sabato 26 settembre 2020

SPECIALE FLORENCE KOREA FILM FEST: SECONDO GIORNO. VENERDÌ 25 SETTEMBRE

 Un film di denuncia sulla repressione post-guerra civile costruita come un giallo classico,  un pleonastico film indie e un biopic contaminato con il prison movie. Questi sono i film visti durante la seconda giornata del Florence Korea Film Fest.

-The 12th Suspect

diretto da  Ko Myoung-sung.

Ho un debole per i film ambientati prettamente in un unico luogo.  L'atmosfera claustrofobica,  il lento svelarsi della reale natura dei personaggi, il tempo sospeso. Sono tutti elementi che arricchiscono la visione di un'opera cinematografica.  Mi riferisco in particolare ai film gialli, thriller, dove la tensione e la ricerca della verità, pongono lo spettatore in un'atmosfera ambigua, ricca di sfumature, particolari rilevanti da scovare. 

12th Suspect rientra pienamente in questa categoria di film. Una locanda, ritrovo di artisti, un  cliente misterioso che si rivela un agente dei servizi segreti militari e un doppio delitto ( vittime un poeta e una ragazza amata da gran parte della clientela maschile).  I riferimenti sono i classici gialli logico-deduttivi alla Agatha Christie,  in cui ogni ricordo, parola, punto di vista, subisce un cambiamento radicale.  Opere in cui quello che si è visto e si ricorda, spesso non coincidono.

Per cui assistiamo a questo giallo classico e perfetto, ci domandiamo chi sarà mai l'assassino del poeta e della ragazza. Fino a quando, a metà film,  12th suspect svela la sua reale natura, il suo vero scopo. Un colpo di scena potente, tanto repentino e veloce da scombussolarci. Se prima eravamo spettatori esterni di un'indagine, ora veniamo gettati con forza e violenza all'interno di una feroce, sadica, crudele, caccia alle streghe. E le streghe siamo noi.

 Il film racconta un periodo storico particolarmente difficile per la Corea: la fine della guerra civile. Il paese diviso in due, la paranoia e ossessione di veder spie comuniste in ogni luogo, in ogni persona.  Per cui il simpatico investigatore nasconde una natura ben diversa e per nulla pacifica.  Attraverso il suo personaggio assistiamo a come spesso i patrioti, sono solo degli opportunisti. E che dietro la morte del poeta e della ragazza, si cela un orribile segreto che ci riporta all'occupazione giapponese. 

Un film amarissimo, sconvolgente, radicale nel suo pessimismo. Un'opera che riflette sulla repressione, l'oppressione, nascoste dietro la difesa della patria. 



-Move the grave 

diretto da  Jeong Seung Oh

Prima o poi capita. È una regola ineluttabile, imprescindibile, un volere del destino, chiamatelo come volete, ma prima o poi succede. Cosa? L'arrivo del film indie. Una sciagura cinematografica degna dei migliori assalti da parte delle cavallette.

Il film narra la storia di quattro sorelle e un fratello, che devono tornare nel loro paese d'origine perché si deve rimuovere la tomba del loro padre. Un buon spunto, da cui si potrebbe creare una commedia sul senso della famiglia, dei ricordi, agrodolce. Invece è il nulla totale per un'ora e mezza di proiezione.  Inetto, inconcludente, insulso, pieno di un femminismo d'accatto, visto che le figure femminili sono delle ridicole figurine e non diventano mai reali personaggi. Nemmeno i dialoghi ci vengono in aiuto.  Non graffiano, non divertono, sono assai banali. Il primo film terribile, quello che ti chiedi : " ma non c'era nulla di meglio rispetto a questo?" è per ora codesto Move the grave. Spero sia il primo e anche l'ultimo.


- Man of will.

diretto da Won Tae-Lee.

 I film biografici non raccontano mai la storia di un uomo, ma la loro leggenda. Non sono opere storiche, che - almeno in teoria- dovrebbero narrare i fatti e gli uomini nella realtà degli eventi.  I film biografici sono il ricordo nazionale, le emozioni del fan di un cantante, il simbolo per le lotte o i cambiamenti che una persona è diventata. 

In questa ottica possiamo anche sostenere la retorica, il didascalismo,  la santificazione dei protagonisti.  Elementi nocivi per gli stomachi delicati di una certa critica, ma fondamentali per gli incassi della pellicola. 

Ammetto che dopo il nulla trattenuto, ma allo stesso tempo esibito con fastidiosa presunzione, di quella pellicola terribile che è Move the grave, un film epico, di grana grossa,  anche un po' ruffiano in certi punti, è un vero toccasana.

È cinema. Gaglioffo, ribaldo, e tante altre parole di cui non conosco il significato, ma cazzo se suonano bene. 

Il genere usato per narrare la vita di Kim Goo, eroe nazionale dell'indipendenza coreana, è il prison-movie. Infatti l'uomo finisce in un carcere, un vero inferno a cielo aperto, dopo aver assassinato un giapponese, reo- secondo il coreano- di esser responsabile dell'omicidio dell'imperatrice coreana. Tutta la prima parte ci racconta il calvario del nostro Kim. L'impatto visivo è molto forte e potente. Il cinema coreano è molto fisico,  per cui non ci viene nascosta nessuna violenza fisica subita dai detenuti. L'opera cambia quando Kim decide di scrivere una petizione per un suo compagno di sventura e prigionia  Egli è talmente bravo ed istruito, che riceve richieste d'aiuto sia dai prigionieri che dalle guardie.. Non solo, visto la sua abilità e il potere che ha su alcune guardie, decide di insegnare a scrivere e leggere ai detenuti e ai secondini.

Ho apprezzato molto questo film. La sua natura classica, il rifarsi a un cinema solido, robusto, per le masse. Sopratutto quest'anno il Festival mi sta insegnando parecchie cose e storie meravigliose sulla Storia Coreana.




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