giovedì 4 settembre 2014

ANOTHER YEAR di MIKE LEIGH

Come ho già scritto diverse volte, reputo Mike Leigh un grandissimo regista. Mi piace il suo modo di fare cinema militante,radicale,politico,usando la vita delle persone. Perché il modo di vivere i sentimenti e relazionarsi con gli altri,a mio avviso, è politico. Puoi narrare di che razza di sistema sia quello liberal-capitalista anche attraverso la storia di una famiglia e le sue problematiche. Di come nel nostro mondo libero e dedito alla felicità,tantissime persone si sentano prigioniere e infelici. Potresti analizzare come nel mondo della massima comunicazione , molta gente sia invisibile e dimenticata. Isolata.
Perché la vita è cinema, anche e sopratutto quando ci appare crudele .


Locandina Another Year

 "Un altro anno", quante volte abbiamo pronunciato codesta frase , ora con tono speranzoso,ma spesso con una sottile malinconia e inquietudine nel cuore. Perché ci ritroviamo sempre negli stessi panni, perché abbiamo le stesse illusioni. Gioie sottili e taglienti e malinconie urticanti Un continuo alto e basso,e noi travolti ed esaltai dalle vertigini. Questo è vivere.
Leigh ci presenta la vita di un gruppo di persone che ruota intorno a una coppia : Gerri, psicologa , e Tom, geologo. Tutti hanno più o meno problemi di relazione, tristezze e rimpianti, ma anche momenti di felicità. Non c'è traccia di melodramma,ma l'attenzione alle relazioni umane , tipico dei film di Leigh.

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Gerri e Tom sono felici. Vivono insieme da anni, hanno -e lo si nota nei piccolissimi gesti, negli sguardi, nelle espressioni- quella solida gioia di chi si ama . Senza grandi sacrifici e drammi,ma accettando la quotidianità e vivendola come una risorsa. Il loro figlio Joe, è un avvocato, non si sa quanto importante . Non ha una ragazza e , come spesso succede, tutti gli chiedono: " quando ti fidanzerai?" Domanda stupida. Quando troverò una donna che si innamori di me. Va che sta domandona me l'hanno fatta per 37 anni, ora che sono fidanzato e felicissimo, piuttosto che gioire con me, mi tirano fuori domande su quando ho intenzione di dimagrire, sul fatto che : vabbè l'amore mica duri tanto e così via. Ma sai perché ci e mi domandano o dicono queste cazzate? Perché nonostante cerchino di essere degli insegnanti di vita, sono stati bocciati ancora alla scuola della vita e della felicità. Io però sono davvero felice in questo momento. E me lo godo tanto. Ci ho messo 37 anni di vita e non me lo faccio rovinare da nessuno.
Tornando al film: il fatto che Joe non abbia una fidanzata , autorizza la single- ma diciamo pure zitella,va- Mary, una collega della madre, a crearsi strambe fantasie su una loro relazione.



Mary è un personaggio tragico che in altre mani sarebbe diventata l'allegra zitella stramba, ( come nelle maggior parti dei film americani),la chiami: single, le dai un po' di battute acide-sarcastiche dei poveri che piacciono tanto alle mandrie amorfe che vanno in sale e olè: il gioco è fatto. Qui invece si parla di persone.
E di vita . Nella vita, è bene che si sappia, le donne come Mary fanno compassione, pietà,ma non fanno ridere. Leigh è straordinario nel descrivere questa persona, ( vero quello che è stato sostenuto da qualcuno: nei film del buon Mike ci sono Persone  e non  personaggi), in bilico tra ridicolo e tenerezza, nevrotica e in cerca di indipendenza. Presenza fissa in casa di Gerry e Tom,ma non benvoluta. Sopportata.

E qui ci si interroga: costa tanto aver pietà di sé stessi? Comprendere fino in fondo quanto si stia cascando?
Ho provato questa sensazione tempo fa. Dolorosa,perché uno potrebbe ritenere di non avere più soluzioni, il lasciarsi andare, prendersela con tutto e tutti è facile. Umanissimo. Però il processo di confronto/ scontro tra noi e il mondo ci deve essere. Capire quando siamo di troppo, quando il ridicolo ha preso possesso di noi.
Non è facile eh! Non ci sono riuscito molte volte.

Però Mary non riesce a fare questo. Impone la sua presenza per una voglia di affetto,ma mal posto e gestito. Rifiuta il vecchio,ma buonissimo Ken, ( amico della coppia, che vive una forte crisi legata al tempo che passa, alla morte di una coppia di amici a cui era molto legato,alla vita che va dove tu non vuoi che essa
vada), si attacca morbosamente al giovane Joe ed entra in crisi quando lui trova una ragazza.



C'è sofferenza in questo film,ma tutto è sotto pelle, non si vuole scatenare un melodramma spinto. Basta già il vivere , bastano gli sguardi, le parole trattenute, la solitudine che molti di costoro vivono. Come nella nostra vita quotidiana.  Gerri e Tom sono felici,ma hanno intorno gente sola e in crisi.  Ne risentono anche loro,in modo diverso e con approcci diversi. Perché , appunto, Leigh sembra dirci: così si vive. Tra una nuova nascita, un funerale, un amore che nasce, la solitudine come cattiva compagnia di vita. E noi dovremmo fare delle scelte, la prima e la più importante rimane la seguente: Vivere
Perché tu vivi come puoi o come vuoi. Tantissimi hanno vissuto come hanno potuto. Non dico sia un dramma assoluto, non dico siano "sfigati" o sbagliati. Staranno anche benissimo, con le loro abitudini, i loro impegni, le loro amicizie. Ma non hanno quello che volevano,e  che per paura non cercano più. Come Mary che si dice felice di esser sola e poi cerca un uomo. Con pretese anche assurde. Oppure si vive come vuoi,che costa tanta fatica e possibilità di sconfitte,ma forse vale la pena.




Così attraverso le 4 stagioni, le gioie e i dolori ,la nascita e la morte, questo film - in punta di piedi, con delicatezza,ma mai superficialità- ci racconta di noi. Come il grande cinema deve sempre fare.

Non è forse il miglior Leigh, altre opere sono più efficaci,ma rimane un buon appuntamento con il cinema che sa descrivere le persone. In questo mondo dominato dalla gente e dalla sua ignoranza reazionaria non è poco.
Straordinario il cast: Jim Broadbent e Ruth Sheen sono meravigliosi come coppia tuttosommato felice, ti fa venire voglia di invecchiare come loro. Magari non in Brianza,ecco.
Come non si può non penare per la povera Mary interpretata benissimo da Leslie Manville,ma tutti gli attori coinvolti sono straordinari.
Realismo minimalista che se anche non raggiunge i livelli massimi delle altre opere di Leigh, è sempre gran cinema di ottima qualità

4 commenti:

hetschaap ha detto...

Mike Leigh è un regista dalla rara delicatezza. Come ricordi giustamente nella recensione lui parla di persone ed esse non diventano mai personaggi, perché sono vere, reali. Sono uomini e donne pieni di debolezze e di slanci di umanità, uomini e donne che puoi incontrare ogni giorno per strada e che, nella maggior parte dei casi, ti permetti di ignorare, uomini e donne che vivono davvero perché amano, odiano, soffrono e gioiscono. Ed è come se Leigh ti dicesse: non dimenticarli. Non stanno dentro un film. Stanno accanto a te.

babordo76 ha detto...

verissimo. Quel realismo che io tanto amo. Perché appunto, ti dice una cosa vera: le persone , tutte, sono cinema e romanzi.Il vero crimine è ignorarle

andrea ha detto...

E' un film capace di esprimere l'individualismo sfrenato che connota la nostra società neoliberista e apatica. In fondo,la descrizione del loro giro del mondo giovanile che fa la coppia di anziani nel finale, assume anche una forma di distinzione sociale e economica che sigilla le distanze, anche sentimentali e umane, tra i vari personaggi del film. Ne è un'ennesima conferma, nella parte iniziale del film, l'autocompiacimento della psicologa di fronte alla sua paziente, che potremmo definire come soggetto filmico rappresentante di quelle forme di idiosincrasia con il mondo circostante che da tempo caratterizza la "poor society" inglese (e non solo).

babordo76 ha detto...

Andrea: ti ringrazio per il tuo ottimo commento. Devo esser sincero, dovrei riveder il film visto che da in po' che non lo vedo. . Ma Leigh è un regista che fa ottime analisi politiche e sociali, anche quando sembra che parli d'altro. Ciao e grazie.