venerdì 22 gennaio 2021

Non uccidere

 Spesso ci lamentiamo della qualità delle nostre serie tv. Troppo provinciali, girate male, recitate peggio. Tanto che per stroncare un film scriviamo o diciamo: " Sembra una fiction di canale 5 o Rai Uno".  Quasi sempre abbiamo ragione, non possiamo affatto nascondere la mediocrità di molti prodotti televisivi.  Una mediocrità, a mio avviso, voluta, allevata e proposta con convinzione, determinazione, massima attenzione al fatto che il pubblico possa staccarsi dai suoi problemi quotidiani e godersi la rassicurante immagine di un' Italia fatta di campanili, piccoli comuni, solarità. Tutto qui. A ben vedere parte del nostro paese è davvero un posto fatto di piccole comunità, tempo che passa lentamente e così via. Non necessariamente è un difetto.

Tuttavia a volte capita di scontrarsi/incontrarsi, con un oggetto televisivo che non è uguale a niente delle tante cose viste sul piccolo schermo.. Non è così frequente, sono episodi isolati, singoli, ma che non meritano di passare inosservati.


Queste serie tv che seguono altre vie e rappresentano un altro paese, non arrivano per caso. Non sono bestie impazzite scappate dallo zoo. In realtà ci sono sempre state. Oggi osanniamo tanto Gomorra, ma sono convintissimo che senza una serie tv come La Squadra (un prodotto televisivo che puntava a dar spazio ad episodi anche abbastanza duri, personaggi non del tutto risolti,  pur rimanendo ancorata a una retorica pro forze dell'ordine, che talora inficiava la riuscita degli episodi) non avremmo avuto la popolare serie sulla camorrra e nemmeno Romanzo Criminale

 Le cose sono radicalmente cambiate con La Nuova Squadra-Spaccanapoli. Quella che per i soliti criticoni era un remake di The Shield, ma che per me è stata davvero un'esperienza del tutto inedita ed entusiasmante.  Perché non c'erano eroi dell'ordine e della legge, ma poliziotti in bilico tra lecito ed illecito. Storie più dure, un senso di tragedia incombente e la retorica che si scioglie nell'epica del genere.  Claudio Corbucci si è occupato della sceneggiatura di molti episodi di questa serie. Per questo motivo quando ho saputo che aveva scritto una nuova serie poliziesca, l'ho cercata subito per vedermela e gustarmela dall'inizio fino alla fine.

Ne è valsa davvero la pena.


Non Uccidere sulla carta sembra una delle tante serie tv poliziesche che riempiono le piattaforme di streaming come Netflix e affini, ma che hanno anche uno spazio abbastanza importante nelle reti della tv pubblica e privata italiana. Un' ispettrice di polizia che si trova ad investigare su una serie di delitti, in una grande città del nord Italia.Potrebbe essere solo questo, accontentarsi di offrire al proprio pubblico uno spettacolo ampiamente collaudato, al massimo ci aggiungiamo una storia d'amore o un po' di scene piccanti, giusto per allungare il brodo e attirare un po' di massa distratta. 

Potrebbe farlo.

Invece sceglie un altro tipo di racconto, affondando le radici in un terreno del tutto nuovo per lo spettatore medio italico.


Per prima cosa ci offre un personaggio tormentato e ricco di sfumature, cosa rara da vedere in un prodotto di intrattenimento. Valeria Ferro è una giovane ispettrice, professionale, seria, motivata, ma è sopratutto una donna che ha problemi di relazioni con gli altri, una persona che soffre per alcuni demoni interiori risalenti all'omicidio del padre (pare) per mano della madre. Questo fatto ha gettato in una sofferenza senza fine l'esistenza della poliziotta e del fratello. Ma mentre lui si fa una famiglia e trova il modo per liberarsi, almeno parzialmente, da questo peso, lei nutre un odio implacabile nei confronti della madre. Le cose precipitano quando la donna esce di galera.

Tutta la prima stagione, assolutamente meravigliosa e imperdibile,  è un continuo flusso di dolore.Da una parte le vittime dei delitti sui quali  Valeria è chiamata a investigare, dall'altra la sua situazione famigliare, tra l'ispettrice Ferro che non  vuole e può perdonare e la madre in cerca di un riscatto, della possibilità di  rifarsi una vita dopo tanti anni di galera. 

Quello che colpisce, di questa prima entusiasmante stagione, è la perfezione delle sceneggiature di Claudio Corbucci. L'atmosfera cupa, tragica, senza la benché minima traccia di umorismo ( presente anche in quel capolavoro che è Rocco Schiavone con l'intento di smorzare la tensione) . Qui non c'è spazio per l'umorismo. Perché si affronta la morte, la disperazione, in particolare gli effetti del togliere la vita a una persona, che sconvolgeranno l'esistenza dei parenti sopravvissuti e anche degli assassini.

In poche parole non c'è il classico taglio netto, consolatorio e confortevole, che troviamo in quasi tutte le produzioni di questo tipo. D'altronde la scelta del titolo rappresenta in pieno la tematica che attraversa tutte e due le stagioni: uccidere è un atto orribile che non solo cancella la vita della vittima, ma di tutti quelli che in un modo e nell'altro entrano in contatto con essa o con gli assassini. 

C'è un forte senso di condivisione del dolore, che si allarga a macchia d'olio, infettando vite e luoghi. Un senso di malessere perpetuo.

Ecco, secondo voi, gli italiani come l'hanno presa? Male. Tanto che codesta stupenda serie tv è stato un insuccesso. Però a noi dello Spettatore Indisciplinato, queste cose interessano fino a un certo punto. Quel che ci interessa sono le storie e i personaggi, la loro umanità fragile e il forte senso di giustizia, di combattere il male che appartiene alla sua protagonista.


A dir il vero la serie usa tutti i classici elementi del genere. Il trauma che viene dal passato, le dinamiche famigliari, c'è anche una storia d'amore tra il capo di Valeria e la giovane ispettrice, un rapporto passionale, ma sopratutto maestro-allieva/padre e figlia, che si evolve in una vera e propria ossessione per l'uomo. Per cui la forza di questa serie  è la volontà di smontare le regole del genere e avvolgere tutto in un nero perenne; quello della violenza, del lutto, della morte.

Certo non mancano i difetti. Possiamo dire che dopo una bellissima, indimenticabile, imperdibile prima parte, l'ultima stagione a volte stenta un po' a coinvolgere lo spettatore. Tuttavia, a mio parere, rimane sempre un prodotto più che dignitoso. Sopratutto non fa nulla per snaturarsi. Quando pensi che a un certo punto tutto codesto dolore finirà e che le cose si aggiusteranno, questo non capita. Personaggi positivi come Giorgio, il capo di Valeria, con  il procedere delle puntate metterà a fuoco un'anima nera, anche se farà di tutto per portare giustizia nella vita della donna.


La serie si avvale anche di un ottimo cast. Menzione speciale, ovvio, per una bravissima Miriam Leone, capace di dar peso, sostanza, personalità, a un personaggio per nulla semplice da gestire. Indovina sempre i toni,  dosa bene la sua espressività, mostra - di nuovo- di essere una delle nostre attrici migliori. Molto bravi anche Thomas Trabacchi, impegnato in un ruolo per nulla piacevole e facile da trasformare in una macchietta, per fortuna costui invece dona al suo personaggio un'umanità disperata e autodistruttiva, che rende Giorgio Lombardi un personaggio assai complesso. Mentre Matteo Martari ha il ruolo dell'uomo che in teoria, col suo amore, dovrebbe salvare Valeria. Dovrebbe.

Non meno importanti sono le musiche, composte da Corrado Carosio e Pierangelo Fornaro, responsabili anche del sound di Rocco Schiavone. Con poche note, contaminando l'orchestra della Rai e suoni elettronici-acustici minimalisti rendono la visione ancora più commovente e profonda.

Concludendo, Non Uccidere è una bellissima serie, innovativa nel suo genere. Non c'è spazio per la consolazione,  per l'amore che salva, ma un lungo viaggio nella morte, nella sofferenza che uccidere genera a chi rimane. Ha il dono di avere dei personaggi scritti benissimo e un ottimo cast in tutti i ruoli, anche quelli secondari che sono fondamentali per dar peso e sostanza a un prodotto di genere. Qualora ve la foste persa vi consiglio di recuperarla, la trovate su Rai Play.

Ps: piccola curiosità: Trabacchi e Martari sono di nuovo insieme sul piccolo schermo per la serie tv L'Alligatore, tratta dal ciclo di romanzi noir scritti dal Maestro Massimo Carlotto. Ci occuperemo anche di quella!

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