Chissà quale tipo di alchimia, di magia, si celi dietro a quelle opere che danno una svolta al modo di concepire il cinema,o che portano ai massimi livelli ,destrutturando con massimo rispetto e serietà,le regole consolidate di un certo genere.
Sarai cosciente di fare qualcosa di grandioso,fondamentale,tanto da esser ripreso dai tuoi compatrioti e da esser ammirato all'estero, si pure con il remake americano,oppure no?
Fatto sta che già dopo dieci minuti codesta pellicola, ( simphaty for mr vengeance),entra di fatto nella storia dei film che verranno rammentati con affetto e amore da tutti i cinefili. O quasi.
Primo capitolo di una fortunata e celebratissima trilogia che indaga a fondo le ragioni,cause,ed effetti della vendetta, (mostrando la totale e assoluta differenza fra l'approccio orientale alla materia rispetto a quello occidentale dove la vendetta è una reazione quasi sempre giustificata e quasi purificatrice), il film è un durissimo colpo allo stomaco e un ritratto feroce della società coreana. Atto politico estremo che usa un tema abusato per parlare del degrado umano e socio-politico,di esistenze abbandonate a se stesse, di classismo padronale e capitalista e di lotta di classe, dell'ambiguità legata a certe figure come quella del vendicatore che potrebbe a sua volta esser vittima di una vendetta perchè non così lindo e giusto come si confà al personaggio nei film occidentali.
Qui si affonda, si annega,nel dolore: totale, assoluto,senza salvezza e assoluzione. Un mondo durissimo,che sfrutta le difficoltà delle classi meno abbienti , (attraverso i trafficanti di organi che sfruttano la disperazione di un giovane sordomuto,il quale pur di salvare la vita alla sua amatissima sorella vende a costoro un suo rene), dove la disoccupazione fa impazzire gli uomini e li lascia precipitare in una morte silenziosa ,(il dipendente licenziato), per Chan-wook nulla si salva. E si reagisce a tutto questo con rabbia,violenza, vendetta,rivalsa.
Eppure non mancano i momenti di tenerezza tra il giovane Ryu e la sorella, o con la fidanzata, e anche con la piccola figlia del principale,che per una sciocca vendetta, si rapisce.
Perchè nulla è sicuro, nulla è certo. Un uomo buono può perdere la testa e commettere orribili ed atroci esecuzioni,anche se le vittime della sua ferocia se lo meritano, un dirigente di lavoro inflessibile è anche un padre affettuosissimo e un vendicatore sadico. Questa struttura dei personaggi spiazza e non poco. Si è frastornati,disorientati, non sappiamo più dominare la materia cinematografica, non ci sentiamo rassicurati. Perchè il cinema di genere ,attraverso le sue regole ferree e pressoché immobili,ci dona tante certezze anche quando magari,all'apparenza , vuole disturbarci. Sappiamo ad esempio chi è l'eroe, chi l'antagonista,cosa farà la bella, il bacio,il dolly finale.Così accettiamo di scendere a patti con il regista. Si, mostrami quello che vuoi,ma alla fine trionfano i buoni,anche se magari un po' bastardelli,ma comunque :lo so,li riconosco, sono loro quelli che hanno ragione.
In questa pellicola manca del tutto questo concetto. Chi è buono e chi è cattivo? Li possiamo condannare a dannazione eterna o li possiamo giustificare? No, non puoi e questo è un grosso problema.
Perché ti avvicina al tuo esser uomo, al fatto che tu potresti essere benissimo uno dei due. E sopratutto la vendetta non è mai roba grottesca,chic, violenta,si ma vabbè...Dai è cinema,va che figa sta scena. No,qui fa malissimo. Si tortura sadicamente una ragazza , si uccide e si divora la vittima,è un atto bestiale. Squallido e insostenibile.
Il sordomuto che rapisce la figlia del capo per poter avere il danaro al fine di operare la sorella,il padre della bimba che vuole vendicarsi ,anche se è solo fatalità il tragico epilogo della bimba, i compagni del movimento rivoluzionario che cercano il colpevole della morte orribile della loro compagna. Tutti si vendicano,tutti usano sfogare la violenza,appena trattenuta da una facciata di paese moderno,capitalista, democratico.
Ed è film politico e radicale,perchè ha una tesi che mostra- si,senza scadere nel volantino, nello slogan , nel didascalico,ma ha una sua natura politica evidentissima-
Park si mostra un grandissimo regista, capace di usare i generi per affrontare la realtà durissima di un paese rigido,diviso,controllato e colonizzato dall'occidente yankee eppure ancora cosi saggiamente legato a una natura orientale che sa contaminare orrore e bellezza cristallina.
Esattamente come questa magnifica pellicola : che commuove con il rapporto tra fratello e sorella e spiazza con la violenza inaudita della vendetta. Un male implacabile, che supera il volere dell'uomo e lo guida alla distruzione di se e degli altri
Ottimo tutto il cast , tra cui brilla Song Kang-ho, nel ruolo del padre che impazzisce per il dolore. Ma tutto il cast è superbo.
mercoledì 28 maggio 2014
lunedì 26 maggio 2014
ALABAMA MONROE ( desmond e penny suonano bluegrass) di FELIX VAN DE GROENINGEN
Sai quella vecchia canzone? Non so,forse sei troppo occupata a sentire il nuovo fenomeno dell'ennesimo talent, oppure la tua giovane età non ti permette di conoscere cosa ci sia stato prima. A livello musicale,dico.
Però devi sapere che non è mica sempre stata così.Con le scimmie urlatrici allenate prima ad apparire come mero prodotto,carne da macello , in uno studio televisivo. La popolarità effimera , da poco, giusto per poterti vantare un po' al bar, poi ti rendi antipatica od odioso e ti cacciano anche da là.No,ma ti dicevo prima non era così.
Negli anni 70 ,tipo. C'era questa cosa chiamata cantautorato e oltre a narrare la realtà sociale e politica del paese,ti parlava direttamente a te. Di sentimenti,disillusioni, grandi amori e giganteschi dolori.
Ecco c'è una canzone di Guccini: Farewell che in una frase sintetizza questo film: " credere speciale una storia normale". E quando capita questa cosa? Quando la vita con le sue piccole,noiose, incombenti responsabilità , viene a chiederti il tuo impegno oppure, quando qualcosa di grosso e terribile succede e allora tutta la musica, l'allegria,l'america ,di questo mondo artificiale che ti sei creato crolla.
Non viaggia in punta di piedi, come una ballerina. Il dolore non balla, non ha senso dell'armonia e del tempo, non è il suo lavoro. Lui bombarda e lascia macerie. Puoi resistere, puoi chiudere gli occhi, puoi dire io non ci sono: ma lui è lì. E non ci sono dissolvenze, non ci sono corse di giovani sposi parigini , non c'è : tranquillo si parla di malattia,bambini,ma non ti mostro nulla, non ti chiedo di soffrire con i personaggi,che tanto loro sono abbastanza civili,borghesi,da ergersi al di sopra della massa di popolani che maledice la sua america.
Una scappatoia facile quella dell'anti retorica. Ma il dolore è retorico,banale,pieno di cose che ci fanno vergognare.
Sono gli anziani , che hai assistito,che non accettano la morte , che supplicano un altro giorno,o quelli che si sporcano e lo comprendono benissimo,ma per carità siamo liberi di credere nella dignità, perché è vero : si può sostenere un grande dolore con dignità, compostezza,si può fino a quando la resistenza te lo permette.
Didier è un musicista di musica bluegrass, sogna l'america, sogna una vita fatta di cose semplici ed eterne. Canta di poveracci,di Dio, di speranza sotto la cenere di una vita dura. Sogna anche per lui. Che non è ricco,vive in una roulotte, ha qualche animale,ma sicuramente ecco...Mica è un ranch. Mica è l'America. No,è il Belgio. Elise, si occupa di tatuaggi . Ha un negozio, amori sbagliati alle spalle e anche lei vuole una vita leggera, uno sballo,un giro sulla giostra,una piccola illusione di felicità. Si incontrano, si amano, c'è la musica,la libertà,ci sono loro due.
Ma ti ricordi che prima ti parlavo di Farewell? La canzone di Guccini. Anche lì si conoscono,si amano alla follia,sembra che tutto sia una magnifica illusione,eterna e poi...
Poi la tua bambina si ammala. E non sei abbastanza cittadino,non sei abbastanza progressista,non sei abbastanza parigino,per dire agli altri che le dichiari guerra. No,non ce la fai.
E Felix ci mostra come cazzo si comporta la massa, come si comportano gente allo sbando,che già di suo cerca di stare a galla con l'illusione di una vita fatta di note e di un'america tarocca in giardino,ma meglio della realtà e di quello che ci sbatte in faccia.
Sfatiamo immediatamente due cose che reputo del tutto errate: 1) nessun ricatto morale. Se non forse l'incapacità umanissima di resistere a immagini concrete,reali,cosi come sono,2) non c'entra nulla per struttura, storia,costruzione un film borghese ,parigino,poco empatico nella costruzione dei due personaggi principali,programmatico e pensato nel suo ostentatissimo anti retorico ,una lezione agli altri del tipo: va che dignità abbiamo,che tipi siamo. Un po' fastidioso.
E sopratutto: la guerra è dichiarata parla della malattia del bimbo che alla fine guarisce,per la gioia di quelli che non vogliono farsi coinvolgere,che vogliono avere l'uscita di sicurezza pronta,Alabama prende a prestito la malattia e la morte della bimba per narrare della elaborazione del lutto e della fragilità dell'amore,se non è forte e radicato,ma se si confonde sesso e sballo,allegria e sogni e poi si è impreparati ad affrontare la realtà.
Quindi reputo errate metter a confronto questi due film: diversi nello svolgimento e nelle intenzioni. Il film francese è decisamente buono per molti e tante,a me ha coinvolto e convinto meno,ma perché appunto altro rispetto a codesta pellicola
Quanto può sostenerci un sogno? Quanto può unirci?Queste sono le domande che ti pone codesto bellissimo film. Viscerale,passionale,imperfetto,sicuramente non un capolavoro,ma sincero,diretto,popolare .
Didier e la sua donna sono gente comune,anche se vanno in giro vestiti da cowboy o con tanti tatuaggi,sono quelle cose ,quelle maschere che si indossano per fragilità. E io li ho sentiti,vissuti,sulla mia pelle.Mai ho pensato,vabbè dai sono personaggi di un film,cosa che mi è capitata con la "storia vera", qui ho sentito ogni urlo disperato,ho vissuto ogni lacrima.
Perchè ho simpatia per i perdenti, per quelli che non ce la fanno,perché il dolore lo vivo sempre intensamente. Al cinema,nella vita,e sbaglio sempre comportamento. Le nostre guerre finiscono sempre male,e poi forse c'è un sole,un brano bluegrass,qualcosa che ci ridarà la forza di resistere.
Alabama non è un capolavoro,ha imperfezioni e difetti,ma sono cose da poco,in compenso ha una sua verità- non la verità assoluta- che a me garba, mostra cosa è la malattia,come ti riduce,e mostra la caduta senza freni dopo.Con scene secche,precise,dure. Ci mette davanti la nostra sopportazione del dolore e quanto siamo disposti a non nasconder al nostro cuore .
Uno straziante racconto di umanità,di sconfitta, di musica che non ci riporta indietro nessuno e niente,ma vale la pena suonare
Mentre da eroi pronti a ogni impresa,siamo finiti come due foglie aggrappate ad un ramo. In attesa.
Però devi sapere che non è mica sempre stata così.Con le scimmie urlatrici allenate prima ad apparire come mero prodotto,carne da macello , in uno studio televisivo. La popolarità effimera , da poco, giusto per poterti vantare un po' al bar, poi ti rendi antipatica od odioso e ti cacciano anche da là.No,ma ti dicevo prima non era così.
Negli anni 70 ,tipo. C'era questa cosa chiamata cantautorato e oltre a narrare la realtà sociale e politica del paese,ti parlava direttamente a te. Di sentimenti,disillusioni, grandi amori e giganteschi dolori.
Ecco c'è una canzone di Guccini: Farewell che in una frase sintetizza questo film: " credere speciale una storia normale". E quando capita questa cosa? Quando la vita con le sue piccole,noiose, incombenti responsabilità , viene a chiederti il tuo impegno oppure, quando qualcosa di grosso e terribile succede e allora tutta la musica, l'allegria,l'america ,di questo mondo artificiale che ti sei creato crolla.
Non viaggia in punta di piedi, come una ballerina. Il dolore non balla, non ha senso dell'armonia e del tempo, non è il suo lavoro. Lui bombarda e lascia macerie. Puoi resistere, puoi chiudere gli occhi, puoi dire io non ci sono: ma lui è lì. E non ci sono dissolvenze, non ci sono corse di giovani sposi parigini , non c'è : tranquillo si parla di malattia,bambini,ma non ti mostro nulla, non ti chiedo di soffrire con i personaggi,che tanto loro sono abbastanza civili,borghesi,da ergersi al di sopra della massa di popolani che maledice la sua america.
Una scappatoia facile quella dell'anti retorica. Ma il dolore è retorico,banale,pieno di cose che ci fanno vergognare.
Sono gli anziani , che hai assistito,che non accettano la morte , che supplicano un altro giorno,o quelli che si sporcano e lo comprendono benissimo,ma per carità siamo liberi di credere nella dignità, perché è vero : si può sostenere un grande dolore con dignità, compostezza,si può fino a quando la resistenza te lo permette.
Didier è un musicista di musica bluegrass, sogna l'america, sogna una vita fatta di cose semplici ed eterne. Canta di poveracci,di Dio, di speranza sotto la cenere di una vita dura. Sogna anche per lui. Che non è ricco,vive in una roulotte, ha qualche animale,ma sicuramente ecco...Mica è un ranch. Mica è l'America. No,è il Belgio. Elise, si occupa di tatuaggi . Ha un negozio, amori sbagliati alle spalle e anche lei vuole una vita leggera, uno sballo,un giro sulla giostra,una piccola illusione di felicità. Si incontrano, si amano, c'è la musica,la libertà,ci sono loro due.
Ma ti ricordi che prima ti parlavo di Farewell? La canzone di Guccini. Anche lì si conoscono,si amano alla follia,sembra che tutto sia una magnifica illusione,eterna e poi...
Poi la tua bambina si ammala. E non sei abbastanza cittadino,non sei abbastanza progressista,non sei abbastanza parigino,per dire agli altri che le dichiari guerra. No,non ce la fai.
E Felix ci mostra come cazzo si comporta la massa, come si comportano gente allo sbando,che già di suo cerca di stare a galla con l'illusione di una vita fatta di note e di un'america tarocca in giardino,ma meglio della realtà e di quello che ci sbatte in faccia.
Sfatiamo immediatamente due cose che reputo del tutto errate: 1) nessun ricatto morale. Se non forse l'incapacità umanissima di resistere a immagini concrete,reali,cosi come sono,2) non c'entra nulla per struttura, storia,costruzione un film borghese ,parigino,poco empatico nella costruzione dei due personaggi principali,programmatico e pensato nel suo ostentatissimo anti retorico ,una lezione agli altri del tipo: va che dignità abbiamo,che tipi siamo. Un po' fastidioso.
E sopratutto: la guerra è dichiarata parla della malattia del bimbo che alla fine guarisce,per la gioia di quelli che non vogliono farsi coinvolgere,che vogliono avere l'uscita di sicurezza pronta,Alabama prende a prestito la malattia e la morte della bimba per narrare della elaborazione del lutto e della fragilità dell'amore,se non è forte e radicato,ma se si confonde sesso e sballo,allegria e sogni e poi si è impreparati ad affrontare la realtà.
Quindi reputo errate metter a confronto questi due film: diversi nello svolgimento e nelle intenzioni. Il film francese è decisamente buono per molti e tante,a me ha coinvolto e convinto meno,ma perché appunto altro rispetto a codesta pellicola
Quanto può sostenerci un sogno? Quanto può unirci?Queste sono le domande che ti pone codesto bellissimo film. Viscerale,passionale,imperfetto,sicuramente non un capolavoro,ma sincero,diretto,popolare .
Didier e la sua donna sono gente comune,anche se vanno in giro vestiti da cowboy o con tanti tatuaggi,sono quelle cose ,quelle maschere che si indossano per fragilità. E io li ho sentiti,vissuti,sulla mia pelle.Mai ho pensato,vabbè dai sono personaggi di un film,cosa che mi è capitata con la "storia vera", qui ho sentito ogni urlo disperato,ho vissuto ogni lacrima.
Perchè ho simpatia per i perdenti, per quelli che non ce la fanno,perché il dolore lo vivo sempre intensamente. Al cinema,nella vita,e sbaglio sempre comportamento. Le nostre guerre finiscono sempre male,e poi forse c'è un sole,un brano bluegrass,qualcosa che ci ridarà la forza di resistere.
Alabama non è un capolavoro,ha imperfezioni e difetti,ma sono cose da poco,in compenso ha una sua verità- non la verità assoluta- che a me garba, mostra cosa è la malattia,come ti riduce,e mostra la caduta senza freni dopo.Con scene secche,precise,dure. Ci mette davanti la nostra sopportazione del dolore e quanto siamo disposti a non nasconder al nostro cuore .
Uno straziante racconto di umanità,di sconfitta, di musica che non ci riporta indietro nessuno e niente,ma vale la pena suonare
Mentre da eroi pronti a ogni impresa,siamo finiti come due foglie aggrappate ad un ramo. In attesa.
mercoledì 21 maggio 2014
PADRE PADRONE di PAOLO E VITTORIO TAVIANI
Rapporti di forza. E lotta di classe. Lo so,sono anni che ci spiegano che viviamo nella società liquida, interclassista, che abbiamo superato quel tipo di scontro,ma nella realtà c'è sempre qualcuno o qualcosa che schiaccia sotto il peso del suo potere d'azione o economico fasce di popolazione.
Il rapporto di forza regola la nostra vita da sempre e così anche il giusto istinto a scardinarlo,ribaltarlo. Si potrebbe quindi parlare anche di lotta di classe fra le mura domestiche?
Credo di si. E si ha quando la giusta autorevolezza,la disciplina e l'organizzazione collettivista e condivisa , diventa bieco strumento di repressione del singolo più debole in quel dato momento.
Padre Padrone , prima di esser quel capolavoro di film che è, prima di vincere la palma d'oro a Cannes nel 1977, è sopratutto la vera storia di Gavino Ledda. Una storia durissima , di violenza ed umiliazioni subite prima di tutto in casa e in montagna ad opera dal padre, poi da una società che si maschera e giustifica dietro le "tradizioni", il fato che ci impedisce di cambiare,la rassegnazione al peggio.
Libro davvero bellissimo,che consiglio di leggere . Lo rileggerò perché è passato tanto,troppo tempo. Il film amplia il messaggio e diventa rappresentazione di un sistema patriarcale,della condizione disumana e di prevaricazione che si apre all'interno delle classi meno abbienti,togliendo quel fastidioso romanticismo populista che ha preso piede anche e purtroppo in certa ultrasinistra poi quasi tutta finita tra grillismi e minchiate .Cioè l'idea di un Popolo sfruttato e unito che dal basso si ribellerà al padrone di turno.Non è affatto così, perchè - e lo mostra bene il film e anche il libro- l'isolamento e il radicamento di vecchie regole reazionarie e oscurantiste,mantengono il povero in uno stato di solitudine rabbiosa verso l'esterno e di angherie per scaricare frustrazione e incapacità di comunicare sentimenti negativi all'interno.
Gavino viene strappato dal padre alla scuola. All'età di sei anni si ritrova a dover badare alle bestie. E a subire una serie di violenze da parte paterna.tra l'indifferenza più o meno velata dei famigliari. I Taviani girano il film con uno stile che prende molto dal documentario ,ma piegandolo a un visione del cinema decisamente raffinata- la sequenza della bandiera italiana che dalla caserma vola sulle terre natie di Gavino, simbolo di uno stato presente solo come simbolo e nulla più- usano il suono per creare smarrimento allo spettatore durante le giornate in montagna del bimbo Gavino.
Opera quindi glaciale,anti retorica, di apparente distacco,in realtà racchiude un furore forte contro tutto ciò che è reazione, che opprime non solo il singolo,ma una intera classe,intere fasce di popolazione . Perchè non è solo la storia di un individuo,ma di un Popolo. Questo è molto chiaro nel film
Ed è anche la storia di come non si possa chiuder fuori il mondo,che arriva in forma di musicisti girovaghi e quindi l'amor per la musica, o per il servizio militare dove Gavino incontrerà un amico che lo aiuterà a studiare, ad uscire dall'analfabetismo, a prender prima la licenza elementare,poi a diplomarsi,fino a che riuscirà a laurearsi,ad affermarsi diventando anche professore nella vita reale.
Ma non è una storia di riscatto all'americana,dove il singolo ce la fa nonostante tutto,qui c'è l'intervento del mondo esterno,di un amico sincero,oltre che la volontà del singolo.
Gavino lascerà quindi l'isola scriverà libri,girerà anche un film Ybris,ma non avrà vita facile La sua infanzia lo tormenterà anche dopo,ma l'affermazione di se come individuo al di fuori della reazione secolare,si sarà definitivamente affermata.
Infine una menzione speciale per la partecipazione di Nanni Moretti, un piccolo ruolo quello del soldato che farà amicizia con Gavino e lo aiuterà ad uscire dall'analfabetismo.
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domenica 18 maggio 2014
REALITY di MATTEO GARRONE
Te la ricordi " la questione morale"? Ti rammenti che anni fa qualcuno parlo di codesta questione legata alla politica? Ogni tanto , in questo benedetto e assurdo bel paese, ci si ricorda che siamo uomini e che meritiamo una vita migliore. Dignitosa, a testa alta. E la Morale , l'Etica , servono a questo.
Poi vabbè c'è la filosofia del godereccio spicciolo, dell'ostentazione viziosa di una pseudo vita trasgressiva,e so tempi da pazzi,che vuoi farci.
Però ricorda: la questione morale.
Ecco,per me - e pensa un po' quanto sono antiquato e palloso- essa è fondamentale in tutte le cose che facciamo e diciamo. Anche , per esempio, se tu dovessi fare cinema. Anzi,sopratutto quando fai un film, un libro, scrivi una canzone,ecco ..Proprio perchè prodotti per le masse, una visione forte della tua morale ci deve essere.Morale ,anche come ideologia,ma non usare quella parola, che mo suona brutto. Eh,ma brutto assai,allora tu quatto quatto dì: Morale.Che fa tanto Papa Bargoglio, o come si chiama .
Matteo Garrone mette in scena un apologo anche morale,specchio di quello che l'Italia è diventata. Usa un tena popolare per affondare le radici in un malessere profondo, prima di tutto politico e sociale e quindi- giocoforza- umano e individuale. Ma prima di tutto, lo ripeto zucconi miei, politico e sociale.
Ed è una visione tremenda e angosciante,un film doloroso,ma proprio per questo necessario e da vedere,sentire,perdersi dentro
Noi dobbiamo esserci, si si dobbiamo proprio esserci. E dove? Nell'immaginario collettivo,ma facciamo in fretta dottore! Se lo rammenta lei quello slogan...Dai,quello dei frichettoni anni 70? Tutto e subito.Eh,ma quello è bello assai come slogan. Perchè che ci dice? Immediato , ora. Mica che magari devo studiare,applicarmi in qualcosa e poi - casomai avessi talento e anche fortuna, che non guasta mai: la Fama.
No, non è tempo caro mio. Voglio la gloria ora. In questo momento e perchè? Perchè sono IO. Come se bastasse essere te stesso. Individualismo sfrenato e ampliato dalla grancassa del nulla,delle luci,di un popolino mediocre che si sente rassicurato e ti invidia per la tua mediocrità trionfante . Rassicurante per chi vive ai margini,ma anche per quella piccola borghesia in cerca di soldi facili. Mediocre come i loro sogni
Quindi cosa capita nella vita di una persona che si arrangia con qualche piccola truffa,un lavoro come titolare di una pescheria, vita tra centri commerciali . Una vita come tantissime altre in una città come Napoli,ma potrebbe essere altro.
E qui , in un contesto dove ci sono poche difese intellettuali, arriva l'uragano del grande fratello. Basta vedere un pirla qualsiasi che tutti considerano un Mito,solo perché ha partecipato al programma ed è arrivato quasi alla finale. Quasi. Mogira in elicottero,fa la Bella Vita.
Che per me non è così: il massimo dell'effimero, unito a una grande idiozia,ma evidentemente per molti quella è la felicità. L'individualismo della formula: i wanna be somebody.
Così Luciano , per far un piacere al figlio, fa un provino e poi un altro E si auto convince di esser stato scelto per entrare nella casa. Quel luogo mistico, quel paradiso, dove tutti ti amano e ti riconoscono. Non sei più una persona giusta e normale,un lavoratore. Ma un Piccolo Dio.
I conoscenti, gli amici, la famiglia, ti pompa pure questo sogno futile ,questa tua aspirazione bassa . E così Luciano si gasa sempre di più. Fino ad entrare nel cuore di tenebra della febbre moderna: la popolarità senza merito particolare.
Solo perchè sei tu. E quasi sempre sei un pezzente, un poveraccio che suscita al massimo tanta pena un tanto al chilo.
Una discesa agli inferi, un girone dei dannati: quelli che vorrebbero esserci,ma stanno fuori.
L'uomo perde ogni difesa contro la paranoia montante e vede inviati della tv, che lo spiano, che lo giudicano , in ogni parte e la sua vita - fragile- va a rotoli. Esplode.
Garrone si mostra un grandissimo regista proprio in questa parte di lunga e insostenibile paranoia. Perchè lui ti costringe a provare empatia per il suo protagonista. Non è un uomo cattivo e Aniello Arena è bravissimo nel dar vita e luce a questo essere umano che si perde ,perchè non ha più codici morali,ideologie politiche,appartenenze di classe,visione collettiva del mondo.
Come tanti pensa che sia obbligatorio,doveroso,esser qualcuno,esser nella casa, amato e ben voluto da gente come lui. Che a loro volta lo idolatrano e invidiano,giusto il tempo per l'arrivo di un altro. Catena montaggio della bassa macelleria dei corpi e delle vite, di esseri senza storia e senza un briciolo di dignità popolare.
Sai quella cosa che a noi figli del proletariato o della piccola borghesia ci veniva tramandata dai nonni,dai genitori,dalla nostra classe. Testa alta e dignità,quel pochissimo che hai ,è tuo perchè te lo sei guadagnato. Studia,applicati,conosci e migliorerai,altrimenti lavora e goditi quello che puoi.
Non funziona più così e Luciano è il simbolo dello spappolamento di codesta classe politica e sociale. L'individualismo tarocco dei poveracci.
D'altronde intellettuale è una parolaccia,una bruttissima cosa, tutte cose pleonastiche e vetuste,lascia perdere. Tronista,quella si che è una bella cosa,una parola magica,esotica,vita che splende come un diamante. Reality perché è la nostra mediocrità che prende il posto del vero,del reale. Eppure è anche essa vera. Lo sono i fans, le feste, le luci e il rumore assordante della musica techno.Ma tutto quello che ha parvenza di vero, è vita?
Il confine è fragile e Luciano si perde. In una follia senza sosta,di paranoia,insoddisfazione- regala le sue cose a sconosciuti cosi quelli della tv vedono quanto sia buono- e perde il contatto con la grigia ,a fondamentale,realtà.
Noi peniamo con e per lui, non possiamo sottrarci. Lui è un povero diavolo ingannato,anzi auto ingannato come molti
Una vita grigia, di gente mediocre, impreparata, senza qualità, che si brucia cercando il fatuo sogno dell'Essere Famoso, non bastano nemmeno i 15 minuti messi a disposizione da Warhol.
Questo è l'ultimo passo di un pensiero che da anni fa stragi di cervelli, e che vede nella cultura,nell'arte, nel sapere, una disfatta,una sconfitta, un'onta, una cosa inutile
Questo è il senso infimo e distorto della democrazia. Tutti possiamo farcela,diventare qualcuno,non serve niente. Come le opinioni che invadono i social network propagandando idee idiote,ma che vuoi te? Hai studiato?Mo arriva il professorone.
Ed è qui che arrivano i Luciano di questo mondo,ed è qui che arriva la nostra fine.
Poi vabbè c'è la filosofia del godereccio spicciolo, dell'ostentazione viziosa di una pseudo vita trasgressiva,e so tempi da pazzi,che vuoi farci.
Però ricorda: la questione morale.
Ecco,per me - e pensa un po' quanto sono antiquato e palloso- essa è fondamentale in tutte le cose che facciamo e diciamo. Anche , per esempio, se tu dovessi fare cinema. Anzi,sopratutto quando fai un film, un libro, scrivi una canzone,ecco ..Proprio perchè prodotti per le masse, una visione forte della tua morale ci deve essere.Morale ,anche come ideologia,ma non usare quella parola, che mo suona brutto. Eh,ma brutto assai,allora tu quatto quatto dì: Morale.Che fa tanto Papa Bargoglio, o come si chiama .
Matteo Garrone mette in scena un apologo anche morale,specchio di quello che l'Italia è diventata. Usa un tena popolare per affondare le radici in un malessere profondo, prima di tutto politico e sociale e quindi- giocoforza- umano e individuale. Ma prima di tutto, lo ripeto zucconi miei, politico e sociale.
Ed è una visione tremenda e angosciante,un film doloroso,ma proprio per questo necessario e da vedere,sentire,perdersi dentro
Noi dobbiamo esserci, si si dobbiamo proprio esserci. E dove? Nell'immaginario collettivo,ma facciamo in fretta dottore! Se lo rammenta lei quello slogan...Dai,quello dei frichettoni anni 70? Tutto e subito.Eh,ma quello è bello assai come slogan. Perchè che ci dice? Immediato , ora. Mica che magari devo studiare,applicarmi in qualcosa e poi - casomai avessi talento e anche fortuna, che non guasta mai: la Fama.
No, non è tempo caro mio. Voglio la gloria ora. In questo momento e perchè? Perchè sono IO. Come se bastasse essere te stesso. Individualismo sfrenato e ampliato dalla grancassa del nulla,delle luci,di un popolino mediocre che si sente rassicurato e ti invidia per la tua mediocrità trionfante . Rassicurante per chi vive ai margini,ma anche per quella piccola borghesia in cerca di soldi facili. Mediocre come i loro sogni
Quindi cosa capita nella vita di una persona che si arrangia con qualche piccola truffa,un lavoro come titolare di una pescheria, vita tra centri commerciali . Una vita come tantissime altre in una città come Napoli,ma potrebbe essere altro.
E qui , in un contesto dove ci sono poche difese intellettuali, arriva l'uragano del grande fratello. Basta vedere un pirla qualsiasi che tutti considerano un Mito,solo perché ha partecipato al programma ed è arrivato quasi alla finale. Quasi. Mogira in elicottero,fa la Bella Vita.
Che per me non è così: il massimo dell'effimero, unito a una grande idiozia,ma evidentemente per molti quella è la felicità. L'individualismo della formula: i wanna be somebody.
Così Luciano , per far un piacere al figlio, fa un provino e poi un altro E si auto convince di esser stato scelto per entrare nella casa. Quel luogo mistico, quel paradiso, dove tutti ti amano e ti riconoscono. Non sei più una persona giusta e normale,un lavoratore. Ma un Piccolo Dio.
I conoscenti, gli amici, la famiglia, ti pompa pure questo sogno futile ,questa tua aspirazione bassa . E così Luciano si gasa sempre di più. Fino ad entrare nel cuore di tenebra della febbre moderna: la popolarità senza merito particolare.
Solo perchè sei tu. E quasi sempre sei un pezzente, un poveraccio che suscita al massimo tanta pena un tanto al chilo.
Una discesa agli inferi, un girone dei dannati: quelli che vorrebbero esserci,ma stanno fuori.
L'uomo perde ogni difesa contro la paranoia montante e vede inviati della tv, che lo spiano, che lo giudicano , in ogni parte e la sua vita - fragile- va a rotoli. Esplode.
Garrone si mostra un grandissimo regista proprio in questa parte di lunga e insostenibile paranoia. Perchè lui ti costringe a provare empatia per il suo protagonista. Non è un uomo cattivo e Aniello Arena è bravissimo nel dar vita e luce a questo essere umano che si perde ,perchè non ha più codici morali,ideologie politiche,appartenenze di classe,visione collettiva del mondo.
Come tanti pensa che sia obbligatorio,doveroso,esser qualcuno,esser nella casa, amato e ben voluto da gente come lui. Che a loro volta lo idolatrano e invidiano,giusto il tempo per l'arrivo di un altro. Catena montaggio della bassa macelleria dei corpi e delle vite, di esseri senza storia e senza un briciolo di dignità popolare.
Sai quella cosa che a noi figli del proletariato o della piccola borghesia ci veniva tramandata dai nonni,dai genitori,dalla nostra classe. Testa alta e dignità,quel pochissimo che hai ,è tuo perchè te lo sei guadagnato. Studia,applicati,conosci e migliorerai,altrimenti lavora e goditi quello che puoi.
Non funziona più così e Luciano è il simbolo dello spappolamento di codesta classe politica e sociale. L'individualismo tarocco dei poveracci.
D'altronde intellettuale è una parolaccia,una bruttissima cosa, tutte cose pleonastiche e vetuste,lascia perdere. Tronista,quella si che è una bella cosa,una parola magica,esotica,vita che splende come un diamante. Reality perché è la nostra mediocrità che prende il posto del vero,del reale. Eppure è anche essa vera. Lo sono i fans, le feste, le luci e il rumore assordante della musica techno.Ma tutto quello che ha parvenza di vero, è vita?
Il confine è fragile e Luciano si perde. In una follia senza sosta,di paranoia,insoddisfazione- regala le sue cose a sconosciuti cosi quelli della tv vedono quanto sia buono- e perde il contatto con la grigia ,a fondamentale,realtà.
Noi peniamo con e per lui, non possiamo sottrarci. Lui è un povero diavolo ingannato,anzi auto ingannato come molti
Una vita grigia, di gente mediocre, impreparata, senza qualità, che si brucia cercando il fatuo sogno dell'Essere Famoso, non bastano nemmeno i 15 minuti messi a disposizione da Warhol.
Questo è l'ultimo passo di un pensiero che da anni fa stragi di cervelli, e che vede nella cultura,nell'arte, nel sapere, una disfatta,una sconfitta, un'onta, una cosa inutile
Questo è il senso infimo e distorto della democrazia. Tutti possiamo farcela,diventare qualcuno,non serve niente. Come le opinioni che invadono i social network propagandando idee idiote,ma che vuoi te? Hai studiato?Mo arriva il professorone.
Ed è qui che arrivano i Luciano di questo mondo,ed è qui che arriva la nostra fine.
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