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lunedì 18 settembre 2017

BABY DRIVER di EDGAR WRIGHT

In questa scena c'è tutta l'anima di un prodotto che rende omaggio al tema del "movimento", non inteso come gruppo di persone che ci hanno il super potere di romper il cazzo alla kasta, ma proprio il movimento fisico di macchine e di quella meravigliosa macchina che è il corpo umano. Vi è sempre una costante tensione, scatti, balli, la macchina da presa è protagonista assoluta, insieme al montaggio e alla colonna sonora.
Come è stato ben scritto in altri luoghi, il cinema del regista inglese è un inno al ritmo, tanto che anche i momenti di maggior rilassatezza, non sono altro che una preparazione per qualcosa di adrenalinico, spettacolare, travolgente, pronto a ed esplodere sullo schermo.
Cinema futurista in un certo senso, visto che la velocità era alla base anche di quel movimento, e rieccoci da capo, del secolo e millennio scorso. Chiaramente questo è un mio tentativo a cazzo di dar maggior spessore artistico alla pellicola, mi diverto così! In ogni caso, rimanendo anche sui terreni più profani di una semplice visione da spettatore indisciplinato, dobbiamo ammettere che Wright ha la statura dei grandi autori del cinema di genere
Apro una piccola parentesi: possiamo definire autore un tizio che gira horror, action, polizieschi ecc..ecc.. Risposta: si. Anzi nel mondo del genere, letterario e cinematografico, certe differenze saltano clamorosamente agli occhi.  Wright ha un carisma, una visione del cinema, un modo di metter in scena le sue idee,  assolutamente riconoscibile , figlio del miglior cinema di genere americano, ma rielaborato con ironia, personaggi, ritmo assolutamente moderno. Non c'è mai quel citame sto cazzo, tipico di molto pessimo cinema post tarantiniano, ma la citazione serve per costruire un passaggio, una trovata, assolutamente originali. Seppure , il suo cinema, sia profondamente legato alle regole  e le segui con rispetto. Non tanto ribaltando o trasgredendo o rimanendo ancorati in un nostalgismo odioso, ma aggiungendo, aggiustando, spostando la regola un po' più avanti, azzardando.
Baby Driver non è, sulla carta, un film innovativo.
La storia l'abbiamo vista diverse volte, ha alle spalle opere imperdibili come : Driver di Walter Hill o Drive   di quel tizio che per aver un po' di notorietà deve prendersela col mansueto e pacifico Lars, per non parlare di tantissimi altri film che bene o male affrontano questo tema: giovane uomo con trauma nel passato o anche senza, fa l'autista per una banda di criminali, fino a quando l'amore lo porterà a ribellarsi al crimine.
Più o meno questo succede anche in questa pellicola: Baby è traumatizzato per via della morte della madre. Un giorno commette uno sgarro nei confronti di un boss della mala, così deve lavorare per lui fino a quando non avrà estinto del tutto il debito. Nel mentre si innamora di una donna e....
Come vedete niente di nuovo o particolare, ma a me non frega un cazzo della novità. Trovo interessante "come" si possa narrare un canovaccio, una storia già sentita e vista. Tutto qui.
Wright compie il miracolo di citare Hill, ma non did voler essere Hill. Per cui rende la colonna sonora parte determinante della storia, il protagonista soffre di un disturbo alle orecchie per cui al fine di non sentire un fastidioso fischio si spara la musica a palla,  spiazza lo spettatore convinto di uno scontro all'ultimo sangue contro il folle Pazzo, un ottimo Jamie Foxx, o contro il suo boss e invece inaspettato è il suo nemico finale, ribalta quindi i rapporti tra i personaggi, portando una piccola novità senza sottolinearlo mille volte. I suoi personaggi, all'apparenza stereotipati e "scontati", sono in sostanza maschere funzionali, ma dotati di caratteristiche precise che li elevano dalla media. C'è cura anche nella scrittura, quindi, certo sottoposta al montaggio, alla musica, ma non manca una storia e personaggi comunque interessanti.
Trovo anche che la love story e la presenza del tenerissimo rapporto tra Baby e il padre adottivo, un vecchio nero sordo e semi paralizzato, sia portato in scena davvero molto bene, tra romanticismo, dolcezza, e tensione sottile.
Insomma: capolavoro o no? Semplicemente grande, grandissimo cinema.

lunedì 17 febbraio 2014

LA FINE DEL MONDO di EDGAR WRIGHT

Doveva finire così? Tu, nel tuo negozio 10 ore al giorno,a guardare le macchine che vanno avanti e indietro,a far il simpatico e l'interessato per inerzia con tutti e tutte. Poi a casa, mangi,vedi un film, un giro su facebook e a letto.
Te lo ricordi il Rock'  N' Roll? Te lo ricordi l'idea di vivere ogni notte come fosse eterna? No, mi sa che non reggeresti oltre alle 23. E quindi ? Si cresce. Ti basti come scusa.

Ma la scusa non basta. Quasi mai. Così ti viene in mente di radunare i vecchi amici,e riprendere il discorso dove si era interrotto anni prima. Le Grandi Imprese della Gioventù, senza la Gioventù,sono solo ridicole e patetiche cazzate. Essere titanicamente stupidi a 20 anni, è quasi un obbligo morale. Vi è una feroce e sanissima idiozia, quasi rivoluzionaria. L'aveva capito benissimo anche Lars..Volete che parliamo di Von Trier per un po'? No? Ah,si ...Devo parlarvi di..Coso, dai quello grasso e il biondino - quindi non è più coso,ma dei cosi- ecco: Simon Pegg e Nick Frost. Che tornano, per concludere la trilogia del Cornetto, a lavorare con quella sagoma di Edgar Wright.  Dopo i morti viventi e il cinema action-poliziesco, ora si occupano di fantascienza in salsa invasione di razza aliena,stile le invasioni degli ultracorpi e post apocalittico.


 

Gary King a venti anni voleva dominare il mondo, insieme con i suoi quattro amici, voleva lasciare un'impronta indelebile sul flaccido culo della umanità per bene e normale. Voleva essere speciale, e quindi oltre le regole. E voleva finire il miglio d'oro. Il mitico giro dei 12 pub della loro sonnolenta città.
Ma come ironicamente la vita ci insegna ogni giorno, non è detto che ti riesca di realizzare i tuoi sogni. E così il basso,la chitarra, la batteria,il pianoforte o la tua stramaledetta voce, non ti hanno aiutato a dominare il mondo,ma a esserne dominato tra la futile nostalgia e l'invadente rimpianto. E ti racconti delle grosse,amare,ma necessarie e fondamentali bugie: " che belli i nostri tempi! Quanto eravamo mitici! Che leggenda e che cose assurde ho detto e fatto! " Ma sveglia bella mia, queste cose le dicono e pensano tutti.
Solo che gli altri hanno lasciato quel momento meraviglioso che è la giovinezza alle spalle e sono cresciuti. Sono uniformati, conformisti,sono tutti uguali? Forse,ma a che è servito rimanere prigionieri dell'eterna giovinezza?

In ogni caso Gary King , detto The King, cioè il destino nel cognome, ha questo grandissimo obiettivo : ora porterà i suoi amici a fare il giro dei pub. Così va a prenderli uno alla volta e li convince,anche con disdicevoli inganni, a seguirlo.
 Così quello che sembra un normale viaggio, un ritorno mitico alla spensieratezza adolescenziale, si risolve in una battaglia contro una misteriosa forma di vita aliena che vuole impossessarsi della terra.


Pegg e Wright concludono con sottili note di malinconica amarezza,la loro trilogia. Mi par un film che necessiti un secondo passaggio per coglierne meglio certe sfumature velate,quasi impercettibili eppure presenti
Il discorso di rielaborazione dei generi si impreziosisce con una visione abbastanza originale del buddy movie, e delle rimpatriate, miscelato con la fantascienza e la fine del mondo. Il tutto insaporito da tanta sana ironia,e una sottile,ma penetrante amarezza in sottofondo.

Gary non è cool , non è un personaggio positivo, Gary è il simbolo di questa mia non generazione che impreparata a vivere e combattere in questo mondo. Così pateticamente insceniamo la nostra eterna gioventù. Ti ricordi questo e quello, che belli i nostri film- e da qui parte la letale sindrome dei goonies eh-insomma tutte quelle cose che a me fanno girare le palle. Perchè sono felicemente imborghesito e mi piace.vivere anno dopo anno l'età che ho. E coglierne le cose belle che mi offre. Come ad esempio il modo profondo e maturo di vivere i sentimenti. Non ho bisogno di rifugi, di aneddoti del passato e dei goonies. No.




L'abilità della storia e della regia, vengono notevolmente impreziositi da un gruppo fantastico di attori. . Tutti ben caratterizzati e tutti con spazio di malinconica riflessione sul tempo che passa. Bravissimi davvero tutti,ma per me spicca l'Andy di Nick Frost. Una interpretazione diversissima rispetto alle precedenti della trilogia, più ponderata, seria , controllata,per poi esplodere durante le sequenze d'azione , che non mancano e sono bellissime.

Quello che balza alla mente però, ripeto, è l'amarezza di fondo e la consapevolezza finale. Ripetere per rassicurazione i gesti quotidiani del prima, comprendere di essere dei disadattati e vagare nel nuovo mondo con nuovi amici che ci rammentano quando eravamo giovani e volevamo dominare il mondo, scoprire e avere il grande e unico amore e viverlo fino in fondo,ognuno fa quello che può e come può

Un dolce addio, un risveglio brusco forse. Ma questa è la vita che ci attende , che tocca a tutti. Bloccare il tempo e mitizzare eccessivamente quello che dicevamo e facevamo è sbagliatissimo,invecchiare male , costretto a vivere una vita che non vogliamo è lo stesso. Con invasione o meno di alieni , con o senza il giro dei pub.

Ma è dolce e giusto rendersi consapevoli di questo in compagnia del buon cinema, dei cari amici,e di tanta tanta tanta tanta tanta birra. Perchè va bene che odio i goonies,et, gli action degli anni 80, la girella e la sua morale,ma ragazzi sappiate che quando avevo 20 anni mi chiamavano Gola D'Amianto eh!
Chi mi accompagna a fare il miglio d'oro?