Come ben sapete, da queste parti siamo fortemente e giustamente appassionati di cinema italiano. Il quale non è quella cosa brutta brutta tanto descritta da wannabes e altre tragedie umane, o almeno non è affatto messo così male.
In particolare, in questi ultimi tempi le cose sembrano andar davvero bene. Abbastanza bene, dai!
Ci sono autori più o meno nuovi e giovani, che cercano di portare in scena pellicole meno provinciali e sciatte, tra queste opere un posto sul podio delle migliori commedie degli ultimi dieci anni, va senza ombra di dubbio a Orecchie.
Ammetto di aver provato interesse e simpatia per l'opera, già a partire dal trailer. Ho un debole per il cinema in bianco e nero, trovo che sia il modo giusto per filmare al cinema. Potente, evocativo, mi porta a giudicar positivamente la pellicola a prescindere.No, Renny Harlin è inutile che giri in b/n, tu no!
Il formato è un formato quadrato che va da 1:1 a un moderno, almeno wikipedia dice così, 1,85: 1. A molti non piacerò, lo troveranno poco cinematografico e molto televisivo, però a mio avviso rende bene il senso di schiacciamento del protagonista, ma questa è una mia cazzata da cinefilo allo sbaraglio.
Il regista ha partecipato alle sceneggiature di film come : I peggiori, Classe Z, Che vuoi che sia, e ha diretto un film nel 2009, Due vite per caso. ( fonte Coming Soon), è anche autore di un libro : Lo strano caso del dottor David e mr Cronenberg: saggio sul doppio nel cinema.
Quindi un nome da segnare e seguire con interesse, perché fa parte di quella generazione di registi che , seppur rimanendo in ambito di solide tradizioni cinematografiche nazionali, sperimentano linguaggi diversi o rendono più robusta e meno provinciale la commedia italiana
La storia ha una sua unità di tempo precisa: una calda giornata romana, in una città quasi deserta. Un eterno giovane della nostra generazione di ragazzi quarantenni, si sveglia con un fischio all'orecchio. La sua ragazza non è in casa, ma in compenso gli ha lasciato un biglietto con scritto: è morto il tuo amico Luigi, oggi c'è il funerale.
L'uomo non ricorda chi sia codesto Luigi.
In più il problema alle orecchie non lo molla un momento.
Si troverà coinvolto in una serie di episodi assurdi, folli, tra dottori in vena di sadiche burle o che non badano a quanto gli dice il paziente, ( meraviglioso Massimo Wertmuller e ottimo Andrea Purgatori), dovrà affrontare alunni svogliatissimi che però sono piccoli tamarri del rap, per altro colla presunzione di far un concept tratto dallo Straniero di Camus, direttori di giornali che usano la filosofia per dar dignità ad articoli di rara inconsistenza e trivialità, madri eterne giovani col nuovo compagno, artista di strada proveniente dall'est, e paura di amare o non amare abbastanza, incapacità di aver idee chiare sul rapporto sentimentale colla ragazza, vivere una vita in difesa, guardando con distacco gli altri, per timore di viverla sta vita.
Orecchie, è un ottimo film: fa ridere davvero molto, grazie a un umorismo che rammenta un certo Moretti degli inizi, più surreale in certe cose, un pizzico di Allen, e tanto, buon ,caro, vecchio, lavoro di sceneggiatura.
Parla dello smarrimento dei nostri tempi, di indecisioni, timori infondati, incapacità ad ascoltare oltre quel rumore che abbiamo nelle nostre "orecchie", c'è un bellissimo lavoro fatto sui dialoghi, come l'emozionante monologo finale, ci diverte tanto, cosa sempre buona, e ci fa affezionare ai suoi personaggi: sgangherati, ma umanissimi.
Piccolo film, ma con un ottimo cast che recita in modo eccelso per tutta la durata della pellicola; oltre ai citati Wertmuller e Purgatori, ci sono Pamela Villoresi, Piera Degli Esposti, Milena Vukotic, Rocco Papaleo, Ivan Franek, Silvia D'Amico. Tutti hanno una scena o battuta memorabile, dimostrando la massima attenzione per ogni personaggio.
Fra tutti, però, credo vada seguito con attenzione, il suo protagonista: Daniele Parisi, che mi ha rammentato un po' Mastandrea, per l'indole romana di sopportare ogni cosa. Bravissimo, assolutamente, eccezionale
Finisco dicendo che secondo me, ocio che la sparo grossa, il film cita anche 7 piani di Buzzati e il fischio al naso di Tognazzi, ovviamente senza diventar così cupo e drammatico, ma potrebbe essere.
In ogni caso. andate a vederlo, vale la pena!
lunedì 21 agosto 2017
sabato 19 agosto 2017
La Bara Bianca di Daniel De La Vega
Estate tempo di cazzeggio, dove pure un film non eccelso e dimenticabile, può rivelarsi un buon passatempo.
Vi avverto subito se cercate una regia dignitosa, ricca di virtuosismi, di sottigliezze, originalità e altissima professionalità, forse questo non è il film per voi.
Ma, se vi basta un horror cazzutissimo, va che termine giovane e da cinefilo de internet, brutale, feroce, di grana grossa: ecco questa pellicola fa per voi.
Una donna, fugge dal marito, portando con sé la figlioletta. Sembra un normale viaggio verso una nuova vita, ma un incidente li costringe a fermarsi. In loro aiuto giunge un misterioso individuo, e un carro attrezzi. Tutto sembra andar per il verso giusto, si può ripartire e che il futuro sia luminoso.
Purtroppo a una stazione di servizio, la bambina scompare. Con lei anche un bambino in gita colla scuola.
La nostra protagonista però riconosce il carro attrezzi e si getta all'inseguimento.
Sarà l'inizio di un incubo senza fine.
Per fortuna dura poco, solo settanta minuti, per cui non si ha il tempo di essere assaliti da noia o risate grasse per la sconfortante messinscena. Anzi, il film è veloce, crudo, a suo modo efficace. Grazie a una buona storia, a scelte per nulla convenzionali, i bambini in questa pellicola muoiono malissimo e la protagonista per salvare la sua figliola dovrà compiere un gesto davvero orribile, ci sono qualche momento splatter vecchia maniera, cioè quando facevamo horror coi pipistrelli di gomma e i manichini ben visibili. Tutto qua.
La cosa, però, che reputo davvero suggestiva e che vi rimarrà addosso è l'ambientazione: lande desolare, officine abbandonate, una natura selvaggia e poco gradevole. Poi a volte la regia, lascia un po' a desiderare, almeno così mi dicono, ma ripeto: volete divertirvi un po? Questo horror argentino non è malissimo, dai!
Vi avverto subito se cercate una regia dignitosa, ricca di virtuosismi, di sottigliezze, originalità e altissima professionalità, forse questo non è il film per voi.
Ma, se vi basta un horror cazzutissimo, va che termine giovane e da cinefilo de internet, brutale, feroce, di grana grossa: ecco questa pellicola fa per voi.
Una donna, fugge dal marito, portando con sé la figlioletta. Sembra un normale viaggio verso una nuova vita, ma un incidente li costringe a fermarsi. In loro aiuto giunge un misterioso individuo, e un carro attrezzi. Tutto sembra andar per il verso giusto, si può ripartire e che il futuro sia luminoso.
Purtroppo a una stazione di servizio, la bambina scompare. Con lei anche un bambino in gita colla scuola.
La nostra protagonista però riconosce il carro attrezzi e si getta all'inseguimento.
Sarà l'inizio di un incubo senza fine.
Per fortuna dura poco, solo settanta minuti, per cui non si ha il tempo di essere assaliti da noia o risate grasse per la sconfortante messinscena. Anzi, il film è veloce, crudo, a suo modo efficace. Grazie a una buona storia, a scelte per nulla convenzionali, i bambini in questa pellicola muoiono malissimo e la protagonista per salvare la sua figliola dovrà compiere un gesto davvero orribile, ci sono qualche momento splatter vecchia maniera, cioè quando facevamo horror coi pipistrelli di gomma e i manichini ben visibili. Tutto qua.
La cosa, però, che reputo davvero suggestiva e che vi rimarrà addosso è l'ambientazione: lande desolare, officine abbandonate, una natura selvaggia e poco gradevole. Poi a volte la regia, lascia un po' a desiderare, almeno così mi dicono, ma ripeto: volete divertirvi un po? Questo horror argentino non è malissimo, dai!
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venerdì 18 agosto 2017
Desconocido - resa dei conti di Dani De La Torre
L'accettazione passiva delle dottrine economiche imperanti, ci porta a sopportare crisi e fallimenti che vedono coinvolti cittadini illusi da improvvise ricchezze.
Non ci basta vivere decentemente, pretendiamo il superfluo e il lusso, oppure speriamo di migliorare la nostra vita ed esaudire i nostri sogni. Sono tante le motivazioni che ci spingono a rischiare. Col risultato che le persone perdono ogni cosa, altri avvertono la botta, ma non affondano.
A meno che...
Luis Tosar è un ottimo attore, riesce sempre a render forti e credibili i suoi personaggi, anche questa volta non sbaglia un colpo. Cosa non facile visto che è sempre in scena, seduto al volante della sua jeep o è un suv? Boh, comunque tiene per tutto il tempo. Offrendo, grazie a una buona sceneggiatura, tante sfumature di un personaggio, per cui è difficile provare simpatia
Carlos infatti è uno di quei coglioni sempre in carriera, che a malapena sanno di aver figli e moglie, uno che non si è assolutamente posto il problema di vendere sòle ai clienti. Il miracolo di far soldi rischiando quanto basta, acceca gli stolti. E stolti siamo tutti noi esseri umani.
Solo che scoppia un bel casino, si parla di fallimenti, di persone e vite travolte dalla durissima realtà: hanno perso tutto.
Tutto.
Carlos, se ne frega un po'. Non è un problema suo. Poi un giorno si ritrova a portare i suoi bambini a scuola, mentre è in strada, riceve la telefonata di un tizio che gli dice di non fermarsi, o la macchina esploderà.
Sulle prima non ci crede, poi..
Desconocido è un ottimo thriller. Che grazie al montaggio, all'uso preciso della macchina da presa, un ottimo attore protagonista e una buonissima sceneggiatura, avvince e tiene col fiato sospeso dall'inizio alla fine.
Girato quasi tutto per strada, su una macchina, non si perde mai in digressioni pleonastiche, non ha un minuto in più o in meno.
Tra l'altro, oltre allo spettacolo e alla tensione davvero alle stelle, il film pone interrogativi e riflessioni sul modo di far affari al giorno di oggi, sul capitalismo disumano che governa le nostre vite, la dittatura di un libero mercato tossico, lo fa senza proclami e slogan, stando dentro il genere, ma in modo molto chiaro ed efficace
Ecco, questo è il cinema di genere che adoro
Non ci basta vivere decentemente, pretendiamo il superfluo e il lusso, oppure speriamo di migliorare la nostra vita ed esaudire i nostri sogni. Sono tante le motivazioni che ci spingono a rischiare. Col risultato che le persone perdono ogni cosa, altri avvertono la botta, ma non affondano.
A meno che...
Luis Tosar è un ottimo attore, riesce sempre a render forti e credibili i suoi personaggi, anche questa volta non sbaglia un colpo. Cosa non facile visto che è sempre in scena, seduto al volante della sua jeep o è un suv? Boh, comunque tiene per tutto il tempo. Offrendo, grazie a una buona sceneggiatura, tante sfumature di un personaggio, per cui è difficile provare simpatia
Carlos infatti è uno di quei coglioni sempre in carriera, che a malapena sanno di aver figli e moglie, uno che non si è assolutamente posto il problema di vendere sòle ai clienti. Il miracolo di far soldi rischiando quanto basta, acceca gli stolti. E stolti siamo tutti noi esseri umani.
Solo che scoppia un bel casino, si parla di fallimenti, di persone e vite travolte dalla durissima realtà: hanno perso tutto.
Tutto.
Carlos, se ne frega un po'. Non è un problema suo. Poi un giorno si ritrova a portare i suoi bambini a scuola, mentre è in strada, riceve la telefonata di un tizio che gli dice di non fermarsi, o la macchina esploderà.
Sulle prima non ci crede, poi..
Desconocido è un ottimo thriller. Che grazie al montaggio, all'uso preciso della macchina da presa, un ottimo attore protagonista e una buonissima sceneggiatura, avvince e tiene col fiato sospeso dall'inizio alla fine.
Girato quasi tutto per strada, su una macchina, non si perde mai in digressioni pleonastiche, non ha un minuto in più o in meno.
Tra l'altro, oltre allo spettacolo e alla tensione davvero alle stelle, il film pone interrogativi e riflessioni sul modo di far affari al giorno di oggi, sul capitalismo disumano che governa le nostre vite, la dittatura di un libero mercato tossico, lo fa senza proclami e slogan, stando dentro il genere, ma in modo molto chiaro ed efficace
Ecco, questo è il cinema di genere che adoro
giovedì 17 agosto 2017
Last Days di David e Alex Pastor
A noi umani piace sempre immaginare la fine del mondo. Per tanti motivi: poter reinventare una società, mostrare le nostre teorie sugli esseri umani, o per semplice divertimento a suon di mazzate, bande di teppisti, morti viventi e altro.
La fine è un tema ricorrente e che ci ossessiona, metafora della paura di morire, e la speranza di rinascere. In qualche modo, da qualche parte.
Io amo il filone post apocalittico/atomico, in tutte le sue varianti. Questa opera che ci giunge da quella bellissima città, che è Barcellona, conferma il mio amore per il genere.
Il film racconta la lotta per la sopravvivenza di Marc ed Emrique, i due dopo aver passato mesi chiusi nella loro azienda, coi loro colleghi e isolati dal mondo, intraprendono una strada verso la ricerca di qualcuno o qualcosa di importante.
La malattia che sta eliminando il genere umano, la chiamano Panico. Si palesa colla paura di abbandonare gli spazi chiusi, e stare per strada, fuori. Questa epidemia viene prima presentata come un fenomeno circoscritto, cose che capitano in Giappone o in Canada, ma piano piano arriva anche nella capitale della Catalogna liberaaaaa, scusate ho ancora i ricordi delle istanze separatiste di quelle zone, in ogni caso: si vive da reclusi e questa situazione non fa bene alla psiche di nessuno.
I registi e sceneggiatori di questa pellicola davvero molto valida, sono bravissimi a dar piccoli indizi al pubblico, creano tensione non spiegando mai cosa sia alla base di questa epidemia. I flasshback ci raccontano come sono andate le cose, ma mai perché. Servono per aver un quadro preciso dei due protagonisti. Marc è un ingegnere informatico, Enrique invece si occupa di tagli del personale.
Questo ci serve per un primo giudizio sui personaggi e per comprendere, apprezzare il cambiamento che vivranno strada facendo.
Perché, in sostanza, quello che interessa veramente agli autori non è tanto mostrare un mondo nel panico, nella paura, pieno di bestie che fanno di tutto per sopravvivere, nemmeno, anzi per nulla, mostrare la tesi che: si, si, siamo buoni perché viviamo bene, ma questa non è la nostra natura: noi siamo crudeli e cinici, dacci un motivo e vedrai
Ecco non smetterò mai di ringraziare i fratelli Pastor, per aver evitato/ non ascoltato minchiate simili. Buone per i deboli e i meschini. Noi invece crediamo negli esseri umani, anche quando il mondo sembra finire
L'amicizia, l'amore, la solidarietà, non spariranno mai. Come anche l'egoismo, la meschinità e la crudeltà, che ci vengono mostrate, ma non sono le protagoniste.
L'opera usa il genere, e lo fa benissimo vedasi la scena al centro commerciale o nella metropolitana, per parlare di relazioni, speranze, di come sia fondamentale sconfiggere la paura del mondo e degli altri, discorsi che piacerebbero a Spielberg, Virzì, Disney, Capra e la persona più ottimista e positiva che abbia mai conosciuto: mia moglie
Devo dire che questo incontro mi ha rivoluzionato e cambiato la vita, la prospettiva di vedere le cose e le persone. Sono ancora un pigro pessimista, che fatica ad organizzarsi, a relazionarsi fisicamente cogli altri, ma ne ho fatti di passi in avanti e questo merito di mia moglie, senza ombra di dubbio.
Ho divagato parlando di lei, perché se il finale meraviglioso e commovente di questa bellissima pellicola mi ha piacevolmente sconvolto emotivamente, lo devo anche a lei. Non mi vergogno di commuovermi e di dirlo o scriverlo, ecco tutto.
Il finale... Lo troveranno buonista, patetico, ridicolo. La gente è fata così: ha una vita amara e pensa che sia così per tutti, o preferisce starsene comoda nelle retrovie dei sentimenti, che al momento buono si scappa. A loro questo film e il finale, ripeto : bellissimo, non piacerà affatto.
Gli altri invece si godranno un buonissimo film di genere, tra apocalisse e sentimento, che ricorderanno con piacere. La maestria con cui riprendono le strade vuote, i cadaveri, l'abbandono, e la carezza di un uomo morente a un amico, è tanto notevole, quanto toccante.
Lo trovate, sicuramente a noleggio, o su Netflix, per me va visto.
La fine è un tema ricorrente e che ci ossessiona, metafora della paura di morire, e la speranza di rinascere. In qualche modo, da qualche parte.
Io amo il filone post apocalittico/atomico, in tutte le sue varianti. Questa opera che ci giunge da quella bellissima città, che è Barcellona, conferma il mio amore per il genere.
Il film racconta la lotta per la sopravvivenza di Marc ed Emrique, i due dopo aver passato mesi chiusi nella loro azienda, coi loro colleghi e isolati dal mondo, intraprendono una strada verso la ricerca di qualcuno o qualcosa di importante.
La malattia che sta eliminando il genere umano, la chiamano Panico. Si palesa colla paura di abbandonare gli spazi chiusi, e stare per strada, fuori. Questa epidemia viene prima presentata come un fenomeno circoscritto, cose che capitano in Giappone o in Canada, ma piano piano arriva anche nella capitale della Catalogna liberaaaaa, scusate ho ancora i ricordi delle istanze separatiste di quelle zone, in ogni caso: si vive da reclusi e questa situazione non fa bene alla psiche di nessuno.
I registi e sceneggiatori di questa pellicola davvero molto valida, sono bravissimi a dar piccoli indizi al pubblico, creano tensione non spiegando mai cosa sia alla base di questa epidemia. I flasshback ci raccontano come sono andate le cose, ma mai perché. Servono per aver un quadro preciso dei due protagonisti. Marc è un ingegnere informatico, Enrique invece si occupa di tagli del personale.
Questo ci serve per un primo giudizio sui personaggi e per comprendere, apprezzare il cambiamento che vivranno strada facendo.
Perché, in sostanza, quello che interessa veramente agli autori non è tanto mostrare un mondo nel panico, nella paura, pieno di bestie che fanno di tutto per sopravvivere, nemmeno, anzi per nulla, mostrare la tesi che: si, si, siamo buoni perché viviamo bene, ma questa non è la nostra natura: noi siamo crudeli e cinici, dacci un motivo e vedrai
Ecco non smetterò mai di ringraziare i fratelli Pastor, per aver evitato/ non ascoltato minchiate simili. Buone per i deboli e i meschini. Noi invece crediamo negli esseri umani, anche quando il mondo sembra finire
L'amicizia, l'amore, la solidarietà, non spariranno mai. Come anche l'egoismo, la meschinità e la crudeltà, che ci vengono mostrate, ma non sono le protagoniste.
L'opera usa il genere, e lo fa benissimo vedasi la scena al centro commerciale o nella metropolitana, per parlare di relazioni, speranze, di come sia fondamentale sconfiggere la paura del mondo e degli altri, discorsi che piacerebbero a Spielberg, Virzì, Disney, Capra e la persona più ottimista e positiva che abbia mai conosciuto: mia moglie
Devo dire che questo incontro mi ha rivoluzionato e cambiato la vita, la prospettiva di vedere le cose e le persone. Sono ancora un pigro pessimista, che fatica ad organizzarsi, a relazionarsi fisicamente cogli altri, ma ne ho fatti di passi in avanti e questo merito di mia moglie, senza ombra di dubbio.
Ho divagato parlando di lei, perché se il finale meraviglioso e commovente di questa bellissima pellicola mi ha piacevolmente sconvolto emotivamente, lo devo anche a lei. Non mi vergogno di commuovermi e di dirlo o scriverlo, ecco tutto.
Il finale... Lo troveranno buonista, patetico, ridicolo. La gente è fata così: ha una vita amara e pensa che sia così per tutti, o preferisce starsene comoda nelle retrovie dei sentimenti, che al momento buono si scappa. A loro questo film e il finale, ripeto : bellissimo, non piacerà affatto.
Gli altri invece si godranno un buonissimo film di genere, tra apocalisse e sentimento, che ricorderanno con piacere. La maestria con cui riprendono le strade vuote, i cadaveri, l'abbandono, e la carezza di un uomo morente a un amico, è tanto notevole, quanto toccante.
Lo trovate, sicuramente a noleggio, o su Netflix, per me va visto.
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