In fondo non sarebbe male...Lasciarsi trasportare dalla mancanza di gravità e volare in alto. Superare gli alberi, i tetti, far compagnia a qualche uccello e poi perdersi nello spazio, nell'universo.
Sono sicuro che visti dall'alto appariamo tutti piccoli, fragili, goffi. Sono sicurissimo che verrebbe istintivo provare pietà per quei piccoli insetti e per le loro vite.
Se guardassimo attraverso lo sguardo di Dio non potremmo far a meno di provare tenerezza e malinconia per gli esseri umani. Dio è compassione.
E da noi manca. Troppo.
Non è facile vivere, nessuno ci ha assicurato il contrario. Noi cerchiamo di evitare ogni tipo di giudizio, critica, cullandoci nelle nostre debolezze. Diamo la colpa al destino, a Dio, a chi vuoi tu. Convinti di poter ballare la canzone dell'eterna giovinezza e di una libertà dissoluta, ubriacandoci di desideri e sogni di seconda mano. E poi ci sono quelli abbandonati a sé stessi, i miserabili che temiamo e disprezziamo perché sono ladri, bugiardi, ok... Ma non è questo. Quello che detestiamo di Tallulah è la sua povertà esibita, la mancanza di regole, una pecora nera in un mondo di lupi.
Tallulah vive alla giornata. Vuole solo sopravvivere. Per questo ruba e vive di espedienti. La sua è una vita per nulla libera ma una vita da outsider senza gloria.
Ce ne sono tante e tanti come lei. Vivono nelle nostre città. Non li vediamo mai, perché facciamo di tutto per evitare di incrociare il loro sguardo e sentire le loro parole. Non ci raccontano mai storie entusiasmanti ma bugie ridicole, sono pessimi attori.
Una come Tallulah nemmeno merita un euro di gentilezza spicciola. Non ha nulla di speciale ed è anche fastidiosa. Lei è convinta che debba per forza vivere una vita senza scopo, ai confini del vivere decentemente.
Chissà che avrà avuto in testa? Quando si presenta dalla madre del ragazzo che l'ha mollata, perché stanco di quella vita balorda. Non c'è nulla di bello nel magiare cibo preso dalla spazzatura.
La donna è una persona istruita che fa parte del mondo intellettuale, liberale, eppure è così sola. Vive in un appartamento che non le dovrebbe appartenere e non riesce a lasciarsi alle spalle la fine del matrimonio.
Anche lei è una di quelle persone che ci capita di incontrare spesso nelle nostra vita. Uomini e donne che hanno una vita di agi borghesi, una buona cultura, idee anche accettabili, eppure sono persi/perse in esistenze grigie, piene di un sottile rancore e troppi rimpianti.
Gente che potrebbe vivere bene e invece è prigioniera della propria tristezza, infelicità.
Il destino o Dio però ha piani misteriosi per ognuno di noi. Noi che siamo così sicuri di aver capito chi siamo, cosa vogliamo e cosa dobbiamo fare per ottenerlo. Ora tra le tante cose che ci rendono la vita difficile, la maternità sta nei primi posti. Chiedetelo alla donna che affida la sua figliola a una ragazza che non conosce affatto, confondendola per una cameriera dell'albergo.
Una donna che si sente sconfitta dal tempo, di aver perso tutto quello che la gioventù e la bellezza potevano darle. Una donna debole, senza carattere, vuota.
Il mondo è pieno di uomini e donne che stanno male, che hanno problemi perché cresciuti da madri sgangherate. Quando hai un figlio non ci sono più scuse. Devi prenderti cura di lui o lasciare che vada a vivere in altri posti
Non hai più giustificazioni.
Ecco questo piccolo, grande film mette in scena la vita di tre donne imperfette e di un mondo indifferente, senza evitare le sgradevolezze di costoro. Non ci sono ammiccamenti e leggerezze nel tono e questo è un bene.
Lo spettatore, come qualsiasi cittadino, non vuole sporcarsi troppo, non gli va di vedere l'aspetto peggiore delle persone. Per cui, va bene parlare di emarginati o di persone incapaci di vivere, a patto che siano facilmente digeribili. Che non mi ritrovi a imbattermi nella negatività
Questi personaggi sono negativi e hanno tante colpe. Eppure... Qualcuno o qualcosa che ci guarda dall'alto ci porta a focalizzare lo sguardo sui particolari. E qualcosa cambia.
La giovane sbandata e ladra sa amare e prendersi cura di una bimba, una donna che vive chiusa in sé stessa evitando ogni tipo di relazione prova ad aprirsi e una madre degenere capisce cosa voglia dire avere una figlia.
Perché non c'è una persona buona o una cattiva senza qualche peccato inconfessabile o qualche sorprendente virtù.
Siamo noi, sempre più pigri e portati a un giudizio frettoloso che diventa verità assoluta, a non vedere quanto possiamo brillare. Quanto amore sappiamo dare.
Tallulah è tutto qui. Un film sincero, duro, opera che non nasconde mai le debolezze delle sue protagoniste ma non le giustifica. Non sono "puttane sante", ma piccole donne anche mediocri in alcuni momenti.
Però a nessuno è negata la capacità di amare, di donarsi per qualcuno. Le relazioni sono importanti, più ne hai, più hai modo di conoscere gli altri, aiutarli e meno ti viene da dire, che ne so... Ruspa!
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martedì 4 settembre 2018
sabato 17 settembre 2016
MAN IN THE DARK di FEDE ALVAREZ
Ogni tanto si sente il bisogno di un tuffo nel cinema puramente di genere. Non per rilassarsi, divertirsi, spiegazioni anche logiche, ci stanno, ma che non appartengono a uno spettatore indisciplinato. Il cinema altro e oltre, quello che fa dire ai più: " du palle!" a me piace e mi diverte.
Mi piace guardare film di genere perché, non sempre ma spesso, è cinema degno di nota e che dietro a storie fantastiche o d'intrattenimento leggero, sa raccontare cose importanti.
Come le racconta? Sicuramente non con analisi sociali e politiche alla Dardenne, i miei amatissimi fratelli belgi, propio no. Diventa "politico" il modo di girare e di mettere in scena i personaggi.
Eh, si! Su questo punto condivido l'idea di Ken Loach che giudica " fascista" l'uso del grandangolo, ora, è evidente che si tratti di forzatura, ma come molte cose esasperate nasconde una verità: filmare è sempre un atto politico, di scelte e responsabilità. Che divido con il mio pubblico.
Man in the dark, ad esempio è purissimo cinema di genere. Un omaggio al sotto genere : home invasion. Un derivato dai film d'assedio. Io amo questo tipo di cinema: girato in pochi spazi e luoghi, con un cast ridotto, dove contano le dinamiche umane per uscirne vivi. Che tu abbia a che fare con qualsiasi tipo di nemico, alla fine, in questo tipo di pellicole, le motivazioni e lo sguardo sull'essere umano, volenti o nolenti, esce e si palesa davanti agli occhi meravigliati e stupiti degli spettatori.
Si, parlo di meraviglia, perché codesta pellicola lo è in tutto e per tutto!
Merito del suo regista, il più che promettente : Fede Alvarez.
Il quale dopo averci stupito e conquistato con il più che riuscito "remake", ma preferisco parlare di rielaborazione autonoma di un classico del cinema horror, di " Evil Dead", torna con una pellicola che, forse, non ti saresti aspettato.
Scrivo questo perché " Don't breathe"- titolo originale di questo film- lascia lo splatter presente in dose massicce nell'opera precedente per spaventare in altro e totalmente differente modo.
In breve: Dtetroit non è più né la città dell'auto, né la città del rock. Cosa rimane? Un posto fallito economicamente, con un comune il quale è stato a lungo commissariato- e poi ci si lamenta di Roma, tsé- e tutti i guai che si possono avere ad essere o trovarsi, poveri, nella terra della ricchezza ostentata, esibita, benedetta da Dio.
Vi ricordate, prima, quando scrivevo che "filmare" è atto politico, ecco volevo dir questo. Riprendere ed ambientare una storia nata per intrattenere, in un quartiere disabitato, abbandonato, che cade a pezzi è simbolo che non vuoi solo spaventare, ma con le inquadrature, in modo anche defilato, con pochissimi dialoghi e spiegazioni di cosa spinga i personaggi a far certe scelte, tu stai parlando anche di cose più serie e dure.
La miseria, la totale non fiducia nel futuro o, ironicamente, il contrario un sogno di riscatto, portano delle persone a far scelte sbagliate. Come la solitudine, l'emarginazione, un dolore invincibile, la legge e giustizia come fattore personale, spingono altri a diventare belve
Il tutto in un non luogo, nel cuore della più grande democrazia mondiale.
Tre ragazzi, una coppia e un loro amico, occupano le loro vite sottoproletarie con i furti nelle case di gente facoltosa. Esproprio proletario, in un certo senso. Hanno anche un loro codice legato non tanto a motivazioni etiche, ma per non dover far troppi anni di galera. Uno di dessi, Alex, è innamorato della protagonista, Rocky, legata al bullo del terzetto. Costui sfrutta il fatto che suo padre lavori in una ditta la quale si occupa di installare allarmi, per prender le chiavi e compiere i loro furti. Un giorno scoprono che, in un quartiere abbandonato, vive un vecchio. Ex reduce della prima guerra del golfo. Cieco, solo. Ha perso la figlia in un incidente. La responsabile essendo di famiglia ricca, gli ha dato molti soldi. In segno di risarcimento. D'altronde nel mondo liberal-capitalista, ogni cosa ha un suo prezzo, anche il dolore assoluto della perdita di una bambina.
Quello che dovrebbe esser un "simple plan", tanto per citare il produttore del film: Sam Raimi, si trasforma in un incubo.
Ora, come puoi girare un film del genere? Puoi puntare a un pubblico di bocca buona: scene splatter ma con risvolti anche ironici e sarcastici, inquadrature anatomiche della protagonista, battutine e strizzatine d'occhio, un citazionismo invadente. Questo è un modo, giusto o sbagliato decidete voi. Come potresti continuare sulla strada presa con il film precedente,visto il successo
Alvarez, saggiamente, rischia e cambia registro. Pochissimo o nullo splatter. tantissima tensione dovuta ai silenzi, all'attesa, all'uso perfetto della macchina cinema. Inquadrature, movimenti della mdp, primi piani.
E ti senti intrappolato dentro quella casa. Tifi per i due ragazzi sopravvissuti, affinché possano salvarsi, non è uno di quei film fascisti, ce ne sono nel genere, che ti spingono a desiderar la morte di personaggi-macchiette. Film che vogliono stuzzicare il lato sadico e vigliacco dello spettatore. Qui non succede nulla di tutto questo. Perché attraverso il suggerito, pochi dialoghi e una scena in un fatiscente soggiorno, ti spiega che questi ragazzi sono delle vittime. Come lo è, in parte, anche il loro aguzzino. Sono persone emarginate che reagiscono come possono al dolore e alla povertà.
Ci tengo che codesto punto sia ben chiaro. Non occupa con un trattato l'intero film e forse nemmeno interessava più di tanto al regista, ma l'ambientazione è fondamentale, ci dice molte cose.
Man in the dark, è un ottimo esempio di cinema legato al genere. Un piccolo gioiello di tensione, e perfezione tecnica.
Opera che conferma un nome da tener d'occhio, nel panorama del genere horror.
lunedì 26 ottobre 2015
CRIMSON PEAK di GUILLERMO DEL TORO
Siamo portati, in questa epoca di democratizzazione imposta , a creder che siamo tutti in grado di scrivere libri, fare film, recitare. In genere ogni cosa abbia a che fare con l'intelletto, l'arte, la cultura, è cosa da poco. Che ci vuole? Prendo dei personaggi e li sbatto in un certo contesto e il gioco è fatto. Sopravvalutazione della propria mediocrità, in cerca di lauti ricompensi economici, e disprezzo per un'attività che impiega : fantasia, immaginazione,una certa preparazione nell'uso dei linguaggi, duro e noioso lavoro di revisione e tanto altro. Poi c'è una cosa che in tv par cresca sugli alberi, ma non è così: il talento.
Ora uno a furia di far le cose potrebbe anche arrivare a un prodotto dignitoso, in serie, cose che guardi e dici: "non male" Ma tutto ciò è destinato all'oblio
Il talento è quella cosa che da un : voglio riportare il Gotico,accompagnato da un buon bicchiere di letteratura vittoriana, sullo schermo, da un progetto pieno di buffonate in costume, a una vera e propria lezione sul genere. Un omaggio che non rielabora il gotico e compagnia macabra, ma lo riporta con la stessa potentissima carica emotiva ed evocativa, sul grande schermo. Vuol dire saper ricostruire quel tipo di immaginario, saperlo manovrare benissimo e aggiungere quei tocchi di ineluttabile modernità, senza mostrare la corda: cioè siamo nel duemila e mi sto sparando le mie pose su un momento ben preciso, senza che ne abbia le adeguate conoscenze. Crimson Peak, par fratello della Dama in bianco e di quei libri lì. Grande Del Toro. Qui c'è tanto mestiere e tanta genialità
Ci sono tutti gli elementi classici: una giovane donna, orfana di madre e figlia di un arricchito yankee, un raffinato baronetto inglese, la prova che Del Toro sia un grande regista? Guardatevi la scena del valzer eseguito tenendo in mano una candela. Quella scena mi ha conquistato sia prima, durante e dopo. Impeccabile e magistrale.
Aggiungete una sorella minacciosa e misteriosa, una casa decadente, neve, argilla rossa che esce dalle fessure delle pareti e pavimenti, che par debba ingoiare la casa e i suoi abitanti, e fantasmi. Certo, i vecchi, cari, fantasmi, i quali evocano anime in pena, che hanno subito morti violente o che sono messaggeri di cattive notizie.
Pensate bene a che vita eterna di merda fanno costoro! Ma come figliola mia: vengo a dirti di non andare a Crimson Peak e te ci vai? Con tutto il traffico che trovo per tornare nel tuo mondo? Oh! Ma d'altronde il destino, il fato, la nostra tragica fine è scritta: nelle nostre scelte scellerate.
Prima cosa: i personaggi. Certo, oggi ci sembrano un po' superati e stereotipati, ma anche qui entra in campo il talento. Un regista qualsiasi, uno di quei mestieranti che par, in questi ultimi anni, diventati così fondamentali per il cinema, che fa? Te li riporta sullo schermo dei manichini fuori tempo, superati dal contesto storico in cui l'immaginario collettivo lavora. Sarebbe una di quelle pellicole che vorrebbero riportare in auge un certo genere, ma ne fan risultare solo i difetti . Uno con il talento di un immenso autore come Del Toro, ti prende quei personaggi tagliati con l'accetta, stereotipati, e infonde a loro un po' di anima. Quel poco per render questo personaggio già visto, conosciuto, archiviato, qualcosa che valga la pena di seguire, entusiasmarsi.
I personaggi di questo film sono così. Pur rimanendo inchiodati nelle regole consolidate, cercano una via di comunicazione con lo spettatore. Non tutti, quelli più sensibili e quindi indisciplinati.
Merito del cast, davvero notevole: Mia Wasikowska, è impeccabile nella figura della donna in pericola. Fragile, ma anche di sani e solidi principi morali: vuol farsi strada come scrittrice di romanzi che parlano di fantasmi, ma in quanto donna deve per forza pubblicare storie d'amore. Cerca di ribellarsi alle regole del suo tempo, ma è anche legatissima ad esse. Ha un bellissimo rapporto con il padre: una ragazza molto credibile, sono ed erano tante, a mio avviso, le ragazze come costei. Mia la rende palpitante e viva. Tom "Tommolino" Hiddleston, ha la giusta dose di ambiguità per un personaggio che nasconde risvolti anche inaspettati, ma a ben vedere non tanto. Comunque, dona una certa classe inglese. Ha un lato positivo e sognatore e l'altro più pericoloso, ma vittima di un rapporto non proprio sano con la sorella.
La sorella.. Apro una piccola parentesi, eccola: codesto anno, tra le tante meraviglie, sono stato profondamente colpito e scosso da due personaggi femminili, che sono entrate nella mia personale stanza del cuore dedicata a quei personaggi cinematografici, ma che io reputo vivi e ci parlo pure, talora. Una è Viola, da Suburra, l'altra è la magnifica, straordinaria, Jessica Chastain e il suo personaggio: Lucille Sharp.
Fredda, spietata, immagine potentissima del Male, eppure con quei pochi momenti di commozione che regala al fratello, dove alla fine non possiamo non provare pena per questi due. Jessica Chastain fa un lavoro impressionante e memorabile su questo personaggio, dosando benissimo le espressioni del viso, le occhiate, i silenzi e le esplosioni di rabbia. Un crudele angelo della morte: terrificante e spietato, eppure cosa avrò subito questa donna da bimba? Cosa l'ha resa così? E come mai il Male ci attrae tanto, pur quando il personaggio positivo è scritto e interpretato benissimo e non possiamo augurarle nulla di male?
Lucille è tra le migliori cattive apparse sul nostro schermo. Da ricordare a lungo.
E poi c'è la casa. Luogo macabro, fatiscente, decadente, simbolo della corruzione e dello sprofondare nella follia, di luogo che ha sepolto orribili segreti, prigione di fantasmi e di diabolici piani. La potenza visiva del film è da togliere il fiato. Puro cinema a massimi livelli: scenografia, costumi, montaggio e fotografia, colonna sonora. Movimenti di macchina da presa sempre raffinati e doverosi, nessun spazio a pleonastici virtuosismi.
Miscela esplosiva di romanzo gotico, fiaba, elementi vittoriani e di cinema classico del genere horror, ci ho visti anche riferimenti a Dario Argento, fanno di questo film un'opera decisamente riuscita. Ora Del Toro, sicuramente, ha fatto anche di meglio e quel meglio è il suo massimo capolavoro: il labirinto del fauno, ma è senza ombra di dubbio una pellicola di straordinaria bellezza visiva, molto interessante come omaggio al genere gotico e non solo, sorretta da un buon cast. Non è affatto poco, credetemi.
martedì 13 ottobre 2015
UN GIORNO DI TERRORE (LADY IN THE CAGE) di WALTER GRAUMAN
Nel loro piccolo, i blogs, svolgono un ruolo importante, oltre che farti conoscere persone le quali diventano quasi come gente di casa o di servizio, tanto per dire... In ogni caso: prendi codesta pellicola. Non la conoscevo, poi un giorno, ho letto sul Bollalmanacco dell'amica Erica una sua recensione. Mi ha subito colpito e così sono andato a cercarlo
Ecco, questo per me è una delle più belle funzioni di un blog: far conoscere i films. Non tanto la voglia del blogger di dire al mondo: ci sono! Ma le sue visioni, i suoi films preferiti. Con tanta vita vissuta del tizio o della tizia, che noi siamo spettatori. Non cinematografari.
Noi, cioè : Io. Ma questa è altra storia.

L'opera in questione è uno dei film più violenti e crudeli che io abbia mai visto. Forse perché l'ho preso sottogamba, dicendomi: "Vabbè, è del 1964, sai che effetti, sai che violenza! Sicuramente sarà ben girato, ma mica fa paura!" E invece....
Invece non è solo paura, quella schietta e spiccia di chi vede un film di tensione. Cioè, ok sono teso per la tizia protagonista, al massimo chiudo gli occhi quando c'è una scena forte, ma non smetto mai di mangiucchiare. Voi , che siete dei servi degli americani, i pop-corn. Io i taralli. Insomma, quando al secondo tarallo ti passa l'appetito, qualcosa vorrà pur dire. No?

Vuol dire che sceneggiatore e regista non scherzano per nulla. Non ti hanno invitato a una festa, non sei l'ospite d'onore della serata di Halloween, ma sei una vittima del film. Della sua ferocia, del suo nichilismo violento e irrefrenabile. Non si tratta, giusto per metter le cose in chiaro, di una storia dove ci sono i cattivi - la banda di giovinastri dove spicca un giovane James Caan - e i buoni, la donna in gabbia appunto.
Qui tutti hanno delle colpe, dei peccati grossi, qui tutti sono giudicabili e condannabili, qui c'è la fottuta festa del Dio Vendicatore, senza compassione alcuna.

Come direbbe Federico Frusciante: "la trama è semplice" Una ricca e affermata donna americana, scrittrice se non erro, rimane chiusa dentro il piccolo ascensore che l'aiuta a evitare di far le scale, visto che ha un problema a un ginocchio. Per caso il suo allarme viene sentito da un poveraccio senzatetto: Pentiti. L'uomo visto il tesoro ne parla con un ricettatore. Ben presto in quella casa saranno tanti a voler le ricchezze della donna. Dando inizio a una mattanza dove tutti sono vittime e carnefici, perchè.. Non so se lo sai: gli altri siamo noi.
Un mondo dominato dall'indifferenza, dalla violenza gratuita, dal disinteresse nel confronto dell'altro che diviene una vittima da reprimere. Un grande e dolente canto sulla disumanizzazione. Sul lato nero dell'America e quindi nostro.
Terribili sono già le sequenze iniziali che ci fanno intuire dove stiamo andando a parare: tra ragazzine che calpestano con i pattini i senza tetto, clacson suonati con rabbia, il cadavere di un cane abbandonato su una strada. E tanta pattumiera, appena fuori dalle belle villette della borghesia.
In poche parole consiglio codesto film perché parabola amarissima e spietata della deriva umana, per nulla consolatorio, ma non scioccamente cinico e compiaciuto. C'è tanta sofferenza dietro.
Ecco, questo per me è una delle più belle funzioni di un blog: far conoscere i films. Non tanto la voglia del blogger di dire al mondo: ci sono! Ma le sue visioni, i suoi films preferiti. Con tanta vita vissuta del tizio o della tizia, che noi siamo spettatori. Non cinematografari.
Noi, cioè : Io. Ma questa è altra storia.
L'opera in questione è uno dei film più violenti e crudeli che io abbia mai visto. Forse perché l'ho preso sottogamba, dicendomi: "Vabbè, è del 1964, sai che effetti, sai che violenza! Sicuramente sarà ben girato, ma mica fa paura!" E invece....
Invece non è solo paura, quella schietta e spiccia di chi vede un film di tensione. Cioè, ok sono teso per la tizia protagonista, al massimo chiudo gli occhi quando c'è una scena forte, ma non smetto mai di mangiucchiare. Voi , che siete dei servi degli americani, i pop-corn. Io i taralli. Insomma, quando al secondo tarallo ti passa l'appetito, qualcosa vorrà pur dire. No?
Vuol dire che sceneggiatore e regista non scherzano per nulla. Non ti hanno invitato a una festa, non sei l'ospite d'onore della serata di Halloween, ma sei una vittima del film. Della sua ferocia, del suo nichilismo violento e irrefrenabile. Non si tratta, giusto per metter le cose in chiaro, di una storia dove ci sono i cattivi - la banda di giovinastri dove spicca un giovane James Caan - e i buoni, la donna in gabbia appunto.
Qui tutti hanno delle colpe, dei peccati grossi, qui tutti sono giudicabili e condannabili, qui c'è la fottuta festa del Dio Vendicatore, senza compassione alcuna.
Come direbbe Federico Frusciante: "la trama è semplice" Una ricca e affermata donna americana, scrittrice se non erro, rimane chiusa dentro il piccolo ascensore che l'aiuta a evitare di far le scale, visto che ha un problema a un ginocchio. Per caso il suo allarme viene sentito da un poveraccio senzatetto: Pentiti. L'uomo visto il tesoro ne parla con un ricettatore. Ben presto in quella casa saranno tanti a voler le ricchezze della donna. Dando inizio a una mattanza dove tutti sono vittime e carnefici, perchè.. Non so se lo sai: gli altri siamo noi.
Un mondo dominato dall'indifferenza, dalla violenza gratuita, dal disinteresse nel confronto dell'altro che diviene una vittima da reprimere. Un grande e dolente canto sulla disumanizzazione. Sul lato nero dell'America e quindi nostro.
Terribili sono già le sequenze iniziali che ci fanno intuire dove stiamo andando a parare: tra ragazzine che calpestano con i pattini i senza tetto, clacson suonati con rabbia, il cadavere di un cane abbandonato su una strada. E tanta pattumiera, appena fuori dalle belle villette della borghesia.
In poche parole consiglio codesto film perché parabola amarissima e spietata della deriva umana, per nulla consolatorio, ma non scioccamente cinico e compiaciuto. C'è tanta sofferenza dietro.
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