sabato 1 marzo 2014

VYNIAN di FABRICE DU WELZ

Una coppia alle prese con il lutto per la scomparsa del figlio,durante lo Tsunami che nel 2005 sconvolse il mondo intero per l'alto numero di vittime e la violenza devastante della Natura.
L'uomo pare aver trovato un delicato e amarissimo equilibrio accettando la scomparsa,ma la moglie durante la visione di un documentario fatta da una loro conoscente , per una di quelle associazioni di solidarietà bianca e borghese per il resto del mondo, si convince di aver visto il figlio , ripreso di sfuggita nella ripresa del video.
E se fosse vivo? Illusione o realtà? D'altronde lei lo sogna ancora, ne avverte la presenza, le madri fanno fatica ad accettare che il loro figlio,cresciuto dentro di loro e dato al mondo da loro,possa davvero morire. Sopratutto in giovanissima età.







Così vediamo la coppia affidarsi a personaggi laidi e pericolosi per affrontare un viaggio della speranza che è anche uno sprofondare in un storia terrificante e crudele.
L'istinto materno,cosa è? Qualcosa di naturale e che per questo riesce a sopravvivere laddove i maschi sono solo sacrificabili,in un giungla che è Natura indifferente e omicida?  Perchè mentre l'uomo che rappresenta la razionalità e la comprensione del lutto diventa debole mentre avanza la storia,la femminilità seppure segnata e devastata dal dolore della perdita di un figlio rinasce ,come Regine Madre di una famiglia allargata,enorme,di bambini selvaggi,spietati.

Du Welz ci lascia sprofondare piano piano in questo delirio,mostrandoci le reazioni dei due di fronte al dolore della scomparsa e a come rielaborano la speranza. Lei con convizione,lui in realtà decisamente alieno e nemico del mondo che silenzioso e penetrante si sta costruendo intorno a loro.
Il film estremizza in un certo senso il discorso sulla natura matrigna presente in un film non del tutto riuscito del nostro amatissimo Von Trier, mi riferisco ad Antichrist,ma elabora meglio certi temi e li allarga.




Perchè i due sono anche il simbolo dei bianchi che si muovono in territori lontani con l'arroganza del denaro,di chi non vuole comprendere la cultura altrui,di chi si lava la coscienza facendo della beneficenza , e descrive la paura ancestrale del diverso,del selvaggio che risiede in ogni bianco delle falsate democrazie liberali. Questo tema si palesa nel rapporto tra il marito e le due guide thailandesi. Quando il capo, un mezzo criminale a esser sinceri, dice che non solo lui- l'uomo bianco- ha perso un figlio ma pure loro hanno visto morire i loro cari. Gli sbatte in faccia l'indifferenza assoluta per il dolore altrui,quasi si stupisce l'uomo della tragedia dei due autoctoni .
Un film quindi doloroso che mescola alcune tematiche horror come i bambini assassini,ben presente e possente sopratutto nel finale, con i temi del lutto e della difficoltà di superarlo, della Maternità e della Natura Matrigna, il delicato confronto -scontro tra Occidente e resto del mondo, lo smarrimento e solitudine dell'uomo di fronte al pericolo e alla morte, la forza del Femminile,dell'Irrazionale, contro la debolezza e inadeguatezza del Maschile e della Razionalità.




Du Welz conferma una mia idea: il genere può essere liberato da certe sue regole,mantenendo la forma e alcune di esse, per affrontare argomenti più ampi e profondi E sopratutto il genere horror ha svariate possibilità  di metafore,sotto testi, radicalismi ed estremismi concettuali e tematici fondamentali ed urgenti.

La pellicola potrà risultare prolissa e noiosa per quelli che da un film horror vogliono solo l'effetto grandguignolesco, tette e frattaglie,per chi non esce da un infantilismo idiota e passivo,da spettatore mediocre  e incapace di rielaborare la visione e la sostanza di un'opera filmica. Per il resto dell'umanità, seppure con alcune incongruenze e zone d'ombra , il film in questione sarà una bella mazzata.
Il lato oscuro della maternità

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