giovedì 28 agosto 2014

I PADRONI DI CASA di EDOARDO GABRIELLINI

Non vi stancherò con la mia consueta difesa del cinema nazionale, ho scritto tutto quello che avevo da dire in merito e non penso di dover aggiungere nulla.  Vi invito solo a esser meno disfattisti e lamentosi, ( sicché, va che paradosso, mi tocca fare un discorso anti nazionale. Poiché lamentarsi è lo sport nazionale da secoli e secoli),e a ricercare quelle pellicole che , evitando il discorso ormai quasi del tutto involutivo della commedia,  tentano strade e percorsi meno ovvi. O comunque abbiate la voglia di cercare i grandi film nazionali, che non mancano.





Prendete come esempio codesta pellicola: drammatica, soffocante, perturbante.  Nonostante sia diretta da un attore- regista che non ha mai incontrato le mie simpatie, ( bb e il cormorano....maddoooo),e abbia nel cast un attore che non tollero nemmeno in fotografia: Elio Germano. Eppure è un film davvero degno di nota , una pellicola assai interessante e , ( nell'epoca in cui un prodotto derivativo e patetico come " Smetto quando voglio", viene salutato come film culto e "non italiano"- lasciamo perdere la tristezza infinita su codesta sigla, che sa tanto di Stanis La Rochelle- ), molto poco rassicurante e consolatorio.
La storia è risaputa, un vero e proprio standard: due "stranieri" che arrivano in un piccolo paese e scatenano reazione nei bifolchi,ottusi,idioti che popolano quelle zone. Non nuova la trama e le situazioni,ma non conta.
Sai , è come il blues. Sì : il blues. Non è che tu abbia a disposizione chissà quante melodie e note,ma ogni volta è emozione. Ecco, così capita anche con le storie. Lascia perdere l'originalità ad ogni costo, atteggiamento invero anche un po' infantile,e racconta una storia. Che sia a uso e consumo di un numero alto di persone, che le faccia ragionare, emozionare, non importa. Raccontala e basta



Straniero, forestiero. Ecco,questa mania e ossessione italica è figlia del campanilismo esasperante ed esasperato che da sempre viviamo in questa terra. Splendida terra,ma non Nazione. Piuttosto un insieme strampalato di tradizioni vetuste, reazioni, nostalgie di quando c'era lui, di noi lavoriamo e i terroni ballano, di noi eravamo ricchi con i borboni e i polentoni ci arrubbbano. Che schifo e che pena. Paese che ama sputtanare la sua storia, si esalta per gli ascari al servizio dell'imperialismo e la nazionale di calcio. Gente che vede come nemica tutti quelli che non sono del suo paese . E a ben vedere pure nel paese e in famiglia....

Ecco questo è il terreno dove mette radici la nostra storia, cioè la storia di codesta buona pellicola.

Due fratelli romani, ( i bravissimi Valerio Mastrandrea, nel ruolo di Cosimo , e - miracolo- Elio Germano, nel ruolo di Elia), si ritrovano a lavorare presso la casa di una ex stella decaduta della canzone italiana: Fausto Mieli.
Una parola su questo personaggio: cosa rende grande un film? I personaggi, appunto. Almeno questa è la mia solida e robusta idea. Puoi farmi un grandissimo lavoro,ma se mancano personaggi che sappiano coinvolgere e superare la barriera del prodotto, non me ne frega nulla. Non amerò mai quella pellicola
Qui invece i personaggi funzionano alla grande. Sono decisamente ben scritti, credibilissimi,umanissimi e non si fatica a penare o a incazzarsi con o contro di loro.
Dicevo : Fausto Mieli. Ecco, l'azzardo,la genialata, il fattore rischio ampiamente superato. Perché affidare un personaggio così negativo, ambiguo, a suo modo un po' viscido,a uno che della bontà è quasi testimone perfetto, ce ne vuole di coraggio! Per questo bravissimo Gabriellini o chi per esso,che ha scelto : Gianni Morandi.



Noi lo conosciamo per il "Gufo con gli occhiali", le canzonette che canticchiano di tanto in tanto le nostre madri, gli atroci musicarielli e le atroci fiction. Gianni dopotutto incarna alla perfezione un tipo di italiano bonario, famigliare, un "buono". Qui invece si presta a interpretare e lo fa davvero bene un tipo decisamente negativo. Certo all'inizio pare un bonaccione che si occupa della moglie gravemente malata, ( brava come sempre Valeria Bruni Tedeschi, capace di trasmettere fisicamente il dolore,la solitudine,il ruolo di vittima), attento all'ambiente e tranquillo. Poi piano piano esce il lato squallido e crudele del personaggio e il buon Gianni riesce davvero a esser convincente e "spaventoso".
 Gabriellini ci mostra assai bene questo ambiente chiuso, ottuso,carico e pieno di frustrazioni,noia,rancori non del tutto sopiti. Quindi basta l'arrivo di un concerto che ti riporta sulle scene, una ragazzina stanca del paese che si innamora di un forestiero e si scatena l'inferno.




La violenza ,.quando arriva, è devastante e fa malissimo. La vendetta annulla l'umanità e ci porta a smarrirci, a perdere il senno della ragione. Non è una vendetta spettacolare,benedetta e giusta- al di là del fatto che io abbia accettato il gesto perché mi stavano talmente sulle palle quei montanari beceri - come nei film americani,ma è dolorosa e non salva nulla,come nei film coreani.
Solo per questo la pellicola va vista.

Mi auguro che codesta svolta nei temi e nel metodo di fare film di Gabriellini continui fino in fondo, perché si mostra a suo agio ed è credibile.  Un cambiamento che giunge quasi nello stesso momento di quel capolavoro che è "Il capitale umano" diretto da Virzì. Come se dopo tante commedie,ormai - seguendo l'insegnamento del nostro sommo maestro Mario Monicelli e del suo  Un borghese piccolo piccolo- non sia più tempo di risate,commedia, ottimismo straccione e allegro,ma non ci rimanga che sparare,uccidere,essere dei non umani in un modo o nell'altro
Io , però, rifiuto questa idea: Io amo l'umanità

martedì 26 agosto 2014

L'ESTATE STA FINENDO: CRONACA SENTIMENTALE DI FILM,ARENE ESTIVE..

Certe cose pensi esistano solo nei film o nelle canzoni. Pensi che sia per quello che, qualcuno, un giorno abbia inventato l'arte. Per donare l'amore, la sua essenza purissima, a folle che al massimo vivono un modesto remake di esso.
Invece ti bastano tre settimane per capire che sono cose reali, concrete, che fanno parte della nostra vita. Costa molta fatica amare qualcuno in modo profondo, condividendo la vita e i dolori. Meglio rifugiarsi in sentimenti tenuti a bada, tenere conto delle stupide regole d'amore che si leggono su stupidissime riviste, vivere sempre secondo l'Io, quello che voglio,mi piace e l'altro che sia immagine di codesti desideri e non una Persona . Sicché alla fine , vivi un amore di comodo. Facile da lasciare, da cambiare, come un abito non buono o utile per la stagione successiva
Io , con tutti i miei limiti, ho deciso di vivere un rapporto che faccia della condivisione,dell'unità , un suo punto cardine. Lo penso in termini politici e sociali, e insomma. il privato è politico e pubblico. Una coppia unita che vive nel e per il mondo.  Ci sono difficoltà che mi stanno mettendo alla prova e non so come superarle,se non impegnandomi, cercare di mettermi in gioco,affidandomi non ad audaci colpi di testa del sottoscritto, ( che finirebbero in una serie di catastrofiche cazzate), ma vivendo con l'altra persona ogni istante della mia vita. E a fanculo la lontananza.

Ho visto una parte d' Italia stupenda: quella della Toscana.Dei suoi ristoranti, dei suoi paesaggi, tramonti. Mi sono emozionato a Livorno , dove è nato il Pci, E i monumenti,la storia di Firenze. Mi sono perso nel mondo alla rovescia e vitale, caotico e struggente di Napoli. Ho la riconferma che amo Roma, città dove vivrei per sempre. Giorni di musei, arte, opera lirica., ( ho visto per la prima volta un 'Opera , a Torre del Lago. Una versione meravigliosa della Boheme diretta da Ettore Scola ), ma tutto questa bellezza sarebbe stata pleonastica o di minor impatto se non l'avessi condivisa con la donna che amo.
Questo è l'amore, tipo il contorno delle cose belle della vita. Tipo le patatine fritte che accompagnano una gustosa bistecca , o qualcosa di squisito in ambito vegetariano che accompagna qualcosa di decisamente godibile nel fantastico mondo delle verdure, frutte, centrifughe e frullati.

Detto questo: il mio è un blog che affronta l'argomento cinema. Da parte di uno spettatore. Che scrive e pensa da spettatore. I critici cinematografici sono altri , che hanno studiato e meritano il nostro rispetto. Tranne quelli revisionisti e popolan chic. Per quelli : Siberia.


Ma tornando a noi: si ho visto un bel po' di film e ne parlerò ora. Forse meritano più spazio,ma per ragioni di nuovo materiale in arrivo,ecco.. Facciamo un articolo che racchiuda tutte codeste visioni.

Le arene estive: che bella invenzione . Gustarsi un buon film all'aperto , in ottima compagnia, sotto le stelle. Cosa c'è di più romantico? Forse i topi di Castel Sant' Angelo o un matto che smadonna in quel di piazza Vittorio. Forse.

Eccoli qui i film visti.

 


ZORAN , IL MIO NIPOTE SCEMO di Matteo Oleotto, è stato il primo film visto in un'arena estiva. Nella mia zona preferita di Roma , che rammentiamo : va da stazione termini a via palestrina- ettore giovenale, la pellicola racconta di un uomo alla deriva. Un tizio che sprofonda nel vino e nel cinismo. Solo contro tutti,ma senza la gloria dei perdenti. Un essere davvero sgradevole. Il quale , per una serie di situazioni, si ritrova a doversi occupare di un lontano parente slavo: Zoran. Il quale è un occhialuto tanto timido,quanto colto e sopratutto dotato di una certa bravura come lanciatore di freccette. L'uomo vede un modo veloce di fare soldi e si mette al lavoro per iscriverlo a un campionato mondiale.
Una pellicola che mi ha deluso. Parte abbastanza bene con la rappresentazione di un Friuli alcolico,apatico,quasi apocalittico,ma si perde in soluzioni fin troppo abusate e in personaggi che non  escono mai dalla consuetudine di uno stereotipo, ( il buon selvaggio, il perdente emarginato  e così via), che non lascia spazio a soluzioni più mature o interessanti.  Certo Battiston è sempre validissimo,ma qui perde un po' l'equilibrio e non sempre riesce a dar un senso al suo personaggio. Troppa briglia sciolta, troppo accentramento sul suo ruolo. Peccato.



LA MIA CLASSE di DANIELE GAGLIANONE

Regista assai interessante, autore di un cinema personalissimo , ( vi consiglio di recuperare il suo bellissimo film  I NOSTRI ANNI, sulla resistenza.), Gaglianone riprende un film francese : la classe, e lo rimonta,rielabora, riscrive e reinventa . Un vero remake e anche oltre. La storia è quella di un professore che lavora in una classe con alunni stranieri. Sono tutti chi più o meno lavoratori e in effetti, a mio avviso, la classe è metafora di incontro e dialogo tra un italiano e degli stranieri. L'opera contamina la finzione e un realismo crudo che rappresenta il dietro le quinte del film. Sicché da subito tu sai che stai vedendo un prodotto di mera rappresentazione. Opera quindi anche polemica sul potere del cinema di essere specchio fedele della realtà,in quanto anche le migliori intenzioni si scontrano con una realtà durissima e per nulla consolatoria. Proprio questo scontro-incontro cinema e vita vera, ( seppure anche questa filtrata in realtà da una sceneggiatura e quindi doppio sberleffo), rendono l'opera di Gaglianone molto interessante,particolare,da vedere . Piace anche ai topi che correvano allegri durante la proiezione. Ottimo Mastrandrea e bravi tutti i non professionisti





IL MONDO FINO IN FONDO di ALESSANDRO LUNARDELLI

Il Nuovo Cinema Sacher, è il tempio sacro di noi Morettiani. E infatti andarci , nel giorno del nostro mesiversario, è stato qualcosa di emozionante e speciale. Detto questo il film in questione si rivela la classica pellicola con tanti argomenti seri , trattati con una certa leggerezza . Prodotto piacione, ruffiano, che a ben vedere potrebbe esser il suo punto di forza e anche il suo lato negativo. Un giovane omosessuale, lavora nella fabbrica di famiglia con il fratello nel profondo e noioso nord. Un giorno parte per assistere alla partita barcellona- inter, con il fratello.
Qui incontra un attivista politico di quella sinistra spontaneista e movimentista che io non approvo più di tanto, e lo segue in Cile.
Film che sacrifica il tutto al pressapochismo, a chiacchiere da post su facebook ad opera di un grillino,ma ha anche cose che meritano di esser salvate: il personaggio di Lucio, tassista che ha subito la dittatura di Pinochet e il suo terribile segreto,la rappresentazione alienante dei posti alienanti che popolano la lombardia,s sopratutto dalle mie parti. Chiaramente si dirà : non è così.Ma essendo il sottoscritto brianzolo doc , riconosce benissimo i difetti pesanti che abbiamo qui;: una è mai farsi una critica
Il vittimismo atroce di chi si vede sempre sotto attacco, teme che gli altri portino via i suoi soldi, unica ragione di vita. Grigi come il tempo di queste zone.
Poi ci sono i brianzoli decenti, che infatti vengono visti male dagli altri, non siamo in pochi. E siamo la parte migliore.
I personaggi degli attivisti sono dipinti come dei pirla. Chiaramente è uno squallido stereotipo,ma ne ho conosciuti alcuni che sono proprio così. Opera pleonastica, si vede, si dimentica.Amen


LA GELOSIA di P. Garrel

E poi ci sono i brutti  film d'autore. Cosa per me gravissima. Si perché al e dal genere non mi aspetto nulla. Certo con questo non vuol dire che giustifico le immani cazzate fatte in quel settore, ( tantissime,nonostante la difesa ad oltranza di certi pistola),ma comprendo che nel genere si punti a intrattenere,incassare, ci si affidi quando il prodotto è ottimo ad artigiani di lusso, altre volte a quella categoria di umanoidi che sono i mestieranti.Amen
Ma un film d'autore brutto è una bestemmia tagliente, un insulto all'intelligenza e insomma : una cosa brutta brutta in modo assurdo, come direbbe Zoolander
Ecco questa cosa è codesta pellicola. Ha tutto quello che potrebbe piacermi ,ma sbaglia tutto. Il minimalismo non è mai perturbante, disturbante , oggettivamente implacabile come nei Dardenne, non ha nemmeno momenti di funesta realtà traballante come nel Dogma. Il tentativo di indagine e pedinamento sentimentale, di massimo realismo, di operazione nostalgia affidato a un bianco e nero che rievoca certo film francese anni 60, naufraga in dialoghi banalissimi, personaggi odiosi- claudia- scritti davvero male,ma sopratutto in una debolezza totale che non diventa mai dramma umano.



FATHER AND SON DI HIROKAZU KORE- EDA

Dopo quel bellissimo, struggente ,magnifico , film che risponde al nome di Air Doll, eccomi alle prese con una nuova pellicola del regista giapponese Hirokazu Kore-eda.
Il miglior film visto al cinema questa estate e forse durante l'anno , alla pari di  Alabama Monroe e altri grandissimi film.
Due coppie scoprono che i loro rispettivi figli sono stati scambiati nelle culle appena nati. Quindi il bimbo che hanno cresciuto non è il loro, che fare?
Senza scadere in melodrammismi estremi,ma senza nemmeno banalizzare la vicenda e affidandosi a quello che rende un film importante ed eterno, cioè i personaggi, il regista giapponese ci pone delle domande interessanti e che fanno riflettere: chi è un figlio? Un semplice prodotto di cellule, di "sangue del mio sangue", o è una persona che abbiamo cresciuto con affetto e dando ad esso : esempio, etica, educazione? Per educare ,ma sopratutto conoscere il proprio figlio, ci vuole tanto tempo o la qualità di esso?
Opera quindi importante e da vedere, sorretta da ottime interpretazioni, una sceneggiatura perfetta e una grande regia. Il cinema come piace a me. Anzi: a noi indisciplinati.

Ricostruzione feroce del Giappone, della mancanza di comprensione e capacità affettiva da parte del protagonista, di come si possa essere sconosciuti anche in famiglia,ma anche di tenerezze,dolcezze,comprensione umana.

Queste sono state le mie visioni cinematografiche all'interno di un'estate che ha comunque cambiato la mia vita. Mi ha dato lo scopo di stare sempre con il mio amore,di lavorare affinché la lontananza venga superata, spero di esser abbastanza forte...Lo voglio !