martedì 31 dicembre 2019

Riflessione Indisciplinata 2019

Certo mi rendo conto che il 30 dicembre le persone si aspettino una classifica di almeno dieci film, anzi i 10 migliori film del 2019.
Hanno ragione, non lo nego. Le classifiche servono a far il punto su quanto abbiamo visto e spesso sono strumenti che ci aiutano a scoprire un'opera che ci era sfuggita.  Io amo le classifiche e per fortuna non sono uno di quei rompicoglioni che devono far gli alternativi a tutti i costi, per cui perdono tempo a criticare chi stila la sua discutibile, opinabile, classifica d

i fine anno.
Tuttavia questo anno ho intenzione di dedicare maggior spazio non alle singole pellicole, ma a un genere che in questo anno ha dato buoni frutti (parlo del genere horror) e, per ciò che concerne il cinema italiano, il genere in senso un po' più ampio. Nulla di epocale e rivoluzionario, ma un piccolissimo passo in avanti, che forse non darà nessun frutto oppure è l'inizio di qualcosa che non siamo ancora in grado di comprendere o analizzare.
Comunque il 2019 è stato un anno in cui la sala cinematografica è stata al centro delle vite di mia moglie e del sottoscritto. Abbiamo visto molti film, pochi i "capolavori", molti i validi film medi, qualche roba davvero brutta o trascurabile. Sul mio profilo Facebook metterò i titoli dei film che mi sono piaciuti in modo particolare e quelli che ho trovato di una bruttezza o pochezza assoluta..Qui voglio dedicare maggior spazio a pellicole che hanno avuto la forza e il coraggio di portare avanti un discorso autoriale nel genere o di sfacciata dichiarazione di appartenenza al cinema di serie b puro. Io penso che l'horror sia tra i generi quello in maggior grado di definire un'epoca e le sue contraddizioni. Guardando una pellicola dell'orrore veniamo immediatamente catapultati all'interno di un sistema sociale ben definito, carico di metafore e allegorie sul nostro vivere quotidiano. La valenza politica del genere non l'ho certo scoperta io codesta mattina, come quella esistenzialista. Da sempre i film di paura e sangue si rivoltano contro il conformismo repressivo delle società moderne oppure investigano nella zona oscura di ogni individuo. Certo non mancano nemmeno opere fatte per spaventare e intrattenere, a mio avviso anche questa è una scelta "politica", che se fatta bene è anche lodevole.
Per cui andiamo al sodo e parliamo di cinque pellicole straniere e cinque italiane  legate al cinema di genere che ho amato tantissimo durante questo anno.
1) Us J.Peele
Il genere horror politicizzato, radicato nell'identità sociale dei protagonisti, la conquista degli afro americani di un posto ben visibile nel mondo bianco e possibilmente dignitosamente benestante. Us è l'opera di un grande autore che partendo da considerazioni legate alla sua gente e al problema razziale in America, amplia di molto il punto di vista della critica sociale e politica. Un'opera potente e travolgente, che mi ha conquistato dopo un primo film a mio parere non così bello come molti scrivono.

http://lospettatoreindisciplinato.blogspot.com/2019/04/

2) Midsommar  di Ari Aster.
Tanto Peele punta il dito sulla società e le dinamiche politiche, quanto Aster usa il genere per indagare sulle zone d'ombra e il mal di vivere dell'individuo. Anche in questa meravigliosa opera seconda si parte da un lutto, ma approdare in altri territori e con altre intenzioni. Trovo che l'opera vada vista insieme al bellissimo film fantascientifico di James Gray, Ad Astra, perchè reputo che entrambe le pellicole affrontino un tema comune: essere vittime di relazioni tossiche, cioè quei rapporti basati su dipendenza psicologica ed evidente rapporto di potere e forza che un compagno o un genitore applica sulla compagna o il figliolo. Certo è un azzardo accostare due pellicole di generi e intenti diversi, ma questo elemento l'ho trovato affine. Anche la sofferta e dolorosa liberazione mi è parsa abbastanza simile. Ritornando all'opera di Aster, il regista riprende e rielabora in modo superbo il sottogenere Folk Horror, ma lo gira come se fosse un film di Bergman. Un'opera girata quasi tutta alla luce del sole (svedese poi, una rarità) perchè l'orrore non si nasconde mai, è sempre visibile, siamo noi che chiudiamo gli occhi di fronte ad esso. Metafora di una società di individui che non vuol accettare la sofferenza e il dolore, li allontana, nasconde, fa finta di non vedere, e per questo destinata a soccombere, a esser sacrificata, mentre la presa di coscienza di esso - del dolore- ci porta alla catarsi, alla redenzione, a una nuova rinascita, in quanto lo abbiamo affrontato e sconfitto.

3) Border di Ali Abbasi
Film che rielabora la figura del Troll attraverso l'affermazione di sè, della propria reale natura equilibrata con la gratitudine, l'empatia verso l'altro. La storia racconta di una donna che lavora come agente di pubblica sicurezza all'aeroporto, se non erro, costei usando il suo fiuto riesce a scoprire passeggeri che cercano di imbarcare materiale vietato o che hanno qualcosa da nascondere. La protagonista vive una vita non proprio edificante o allegra, convive con un tipo che la sfrutta, comprende che il padre gli nasconde qualcosa, non ha amicizie. Fino quando si imbatte in un altro Troll, che vive libero e selvaggio, dominato dall'odio per gli esseri umani. Horror che punta molto sull'aspetto psicologico, sulle atmosfere, per riflettere sulla condizione degli emarginati nella nostra società progressista a parole e non tanto nei fatti.

4)Crawl di Alexandre Aja

Non amo molto il cinema di questo regista. Il suo Piranha è un monumento alla scemenza superato solo dal seguito. Tuttavia questo film mi è garbato molto. Puro genere basato su una storia semplice e personaggi funzionari all'azione, ma scritti abbastanza bene, per cui partecipi per loro e ci tieni che si salvino. L'opera mescola il disaster movie a base di uragani col filone degli animali feroci e affamati con un pizzico di dramma famigliare. Certo qui il rapporto complicato tra padre e figlia non è così determinante come in altre pellicole, ma non è  nemmeno descritto a cazzo di cane. A proposito di cani, impossibile non innamorarsi della cagnetta che compare in questo buonissimo film di puro genere.

5)Doctor Sleep di Mike Flanegan
Il buon Flanegan è a mio avviso forse l'autore popolare più interessante della sua generazione.
Scrivo popolare in quanto pur trattando temi importanti e scomodi, spesso legati a famiglie disfunzionali e con drammi luttuosi o di dipendenza, cerca sempre di essere comprensibile per tutti gli spettatori. Nelle sue ultime opere è subentrato anche un bisogno urgente e sentito di dolcezza, tenerezza, comprensione. Una sorta di pacificazione personale, forse, questa cosa potrebbe sembrare un modo di cercare il consenso delle masse, potreste anche accusarlo di buonismo, questa parola che non vuol dire nulla ma piace tanto ai pirla, in realtà Flannegan usa il genere horror per raccontare il dolore, la perdita e di come affrontandolo, ricordandoci di essere persone vulnerabili ma capaci di reagire, sia possibile, se non sconfiggerlo, conviverci insieme.  Questo film è stato stroncato da molti e di scarso successo economico, è in realtà l'unica e vera ottima rielaborazione di un romanzo di King, vale mille volte quella cosa insulsa e inconsistente che è It cap. 2 (non che il primo fosse migliore anzi) e ci offre una villain che rimarrà a lungo nella nostra mente.
http://lospettatoreindisciplinato.blogspot.com/2019/11/doctor-sleep-di-mike-flanegan.html

Vi scrivevo prima di cinema italiano legato al genere, ora è venuto il momento di dar spazio alle pellicole che mi son garbate assai durante questo anno. Anche qui non manca l'horror, certo siamo sempre a livelli di una manciata di pellicole, ma è infantile pensare al grande ritorno se prima non costruisci con fatica la strada per arrivare a dominar il mondo. Vale sia per il cinema di genere italico che per il bolscevismo di ritorno, eh!
Comunque noto una cosa davvero buona, anzi più di una, per quanto siano un numero basso o bassissimo, gli autori di queste opere sono tutti molto professionali e non abusano della citazione o peggio ancora della nostalgia canaglia per un periodo eccessivamente mitizzato. Cosa che nel mondo indie a volte fatica a scomparire, ma perché si pensa di essere artisti, tarantini del bar sport con qualche santone mediatico che applaude queste cazzate. Però questi tempi paiono scomparire, e infatti le opere validissime non mancano. Film che hanno la forza di essere autonomi rispetto alla leggenda di un passato glorioso e che cercano di dire qualcosa di personale.
1) Go Home.A casa loro di Luna Gualano.
L'immigrazione è l'ultima spiaggia dei miserabili che non avendo il coraggio di distruggere la casta di capitalisti e cialtroni che ci governano da trenta e passa anni, se la prendono con gli ultimi. Arrivando a credere alle cazzate dei 35 euro, o che Soros faccia gettare in mare dei bambolotti per far chissà cosa non è dato sapere, meglio così. Questo film tratta l'argomento attraverso la più classica delle apocalissi zombi. Lo fa, però, da un punto di vista particolare e inedito, quello di un fascista.
Il giovane di estrema destra per salvar la pelle dovrà rifugiarsi in un centro di prima accoglienza e qui confrontarsi con gli esseri umani che ci vivono. Opera pessimista, radicale, diretta benissimo dalla regista e con una sceneggiatura di ferro che mette al centro le dinamiche e le contraddizioni del nostro mondo occidentale. Un film politico che narra l'orrore o viceversa la conferma che il genere è il linguaggio migliore per parlar di certe cose. Sopratutto pur essendo un film girato con pochi soldi non ha quell'aria improvvisata, dilettantesca ma con tanto impegno di altre pellicole.
http://lospettatoreindisciplinato.blogspot.com/2019/07/go-home-casa-loro-di-luna-gualano.html

2)The Nest di Roberto De Feo.
Un film gotico? Un racconto straziante e feroce sul significato di amare e vivere? Tutto questo e molto di più. The Nest per me è il miglior film del 2019, in coppia con Cafarnao splendido film libanese,  la precisione con cui sono descritti i personaggi, le loro motivazioni ed azioni, la riflessione per nulla banale su quali siano i confini per difendere una persona cara, me l'hanno fatto amare profondamente. Anche in questo caso ottima la regia. Non frenetica, ma nemmeno fastidiosamente estenuante, il film segue il ritmo dei personaggi e dei loro stati d'animo. Finale bellissimo e sconvolgente.
http://lospettatoreindisciplinato.blogspot.com/2019/08/the-nest-il-nido-di-roberto-de-feo.html

3)Il Signor Diavolo di Pupi Avati.
Opera stroncata quasi da tutti, forse anche a ragione. Ma a me è garbata, un ritorno al gotico padano e a quella visione certo oscurantista e conservatrice, tipica di certe zone italiane, che a me affascina e non poco. Certo il romanzo è imperdibile e miglior del film, ma vale una visione.
4) Gli uomini d'oro di Vincenzo Alfieri.
Lo avevo confuso con la solita commedia italiana che gioca con il genere. Per cui tante gags strizzando l'occhio ai Soliti Ignoti. Invece è un bellissimo e a suo modo commovente heist movie, un film su una rapina, un furto ai danni delle poste italiane. Basato su una storia vera, il film mette in evidenza la regia di Alfieri, ottimi movimenti della mdp e uso delle musiche davvero suggestivo. Punta di forza è chiaramente il cast, tutti bravissimi ma un plauso va a un immenso Fabio De Luigi, serissimo e bravissimo.
http://lospettatoreindisciplinato.blogspot.com/2019/12/gli-uomini-doro-di-vincenzo-alfieri.html
5) Cinque è il numero perfetto di Igort
A noi piace perder tempo dando spazio a polemiche noiose. In questo fumettari e nerd non sono secondi a nessuno. Delle vere e proprie macchine da guerriglia del come rompere i coglioni all'universo mondo.
Peccato perché questo magnifico noir meritava di esser visto, amato, e fatto conoscere.  Tratto da una graphic novel dello stesso regista, il film racconta di un killer della malavita napoletana a cui uccidono l'amatissimo figliolo, L'uomo si mette a indagare aiutato da pochissimi alleati, fino alla scoperta amarissima e crudele.
Opera che è pura meraviglia per gli occhi, si affida a un bravissimo e memorabile Toni Servillo, ma chi rimane impresso è senza ombra di dubbio un Buccirosso inedito, in un ruolo ricco di sfumature.


Ecco questi sono i film che mi hanno conquistato durante il 2019. Anzi i film di genere. Per gli altri vi rimando a Facebook
Buon capodanno e un augurio di un ottimo 2020



domenica 1 dicembre 2019

Gli uomini d'oro di Vincenzo Alfieri

Forse ho una visione distorta della realtà, ma ultimamente noto che qualcosa si stia muovendo all'interno del cinema italiano. In particolare mi par di percepire una certa voglia di tornare al genere, a pellicole che si allontanano dalla commedia o dal rigoroso cinema d'autore, per scoprire il piacere di far cinema per masse, proponendo horror, melodrammi sportivi, film di super eroi, opere storiche. La cosa che apprezzo è sopratutto la grande professionalità con cui queste opere vengono fatte e presentate. Il problema è sempre quello di trovar persone ossessionate dal cinema di genere italico degli anni 70, fin troppo sopravvalutato e santificato in blocco, per cui non capendo la lezione di Tarantino, si pensa che bastino le citazioni, le frasi ad effetto e personaggi stravaganti per far cinema di genere. Come sempre gli alternativi e ribelli a cazzo di cane fanno danno al cinema, pensando per di più al genere come un tipo di cinema tanto popolare ma chissà perché anche di nicchia. La loro passione è assolutamente borghese, il loro ribellismo stesso è solo scontro generazionale e un vago esser contro il sistema.
Queste nuovi film invece non hanno paura di esser prodotti fatti anche per incassare, ma sopratutto sono fatti bene, senza quella cialtroneria che ha rovinato il cinema di genere italico, Cioè produzioni indecenti,  proposte fatte passar per cose che non erano,  sciatteria generale.
Oggi abbiamo ottimi film come questo "Gli uomini d'oro" che sono veri e propri prodotti di genere senza nessuna sciocca nostalgia per il passato e con una loro precisa anima, dimensione, identità.
Il film sfrutta un cast rinomato e molto amato dal pubblico generalista italiano, il che ci porta a credere che sia una commedia magari con robuste incursioni nell'azione ( e la paura che sia una cosa orrenda come Ma che ti dice il cervello?) legata comunque a tempi comici, uno sguardo affettuoso verso i perdenti,.
Invece questo film di Alfieri ci spiazza proprio per la grande amarezza, durezza del racconto.  Tratto da una storia vera che fece scalpore negli anni 90, tanto da esser alla base di un altra ottima pellicola : Qui non è il paradiso di Gian Maria Tavarelli, ci viene narrata il furto da parte di alcuni  trasportatori delle Poste del denaro che ogni giorno prelevano e depongono in un giro alienante e senza un momento avulso dalla noia di ripetere sempre gli stessi percorsi, gesti, mentre tutto quel denaro potrebbe cambiare per sempre la vita di ognuno di loro.
Luigi è un napoletano che proprio non riesce a vivere nel tetro nord sempre plumbeo e freddo. Torino è una trappola, vorrebbe solo partire per il Costa Rica e vivere alla grande. Avise è il suo collega, nordico, taciturno, scontroso, chiuso, L'uomo soffre di gravi problemi cardiaci, ha una famiglia a cui vorrebbe dar di più, tanto che fa tre lavori pur di mantenere un livello di vita decente. Infine c'è Il Lupo, un pugile di scarsa fortuna, titolare di un pub, in cui lavora Avise, costretto a picchiare la gente per conto di uno strozzino ( uno straordinario Gian Marco Tognazzi attore che di film in film sta davvero crescendo molto).
Il loro desiderio di uscire da una vita mediocre, la paura di non lasciar traccia alcuna, la voglia di far la bella vita piena di beni materiali e di consumo, li spinge a organizzare una rapina. Luigi e Avise ruberanno il denaro che ogni giorno trasportano.
Hanno obiettivi e motivazioni radicalmente diverse, li unisce solo la rabbia e la scontentezza per come campano  e tirano avanti.
 Tutta la parte dela rapina è girata benissimo: ritmo serrato, tensione crescente, ottima prova del cast.  Però la cosa che a me piace assai è la totale mestizia con cui si narra la loro storia, Nessuna redenzione, nessuna vita meravigliosa, niente che possa dar soddisfazione. Come se l'uomo non avesse altro conforto che nell'accettazione di quello che ha e di quello che può fare, non "vuole" fare o peggio ancora essere.
Il sogno non appartiene a questo mondo.
Gli attori sono molto affiatati e convincenti, ma è sopratutto Fabio De Luigi la sorpresa. E che meravigliosa sorpresa.
Siamo abituati a conoscerlo come comico ( io lo adoro fin dai tempi di Mai dire goal) ma al cinema ha interpretato opere perlopiù dimenticabili - anche " Metti la nonna nel frigo" era una commedia notevole- qui dimostra di esser bravissimo in un ruolo serissimo, doloroso, capace di lucida rabbia. Un perdente privo di quel glamour che tante volte troviamo nei nostri film. Avise è un uomo chiuso in una disperazione totale, che ama la sua famiglia ma è ossessionato, in modo distorto come succede con le ossessioni, dalla paura di non esser abbastanza per la famiglia, di non dar una vita ricca e sicura.
De Luigi riesce con poche espressione, parole trattenute a stento, rabbia esplosiva a commuoverci e provare anche avversione per esso.
 Non sono da meno gli altri interpreti, da Giampaolo Morelli, che ci commuove per la bontà e allegria del suo Luigi, un uomo che ama la vita, le donne, non vuole impegnarsi in niente, ma è buono e vuole solo divertirsi esser padrone del suo tempo. Edoardo Leo dipinge il suo Lupo come un uomo che vive di violenza ma è anche debole, incapace di gestire una relazione con una donna troppo libera, vive con pochi sogni ed è costretto a lavorare per uno strozzino. Leo riesce a farci percepire la tristezza e la mancanza di prospettive di questo personaggio.
Alfieri dal canto suo è un ottimo regista. Riempie il film di inquadrature non banali, raffinate e molto estetizzanti, ha un grande senso del ritmo e sa come scrivere dei personaggi che non sono mai macchiette ma persone vere.
 Lodevole l'uso delle musiche legate alle immagini. In poche parole questo è un validissimo, meraviglioso film che non dovreste lasciarvi scappare se amate le opere di puro genere.