mercoledì 21 maggio 2014

PADRE PADRONE di PAOLO E VITTORIO TAVIANI

Rapporti di forza. E lotta di classe. Lo so,sono anni che ci spiegano che viviamo nella società liquida, interclassista, che abbiamo superato quel tipo di scontro,ma nella realtà c'è sempre qualcuno o qualcosa che schiaccia sotto il peso del suo potere d'azione o economico fasce di popolazione.
Il rapporto di forza regola la nostra vita da sempre e così anche il giusto istinto a scardinarlo,ribaltarlo. Si potrebbe quindi parlare anche di lotta di classe fra le mura domestiche?
Credo di si. E si ha quando la giusta autorevolezza,la disciplina e l'organizzazione collettivista e condivisa , diventa bieco strumento di repressione del singolo più debole in quel dato momento.


Padrepadrone-1977-01.png

Padre Padrone , prima di esser quel capolavoro di film che è, prima di vincere la palma d'oro a Cannes nel 1977, è sopratutto la vera storia di Gavino  Ledda. Una storia durissima , di violenza ed umiliazioni subite prima di tutto in casa e in montagna ad opera dal padre, poi da una società che si maschera e giustifica dietro le "tradizioni", il fato che ci impedisce di cambiare,la rassegnazione al peggio.
Libro davvero bellissimo,che consiglio di leggere . Lo rileggerò perché è passato tanto,troppo tempo. Il film amplia il messaggio e diventa rappresentazione di un sistema patriarcale,della condizione disumana e di prevaricazione che si apre all'interno delle classi meno abbienti,togliendo quel fastidioso romanticismo populista che ha preso piede anche e purtroppo in certa ultrasinistra poi quasi tutta finita tra grillismi e minchiate .Cioè l'idea di un Popolo sfruttato e unito che dal basso si ribellerà al padrone di turno.Non è affatto così, perchè - e lo mostra bene il film e anche il libro- l'isolamento e il radicamento di vecchie regole reazionarie e oscurantiste,mantengono il povero in uno stato di solitudine rabbiosa verso l'esterno e di angherie per scaricare frustrazione e incapacità di comunicare sentimenti negativi all'interno.


Gavino viene strappato dal padre alla scuola. All'età di sei anni si ritrova a dover badare alle bestie. E a subire una serie di violenze da parte paterna.tra l'indifferenza più o meno velata dei famigliari. I Taviani girano il film con uno stile che prende molto dal documentario ,ma piegandolo a un visione del cinema decisamente raffinata- la sequenza della bandiera italiana che dalla caserma vola sulle terre natie di Gavino, simbolo di uno stato presente solo come simbolo e nulla più- usano il suono per creare smarrimento allo spettatore durante le giornate in montagna del bimbo Gavino.

Opera quindi glaciale,anti retorica, di apparente distacco,in realtà racchiude un furore forte contro tutto ciò che è reazione, che opprime non solo il singolo,ma una intera classe,intere fasce di popolazione . Perchè non è solo la storia di un individuo,ma di un Popolo. Questo è molto chiaro nel film


Ed è anche la storia di come non si possa chiuder fuori il mondo,che arriva in forma di musicisti girovaghi e quindi l'amor per la musica, o per il servizio militare dove Gavino incontrerà un amico che lo aiuterà a studiare, ad uscire dall'analfabetismo, a prender prima la licenza elementare,poi a diplomarsi,fino a che riuscirà a laurearsi,ad affermarsi diventando anche professore nella vita reale.
Ma non è una storia di riscatto all'americana,dove il singolo ce la fa nonostante tutto,qui c'è l'intervento del mondo esterno,di un amico sincero,oltre che la volontà del singolo.
Gavino lascerà quindi l'isola scriverà libri,girerà anche un film Ybris,ma non avrà vita facile La sua infanzia lo  tormenterà anche dopo,ma l'affermazione di se come individuo al di fuori della reazione secolare,si sarà definitivamente affermata.

Infine una menzione speciale per la partecipazione di Nanni Moretti, un piccolo ruolo quello del soldato che farà amicizia con Gavino e lo aiuterà ad uscire dall'analfabetismo.

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