martedì 25 agosto 2015

LA PRIMA NEVE di ANDREA SEGRE

Le storie...Quanti tipi di storie possiamo inventare? Quante esistono? Tante? Poche? Io credo tantissime, almeno cinque miliardi e passa, quanti siamo noi in questo mondo. Pochissime, perché l'amore e la morte, la felicità e il dolore, sono sempre le stesse . Per tutti noi.
Allora cosa rende una storia, così diversa e così uguale, migliore di un'altra? Forse il modo di raccontarla, filmarla, forse questo. Il come ha una sua fondamentale importanza. Tu, però, non prenderla come fosse una legge fissa Diciamo che è quella più valida.

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Andrea Segre sa come raccontare una storia. Che gira più o meno sempre su temi già ampiamente esplicitati e messi in scena nella sua opera precedente: Mi chiamo Li.
Cosa raccontano i suoi film? Di persone che si incontrano. Stranieri, spesso con problemi di lontananza o perdita di un famigliare, e italiani che vivono una placida e implacabile solitudine o pena per qualcosa che non è andato come doveva. La morte di un padre, o altro. Intorno una piccola umanità. Non ignobile, non gloriosa. E proprio questo non voler calcare la mano sugli aspetti negativi e non voler santificare nessuno, che il messaggio di fratellanza, solidarietà,condivisione, empatia, colpisce in pieno.
Il cinema è uno strumento utilissimo per emozionare e far riflettere la gente. Attraverso le persone che vedi sullo schermo, riconoscersi o riconoscere l'altro da me. Per questo in fase di scrittura e per tutta la durata del film è fondamentale avere dei personaggi a tutto tondo, ricchi di sfumature, di contraddizioni. Tutto questo lo trovi in questa meravigliosa pellicola.

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La storia di un migrante dal Togo, giunto da noi sui famosi "barconi", padre di una piccolissima figlia, che non sopporta poiché le rammenta la moglie morta per le sofferenze patite durante l'attraversata sul mare. Non è un uomo facile, a volte spigoloso. Una persona tormentata dalla colpa. Trova lavoro presso un anziano apicoltore. Qui piano piano stringe amicizia con il nipote del vecchio: un ragazzino orfano.
Il ragazzino è irrequieto, non vuole andare a scuola, passa le giornate in montagna con il nonno, uno zio strambo, e i suoi amichetti. Ha un rapporto conflittuale con la madre, una giovane donna che si occupa dei profughi, ma non riesce a star a dietro al figliolo. Non per incapacità, ma perché anche lei presa dal lutto, dall'inerzia, da tante cose.Seppure cerchi sempre un contatto con il figlio, ma sbagliando.

Sono uomini e ci sono sentimenti. Profondi e non urlati, si io preferisco più il melodramma spinto, ma Segre non nasconde i sentimenti che esplodono in un abbraccio, un sorriso, due lacrime. Ha uno stile di regia che qualcuno potrebbe dire freddo, distaccato, documentaristico, ma il calore rimane. Basta aver un minimo di umanità e sentimento

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L'opera di Segre, oltre ad essere cinematograficamente parlando molto ben fatta, è anche la cura giusta contro quelle clamorose teste di cazzo chiamate : razzisti.
Perché mette in scena la vita umana. Con i suoi dolori e gioie. La perdita di una moglie per un giovane africano e del padre per un ragazzino italiano, passa attraverso camini comuni. Da anni siamo stati preparati a al peggio, da decenni riteniamo che ogni forma di cattiveria, di indifferenza nei confronti degli altri, di rabbia repressa contro gli altri, sia cosa buona e giusta. In tv, in certi giornali, da certi idioti, abbiamo imparato questo.
Il popolo, sempre bue e imbecille se non sottoposto a una seria coscienza di classe, ci crede. Anzi, non gli par vero: posso mandare a fanculo, augurare la morte e la sofferenza, e non mi dicono nulla. Alcuni muoiono scappando dalle nostre guerre, noi crepiamo rimanendo nella nostra idiozia. Ed è una morte peggiore
Perché il razzista, il cattivista da tastiera, il cinico che se ne frega, sono morti che camminano. Un colpo nella loro testa vuota, colpi di consapevolezza, amore, empatia, sarebbe la cura migliore. Per chi li ha conciati in quel modo invece colpi di legnate .

Oltre il problema politico, ci dimentichiamo delle guerre scatenate in Libia e in Siria, come ci scordiamo che per anni abbiamo sostenuto l'isis contro i cattivoni Gheddafi ed Assad, per poi scoprire ora che razza di assassini siano, c'è il fattore umano.

Segre racconta bene i sentimenti umani, le cose che abbiamo in comune come uomini. Non si smentisce nemmeno in codesta opera. Spunti di riflessione importanti, sottili e forti commozioni, un cast di attori davvero molto bravi e intensi.
Questo è il cinema che io amo. Sociale, civile, impegnato, e attento all'umanità

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