lunedì 24 febbraio 2014

DOPPIA RECENSIONE: GIORNI E NUVOLE di SILVIO SOLDINI

E allora parliamone,dai. Parliamo di quanto sia stupenda questa democrazia liberal- capitalista, festeggiamo il rinnovamento e la " modernizzazione" nel mondo del lavoro.
Perchè noi viviamo in pieno regime democratico,hai tutte le tue magnifiche tecnologie, pensa puoi scrivere e dire quello che vuoi, forse, e voti eh! Lascia stare che poi anche alcuni da te considerati dei dittatori cattivissimi sono stati eletti,ma a noi non piace affatto che i popoli scelgano gente che sta sul cazzo a Mamma Europa e a Papà Nato,quindi....
Tempi complessi,complicati,dove le parole sono ormai svuotate e vuote. A furia di dire cazzate epocali,da dementi dell'orrore come: " fatti,non parole" ci ritroviamo in un mondo dove la reazione fascista e capitalista diventa rivoluzione.
Tempi confusi,amica mia. Molto confusi. E non quella che per Mao era ottima compagna per poter agire in concreto e da veri rivoluzionari,no.
Sai cosa ci servirebbe? Un po' di stabilità. Mi chiedi : dove la trovo , io, la stabilità? Ti risponderei; nel lavoro e negli affetti.




Un lavoro fisso,sicuro,significa poter elaborare progetti per te e la tua famiglia.  Significa indipendenza e aver un ruolo sociale ben preciso. Essere riconosciuti per quello che sei e fai. La stabilità negli affetti significa lottare per la felicità dell'altro,condividere gli abissi e le meravigliose giornate di sole, non nasconderci nulla e rispettarsi,sostenersi.
Queste cose mancano totalmente nella nostra bella società , la stessa che vorremmo mettere anche usando fascisti e gentaglia di ogni risma in altre nazioni. Si,dai: tutti precari,stressati, deboli,questo ci piace.
La precarietà è stata una invenzione politica ed economica per disorganizzare completamente e totalmente l'unità dei lavoratori sul posto di lavoro,ma non solo: anche in casa. Una persona senza lavoro,o che è soggetta a continui cambiamenti, periodi di inattività e altri di lavoro sporadico,che tipo di persona è per te? Solare,allegra, ben disposta?  Proletarizzando settori di classi medie aumenti il numero di scontenti.
Certo nascosti dietro all'apparente benessere materiale, ma dura poco anche questo.



Perchè come fai a mantenerti se hai un lavoro precario o se peggio ancora non trovi nulla? Sopratutto come farti abituare all'idea che la tua certezza di essere parte della società giusta,benestante, che non ha problemi- mica siamo operai e proletari- sia crollata?
Il capitalismo è un sistema feroce, che si rinnova per la sua sopravvivenza e quando lo fa chiede sacrifici. Anche a chi l'ha sempre servito fino a poco prima. Non contiamo un cazzo noi esseri umani in questo sistema e come bestie al macello ci donano degli svaghi,persino ci dicono come fare opposizione e sentirci ribelli. Ma siamo una mandria. Amorfa, disorganizzata, inviperita,addolorata o rincoglionita. Si sono persi tutti i nostri diritti senza dire nulla o sbraitando slogan.

Questo bellissimo,urgente,fondamentale,imperdibile , film parla di questo.



Una famiglia della medio alta borghesia, gente di un certo livello e di un certo tenore di vita che improvvisamente scopre l'altra faccia della medaglia del loro paradiso in terra,quando lui viene licenziato.  Fatto fuori dai soci,tra cui uno di questi è un " grande amico da tantissimo tempo" Ma non c'è amicizia, non c'è amore, non c'è solidarietà quando cadi.
E qui si racconta proprio di questo: una caduta.

Da una parte sei troppo qualificato, in famiglia si vergognano se ti vedono fare dei lavoretti- per razzismo classista che in questo film viene denunciato  e mostrato benissimo- perdi la voglia di fare,di esser combattivo,vivo,umano.
Così la moglie si mette a lavorare, tenta di farsene una ragione, non sempre ci riesce. La figlia ha una sua vita e il rapporto con il padre non è tra i migliori
Perchè poi questa crisi sul lavoro mette in chiaro anche la crisi famigliare e di coppia: ci conosciamo? Sappiamo sostenere l'altro? Lo capiamo? No,oppure si..ma male,molto male.

La pellicola è lucida,cruda, mostra con estrema chiarezza di tesi e profonda riflessione socio-politica,quello che siamo diventati.Nella verità  e nella realtà. Per me siamo anche peggio. Ma tanto peggio. Però il film è già una mazzata che non ti lascia scampo e ti toglie il respiro. Meglio non esagerare.



Soldini mischia echi dei Dardenne e un pizzico di Loach, gira con stile nervoso e pesantemente fisico,concreto. I gesti di un superbo e memorabile Albanese,arrivano diretti allo spettatore. La rabbia,il nervoso,il sentirsi inutili e senza redenzione,  Quando cerca di mettere la carta da parati da solo, o spacca le bottiglie di plastica, e i litigi: tra i migliori portati sullo schermo in un film italiano. Così cattivi, con la volontà di fare e farsi male,come succede nella vita. Ed è giustissimo che il cinema riprenda e riproponga la nostra vita.
Perchè c'è bisogno di riflettere,comprendere, non farci ingannare da queste lotte assurde tra capitale e populisti allo sbaraglio le quali non fanno altro che spostare l'attenzione reale su problemi fasulli.

Dovrebbe esser visto e discusso questo bellissimo film. Interpretato con una tale adesione al personaggio e credibilità da tutto il formidabile cast , da risultare più reale del vero. Margherita Buy si conferma la nostra migliore attrice, come anche  Alba R.  che poco dopo sarà protagonista assoluta del riuscitissimo " Cosa voglio di più", fino a Battiston e altri. Tutti in parte. Serviti da una sceneggiatura perfetta, sostenuti da una regia precisa e in stato di grazia.




Film che mischia crisi del privato come proseguimento di una crisi generale del lavoro,della mancanza di riconoscimento sociale della figura del lavoratore. Cosa contano oggi? Protestano,salgono sui tetti,hanno un momento di attenzione paternalistica e i discorsi vuoti dei rivoluzionari un tanto al chilo o dai politicanti di turno,ma il sistema capitalista è dal lontano 1989 che sta smantellando ogni piccola conquista dei lavoratori e delle classi subalterne. Non solo,ora reputa che pure la borghesia media o medio alta possa esser sacrificata ai cambiamenti , contraddizioni, lotte intestine , insite nella vecchia e ingloriosa democrazia liberal-capitalista.
Gli sciocchi non vedono questo e infatti eccoli tutti uniti a festeggiare per l'Ucraina,contenti loro.

Un monito, questo film ci ricorda cosa siamo da un bel po'. Cosa siamo diventati e cosa continueremo ad essere.  Senza lavoro e stabilità la vita diventa durissima,senza stabilità negli affetti- meglio aver la lista della spesa delle trombate per vantarci al bar,piuttosto che una donna o un uomo per tutta la vita. Ma va là: moderni,dinamici,avanti dai- non potremmo mai avere un minimo di pace e sostegno.

Questo film è l'atto più rivoluzionario che il cinema italiano abbia mai fatto,dopo i film di Petri. Non perdetelo .
Questa la recensione di Valentina
Soldini è uno dei pochi registi in Italia che è in grado di fare quel cinema realista che, in passato, è stato uno dei capisaldi del nostro Paese. Ma Soldini ha uno sguardo speciale sulla realtà, uno sguardo che fa del minimalismo il suo punto di forza; il suo è un cinema fortemente descrittivo che narra per accumulo di elementi, un cinema specificatamente incentrato sulla quotidianità e che parte proprio da quella per farci percepire in maniera fortissima il divario tra aspirazione e realtà. 
In questa pellicola lo fa parlando della degenerazione el lavoro, sottolineando come questo sia indispensabile ed imprescindibile per la dignità umana, a pochi anni di distanza lo farà, in Cosa voglio di più, parlando delle relazioni e sottolineando come la degenerazione di un rapporto si sostanzi nell'assenza di dialogo e nell'incomunicabilità. Questi due film, in un certo senso, costituiscono un dittico e sono, a mio avviso, le due opere più riuscite di Soldini. 
In Giorni e nuvole il regista, avvalendosi di un ottimo cast, riesce a far percepire allo spettatore l'angoscia ed il senso di impotenza che deriva dalla perdita del lavoro e dalla conseguente perdita della propria posizione sociale. È commovente, infatti, come il personaggio di Albanese, orgoglioso fino in fondo, si rifiuti di far apparire all'esterno la condizione in cui verte e continui a voler mantenere lo stesso tenore di vita pur di non ammettere, davanti agli altri, il fallimento. E tutto questo avviene trincerandosi dietro un'incomunicabilità totale che porta ad escludere tutti quelli che gli stanno intorno, a partire dalla moglie che viene tenuta all'oscuro della situazione il più a lungo possibile. E Soldini fa capire benissimo come la perdita del posto di lavoro porti, piano piano, ad un abisso di disperazione che investe la totalità della vita dell'individuo facendo degenerare tutto: il dialogo con la moglie si perde totalmente (o, forse, non c’è mai stato), i litigi con la figlia si fanno sempre più esacerbati, l'improvvisazione di un mestiere che non si sa fare porta a non tener fede agli impegni presi e così via. Ma Soldini, nei suoi film, lascia sempre un barlume di speranza, un finale che non pretende di essere il classico lieto fine ma che lascia aperta la possibilità di recupero, che lascia intuire che, forse, il modo di risollevarsi si può ancora trovare, che forse un modo esiste sempre.
E’ interessante il fatto che questa pellicola non scelga di analizzare la perdita del lavoro di chi vive la propria vita in una situazione di precariato e fa parte di una realtà sociale bassa, persone che, anche col lavoro, stentano ad arrivare a fine mese. Il regista sceglie invece di analizzare l’impatto che questa condizione ha su quella che, un tempo, avremmo definito borghesia abbiente e che, per semplificare, potremmo continuare a chiamare così anche se ritengo questa definizione totalmente impropria e superata. Quella al centro della vicenda è una famiglia agiata, di estrazione culturale medio alta, con la barca ormeggiata al porto e la donna delle pulizie che si occupa della casa mentre la moglie può permettersi di prendere una laurea e lavorare senza percepire retribuzione, e che, improvvisamente, si ritrova a fare i conti non soltanto con un declino economico ma, soprattutto, con la perdita del proprio status sociale, testimoniato dalle vacanze in luoghi esotici e dalle cene da 200 € offerte agli amici; oltretutto la perdita del lavoro al centro del film non è dovuta alla contrazione del mercato del lavoro ma ad un diverbio tra il protagonista e i suoi soci circa la diversificazione della produzione dell’azienda e la delocalizzazione del lavoro fuori dal territorio nazionale. 
L’ottima sceneggiatura (frutto della collaborazione del regista con la solita Doriana Leondeff, oltre a Francesco Piccolo al soggetto e Federica Pontremoli alla sceneggiatura) riesce a compattare una storia che fa dell’accumulo di episodi, particolari e personaggi il suo punto di forza, senza mai disperdersi ma rendendo efficace e diretto il messaggio e suscitado nello spettatore un’empatia molto forte.
Come dicevo in apertura, considero Soldini uno dei pochi registi capaci di fare un cinema realistico oggi, ma vale la pena soffermarsi un attimo su questa definizione perché spesso mi viene da chiedermi se realismo e critica sociale siano indissolubilmente legati o se possano sussistere separatamente. E la risposta, guardando questa pellicola, è che le due cose sono imprescindibili. Un’osservazione attenta della realtà che ci circonda contiene inevitabilmente il seme di una critica sociale anche se questa non è evidentemente espressa, come in questo caso, perché spinge lo spettatore a riflettere fornendogli gli strumenti di analisi per farlo, senza che la conclusione di tale riflessione sia imposta ma delegandola alla sensibilità di ognuno di noi. E quando la visione di una pellicola si conclude lasciandoti domande invece che risposte io credo che il film sia pienamente riuscito.


Vale

Inviato da iPad

giovedì 20 febbraio 2014

DARK TOUCH di MARINA DE VAN

Cosa rende un film , un buon film? Il livello tecnico? La storia? Gli attori?E per essere un buon film deve essere per forza del tutto riuscito?
Io non credo, vi sono pellicole anche imperfette , ma che hanno una loro urgenza, necessità,potenza e forza che ci fanno dimenticare i difetti.
Questo è il caso di questa pellicola scritta e diretta da una donna, una delle poche a cimentarsi con il genere horror, che tratta un argomento assai tosto e duro come la violenza sui bambini.



Cosa succede nella casa della famiglia della piccola Neve? Sembrano una di quei nuclei famigliari normali, per bene. rispettabili. Hanno una ragazzina e un piccolo bambino , lavorano, si sono trasferiti da poco dalla città alla campagna. Tutto normale, eppure.. Qualcosa non funziona, piccoli frammenti, ombre, sguardi e parole. E il comportamento della figlia, spaventata e taciturna. Cosa nasconde ,quale terribile segreto copre il "bacio della buona notte?" Qualcosa di terribile, di squallido,ignobile, qualcosa che purtroppo nella loro vita vivono tanti bambini e bambine, che hanno la vita devastata e rovinata dalle persone , che più di altre, dovrebbero difenderle e sostenerle.
Una notte però una strana e brutale forza distrugge la casa dove abita Neve e la sua famiglia. Si salverà solo lei.



La polizia pensa a una gang, nonostante lei dica che a uccidere i genitori e il fratellino sia stata la casa. Viene affidata a una coppia con prole,e un dramma alle spalle. La morte di una figlia.
Questa nuova sistemazione servirà Neve per dimenticare e vivere normale?

Dark Touch è un gran bel film. Alterna un certo pudore per la piccola vittima, ( non ci viene mostrata la violenza che subisce dai genitori,ma suggerita attraverso ombre e brevi sequenze),una riflessione amarissima sulla solitudine straziante e l'annullamento della persona soggetta alle angherie di aguzzini che dovrebbero accudirli e proteggerli, offre spazio al visivo e al coinvolgimento diretto e penetrante delle facce dei piccoli attori. Straordinaria la piccola  Missy Keating, figlia del cantante dei Boyzone  Rowan- vedi che le boy band fan qualcosa di buono- ma anche gli altri piccoli attori.


Il mondo di Dark Touch è terribile e senza redenzione. Soffocato dalla violenza, dal silenzio,da un destino di vittime che non potrai cambiare nemmeno con la violenza. I bambini e le bambine che la subiscono a lungo non guariscono, portando con loro una profonda negatività nei confronti degli altri e della vita. Paura, terrore, rabbia, possibile ripetizione sui loro figli di quanto abbiano subito nella loro vita di infanti maltrattati.

Così la sceneggiatrice e regista ci mostra come violenza porti violenza, moltiplicata e non umanizza troppo la sua vittima,che - sopratutto nel feroce e sublime finale- è carnefice crudele e totale.

Noi non possiamo che esser scossi da una simile visione radicale,forte, senza speranza e del tutto pessimistica. Anche se con vistosi buchi di sceneggiatura, personaggi non sfruttati al massimo,per lasciare spazio assoluto a Neve, l'opera è importante e da vedere per il modo ambiguo,freddo,crudo e spietato usato dalla regista per mostrare uno dei grandi drammi che da sempre accompagnano la vita dell'uomo- non è che i bambini o bambine siano violentati solo oggi e in questa epoca, il Male assoluto  e normalizzato nella pratica quotidiana esiste. La violenza psicologica delle madri sui figli e quella materiale e sessuale dei padri sulle figlie è un retaggio che si perde nella notte dei tempi.
Un film che per fortuna non gioca con il genere horror, non strizza l'occhio allo spettatore,ma unisce realismo massimo di ripresa ad esplosioni di rabbia e violenza paranormale,che però sono molto ben inserite nel contesto dell'opera

Il tutto con un'ottica femminile,cosa che ci rammenta come ci sarebbe ben più bisogno di professioniste donne , per salvare il genere dal cattivissimo e sciatto gusto delle tette e frattaglie un tanto al chilo.
Il genere horror è sovversivo,disturbante, ribelle, non è roba per ragazzini stupidi e laidi.

lunedì 17 febbraio 2014

LA FINE DEL MONDO di EDGAR WRIGHT

Doveva finire così? Tu, nel tuo negozio 10 ore al giorno,a guardare le macchine che vanno avanti e indietro,a far il simpatico e l'interessato per inerzia con tutti e tutte. Poi a casa, mangi,vedi un film, un giro su facebook e a letto.
Te lo ricordi il Rock'  N' Roll? Te lo ricordi l'idea di vivere ogni notte come fosse eterna? No, mi sa che non reggeresti oltre alle 23. E quindi ? Si cresce. Ti basti come scusa.

Ma la scusa non basta. Quasi mai. Così ti viene in mente di radunare i vecchi amici,e riprendere il discorso dove si era interrotto anni prima. Le Grandi Imprese della Gioventù, senza la Gioventù,sono solo ridicole e patetiche cazzate. Essere titanicamente stupidi a 20 anni, è quasi un obbligo morale. Vi è una feroce e sanissima idiozia, quasi rivoluzionaria. L'aveva capito benissimo anche Lars..Volete che parliamo di Von Trier per un po'? No? Ah,si ...Devo parlarvi di..Coso, dai quello grasso e il biondino - quindi non è più coso,ma dei cosi- ecco: Simon Pegg e Nick Frost. Che tornano, per concludere la trilogia del Cornetto, a lavorare con quella sagoma di Edgar Wright.  Dopo i morti viventi e il cinema action-poliziesco, ora si occupano di fantascienza in salsa invasione di razza aliena,stile le invasioni degli ultracorpi e post apocalittico.


 

Gary King a venti anni voleva dominare il mondo, insieme con i suoi quattro amici, voleva lasciare un'impronta indelebile sul flaccido culo della umanità per bene e normale. Voleva essere speciale, e quindi oltre le regole. E voleva finire il miglio d'oro. Il mitico giro dei 12 pub della loro sonnolenta città.
Ma come ironicamente la vita ci insegna ogni giorno, non è detto che ti riesca di realizzare i tuoi sogni. E così il basso,la chitarra, la batteria,il pianoforte o la tua stramaledetta voce, non ti hanno aiutato a dominare il mondo,ma a esserne dominato tra la futile nostalgia e l'invadente rimpianto. E ti racconti delle grosse,amare,ma necessarie e fondamentali bugie: " che belli i nostri tempi! Quanto eravamo mitici! Che leggenda e che cose assurde ho detto e fatto! " Ma sveglia bella mia, queste cose le dicono e pensano tutti.
Solo che gli altri hanno lasciato quel momento meraviglioso che è la giovinezza alle spalle e sono cresciuti. Sono uniformati, conformisti,sono tutti uguali? Forse,ma a che è servito rimanere prigionieri dell'eterna giovinezza?

In ogni caso Gary King , detto The King, cioè il destino nel cognome, ha questo grandissimo obiettivo : ora porterà i suoi amici a fare il giro dei pub. Così va a prenderli uno alla volta e li convince,anche con disdicevoli inganni, a seguirlo.
 Così quello che sembra un normale viaggio, un ritorno mitico alla spensieratezza adolescenziale, si risolve in una battaglia contro una misteriosa forma di vita aliena che vuole impossessarsi della terra.


Pegg e Wright concludono con sottili note di malinconica amarezza,la loro trilogia. Mi par un film che necessiti un secondo passaggio per coglierne meglio certe sfumature velate,quasi impercettibili eppure presenti
Il discorso di rielaborazione dei generi si impreziosisce con una visione abbastanza originale del buddy movie, e delle rimpatriate, miscelato con la fantascienza e la fine del mondo. Il tutto insaporito da tanta sana ironia,e una sottile,ma penetrante amarezza in sottofondo.

Gary non è cool , non è un personaggio positivo, Gary è il simbolo di questa mia non generazione che impreparata a vivere e combattere in questo mondo. Così pateticamente insceniamo la nostra eterna gioventù. Ti ricordi questo e quello, che belli i nostri film- e da qui parte la letale sindrome dei goonies eh-insomma tutte quelle cose che a me fanno girare le palle. Perchè sono felicemente imborghesito e mi piace.vivere anno dopo anno l'età che ho. E coglierne le cose belle che mi offre. Come ad esempio il modo profondo e maturo di vivere i sentimenti. Non ho bisogno di rifugi, di aneddoti del passato e dei goonies. No.




L'abilità della storia e della regia, vengono notevolmente impreziositi da un gruppo fantastico di attori. . Tutti ben caratterizzati e tutti con spazio di malinconica riflessione sul tempo che passa. Bravissimi davvero tutti,ma per me spicca l'Andy di Nick Frost. Una interpretazione diversissima rispetto alle precedenti della trilogia, più ponderata, seria , controllata,per poi esplodere durante le sequenze d'azione , che non mancano e sono bellissime.

Quello che balza alla mente però, ripeto, è l'amarezza di fondo e la consapevolezza finale. Ripetere per rassicurazione i gesti quotidiani del prima, comprendere di essere dei disadattati e vagare nel nuovo mondo con nuovi amici che ci rammentano quando eravamo giovani e volevamo dominare il mondo, scoprire e avere il grande e unico amore e viverlo fino in fondo,ognuno fa quello che può e come può

Un dolce addio, un risveglio brusco forse. Ma questa è la vita che ci attende , che tocca a tutti. Bloccare il tempo e mitizzare eccessivamente quello che dicevamo e facevamo è sbagliatissimo,invecchiare male , costretto a vivere una vita che non vogliamo è lo stesso. Con invasione o meno di alieni , con o senza il giro dei pub.

Ma è dolce e giusto rendersi consapevoli di questo in compagnia del buon cinema, dei cari amici,e di tanta tanta tanta tanta tanta birra. Perchè va bene che odio i goonies,et, gli action degli anni 80, la girella e la sua morale,ma ragazzi sappiate che quando avevo 20 anni mi chiamavano Gola D'Amianto eh!
Chi mi accompagna a fare il miglio d'oro?

IL PRANZO DI FERRAGOSTO di GIANNI DI GREGORIO

Solo per il fatto che a produrre ci fosse Matteo Garrone,per me , questa pellicola meriterebbe massima attenzione. Come al solito però, al tempo della sua uscita io non trovai nessuno con il quale andar a vederla.. Quindi aspettai la sua uscita in dvd.

La storia è semplice: Gianni è uno scapolo, un po' scapestrato, non si capisce bene che lavoro faccia, in perenne debito con l'amministratore del condominio. Vive con l'anziana madre, probabilmente un tempo era anche gente di un certo prestigio,oggi sono come tutti gli altri: incasinati.
L'uomo si trova costretto a far un favore al laido amministratore che in cambio del pagamento  da parte sua dei debiti di Gianni con il condominio, gli affida la madre Alla quale si aggiunge la zia Maria. Così l'uomo può andarsene con la giovane e puttanesca amante.
Come se non bastasse alla comitiva si aggiunge un'altra donna di una certa età: la madre del suo medico.




Un film che fa della sua fragilità la sua maggiore forza. Pare infatti un film che non dica o mostri nulla,tutto inserito in un discorso di massimo realismo quasi decorativo,e privo di denuncia,ma è in sostanza un buon film sulla vecchiaia e la solitudine.
Senza drammi, senza didascaliche soluzioni melodrammatiche,eppure questa pellicola ha una splendida sceneggiatura, una regia attenta e un cast notevolissimo.

Gli altri scappano con le amanti,sono in giro a godersi le vacanze,a godersi la vita. E Gianni? Lui è un tizio che vive come meglio può. Non benissimo,non malissimo. Uno dei tanti, appartiene alla categoria degli invisibili e di quelli che in un modo o nell'altro si arrangiano.



Un bambinone,potremmo definirlo , che ad oltre sessantanni è ancora in casa con la madre ,alla quale lo unisce un rapporto profondo,ma non morboso. C'è invece tanta sana tenerezza, basti vedere l'inizio con l'uomo che legge all'anziana donna I Tre Moschettieri.
Ed è la tenerezza unita a una sottile e soffusa malinconia ed amarezza,il punto di forza del film.
Ci viene mostrata da una parte una bellissima città come Roma  deserta per il ferragosto. E dall'altra quelli che sono rimasti: in poche parole gli emarginati. Quelli che per mille ragioni non si possono permettere lo svago,la partenza,l'altra vita che nasce e muore nello spazio delle ferie.
Le anziane sono trattate con sommo rispetto e distacco affettuoso. Non sono risparmiati affatto gli acciacchi, i capricci, gli screzi, dovuti all'età non certo facile e tra le migliori,ma nemmeno si cerca il patetismo lacrimoso e il ricatto emotivo. Sono Persone, e da tali vengono trattati e trattate.



Non mancano i ricordi, i divieti per badare alla salute che vengono snobbati, l'imbarazzo dell'uomo per tenerle in casa, un finale che potrebbe risultare anche un tantino cinico, come cambiare idea per un mazzetto di danaro,ma c'è anche l'accoglienza, la cura dell'altro, l'attenzione verso chi è comunque solo o in difficoltà.
Un piccolo grande film,che dura poco più di un'ora,ma che ci spinge a riflettere,a divertirci,a pensare alla vecchiaia e alla solitudine di tanti che magari si faranno chiamare single,perchè suona figo, ma in sostanza sono soli. Molto soli.