- molti lo rammenteranno nel cast di Riptide- che riesce a rendere credibile il suo personaggio,  buono e dolce nei panni di Joel e ferocissimo quando posseduto. L'opera non teme di mostrare teste mozzate e di creare uno dei finali più angosciosi, destabilizzanti, terrorizzanti del filone. Ve lo consiglio. Lo trovate su Youtube.

lunedì 16 agosto 2021

Senza Distanza di Andrea Di Iorio

 Consumiamo oggetti e persone. Sprechiamo cibo e relazioni. Crediamo che "stare insieme" significhi "essere una coppia" e che l'innamoramento sia l'amore. Se la vita fosse un albero , la classe proletaria sarebbe la radice. Sottoterra, coperta dalla vita , dagli impegni, dalla sofferenza, eppure ben ferma, solida, con idee chiare, attaccate a quell'acqua- poca o tanta- che è fonte di sopravvivenza. Non c'è tempo per divagazioni, alibi, fantasie. Si vive e si combatte. E ti godi pure le tue meravigliose serate sul divano, in pantofole, a guardar cose sceme. Tu e la donna con cui hai scelto di vivere. 

Le foglie, invece, sono gli intellettuali- borghesi. Illuminati dalla luce del sole delle loro idee, mosse dal vento impetuoso delle loro passioni razionali, destinate a cadere perché deboli. Ossessionati dal dover essere alternativi, intelligenti, diversi da quel popolo ignorante, reazionario, fascista. Intellettualizzano tutto per aver ogni cosa sotto controllo, si creano alternative tanto acute quanto comiche.  Tutto questo perché sono terrorizzati dalla vita.  Adattano alle loro esigenze di ragazzini l'esistenza. Parlano di libertà perché forse l'han sentita cantare da De Andrè, o perchè fa figo e non impegna. Ma non sono né liberi, né felici,  men che meno un fulgido esempio di stile alternativo. Bimbi disperati, carichi di supponenza intellettuale e faciloneria. 

Sconfitti ancora prima di combattere, ma convinti di essere una straordinaria congrega di persone che vivono in un paese che non li merita, e dal quale non se ne vanno mai,  incapaci di provare qualsiasi cose che non riguardi i loro alibi e giustificazioni.

Tutto questo cosa ha che fare con questo buonissimo film? Nulla, o forse qualcosa..


Nel cinema è fondamentale il come e il chi, non il cosa. Perché anche il messaggio più giusto e importante, inserito all'interno di un prodotto scadente, non basta per render degno di nota e attenzione una pellicola. Tuttavia non basta. C'è un elemento decisivo (spesso ignorato) cioè che un buon film è quel prodotto che si lascia seguire e apprezzare anche da persone che non concordano affatto con quello che stanno vedendo. Perché quello che lo spettatore vede o sente, lo spinge a riflettere su sé stesso, le sue idee- le mie sono meraviglio...ah,no! Dubbi e umiltà che se no non mi danno la tessera bravo progressista. Mi scuso-  aprono dibattiti e discussioni. Cosa che è successo in casa nostra (parlo di me e mia moglie) dopo la visione di questa notevole e interessante opera prima. 



Andrea Di Iorio produce, scrive, compone ed esegue le musiche, e si occupa della regia, un vero ganassa come piace a noi proletari brianzoli. Uno che nel suo progetto ci crede tanto e si mette in prima fila, a viso aperto.  Ed è bello vedere questa passione nel volere filmare una tesi. Certo, un altro pregio del film è che è un'opera costruita per dar spazio, luce e importanza a una visione precisa di cosa sia la vita e sopratutto i legami di coppia, anche se qui non ci sono coppie, ma persone che stanno insieme-prendi nota Andrea ^_^ - e si vuol quindi rappresentare un'alternativa possibile e sicuramente migliore- per l'autore non per me me spettatore- quindi balza all'occhio il coraggio di questa opera prima, la quale pur facendo parte del filone ( che ha rotto i coglioni da tantissimo tempo) dei poveri trentenni/quarantenni precari nella vita e nel lavoro, sempre petulanti e frignoni, sposta in avanti e rielabora con un grande lavoro cerebrale e intellettuale, queste crisi per proporre- forse- una via d'uscita.  Che poi è la stessa che cantava Massimo Riva in " nuovo tipo d'amore", ma senza droga, alcol e rok'n'roll. 



Quello che colpisce e spicca, in questa opera prima, è la regia eccellente di Andrea, Incisiva, lirica, ma mai stucchevole, al servizio della tesi e dei personaggi, ma non trattenuta. Anzi, partecipe. Di Iorio ha personalità, idee, presenza . Tutte cose che rendono un regista davvero importante.  Per cui il chi e il come, sono ben che sistemati. Costui è ottimo in entrambi i casi. Altro punto di forza i bravissimi e bravissime. Lucrezia Guidone e Marco Cassini, Giovanni Anzaldo e Giulia Rupi, danno ai loro personaggi (sulla carta funzionali e anche un bel po' antipatici) mille sfumature, tonalità. li rendono non solo dei mezzi per esprimere un'idea, ma persone.   Ho apprezzato molto Enzo e Catia, ma tutti sono stati davvero molto bravi.

Chiedo invece venia a Elena Arvigp. bravissima come i suoi colleghi, ma ci tengo a dire e a far metter a verbale che volevo sopprimere il personaggio di Gaia, non l'attrice! Peraltro gestisce benissimo forse il personaggio più debole, troppo esplicito e con delle idee a dir poco assurde. Eppure anche codesto personaggio per me odioso ( #teamcatia) è stato spunto anche di riflessioni personali, di auto analisi, messa in discussione. Poi ho ragione e morta lì. Ma quando anche un personaggio che non sopporti per nulla ti spinge a un pensiero non banale, ecco vuol dire che il prodotto è buono.

Ah, dimenticavo: validissimo, seppur si vede poco,  Paolo Perinelli.  Al suo personaggio è legato il mio desiderio che il film diventasse un horror, tipo Midsommar, ma nel Molise. 


Ricapitolando: una regia eccellente e un cast di attori e attrici che fanno la differenza. La capacità di portare avanti un'idea, quasi una risposta filosofica a questioni legate alla vite delle persone che stanno insieme, ma non sono una coppia, e alcuni interessanti e stimolanti dialoghi che meriterebbero di essere approfonditi.

Mi riferisco a quando Marco dice che il lavoro ci ruba tempo e vita e la spiegazione del perché le camere rappresentino capitali del mondo. Per un discorso di esterofilia sciocca, di lamentarsi costantemente dell'Italia, con fare spocchioso e poi per vigliaccheria, rimanere .

Ecco, basta queste due riflessioni decisamente poco banali, per far in modo che io vi consigli codesto film. Come ho già detto non concordo con l'idea, ma sono sicuro che a molti piacerà. Per questo vi invito a veder il film e a farlo vedere.

Merita.

venerdì 13 agosto 2021

La Ferrovia Sotterranea di Benny Jenkins

 L'estate scorsa mi trovavo a Cesenatico in compagnia di mia moglie, come è ormai mia abitudine vado a comprare dei libri nella libreria Pagina 27.  Tra i tanti ottimi volumi acquistati spicca, senza ombra di dubbio, uno splendido romanzo che narra la fuga verso la libertà di una giovane schiava africana. L'opera letteraria in questione è violentissima, epica, colpisce duro al cuore del lettore. Una specie di storia del vecchio West vista dal punto di vista della popolazione afro-americana. Colson Whitehead diventa immediatamente uno dei miei scrittori preferiti, da aggiungere ad altri nomi importanti tra gli scrittori afro americani. Ho una forte passione per le loro storie, in quanto la schiavitù, la discriminazione, le carcerazioni di massa, svelano il lato nascosto degli Stati Uniti. Un lato appena accennato da chi - giustamente dal suo punto di vista- pretende di celebrare una nazione e il suo ridicolo sogno, ma che in sostanza ci dice molto sulla natura oppressiva, violenta, feroce degli U.S.A. 


Quando un libro ti cattura, emoziona, sconvolge, hai sempre paura che l'adattamento cinematografico o televisivo, possa deluderti. Non tanto per via delle libertà che i nuovi autori si prendono, ma perché magari quel sentimento rabbioso e tenero, quella sottolineatura di un momento storico che si vuol dimenticare, l'urgenza di parlar chiaro circa certe cose, possa andar perso in ammiccamenti, strumentalizzazioni o sciatterie.

Per questo quando ho saputo che da uno dei miei libri preferiti, si stava traendo una serie tv, mi son sentito un po' teso. Perché essendo un'opera molto viscerale si potrebbe trarre un film d'azione, che punta a scioccare e un po' superficiale, oppure cadere nell'errore inverso: trattenere ogni cosa, esser glaciali, cerebrali.  Paure che sono svanite appena ho letto il nome del regista.


Benny Jenkins mi era garbato assai con quel film bellissimo- ma che non è piaciuto a molti, di cui tanti di costoro per me hanno i classici gusti da cinefilo medio che si sente un capoccione de sta cippa-  che è Moonlight. Qui ci ritrovo la stessa grazia nel costruire inquadrature di grande intensità. Certo è aiutato da una troupe di ottimi professionisti, vedi ad esempio il modo con cui si usa la luce, le filtrazioni luminose. Tuttavia Jenkins riesce a gestire benissimo la materia d'origine. Violento e brutale in alcuni momenti, quasi insopportabile per la ferocia con cui gli esseri umani seviziano e uccidono con gusto altri esseri umani, profondamente lirico e struggente in altri momenti.  Questi ingredienti sono ben cucinanti insieme e un sapore non predomina mai su un altro.  D'altronde ci viene mostrato un paese feroce, crudele, ma l'obiettivo è il nord. La libertà, la civiltà.



La storia è quella di Cora, giovane schiava che vive in una piantagione di cotone in Georgia. Sua madre anni prima è riuscita a scappare e non è mai stata ripresa. La sua vita cambia quando conosce Ceasar uno schiavo erudito e spirito libero. Dopo una brutale uccisione (uno schiavo fuggiasco ripreso viene scarnificato a frustate e dato alle fiamme quando è ancora vivo) e alcune violenze da parte del nuovo padrone, costei con Ceasar e una loro amica scappano dalla piantagione. Durante la fuga, l'amoca di Cora viene presa e la ragazza per difesa è costretta a uccidere un ragazzino bianco. Cora e il suo collega di fuga usano una ferrovia sotterranea che si muove attraverso gli stati del sud direzione nord, per scappare. Sulle loro tracce c'è un abile e feroce cacciatore di fuggiaschi, il quale si muove sempre in compagnia di un bambino afro americano, suo fidatissimo aiutante e "figlio".

Nell'arco sia della lettura, che della visione, vi saranno tantissime avventure, spesso dolorose e tristissime per Cora. Fino a un finale di possibile, fragile, speranza.


Questa è una di quelle serie che a mio avviso andrebbero viste. Per la sua pulcretudine tecnica, di abbacinante lirismo, per la durezza di alcune situazione, per un meraviglioso monologo in cui il cattivo spiega cosa sia il Destino Manifesto e le origini degli Stati Uniti.  Io ve la consiglio.

lunedì 2 agosto 2021

Possession l'appartamento del diavolo di Alberto Pintò

 Una famiglia lascia il paese d'origine, nelle poverissime campagne spagnole del dopo Franco, per giungere nella capitale. Madrid è un luogo di possibilità, sogni che si realizzano, una vita dignitosa.  Il padre trova lavoro come operaio in una fabbrica che costruisce i bus cittadini, la madre lavora come commessa in un grande magazzino.  La figlia ha dovuto lasciare il fidanzato e spera di girare il mondo facendo la hostess, il figlio più grande è un ragazzo timido, balbuziente, intimorito dalla nuova vita e infine il piccolo è un bambino. Occhialuto. Come si fa a non volergli bene? Chiude l'allegra famiglia il personaggio misterioso, tanto che a volte se lo scordano anche il regista e gli sceneggiatori: il nonno con demenza senile.


Fossimo in un film di Spielberg o Virzì, giusto per citare due registi che adoro, seguiremmo le avventure di codesta famiglia tra grandissime gioie e qualche dolore, fino al finale in gloria. Invece è un horror, per cui state certi che di felicità per costoro ce ne sarà pochissima.

L'appartamento infatti è infestata da uno spirito rancoroso, frustrato nel suo sogno di aver una famiglia. Per questo tenterà di prendere il bambino piccolo, poi -come tutti gli spiriti rancorosi- par quasi cambiare idea, oppure , semplicemente, siamo passati a ispirarci a un altro horror.

Questo film mi è garbato. Un horror che si rifà alle pellicole americane di questi ultimi tempi,  un film che non si vergogna di essere un prodotto di genere e di omaggiare/copiare un maestro assoluto come James Wan. Tuttavia saremmo eccessivamente ingiusti con questa pellicola, qualora non le riconoscessimo di inserire quelle due o tre varianti che rendono il film più interessante rispetto alla media di film horror quasi tutti identici, che si limitano a sfruttare le regole di un sotto genere (in questo caso le presenze ostili in case maledette e le possessioni in un senso molto più largo) senza aggiungere nulla.


La natura profondamente proletaria, il tema sulle illusioni e speranze infrante perché rese impossibili dalla società reazionaria, capitalista,  che alla famiglia nega la ricchezza tanto agognata e allo spirito la possibilità di aver una famiglia tutta sua, dei bambini da crescere e amare, spostano questo film, che un tempo avremmo definito di cassetta, verso una riflessione più amara sulla disillusione, la solitudine, l'impossibilità di realizzarsi, di vivere la vita che vogliamo.

Tutto questo rimane sullo sfondo, non è un film di Astor o di altri che usano il cinema horror per veicolare messaggi, tematiche e tecniche da film d'autore europeo. Questo è un puro ed onesto film di genere, che sa come spaventare lo spettatore ( e renderlo sordo visto l'audio altissimo  spaccatimpani) ha un buon cast, un mostro spaventoso e una buona ambientazione. 



martedì 22 giugno 2021

Night Game- Partita con la morte di Peter Masterson

 Se dovessi dire quale è il mio genere preferito, forse ed esclusivamente per oggi, direi il thriller. Quei film in cui c'è un pazzo scatenato che macella senza pietà a destra e a mancina, ma che viene spedito all'inferno dal classico poliziotto che fa giustizia da solo.  Ci sono tantissimi modi per portare sullo schermo una storia così semplice e poco propensa a profonde riflessioni.

Night Game è una di quelle opere fatte davvero bene e perse nel dimenticatoio. Per fortuna potete vederlo su Youtube.


Ci troviamo di fronte a un purissimo film di genere, senza alcuna ambizione se non quella di donarci un ottimo spettacolo, creando momenti di mistero e altri più ironici per alleggerire la tensione. Sicuramente non ci sono trovate di regia o presenti nella sceneggiatura, capaci di donare originalità alla storia. Ma sinceramente non ne sentiamo proprio il bisogno. Perché pur nella sua classicità. basicità, linearità,  la storia regge bene e i personaggi sono scritti benissimo.

Prima di tutto perché c'è un buon cast, capitanato da un sempre ottimo Roy Scheider,. Inoltre la regia di Masterson è solida, robusta, sa creare buoni momenti di tensione e violenza quando deve mostrare i delitti e mantenere l'attenzione dello spettatore anche nei momenti di raccordo, o nelle parentesi sentimentali.  Il film narra le indagini del detective Mike Seaver di Galveston, Texas, alle prese con un crudele e feroce serial killer che scanna le sue vittime con un uncino. Seaver è un uomo dal passato tormentato (figlio di un boss della malavita locale) non ben visto da alcuni colleghi, tuttavia è un buon poliziotto e farà di tutto per prender l'assassino.


Mentre i delitti aumentano e la pressione tra gli investigatori sale, all'improvviso pare aprirsi una strada che possa portare alla cattura del feroce killer.  Qualcosa legato alle partite di baseball giocate da una promettente squadra locale.

La pellicola è diretta dal regista, attore, sceneggiatore Peter Masterson, padre di Mary Stuart Masterson nota per Pomodori verdi fritti alla fermata,  come attore costui ha interpretato il ruolo dello psichiatra in quel capolavoro senza tempo che è l'Esorcista. Non ha diretto molti film e questo è l'unico che ho visto. Per quanto mi riguarda un ottimo thriller con un buon cast e una trama solida. Merita una riscoperta

lunedì 21 giugno 2021

il mistero del castello.di don sharp

 Una coppia di sposini in viaggio di nozze in Baviera ha un problema con la loro macchina, per cui sono costretti a cercar rifugio in una locanda. L'atmosfera di abbandono, trascuratezza, del locale in cui decidono di stazionare aspettando il momento propizio per andarsene, non turba minimamente la giovane coppia. I proprietari dell'albergo mostrano un comportamento strano nei loro confronti. Da una parte l'uomo fa di tutto per intrattenere gli ospiti, mentre la donna sembra persa in un mondo lontano. Passa poco tempo e ai due giovani sposi giunge, tramite lettera, la richiesta di recarsi al castello di un conte, una specie di signorotto locale, che vorrebbe conoscerli di persona.


Un b-movie della Hammer ha sempre un suo fascino personale che lo contraddistingue da tutto il resto delle produzioni horror.Anche quando ci troviamo a veder l'opera di un buon mestierante, ma di sicuro non un maestro come Fisher o Freddie Francis, giusto per far solo due nomi. Sharp dirige una pellicola che osa creando un'atmosfera di perversione e violenza trattenuta, puntando sulla seduzione come trappola del male, creando un forte contrasto tra bene e male, che nella sua pratica in realtà mette in luce la ferocia, anche ottusa, di chi combatte contro il maligno. Non mancano anche elementi macabri, paurosi, che all'epoca, a mio avviso, avranno senza ombra di dubbio spaventato molti spettatori.

Dal sangue che esce copioso da una bara, fino al finale (tra i più feroci ed originali)  l'opera non tralascia quasi nulla, per disturbare lo spettatore. Certo, oggi siamo abituati a cose ben peggiori, tuttavia mi piace ricordare che proprio il genere horror è quello che da sempre si batte per contrastare la censura e spostare l'immaginazione, la potenza di mostrare l'immostrabile un passo più in avanti.  Questa lunga tradizione è stata portata avanti anche da registi di serie b, non eccellenti, ma che con il loro duro e onesto lavoro, sovente bistrattato, hanno scritto la storia del cinema horror e in parte anche quella della nostra società.

giovedì 17 giugno 2021

Spiaggia di sangue di Jeffrey Bloom

 Appena il tempo accenna a migliorare e le dannatissime nuvole dense di pioggia spariscano dalla circolazione, mia moglie è già pronta per andar al mare. 

Ella di solito è una persona pacata, tranquilla, riflessiva, eppure la vicinanza della possibilità di trascorrere un torrido e afoso giorno al mare, la trasforma. È talmente piena d'amore per la spiaggia, l'acqua, le sue nuotate, che alla fine mi convince sempre ad andar con una strana allegria verso un luogo che non ho mai amato per trenta e passa anni. Miracolo dell'amore.

Ora Jeffrey Bloom con codesta pellicola mi ha offerto una buona scusa per evitare le spiagge e il mare

Santa Monica, California.  Alcune persone (e un povero cane) scompaiono misteriosamente mentre si trovavano sulla spiaggia.  Un agente della guardia costiera inizia ad indagare insieme alla sua ex(si torneranno insieme non temete)  per comprendere che succede.  Anche la polizia è sulle tracce del misterioso e ferocissimo assassino, quasi sicuramente non umano- anche se si dispongono di pochi elementi concreti per poter capire chi o cosa stia provocando quei macelli-  e tanto fa, tanto dice che l'intervento delle forze dell'ordine darà una bella svolta al finale della storia.


Ricordo che questa pellicola passava spesso su TMC, ma all'epoca non le diedi mai nemmeno una visione. Per mille ragioni, sicuramente la più convincente era che tenevamo TMC per far numero. Guardavo spesso Odeon e Telecity, vabbè ma mo entro nel fantastico mondo delle tv private lombarde, cosa di cui a voi non frega nulla.  Volevo solo scrivere che queste reti più o meno grandi, o di alterne fortune hanno, di fatto, creato il gusto per il cinema popolare più spinto, meno raffinato, ma non meno efficace o appassionante, in diverse generazioni di cinefili. Quando non c'era ancora Tarantino e si poteva divertirsi con delle grandi cazzate per un'ora e mezzo della propria vita, poi si tornava alla propria esistenza, che negli anni 80 faceva schifo come oggi. 

In fin dei conti quei film, come Blood Beach, sono opere grezze e violente che si basano su una buona intuizione, qualche effetto truculento- che rivisti anni dopo sono anche pietosi- e tantissimo mestiere.  Questi film sono la classe operaia del cinema e averli trasformati in oggetti di battute, sproloqui, citazioni che fa tanto figo, significa non averli capiti. Peggio ancora averli trasformati in passatempi borghesi.

Bloom gira un film rozzo, che si affida a effetti speciali artigianali, qualche buona intuizione, personaggi anche sgradevoli- come il detective interpretato da un bravissimo Burt Young, cinico e sarcastico- eppure si tifa per loro.  Un prodotto capace di creare paura, tensione, solo con dei mucchi di sabbia che si muovono, qualche sequenza violenta, e nel finale una certa amarissima vena dissacrante e polemica.

Sono film che mi piacciono perché non vogliono passare alla storia, ma se possibile a incassare e poi via. Però c'è professionalità, non si fanno cose a cazzo di cane. Almeno che non se la sia davvero pensata. 

Penso che andrebbe recuperata questa piccola chicca. La trovate su Youtube.

martedì 15 giugno 2021

aenigma di lucio fulci.

 Ci sono tanti motivi per cui un film ci piace. Non sempre perché ci troviamo di fronte a un ottimo prodotto o quanto meno decenti. Mi rendo conto perfettamente dei mille problemi che ha codesta pellicola: pessima recitazione, sceneggiatura non proprio perfetta, alcune parti tediose che non aggiungono nulla.

Però è la prima pellicola di Fulci che ho visto, da qui mi sono interessato ad altre opere del noto regista romano. Non sono un suo fanatico ammiratore, ma reputo molti suoi film davvero notevoli e che meriti il massimo rispetto da parte degli amanti del genere horror e non solo.


L'opera prende spunto da Carrie- lo sguardo di Satana, come ammesso dallo stesso Fulci, e a mio avviso cita ampiamente e prende spunti anche dal film Il tocco della medusa. Narra di una giovane ragazza che non brilla per bellezza ed è di umili origini- la madre è una specie di oligofrenica che fa le pulizie nel prestigioso college femminile frequentato dalla nostra sfortunata protagonista-  che a seguito di uno scherzo feroce cade in coma.


L'incidente passa sotto silenzio e la vita nel college e per le ragazze protagoniste dell'incidente procede regolarmente.  Fino quando giunge una nuova studentessa, di nome Eva.  Il suo arrivo dopo pochi giorni dell'incidente non fa nascere nessun sospetto, e perché mai? Mica che hanno visto il film e sanno che costei è una rappresentazione della rabbia feroce della povera ragazza in coma.  Dal momento del suo arrivo, tutti quelli che hanno avuto un ruolo nell'incidente muoiono in modi raccapriccianti.


Sono proprio questi delitti il punto di forza del film. Dalla ragazza ricoperta dalle lumache, alla giovane strozzata da una statua, fino all'incubo del protagonista maschile che sogna di esser divorato da Eva durante un rapporto sessuale.  Nonostante il basso budget, e l'ambientazione che si comprende benissimo non aver nulla di americano- il film è girato in quel di Sarajevo-  la mano del Maestro del brivido, del terrorista dei generi, si vede proprio nella cura con cui queste scene memorabili sono state girate.  In questa pellicola manca quasi del tutto lo splatter e il gore, ma le scene di orrore sono davvero impressionanti e girate benissimo. In fondo, basta solo questo per accontentarci.

Certo non è il miglior Fulci, l'opera risulta debole, colpita da una recitazione pessima e da altri problemi, sopratutto di budget, ma ha un suo fascino, ci regala scene memorabili e indimenticabili. 
Lo trovate su Youtube.
Ps: mi sa che è l'unico film di Fulci con un finale positivo!


la lupa mannara di rino di silvestro

 In pieno medioevo, una donna attraverso un rito satanico si trasforma in una lupa mannara- effetto abbastanza comico a dir il vero- i contadini non prendono benissimo la cosa e la vogliono metter al rogo. Lei riesce ad attaccare un villano e sbranarlo. 

Secoli dopo in quella zona ci abita, con l'anziano padre, la giovane Daniela. La donna è traumatizzata per colpa di una violenza subita da ragazzina che le ha lasciato una profondissima paura e fortissima repulsione per il sesso. Ella è spaventata e furiosa con il genere maschile e vede la sessualità come una cosa pericolosa.  Inoltre- visto che non si fa mancare nulla- è sotto l'influenza maligna di quella sua antenata bruciata secoli prima.

Le cose precipitano quando la sorella torna a casa dall'America con il nuovo marito.  Spinta e posseduta dallo spirito maligno della lupa mannara, Daniele seduce e poi sbrana il cognato. Si sbarazza del cadavere gettandolo in un burrone, ma traumatizzata dal gesto compiuto finisce in una clinica. Ovviamente scapperà anche da lì. Durante la fuga ucciderà un po' di gente, fino a quando le cose sembrano mettersi bene quando trova un bravo uomo. Purtroppo la felicità dura poco,..

Il film per quanto improbabile, ridicolo, assurdo, ha dalla sua un certo ruvido fascino. Merito di una buona fotografia, di una malinconica colonna sonora,  ma non solo. Contestualizziamo, perché penso che oggi verrebbe visto come opera sessista e chissà che altro, in realtà la sessuofobia della protagonista non possiamo negare viene usata per mostrare momenti di insistita sessualità, al limite del softcore e anche oltre.  Tuttavia la sceneggiatura scritta da Di Silvestro e Howard Ross- figura centrale per un certo tipo di cinema di genere e degenere- costruisce Daniela come una vittima, una donna a cui è capitata una cosa terribile e che per questo ne paga le durissime conseguenze.  Costei è vittima della violenza maschile, e reagisce attraverso la maledizione di trasformarsi- non sempre a dir il vero- in una creatura mostruosa.  C'è un'atmosfera cupa, di implacabile condanna, solitudine, che permane l'intera pellicola. Certo è un film di genere che vuol incassare e non prender posizione politiche, ripeto è spesso anche ridicolo al limite dell'imbarazzante, ma è a modo suo suggestivo

In fin dei conti viste le premesse, il trucco, l'isteria esagerata con cui l'attrice protagonista- mi sa che ha fatto solo codesto film- mette in scena gli attacchi del suo personaggio, poteva andare decisamente peggio. Invece abbiamo un film di genere, che esprime totalmente l'epoca in cui è stato girato, ma che dona anche buonissimi momenti. 
Si trova su Youtube.



domenica 13 giugno 2021

un posto ideale per uccidere di umberto lenzi

 Questa pellicola nelle intenzioni di Lenzi doveva essere una sorta di Easy Rider ambientata in Italia. I produttori, per fortuna dico io, hanno spinto affinché si girasse una pellicola tendente al giallo. Tra le opere di questo genere dirette da Lenzi, questo film è tra i miei preferiti.


Il film narra le vicende di due giovani figli dei fiori, due ragazzi liberi e libertari, come ce ne erano tanti in quegli anni. O almeno quello che i vecchi pensavano fossero i giovani di quell'epoca- ora noti come ok boomer- per cui pronti a ogni avventura,  senza il senso della coppia e di un progetto comune ad eccezione di vivere alla giornata, corpi desideranti, come si suol dire, insomma la rivoluzione dei costumi e sessuale.  Infatti la coppia formata da Ray Lovelock e Ornella Muti, vive liberissima da ogni regola o struttura "borghese", vendendo immagini pornografiche, delle quali sono protagonisti assoluti.  Girano per l' Europa, fanno soldi, e li spendono tutti, ricominciando da capo.


Giunti a Firenze vengono intercettati dalla polizia. Scappano, ma si ritrovano senza benzina, così si fermano in una villa. Qui trovano la padrona di casa, la quale dopo un'iniziale momento di terrore, acconsente ad ospitarli nella sua magione.

Le cose vanno bene per un po' fino a quando precipitano del tutto e i due ragazzi sequestrano la padrona di casa.  Perché costei voleva chiamare la polizia? Perché ha fatto in modo che il ragazzo prendesse in mano una rivoltela, trovata all'interno del cruscotto dell'automobile? Cosa c'è nel bagagliaio?


I due ragazzi sottovalutano la situazione o, peggio ancora, sopravvalutano le loro capacità e le reazioni al loro piano. Ben presto finiranno nella tela del ragno. 

In un certo senso, anche se deluso dal suo progetto, Lenzi fa un buonissimo lavoro, mostrando un piccolo mondo chiuso in una villa, che però rappresenta lo scontro generazionale e di classe che scuote l'Italia in quegli anni.  Un gioco al massacro condotto dai giovani spavaldi, figli del nuovo che non si pone problemi di nessun tipo, ma che vuole solo veder esauditi i desideri, vivere una vita elettrizzante e maleducata- come canta il buon vasco- convinti di lasciarsi alle spalle la vecchia borghesia, tanto da legarla, tormentarla, come se fosse un nuovo gioco, dal quale uscirne incolumi. Allo stesso tempo la padrona di casa dietro alle buone maniere, alla gentilezza, al distacco, nasconde un'anima nerissima e criminale.  Su questa ambiguità Lenzi costruisce un film dove tutti sono colpevoli, deformati da obiettivi corrotti.

Il film si distacca anche un po' dal tipo di thriller che andava in voga all'epoca, Più che alla potenza visiva dei delitti, si punta verso un giallo più classico, riletto con lo spirito di quei tempi. Ottima Irene Papas nel ruolo della borghese. Costei gestisce molto bene il suo personaggio, passando da povera vittima a carnefice e viceversa sempre con un buon controllo del personaggio.

Lo trovate su youtube.

venerdì 11 giugno 2021

il prato macchiato di rosso di riccardo ghione.

 Il cinema di genere, da sempre, offre l'opportunità di rappresentare conflitti latenti nella società attraverso linguaggi di grande presa sulle masse.  Ha la forza di saper indagare e metter in scena non solo le mode e i fragili sogni delle generazioni precedenti (o attuale) ma anche di descrivere le forze oscure, reazionarie, che si celano dietro ai modi distaccati e garbati della borghesia.


Riccardo Ghione è uno sceneggiatore, regista, produttore che vanta alcuni progetti fallimentari ma straordinari dal punto di vista della cultura cinematografica, basti pensare al progetto Documento Mensile che fonda con Marco Ferreri, ma che fallisce dopo poco tempo. Si comprende, o si immagina che costui sia stato un uomo da molte idee e non tutte riuscite, ma come molti uomini di cultura e spettacolo del tempo, capaci di suggestionare e affascinare con film come questo horror, sicuramente bislacco, sconclusionato, con momenti anche un po' naif, ma che conquista l'attenzione dello spettatore.

 Horror che conferma come l'Emilia, così soleggiata e piena di campi, sia un posto ideale per girare dei film ricchi di brividi, folk horror in cui rappresentare una società chiusa, staccata dal mondo, feroce.
Il film narra le gesta di questi tre individui, che vedete nella foto qui sopra, che non hanno nulla di meglio da fare nella vita che rapire persone emarginate, esclusi,  gente giudicata dalla morale borghese come rifiuti umani, per ucciderli barbaramente dissanguandoli. Con il sangue, queste sbarazzine birbe, ci fanno il vino.


Il film conquista per una sua atmosfera figlia degli anni settanta, così eroticamente perversa e in cui i comportamenti liberi e libertari vengono schiacciati dalla morbosità folle e omicida delle persone dabbene.  In un certo senso è un horror padano figlio della contestazione generale.  Ghione, autore anche della sceneggiatura, porta in scena la lotta di classe, lo scontro tra gruppi sociali, dando corpo e sostanza a una vera e propria denuncia sociale e politica. 

Non tutto funziona, qualche attore davvero cane e alcuni passaggi un po' campati in aria, ma da film di questo tipo noi chiediamo e vogliamo solo l'intrattenimento, l'arroganza e la sincerità di mostrare quello che ci pare, senza fronzoli e bigottismo.  Io credo che questo film riesca nella sua missione.

Il ritratto è quella di una borghesia corrotta, divisa al suo interno da odio implacabile, ma che collabora per annientare le classi sociali svantaggiate, per affari e decoro. Certo, non essendo un libertario, devo dire che queste vittime si gettano tra le braccia dei loro carnefici, ma l'attacco e il nostro disprezzo vanno tutti per questi assassini ossessionati dal denaro, dall'accumulare ricchezze, e con nostaglia pensiamo, oggi si potrebbe far un film simile? O trovi il solito liberale da strapazzo che inorridito ti dà del fascista o del bolscevico fuori tempo massimo, perché fai quello che vuoi, ma non attaccare mai il padronato.

Lo trovate su youtube.

mercoledì 19 maggio 2021

Love and Monsters di Micheal Matthews

 La regola d'oro dei cinefili è la seguente: film decisamente ben fatto, ma con tendenze a rappresentare gli esseri umani come animali sociali, che traggono forza dalle relazioni e dal sostenersi a vicenda, cazzata buonista. Come tutti i film che, orrore degli orrori, mettono in scena i temutissimi buoni sentimenti. Opera demmerda ma che fa tanto cinema della crudeltà, con tanto di conformistico "fa tutto schito", capolavoro.

Già mi immagino cosa possano mai dire o pensare di codesto buonissimo film. 

Per quanto mi riguarda amo il genere post apocalittico. Offre la possibilità di creare un nuovo mondo, una nuova società, e hai a disposizione un numero infinito di nemici da inventare. Che siano zombi, bande di punk cannibali,  o semplicemente l'aria radioattiva dopo lo scoppio della bomba. Tante storie, che si assomigliano come capita quando affronti il genere. Ritorniamo di nuovo al discorso del come. Io non credo nell'originalità a tutti i costi, ancor meno a dover sovvertire le regole  solo per far veder a tutti quanto siamo ribelli. Puoi fare pessimi film anche con un ottimo messaggio o con idee innovative. Credo e sostengo il caro, vecchio cinema fatto di personaggi, storia, atte anche a farti passare un buon pomeriggio domenicale. senza per forza dichiarare guerre al mondo.
Anche perché molte pellicole, apparentemente facili  e di poca sostanza, riescono a dire o mostrare cose che in altri lidi mancano del tutto. E non per un discorso estetico/artistico, ma per inerzia, perché fa figo e non impegna far il poser del cinismo un tanto al chilo.  Love and Monsters racconta di uno sparuto gruppo di sopravvissuti, noi esseri umani, dopo che la distruzione di un asteroide, per mano degli eserciti, ha causato mutazioni a diversi animali, sopratutto a sangue freddo, creando insetti giganti e altre simpatiche bestiole modificate e tanto affamate.

Tuttavia anche nel buio e nella disperazione dell'apocalisse, l'uomo ama e pensa all'amore della sua vita.

Come fa il giovane e un po' goffo, Joel Dawson. Il ragazzo è l'unico a non aver con sé la propria amata, nella colonia in cui vive, intrappolato sotto terra (perché insetti e bestie varie si sono impadronite delle zone all'aria aperta), si sente sottovalutato e non apprezzato da tutti, perché non è affatto portato per combattere. Da un po' di tempo ha ripreso a sentirsi tramite  messaggi via radio, con il suo primo e unico amore, Ameee. Sono passati sette anni, ma lui l'ama ancora tantissimo. Convinto di essere ricambiato dalla fanciulla.


Per questo, nonostante gli altri gli dicano di non farlo, egli parte per un lungo viaggio da costa a costa per rivedere il suo amore.

Possiamo considerare Love and Monsters, un film sentimentale perché affronta il tema dell'amore in tutte le sue varianti. O quasi. Il cane che non vuole separarsi dal brandello di vestito appartenente  alla sua padrona,  l'uomo che ha perso un figlio e prende con sé una giovanissima orfana, persino un androide,  compassionevole nei confronti degli umani. Non è strillato, non ha bisogno del crescendo orchestrale o di rallenty. Perché non ha nulla di epico, eroico, siamo solo noi.

Noi esseri umani che abbiamo il coraggio e la forza di essere umani. Nonostante la nostra sia una società che celebra l'infelicità, la discordia, l'odio verso il debole, non possiamo far a meno di pensare all'amore della nostra vita, ai nostri animali domestici e al loro affetto, alle relazioni famigliari. Si potrà dire che sia banale e scontato, ma certo! Nondimeno anche i discorsi cinici, spesso accompagnati da un uso improprio dell'ironia - la pretesa di far ridere è la scappatoia dei vigliacchi. Così io butto il sasso e nascondo la mano- o una visione a tutti costi negativa, perché ci fa comodo pensare che noi esseri umani facciamo pena e schifo, e non fidarti di nessuno, bla bla bla.

 In realtà penso che siamo sinceri sia quando ci lasciamo travolgere da rabbia e odio, sia quando invece diamo libero sfogo alla nostra gentilezza, generosità.  bontà. Ecco questo film ha fatto una scelta per nulla scontata. Molti sono i post apocalittici che mostrano il peggio delle persone, con la scusa che non ci sono regole diamo sfogo al peggio del peggio, ma qui si va controtendenza.  L'umanità vuole vivere e per farlo deve convivere, cooperare, sostenersi. Non manca il cattivo fetente di turno, ma appunto è una parte minoritaria, il vero problema è la paura, la diffidenza, l'abbandonarsi alla solitudine. 

Inoltre fa un bellissimo discorso sulla differenza tra ciò che ricordiamo e la vita che scorre, che va avanti. Sono proprio le piccole cose sparse lungo una pellicola di puro intrattenimento, che la rendono piacevole e a tratti anche commovente.  Le frasi di supporto che non ti aspetti, il coraggio di agire, la voglia di vivere che batte ogni ostacolo. Che ci sono, non sono bazzecole, ma non devono essere il pretesto per arrendersi. Ed è questo perfetto equilibrio tra malinconia, dolore,  e ricerca di una possibile, futura felicità, che rende la pellicola assolutamente apprezzabile e da vedere.


Anche solo per gli occhi dolci del granchio gigante!

martedì 18 maggio 2021

Le paludi della morte di Ami Caanan Mann

 Ami Caanan Mann è la figliola del leggendario Micheal. Attiva come sceneggiatrice e regista in televisione, gira nel 2011 codesto ottimo thriller ispirato ad eventi reali.


Memore dello stile ruvido e senza fronzoli di Kathryn Bigelow,  Ami firma un'opera cupa, violenta, opprimente. Filmando un ambiente desolato, povero, misero, in cui gli uomini sono più vicini alle bestie che agli esseri umani. In questo contesto di degrado morale, avvengono dei brutali omicidi che coinvolgono delle ragazze.  A indagare due poliziotti profondamente diversi tra di loro, ma che trovano comunque un modo per lavorare bene insieme,  Brian viene da New York, è un cattolico, ha una bella famiglia, si prende cura di Anne una ragazzina appena uscita dal riformatorio. Costei vive una situazione davvero pesante con la sua famiglia, la madre è una prostituta che scatena sulla ragazzina tutta la sua rabbia e la manda via di casa quando riceve i clienti. Nella loro casa passa il peggio del peggio della fuana maschile locale, e la ragazzina è sola di fronte queste cose, ad aiutarla ci pensa Brian.  Mike invece è un detective nato e cresciuto in Texas, dai modi spicci e violenti, come la ex moglie Pam. La donna chiede all'ex marito e al suo socio di darle una mano su alcuni delitti che sembrano identici a quelli su cui indagano i due uomini.


 Tutti i cadaveri sono abbandonati in una zona paludosa dove nessuno vuole entrarci, perché c'è l'altissimo rischio di perdersi e di morirne affondando nel pantano e nell'acqua putrida


Tuttavia i nostri eroi cominciano a indagare a fondo. Questo li porta a scontrarsi con la feccia criminale del paese. Papponi,  spacciatori, uomini violenti di ogni risma.  La visione d'insieme è quella di un posto dimenticato da dio, ad un passo dall'inferno.  Dove a rimetterci sono gli innocenti.


 Opera che suscita attenzione e coinvolgimento grazie alla ottima ambientazione. Un paese della profonda provincia americana,  brutto e squallido, come sanno essere certi paesini di provincia, abitato da persone tanto disperate quanto crudeli.  Sopra a tutto questo brilla il rapporto tra il poliziotto di New York e la ragazzina. C'è tenerezza, amore paterno, attenzione, il desiderio di salvare una giovane vita dal buio totale. Loro due cercano di uscire e non lasciarsi coinvolgere dal male che li circonda, ma è durissima. Non è detto funzioni.


Il resto riguarda una lotta senza speranza per fermare la follia, per impedire che altre giovani donne trovino una morte orribile.  La regista ci lascia intendere che tanta crudeltà e deviazione siano frutto dell'ambiente sociale, che trasforma le vite degli uomini e delle donne, creando vittime e carnefici. Un film per me assai valido, tra i migliori thriller che mi sia capitato di veder.

lunedì 17 maggio 2021

Massacro al Central College di Renè Dealder

 Le note di una canzonetta pop intitolata " Crossroads" accompagnano le immagini dei titoli di testa. Mentre il cantante ci canta del bivio che ogni giovane si trova ad affrontare nella vita, con tanto di immagini retoriche e dolci sul crescere ed esser giovani,  noi vediamo scene di morte, violenza, intervallate da qualche breve attimo di tregua.

Un inizio folgorante e geniale, che ci racconta/mostra tutto quello che vedremo nel film.

Un film a modo suo tanto grezzo e selvaggio, quanto illuminante sui pericoli di una società gerarchica. Opera che trasuda pessimismo cosmico e rabbia furiosa e incontrollabile contro un sistema feroce, oppressivo, il quale si cela dietro alla ricchezza, la bellezza, la forza, l'istruzione.

David giunge alla nuova scuola,  qui incontra un amico di vecchia data, Mark. Costui frequenta un terzetto di rampolli dell'alta borghesia locale, costoro hanno come abitudine quella di tormentare i più deboli e indifesi. Li picchiano nei corridoi, distruggono le loro macchine- perché i catorci dei poveracci fanno sfigurare la scuola  e quindi anche loro-  se la prendono con chi non eccelle nello sport, distruggono la biblioteca della scuola, per arrivare infine al tentativo di stupro. David a questo punto interviene, non ha mai amato i metodi di quei farabutti, e li picchia selvaggiamente. Questo atto arriva a minare la credibilità del trio. Come le bestie ferite che possono esser attaccate dal resto del branco, visto che hanno mostrato debolezza, ma sopratutto che qualcuno sia più forte di loro.


Per questo, nonostante un riluttante Mark, decidono di farla pagare a David. Gli causano un incidente che lo rende zoppo a vita. Non hanno fatto i conti però con chi hanno a che fare. La risposta durissime e le morti violente, non mancheranno. Come non mancherà la nostra esultanza per la dipartita di tre figli di puttana senza redenzione. Per cui ci troviamo alle prese con un normale, per quanto ben fatto, revenge movie. No, l'opera non si ferma qui. E ci mostra altro.

Infatti dopo che i padroni della scuola sono morti, le loro vittime cominciamo a bramare di prender loro il posto vacante. Si dimostrano ostili e violenti con altri- nuovi deboli- odiano quelli che vanno in giro con macchine da poveri,  pretendono il controllo su tutto e tutti. David, distrugge anche essi, arrivando a pensare di distruggere l'intera scuola. Istituzione marcia, colpevole di crescere dei futuri tiranni, arroganti, figli di puttana  classisti. 

Tuttavia il nostro David, vuol bene a Teresa e a Mark? Che farà?

Il film dietro il suo aspetto trasandato, feroce, crudo, mette in scena personaggi per nulla banali, anche se  ovviamente accennati, tratteggiati. Il suo protagonista è un serial killer che ha come missione la morte di tutti i bulli, un angelo della morte che crede in un mondo in cui i cattivi non devono vivere. La sua amicizia con Mark  nasce proprio perché David interviene e lo salva da un pestaggio. 

David stesso confessa di aver un grosso problema a gestire la rabbia, vorrebbe fermarla, ma non ci riesce. Poi si vergogna di quello che fa.

L'analisi dei rapporti di forza è perfetta, lo sguardo è duro, ma anche dolente. Si pensa, visto la struttura, che il film abbia anche influenzato Schegge di Follia,  opera indimenticabile degli anni 90, con Christian Slater.

Ed ora il colpo di genio italico.

Come snaturare un'opera? Mah, non saprei...ecco! Inserendo immagini hardcore - interpretate da altri attori- per rendere un durissimo film sui rapporti di forza, opera sovversiva e punk, in un film porno con una storia di omicidi in una scuola.  Gli metti il titolo Sexy Jeans e il gioco è fatto. Ovviamente nel resto del mondo, circola la versione senza sequenze porno, tranne da noi in Italia. Perché il distributore all'epoca ebbe codesta meravigliosa pensata, come se fosse un Malabimba qualsiasi.
Ho visto entrambe le versioni, ed è chiaro che quella intitolata Massacro al Central College, sia la migliore, anche perché capra di un distributore, c'è un tentativo- drammatico e durissimo- di violenza, non cinque che si accoppiano come se non ci fosse un domani. Distrugge l'intera struttura del film. Come se film porno ad ambiente scolastico non ce ne fossero.
Che tristezza.

Su Youtube c'è la versione senza scene hardcore, ve la consiglio.