lunedì 28 luglio 2014

GORBACIOF di STEFANO INCERTI

Io credo che come essere umano sia anche naturale odiare. Si provare un profondo astio nei confronti di persone che con la loro vita e le loro azioni abbiano, a mio avviso , causato più guai e fetenzie rispetto al buono e al giusto fatto.
Gorbaciov è uno di questi. Una spia? Un traditore? Forse. Però che è arrivato dove è arrivato per via di un Pcus allo sbando. Nondimeno questo fatto non è e non potrà mai essere una giustificazione a difesa di codesto squallido individuo.
Con sottile ironia,quindi che ruolo dare a uno come iddu? Quello dell'imbroglione, del malvivente.
Quello che capita in questo piccolo,ma assolutamente buono film.




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Chiaro che non sia il vero Gorbaciov,ma un ragioniere del carcere in quel di Napoli, che per via di una vistosa voglia sulla fronte viene chiamato come il politicante russo.
Uomo che si divide tra lavoro, una bisca clandestina nel magazzino di un ristorante cinese, e una vita fatta di piccole e quotidiane noie. Non ha vizi, non ha passioni. A parte quella delle carte e di fare soldi. Ma per cosa? Nulla.
Fino a quando incontrerà l'unica cosa che possa radicalmente cambiare un uomo: L'amore.
Gorbaciof si innamora perdutamente della giovane figlia del titolare di quel piccolo ristorante cinese. La difende, le regala una giornata di allegria e libertà.
Ma il destino....



Il film di Incerti rilegge la classica regola del noir, con freddezza partecipativa. , con dolente empatia. Come se noi fossimo lo sguardo di un dio indebolito e rattristato per il destino delle sue creature. Sappiamo bene come andrà a finire,eppure il finale ci spiazza portando il Caso al centro delle decisioni finali. Sottolineato dalle bellissime musiche di Theo Teardo, la vicenda ci narra una città malata,indifferente,crudele,in cui nemmeno la Legge fa giustizia,anzi usa metodi criminali per piccole soddisfazioni. E solo una ragazza cinese , spaesata, ( non sa parlare italiano), è simbolo di una certa innocenza e candore. Traballante e debole, ma l'unico raggio di sole contro le tenebre di una città ormai condannata.




Il film richiama vagamente anche certe atmosfere malinconiche dei film polar francesi e dei film di hong kong, con l'eroe non proprio senza macchie che si riscatta difendendo i deboli,non manca quel tipo di potenziale alla pellicola,ma il regista saggiamente decide di raccontare i dettagli più insignificanti, di adottare uno stile glaciale e distante. Per sottolineare come queste vite non abbiano nulla di avventuroso. Ma tanta indifferente sofferenza e chiusura ai richiami del mondo, delle cose buone.
Servillo come sempre è impeccabile: pochi gesti, un tono di voce, uno sguardo perso, movimenti del corpo e ti consegna un personaggio riuscito.
Non parliamo di capolavoro,ma di un buon film capace di contaminare genere e influenze più indipendenti e autoriali.

domenica 27 luglio 2014

TUTTI I SANTI GIORNI di PAOLO VIRZI'

Talora mi capita di mettere sotto processo autori che sono stati comunque importanti per me. A volte , capita,  sento il bisogno di rivedere del tutto il mio rapporto con un dato regista. Analizzare, riflettere, criticare, smontare, quello che ha fatto.
Così, come è successo per Moretti ad esempio, ecco che qualche anno fa presi le distanze dal cinema di Paolo Virzì. La butta in caciara, filma caricature, tante ne dissi contro costui. Mi rammentavano che a me i suoi film erano sempre piaciuti, si ricordano di aver visto la VHS originale di Baci e Abbracci, a casa mia . In bella evidenza. Si,ma era deriva borghese e bla bla bla.

Tutto questo processo mi serve per verificare se poi un tal artista è diventato talmente importante da sentir il bisogno di riprendere il discorso interrotto, ricominciare a rientrare in sintonia.
Spesso capita, con qualcuno no.  Chiaramente con Virzì le cose sono andate bene.
Si, io amo il suo cinema.



Film che non considerai di striscio quando uscì al cinema,anche perché molti me lo giudicavano come opera minore, transitoria,debole. Quindi non mi presi mai la briga di dargli uno sguardo.
Sai quando ti rendi conto di aver fatto una cazzata? Ma non piccola eh! Grande e tanto. Eccola qui.
La pellicola in questione infatti è una commedia dolce amara assai interessante e riuscita. Un film fatto di sorrisi e lacrime, di amore . Sopratutto questo: tanto amore. E le difficoltà legate ai problemi che le coppie devono superare. In questo caso: la maternità e paternità. Visto che Guido e Antonia non riescono ad aver figli.
Imbarazzo generale di amici e famigliari, a volte forse anche immaginato, i due passano attraverso diversi interventi, cure, visite mediche, pur di mettere al mondo un figliolo.


Problema che si aggiunge ai tanti che vivono le coppie della mia generazione. La precarietà sul lavoro, o comunque una certa insoddisfazione legato ad esso, i rapporti con i genitori e famiglia tra sgangherata indipendenza e voglia di tornare all'ovile, il risveglio dai sogni di gloria,quando comprendi che la vita alternativa è un'utopia che stanca subito. Ma vorresti tanto stancarti in quel modo di stare ed essere al/ nel mondo. Il dover prendere responsabilità e conseguenze precise, la paura della solitudine, la difficoltà a portare avanti una relazione e coltivare le amicizie.

Guido è una persona meravigliosa. Come tanti uomini ama la sua donna. Come molti condivide un problema,cerca la soluzione,talora non comprende la complicata esistenza femminile con i loro tanti bisogni e non detti, e problemi di stima , ma lui è presente.Sempre,tanto che anche nel momento della crisi più acuta quando lei vorrà troncare ogni rapporto, lui farà di tutto per non abbandonare una relazione che non merita di finire. Di dissolversi.

Guido è un ragazzo, un uomo dolce e comprensivo. Ha una enorme cultura , che non è solo vezzo,ma un modo di vivere la sua vita, di leggere e riflettere sul mondo. Un uomo tranquillo, forse di quelli che vengono considerati dei pirla perché rispettosi, generosi, pronti a riflettere ,a discutere.

Lei , ( Antonia), avverte la distanza da un passato non del tutto risolto di ribelle senza causa, di musicista indie, di artista. Un rapporto difficile con la famiglia, sentita e vissuta come una prigione dalla quale evadere, tormentata dal suo non esser madre. Impulsiva, fragile. Bel personaggio





E questa è la forza assoluta di questo piccolo,grande film: i personaggi. Così umani, veri,reali, così ben scritti che io subito li ho visti come fossero amici miei. Mi sono lasciato coinvolgere da quanto capiti a loro. Il loro calvario alla ricerca di un figlio che non arriverà, l'amore in difficoltà per via di codesto problema, le diversità di carattere, gli scontri e la riappacificazione .Tutto descritto molto bene. Con sequenze meravigliose,( come il viso della donna che da sorridente diventa sempre più triste alla notizia del fallimento di una inseminazione artificiale, la litigata con la vicina di casa perché Antonia è stata fuori tutto il giorno con la figlioletta di costei), una sana e forte empatia nei confronti dei personaggi, una buona fotografia. Una Roma diversa,ma sempre viva .


Una commedia non sciocca, caciarona, televisiva, mostruosamente mediasettiana. Ma una commedia italiana fatta secondo tradizione, seppure girata come si deve fare cinema nel duemila.
Si affrontano temi seri, ma con una leggerezza che non è superficialità bensì attenzione e rispetto per i personaggi.
Una nuova prova che Virzì sia un grande regista. E io che cazzo ti criticavo a fare?

venerdì 25 luglio 2014

DOPPIA RECENSIONE A MOMENT TO REMEMBER di LEE JAE-HAN

Cosa significa ricatto morale? Un modo oggettivo per denunciare quelle pellicole che cinicamente abusano di buoni sentimenti e tragedie? Oppure l 'ennesima maschera da indossare per non dover confrontarsi con il dolore, i sentimenti, per paura di scoprirsi meno buoni, meno pronti a sostenere le difficoltà che certe situazioni possano crearci.

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Il cinema ha questo compito: porre lo spettatore di fronte al peso delle sue decisioni, e metter in scena i sentimenti e la loro potenza
Che potrà anche apparire eccessiva, imbarazzante,ma siamo noi che non siamo in grado di sostenerli. Perché amiamo a metà, quando va bene, legati a un'idea d'amore vivace,gioiosa,con un po' di sesso,ma fino a che vada bene a me. Abbiamo delle persone accanto che soddisfano questi desideri spicci.
Cosa succede poi quando arrivano i problemi ? E non dico quelli cercati e voluti dalle coppie , generalmente,ma quelli che son così grossi da dover accusare per forza il destino.



L'amore è più forte della malattia? Quanto basta per superare insieme i problemi che arriveranno?E se la nostra amata non dovesse più ricordarci? Se, in presenza nostra, ci dovesse chiamare con il nome di un ex e dirci ti amo, che potremmo fare? Come reagire?
Sono gli interrogativi che pone questo ottimo film coreano del 2004, riscritto e diretto più volte dal suo autore, come una sorta di ossessione nella quale aggiungere nuove soluzioni e profondità ai personaggi.
Tu, cara/o lettrice/ore, prendi una bella coppia di giovani. Lei figlia di un importante costruttore,che torna a casa dopo il fallimento di una relazione con un tipo sposato, lui un carpentiere dal passato non felicissimo. I due si incontrano, si amano, la vita pare sorrider a costoro.
Ma.. Eccolo, il solito,bastardo,odioso, ma: lei si ammala. Nonostante la giovane età, per una serie di problemi, alla ragazza viene diagnosticato l'Alzheimer. Una malattia odiosa, terrificante, che a me spaventa e non poco. Tanto che non vorrei mai ammalarmi in vecchiaia di questo male. Non lo reggerei. Perdere la memoria, non sapere più chi sono e le persone che amo. Cosa c'è di peggio? Nulla ,credo


Così sei trascinato dentro questo immenso dolore. Per fortuna il regista coreano se ne frega di apparire anti retorico,perché a differenza di certi supponenti francesi con la loro: pellicola tratta da storia vera 2.0, lui sa che di fronte alla malattia di una persona cara, ci si dispera. Si cerca la forza e per una volta che sei in cima 4 cadi e ti fai malissimo. Non è comprensibile e sostenibile che una giovane donna, ( e non una a caso,ma la tua, quella che ti ha ridato la gioia di vivere, di condividere ogni cosa della tua vita), possa ammalarsi e svanire sotto i nostri occhi e noi sparire nella sua memoria e quindi vita.

I due protagonisti sono fantastici perché si amano in un modo che nei nostri film occidentali, ma no! Film americani, per lo più è quasi impossibile-con i dovuti distinguo,sia ben chiaro- trovare. Così legati, puri nel loro sentimento e passione, così devoti al loro amore che davvero ti sembra una pena troppo grossa quello che capita a loro.



Lui cerca di fare tutto il possibile, ma è troppo difficile. Inoltre la storia principale ci fa scoprire anche il dolore degli altri, come quello del dottore che ha in cura la giovane donna.
Si passa dalla volontà di stare insieme alle difficoltà. E non si nasconde nulla. Non mancano i dialoghi pieni di amore e sofferenza per quello che capita, la gente piange e sta male come si piange e si sta male nella vita, ( tranne quelli che come facevo una volta io trattengono il dolore che così si deve fare,ma caro il mio vitali ma vedi di...), non mancano scene commoventi, toccanti.
Insomma è un film d'amore e dolore stupendo. Come stupendi siamo noi quando amiamo,soffriamo,senza aver paura di non essere abbastanza "forti"


Ed ora la recensione di Valentina


Ormai ne sono sempre più convinta: la cinematografia orientale (e coreana in particolare) rappresenta la nuova frontiera del cinema perché è una delle poche che ha ancora molto da dire e che sa perfettamente come dirlo.
Vi è nel cinema orientale ciò che noi occidentali abbiamo assolutamente perso, ormai da decenni. Gli orientali hanno ancora fiducia totale nel mezzo cinematografico come tramite per raccontare storie, coinvolgere, emozionare e stupire. Il cinema occidentale pare aver dimenticato che questi sono i motivi per cui è nato e sta andando sempre di più alla deriva verso un’omologazione che è figlia della natura commerciale che appare sempre più evidente nelle pellicole che vengono prodotte negli ultimi anni, tranne poche e rare eccezioni.
Ogni volta che vedo una pellicola come A moment to remember non posso fare a meno di pensare a quante sfumature meravigliose ci siano in un sentimento, quanto si riesca a comunicare con un semplice sguardo o un gesto, senza bisogno di grandi discorsi, di dichiarazioni d’intenti o promesse quasi sempre disattese. Quello che colpisce in un film del genere e che accomuna tutta la filmografia orientale è quanto poco ci sia bisogno di dare definizioni, di attribuire un nome alle cose. Noi siamo abituati ad incasellare tutto, a dare una spiegazione per ogni cosa, abbiamo bisogno di coordinate per non perdere la direzione, per non smarrire noi stessi forse perché, semplicemente, abbiamo perso la fiducia in noi stessi, in ciò che siamo e nelle nostre emozioni e sensazioni. Non le riconosciamo più perché ci siamo talmente allontanati da loro da aver disimparato ad interpretarle correttamente.
Ma basta guardate un film come questo di Lee per ritrovare una leggerezza che noi sembriamo aver perduto. Una leggerezza che non è mai superficialità ma un lasciarsi vivere, uno stare in sintonia con il nostro io più profondo, senza ostacolarlo ma scivolandoci dentro con fiducia.
E quando parlo di leggerezza non intendo certamente superficialità perché i temi trattati in questa pellicola non potrebbero essere più tragici dato che si affronta una malattia terribile come il morbo di Alzheimer, ancora più incomprensibile perché si parla di una ragazza poco più che ventenne; un cambio di prospettiva, quindi, rispetto ad altre pellicole che affrontano questo tema ma in relazione a persone ormai anziane.
Eppure la malattia, per quanto determinante all'interno della pellicola fin dal primo momento in cui fa la sua apparizione, non è il fulcro intorno a cui ruota la vicenda narrata dal film perché il punto di vista è sempre quello della costruzione del sentimento amoroso, della relazione dei due protagonisti, di quanto un amore vero e profondo possa essere elemento di salvezza per la vita di due persone. Perché se, da una parte, la protagonista è vittima della malattia e vive con angoscia il declino che l'aspetta, dall'altra, il protagonista maschile deve fare i conti con un passato di violenza ed abbandono che riesce a superare proprio grazie alla presenza della giovane moglie che ha il coraggio di insegnargli che la rabbia rende schiavi mentre il perdono ci libera. E questo uomo, finalmente liberato da un passato che lo rendeva debole, troverà il coraggio di vincere la paura nei confronti del terribile declino psichico della giovane moglie e di starle vicino sapendo che, probabilmente, non riceverà niente in cambio, sapendo che sarà molto più il tempo in cui lei non lo riconoscerà neppure rispetto a quello in cui un barlume di coscienza la renderà consapevole di amarlo.
A moment to remember è anche un film che gioca con i generi, alternando momenti da commedia che, a tratti, sfocia nel comico, momenti sentimentali e romantici fino a giungere al dramma esplicito. E anche questo è tipico della cinematografia coreana che non sceglie quasi mai un genere ben definito ma preferisce spaziare e mischiare generi anche apparentemente lontanissimi tra loro. E i risultati sono praticamente sempre ineccepibili.