Immaginate.
Prendetevi tutto il tempo, rilassatevi. Provate a pensare a un giorno normale, uno dei tanti. I rumori nella sala, probabilmente vostra madre sta preparando la colazione, o per la strada: macchine, uomini e donne indaffarati che camminano veloci lungo il marciapiede. Rumori di sottofondo rassicuranti, quotidiani, vi fanno sentire a casa.
Ecco... la casa. Niente di che, ma vostra. Sulla parete bianca del corridoio avete attaccato le foto di una vita e i diplomi. A volte vi piace fermarvi e ammirarle; vi soffermate in particolare su quelle che vi ritraggono felici e sorridenti con gli amici e con il vostro amore. Non vi guariscono dalle ansie, dalle nevrosi, dalla paura immotivata, ma in un certo qual modo vi danno la forza per un sorriso, un ricordo dolce che vi commuove per qualche secondo.
Vivete la vostra vita, avete un nome, 'dei genitori, forse anche voi vi siete costruiti una famiglia. I piccoli sono la vostra vera e unica felicità. L'eredità per far sapere, in un tempo che speriamo lontano, che siete vissuti. C'era un uomo o una donna, con dei nomi, degli affetti, delle speranze.
Ancora non sapete che arriveranno degli uomini e vi porteranno via. Costoro vi legheranno delle catene ai piedi, vi trascineranno con forza all'interno di barche e vi porteranno lontano. Il viaggio è lungo, molti si ammaleranno e moriranno. Ben presto l'odore della morte, della sporcizia vi entrerà nella testa. Alcuni impazziranno.
Dove sono finiti i vostri famigliari? Gli amici di una vita? Cosa vogliono questi uomini mai visti prima? Ci hanno tolto ogni possibilità di comunicare. Siamo spariti nel nulla.
Ora, in un piazza durante un giorno di mercato, vi hanno messo su una specie di palco. Non dovete declamare poesie, cantare una canzone, no. State in piedi, fermi. Sentite parlare, ma non potete capire nulla. Cercate con gli occhi visi conosciuti, domandate nelle vostra lingua cosa stia capitando e perché, ma nessuno vi risponde.
Improvvisamente vi afferrano e vi sbattono su un mezzo di trasporto. Ci sono altri uomini e donne con voi. Qualcuno urla, forse un nome, forse è solo disperazione.
Dopo un lungo viaggio ecco che arrivate a destinazione. C'è una casa di lusso, indubbiamente più bella della vostra, la magione si trova situata nel mezzo di un vastissimo campo. Vi ricorda un po' quello che vedevate sempre distrattamente a casa vostra, quando correvate a chiamar gli amici per un po' di svago.
Altri, invece, assoceranno quel campo alla fatica del lavoro, la sofferenza paterna, dei fratelli, degli zii.
Siete arrivati a destinazione. Non siete più uomini e donne con un nome, una storia, una nazione, ma oggetti. Da usare, rompere, gettare, abusare.
Tutto normale e giusto. Certo, forse a un certo punto qualcuno vi dirà che siete liberi, ma è una cosa che riguarda quegli uomini così diversi da voi.Perché l'economia cambia e l'evoluzione monetaria, di commercio, di produzione, si sposta su altre merci.
Per un po' hai l'illusione di essere libero, ma le statue dei tuoi rapitori e dei tuoi aguzzini, che si ergono sui piedistalli nel centro della città, ti ricorderanno sempre di non vantarti troppo. Possiamo sempre distruggevi. Lo facciamo e non paghiamo.
Almeno che non ci sia una guerra feroce, spietata, sanguinosa, ma non credo tu possa permettertela. Ti schiavizzo senza catena, basta toglierti la tua storia e la dignità.
Il prologo a questa riflessione indisciplinata serve solo per spiegare per quale motivo una storia di afro americani ci deve interessare. Non piacere, non esser presa come riferimento per la mia vita, basterebbe solo riflettere su una parte importante della nostra storia di bianchi. O meglio di uomini del capitale, che abbiamo usato come catena per sfruttare altri popoli- colonialismo- e altre persone- la situazione di schiavismo dei proletari nei posti di lavoro- una volta che riusciamo a dire che abbiamo schiavizzato e privato di una vera vita una parte degli esseri umani, poi possiamo e dobbiamo difendere i distinguo.Non è contro i bianchi o contro i maschi. Non sta dicendo che basta aver la pelle chiara per esser un nostalgico dello schiavismo. Ma, che vi piaccia o no, un numero di persone bianche continua a sostenere un'immagine romantica di quel periodo. Altri non hanno idea di cosa fosse, alcuni provano nostalgia di quei bei giorni in cui violentare una schiava africana era un fatto normale. Una nazione che campa sull'idea di sogno da imporre ai suoi cittadini e da esportare nel mondo, non farà mai davvero i conti con il genocidio del popolo dei pellerossa e con lo schiavismo. Non può farlo perché abbiamo ripulito anche il lontano ovest, per illuderci di essere i buoni. La violenza è talmente efferata, che per forza di cose dobbiamo mitigarla, metterle le redini e condurla nel carrol, dove la teniamo a bada.
Questa cosa non capita solo agli americani, noi italiani la viviamo assai bene con l'eredità del fascismo, del nostro imperialismo colonialista, giustificato sempre e comunque, perché siamo brava gente. Siamo Alberto Sordi e non Roatta. Ci fa comodo pensarlo.
La paura del dolore, della sofferenza, questo ci hanno insegnato. Poi, per carità, siamo sempre in prima fila a lamentarci di quanto stiamo soffrendo e della fatica, del poco tempo, alcuni per queste cose anche si ammalano. Concentrati solo sui nostri piccoli guai, quelli degli altri non vogliamo ascoltarli. Non ci appartengono, non sono come noi.
Invece il dolore degli altri appartiene. Perché abbiamo in comune il fatto di esseri umani. Non vuoi accettarlo o capirlo? Va bene. Non sei pronto per discuterne, per metterti in discussione.
Questo film ci porta a riflettere sullo schiavismo e sulla rappresentazione che noi ne facciamo. Non è una specie di Radici, in cui si vuol dare/ restituire la storia a chi ne è stato derubato, questo film parla proprio agli americani medi e bianchi, che non trovavano nulla di osceno nel veder delle persone vive intrappolate dietro a dei vetri, mentre rifacevano scene di vita quotidiana in Africa- cito il libro La Ferrovia Sotterranea, da leggere prima della visione di codesto film o insieme, fate voi- non trovano niente di sbagliato nella rappresentazione di un periodo, perché finzione. Tutto è finto e siccome mi mostri un fatto storico, anche quello è falsato, pompato dai soliti fanatici.
Per cui della critica cinematografica me ne fotto. Che l'abbiano respinto, non mi stupisce. E vi dirò: non hanno tutti i torti, non è un film perfetto. Volete sapere quale è il suo difetto più grosso? La seconda parte. Troppo frettolosa, l'eliminazione dei nemici- a quanto ho goduto, ma quanto- è un po' tirata per i capelli, e il discorso della protagonista alla conferenza stampa un po' troppo banale. Tuttavia è un film davvero buono. Il lunghissimo piano sequenza iniziale, le immagini potenti al rallenty dell'incendio purificatore, la cavalcata sul fronte di guerra, sono immagini fortissime, stupende, di grande potenza cinematografica.
Ed ha un'idea assai interessante, efficace, di collegamento tra passato e presente, non così fantascientifica. Lo schiavismo non è stato del tutto debellato. Qualora si trovasse un finanziatore serio, si potrebbe ripetere nel piccolo, in qualche stato sudista, in qualche piccola cittadina, un'esperienza simile. Perché quello che per alcuni è dolore e sofferenza, una storia che va oltre la tragedia, per altri è un fatto di tantissimi anni fa, "che cazzo vogliono ancora". Lo puoi comprendere anche se sei bianco. Forse non troppo in profondità, ma puoi sforzarti di farlo.
Antebellum ci parla di come filtriamo attraverso la rappresentazione dello spettacolo pagine durissime e reali della storia di una nazione. Si potrebbe farlo in Germania con i lager o da noi con il fascismo. In questo è universale.
Oltretutto colpisce un punto dolente, questo in modo involontario o forse è solo una mia idea, degli aguzzini che tormentano la protagonista, prima rapendola e poi condannandola a rivivere le violenze quotidiane dello schiavismo, c'è una donna.
Certo mi si potrà dire che è vittima del patriarcato in un certo senso, ma non ci credo. La questione di posizione sociale, di razza, ha un peso molto forte anche se ci fosse il matriarcato. Perché noi disprezziamo il misero, il debole, questa è la dottrina del capitalismo. Per questo lo scontro finale vede protagoniste due donne. È lo scontro di classi, di etnie, di oppressi e oppressori.
Non ho detto molto della trama perché non voglio rovinarla. C'è un colpo di scena, verso a metà, che riassume tutto quello che vi ho detto sulla rappresentazione della storia, di come è percepita da chi faceva subire certe cose e come viene vissuta di nuovo sulla loro pelle, da chi invece l'ha subita.
Ora sta a voi, qualora vi sentireste in grado di poter analizzare, riflettere, aver voglia di approfondire il tema del film, guardatelo. Altrimenti non c'è nessun esercito del politicamente corretto che vi impone di vederlo a tutti i costi. Per me, pur riconoscendo i limiti, va visto.