giovedì 28 maggio 2015

SUPER 8 di J.J. ABRAMS

Chi segue Lo Spettatore Indisciplinato, sa quanto io ami un certo tipo di cinema. D'altronde sono un magnifico radical chic occhialuto, sicché amo profondamente il cosi detto : cinema d'autore
Nondimeno è naturale, doveroso, abbandonarsi al piacere assoluto del buon cinema d'intrattenimento.  Cosa conta dopotutto? La qualità del film. Cosa è, per me , la qualità? Che vi siano dei buoni personaggi, una storia decente, un buon messaggio. Li ho ritrovati qui? In un certo senso sì.

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J.J. Abrams è l'uomo responsabile della mia serie tv preferita : LOST   Basterebbe solo questo per ringraziarlo in eterno. Certo dal punto di vista cinematografico non mi appassiona tutto quello che fa, ma sicuramente nemmeno lo detesto come un Harlin qualsiasi. In questa pellicola sfrutta un canovaccio visto e rivisto per dar luce a un'opera assolutamente piacevole e che - pur rimanendo nelle regole del genere- dice e fa cose degne di nota

Come sempre a costui non interessa tanto l'intreccio o la storia, ma i personaggi. Non sono mai delle figurine senza spessore, non sono mai macchiette, non sono mai personaggi cinematografici del cinema citazionista, ma , e questo è meraviglioso, persone vere. Semplici, ma non semplicistiche.

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In questo film si parla di ragazzini. Non più piccoli, ma nemmeno così grandi. L'età della pubertà, della pre-adolescenza,  dei primi timidissimi amori, di quando cominci a sentirti diverso, insomma... Tante cose.

Joe è rimasto orfano di madre, per colpa di un incidente in fabbrica, dove la donna lavorava. Suo padre, che fa il vice sceriffo, accusa della morte il padre di una ragazzina , Alice, il quale è un uomo che ha diversi problemi con la vita . Non è proprio un bel periodo per il ragazzino. Per fortuna a sostenerlo ci sono i suoi amici, i quali vogliono girare un film horror in super 8. L'obiettivo è quello di mandarlo in un festival dedicato ai corti amatoriali.
Quanto amore per il cinema si avverte in queste scene dove i ragazzini girano la loro opera Amore che certi professionisti o lavoratori del settore non hanno. Vero che da grandi lo stipendio, i compromessi, la situazione imbarazzante di dover parlare con produttori o persone non proprio lucide, sono la base della vita lavorativa. Però quanta commozione, gioia, amore, per questi ragazzini che nel cinema vedono il sogno, il riscatto, l'avventura. Non è detto che uno di questi da grande mi diventi il nuovo Paul Thomas Anderson. Questa parte, la descrizione della loro passione e della serietà con cui si cimentano nel lavoro, è la parte che mi ha fatto innamorare del film. Credo che tutti i cineasti siano dei sognatori. Anche quando puntano la macchina da presa sulla vita reale. Perché comunque io sono un appassionato di cinema realista e ogni volta che esce un film dei Dardenne, io " vedo la luce! ". Detto questo se non hai passione, se non ti diverti a girare, dubito che tu possa far qualcosa di buono.

Una scena del film

Proprio mentre girano il loro film, succede un disastro. Qualcuno si getta contro un treno. Da quel momento le vite dei piccoli, dei loro genitori, della loro cittadina è sconvolta. Una misteriosa creatura si aggira seminando morte e distruzione, l'intervento dell'esercito non è per nulla garanzia di sicurezza. E loro si ritrovano ad affrontare il mostro.

Che poi tanto mostro non è. In questo sta la bravura assoluta di Abrams.  Perché non ci propina un alieno pacifico e giocondo come farebbe Spielberg, produttore del film, ma nemmeno un mostro assetato di sangue che deve esser distrutto. Codesto essere sarebbe pacifico, ma l'esercito l'ha tenuto prigioniero. Torturato, massacrato, in questo ci ho visto il lavoro quotidiano dell'esercito imperialista yanekee a spasso per il mondo.  Non è poco che in un film d'evasione, intrattenimento, vi siano codeste sfumature. Il mostro agisce per spavento, rabbia, disperazione e il finale, da molti considerato retorico e buonista, è invece meraviglioso. Non faccio spoiler, ma vi dico che sarà difficile non commuoversi.

Opera girata davvero bene, dal punto di vista della spettacolarità, basti pensare al disastro ferroviario o alle scene di tensione ,è una pellicola preziosa anche per la descrizione psicologica dei personaggi. Dai padri di Jon ed Alice, due uomini che si ritrovano ad affrontare situazioni personali difficili e rapporti non sempre piacevoli con i figli, ai ragazzini. Gli scontri perché si ama la stessa ragazzina, le lacrime vedendo un super 8 perché in un qualche modo tuo padre ha causato la morte della madre del ragazzino che ti piace.

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Questa pellicola è un ottimo esempio di cinema popolare, per le masse, ma fatto bene. Non offende l'intelligenza dello spettatore, non ha personaggi imbarazzanti, insomma come direbbe il mai fin troppo compianto Guido Nicheli: MI ESALTA!

martedì 26 maggio 2015

YOUTH di PAOLO SORRENTINO

Cosa sei, Giovinezza? Sono la caccia al dragone, la principessa da conquistare, il Regno fatato dove prosperare. Sono anche la rockstar sul palcoscenico, il famoso regista sul tappeto rosso, lo scrittore che vende troppi libri, il pornostar da video su youporn. E poi mi ascolterai cantare. Posso cantare le tue gesta leggendarie per obiettivi unici al mondo. Ecco, uomo, volevi sapere cosa sono? La gloria che diventa leggenda. Questa sono. Mitizzata da tutti, disperatamente sognata e pregata di tornare per gran parte del resto della vostra vita. Io e la morte siamo le vostre uniche certezze. Tutti siamo stati giovani e tutti moriremo.
E la vecchiaia? Perché? Figliolo mio, lo so. Non piaccio a nessuno. Certo, ora dicono che siamo sempre giovani. Ma è un trucco. Li vedi quei disperati? Vestiti giovanili, operazioni per non lasciare le rughe, ma credimi. Sono vecchi. Parlano di quante volte vanno a pisciare, di vecchie fiamme, non rammentano il presente e hanno un ricordo non vero del passato.
La vecchiaia è solo il riassunto delle puntate precedenti. Prima che finisca la trasmissione.

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La storia. Possiamo fare film senza storia? Non so. Andrei contro al secondo punto fondamentale, per me, di far buon cinema. Ricordate? Personaggi, storia, messaggio. Questo è il cinema che piace a me. Però mi son scordato di mettere la cosa principale: emozioni, empatia, sentimenti. La cosa e ne scrivi tre? Si, perché a mio avviso fanno parte di una stessa cosa. Non puoi divider questi tre elementi. Il tutto è come le filmiamo codeste cose? Esiste un modo giusto o uno sbagliato? Quello sbagliato è il metodo del regista o nostro? Non ho le idee chiare in proposito. So solo, e di questo ne sono più che certo, che una volta acquistato il biglietto, accetto le regole del gioco volute dal regista e da chi ha scritto quel film. Non sono le mie. Io mi ci devo perdere nel film. Devo fare questo.

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Le suggestioni, le percezioni, sono importanti. Razionalizzare tutto, fermarsi a un tecnicismo che ci faccia da scudo, o pretendere frasi altissime, anche quando parliamo di gente che non ricorda quando ha pisciato l'ultima volta, è un modo che rispetto e trovo giusto, ma non mio. Non per quanto riguarda l'idea chiarissima che ho del cinema e di cosa mi piace.
Sorrentino lascia che siano le immagini a parlarci e ad emozionarci. Più che le parole, più che un pensiero pedante, didascalico, e guardando: noi comprendiamo.
La giovane massaggiatrice che balla davanti a un video gioco, la baby prostituta così fragile, timida, persa, Diego Maradona sfatto, con sulle spalle il peso dei chili in più e di un mito che non può far morire, ma anche così puro e infantile da palleggiare con una pallina da tennis.  E poi un bravissimo Paul Dano, attore che riflette amaramente, facendo autocritica, sulla sua fama. Una gloria effimera avuta con un film di grande incasso, mentre i suoi film più personali e amati quasi nessuno li rammenta.
Infine i due protagonisti: Fred e Mike. Amici da una vita. Vite vissute in modo assolutamente opposto. Egoista, apatico, uomo che ha tradito ripetutamente la moglie, che ha vissuto solo per la musica, "le emozioni sono sopravvalutate",  padre che non sa come gestire il dolore profondo della figlia, abbandonata dal marito, musicista che non vuole più suonare da quando la moglie si è ammalata. Nemmeno se lo desiderasse la regina. Questo è  Fred.
E Mike? Lui pensa che le "emozioni sono le uniche cose vere che abbiamo"  lo dice prima di prendere una decisione importante per lui, che risulterà fondamentale per l'amico. Mike è un regista che ha avuto un buon passato, ma ultimamente è in forte declino. Lui vuole solo girare il suo testamento. Comprende il peso della vecchiaia, l'arrivo della fine e vuole lasciare qualcosa di suo. Per sé stesso e per gli altri. Perché i films, le canzoni, i libri, non li creiamo per noi. Ma per qualche anima vagante , qualche sconosciuto "così famigliare", per questo. Un biglietto per l'immortalità.
Mike vive di sentimenti, emozioni, cristallino e limpido. Indifeso. Questi due uomini vivono in estremo la loro vecchiaia e la loro vita: a entrambi manca qualcosa. Quel qualcosa che trovano l'un nell'altro.
Youth è un viaggio emozionale al rallentatore. I nostri occhi e le sensazioni che proviamo durante la visione, sono la forza del film.

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D'altronde noi come viviamo e cosa diciamo? Abbiamo una storia solida, robusta, o sono momenti, percezioni, suggestioni, ma sopratutto: emozioni. Sono queste cose a dominare la nostra vita, sempre in bilico sul chaos.
E cosa diciamo? Parliamo seriamente del tempo, ce la prendiamo con i tempi cattivi, frasi fatte. La morte e la vecchiaia producono tante frasi fatte. Tantissime
Non la reputo banale la scena in cui Keitel spiega la gioventù e la vecchiaia , usando un cannocchiale. Dice cose vere. E la verità spesso è scontata e banale. Inoltre serve al pubblico per comprendere, visto che non vanno solo gli imparati al cinema.

A me questo film è piaciuto tantissimo. Mi è entrato sotto pelle, mi ha toccato l'anima, mi ha sfiorato il viso come una carezza tenerissima e incerta. Si, una pellicola fragile, incerta, slegata,ma non è un difetto.
Trovo bellissimo quello che dice e come lo dice. Prendi, ad esempio, la scena in cui Paul Dano dice: puoi narrare l'orrore o il desiderio. Io scelgo che non voglio parlare dell'orrore. Ma del desiderio: del tuo , del mio.
Un inno alla vita, possente e assoluto. In un dialogo.
Bellissimo anche il dialogo tra Fred e Mike, quando si domandano cosa rammentano i figli di loro. Tema autobiografico, nel quale Sorrentino si mette a nudo e ci svela una sua paura: che i figli possano dimenticare chi siamo e perché abbiamo fatto alcune cose per loro. Nasce da una bruttissima e dolorosissima esperienza del regista, Noi gli siamo grati di averci voluto far partecipare.

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Un flusso di coscienza woolfiano in immagine e movimento. Bisogna abbandonarsi, bisogna accettare le premesse, quello che un Autore vuole raccontarci o suggerirci, Dobbiamo esser meno egoisti ed egocentrici, al cinema, di fronte a un film, non siamo nulla. Solo vasi da riempire.
A me codesta opera ha dato tantissimo: riflessioni sul rapporto padre e figlio, paura della morte, incertezza su come vivrò la mia vecchiaia e delle persone che amiamo. Mi ha emozionato, commosso, mi sono perso sulle strade di montagna con i due protagonisti. Ed ha un finale di rara e assoluta bellezza.
Grazie.

giovedì 21 maggio 2015

FORZA MAGGIORE di RUBEN OSTLUND

Il cinema che amo è quello che indaga la sottile linea grigia che separa una vita normale, tranquilla, salda nelle piccole e quotidiane felicità e l'infelicità dovuta al non saper gestire un ruolo, a cercare soluzioni individualiste che spesso portano apparenti felicità. Mia convinzione che essa ( the fuckin happiness) sia ritrovabile nelle persone che noi riteniamo mediocri (perché sposate con la stessa persona da decenni e con famiglia al seguito) e non certo a chi scappa dalle sue responsabilità sociali e individuali. O non le sa ( non vuole) gestire.
Per fortuna mia ci sono i cineasti scandinavi e danesi. Io amo profondamente e in modo viscerale, il loro modo di rovinarti anche le migliori giornate.  Masochismo, eh!

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Forza Maggiore, chiaramente, appartiene alla categoria.  Prima di cominciare un avvertimento: non è un banalissimo e scontatissimo film contro la famiglia e il matrimonio. Vi piacerebbe, ma è la lettura più immediata e fuorviante, tipica della società dei e delle singles anche in coppia, ma vi dico: non è questo.
Sicché, o caro il mio saccente e petulante occhialuto, svelaci il segreto. Di che parla?

Cominciamo dall'inizio. Una apparente allegra famiglia svedese ( ma tu sai che non esistono persone felici in Svezia, quindi sai che capiterà a loro qualcosa) passa un periodo di vacanza in montagna. Sciano, passano un po' di tempo insieme, poiché il padre è sempre impegnato con il lavoro. Già qui partiamo male. Il tempo da passare insieme è fondamentale, sopratutto con i figlioli e infatti l'uomo è abbastanza impacciato e la donna si accorge che non sarà proprio la vacanza dei loro desideri. Sai quelle piccole fratture nel rapporto, taciute, quelle che desideriamo non vedere. Ecco, quelle! Tornano a galla prima o poi e son dolori. La famiglia in ogni caso sta cercando faticosamente un equilibrio interno.  Nell'albergo trovano una connazionale : una di quelle che seguono i rituali borghesi dell'individualismo sentimentale e sessuale, anche se sei sposata. Che io sono io e l'utero me lo gestisco come un'azienda, un supermercato. Nella più totale solitudine, ma convinta di essere felicissima e moderna . La parola chiave: moderna. Donna che cambia partner stancamente, come sono tristi le sue serate di sperma e vino, e l'ottusità di creder che il suo comportamento vada benissimo per le figlie ( loro sono felici, dirà a un certo punto ma è una sua convinzione campata in aria) a questa compagnia allegra si uniranno un amico di famiglia con la sua giovanissima amante.

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Quindi già l'introduzione ti fa notare come ci si ritrovi in pieno film nordico. Aspetti solo la tragedia. E non ti preoccupare che arriva.
Una valanga. Di quelle causate (per non so quale motivo) quelle che dovrebbero esser controllate e invece non ci riescono del tutto. Il padre fino all'ultimo ( anche quando è chiara la situazione di pericolo) sminuisce il problema, fino a quando la neve sovrasta la terrazza dove stanno mangiando la colazione. Lui scappa . Riscrivo: scappa. Lasciando figli e moglie in una situazione di pericolo mortale. Che per fortuna non avviene. Nessuno si fa male.

Da quel momento scatta la progressiva disgregazione della famiglia, quello che era sepolto viene a galla. L'uomo non vuole prendersi le sue responsabilità, che sarebbe ammettere la sua fuga. Si nasconde dietro a tanti non ricordo, cerca di evitare un chiarimento con la moglie. La donna è l'unica che cerca  di mantenere un equilibrio (molto fragile) sia sulla famiglia, che sul fatto appena successo.
Lei è la nostra guida verso il  tema centrale: come ci comporteremmo noi? Scapperemmo o no? Facile essere eroi in sala, ma nella realtà? E chi l'ha detto che la codardia non sia un fatto naturale? La sopravvivenza atto estremo di individualismo o gesto umanissimo, che dovremmo comprendere. Anche se quel gesto significasse l'abbandono della famiglia , dei nostri figli?

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L'incapacità di conoscersi e di comunicare con gli altri ci porta a fare scelte certamente naturali, ma non per questo giuste. Questo tema è presente nella pellicola. Se  pensassi solo a te ( sia quando scappi dalla valanga sia quando ritenendoti donna libera non tieni conto dei sentimenti altrui e ti affanni alla ricerca di una fragile felicità di pochi minuti) la situazione ti sfuggirebbe di mano facilmente. Gli altri esistono nonostante tutto e ti chiedono una spiegazione dalla quale non puoi né nasconderti né fuggire. Perché questo servirebbe solo a creare ulteriori distanze.
Il protagonista fa proprio questo. D'altronde come biasimarlo. Nella società occidentale conta solo l'Io che deve esser libero e indipendente dai legami sentimentali, dalla condivisione, empatia, da tante cose. Importa solo l'individuo e la sua felicità materiale ed istantanea. I personaggi di codesta pellicola soffrono tutti di questa malattia dell'anima. Tutti.
L'unica che cerca di far qualcosa è la moglie .Sbagliando, non riuscendo a governare la situazione, ma cerca .Lei ha compreso che la nostra vita è una lunga strada fatta di responsabilità e scelte , e queste presumono un impegno e un "sacrificio" verso i quali non possiamo far finta di nulla e scappare. Lo spiega benissimo al marito e alla loro amica ( bellissimo il dialogo tra le due, dove viene fuori il nulla assoluto delle fragili libertà entrate nel vivere e pensare quotidiano, quindi nemmeno ribelli e rivoluzionarie,ma pateticamente borghesi) invano.
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A questi personaggi soli, smarriti, immaturi si associa la coppia formata da un amico della coppia e la sua nuova compagna, una ragazza molto più giovane di lui. Proprio lo sfogo amarissimo della moglie del protagonista , scatenerà una lunga riflessione sul loro rapporto. Lasciando emergere contrasti e insicurezze. Anche i tentativi dell'amico di dar una mano alla famiglia in crisi si mostreranno errati e frenati da quella che potrebbe sembrare timidezza o imbarazzo, in sostanza è solo : non saper dialogare, aprirsi, agli altri,

Un film di grande potenza morale, con personaggi veri più della vita, un'opera amara e profonda. Una di quelle pellicole che spingono a riflettere sulle nostre debolezze, non permettendoci di raccontare frottole prima di tutto a noi e poi agli altri.
Imperdibile