venerdì 28 agosto 2015

I NOSTRI RAGAZZI di IVAN DE MATTEO

Che sappiamo dei nostri figli? Con quali verità in tasca possiamo parlare dei "giovani"? Chi sono? Una categoria dove metter a casaccio delle persone che non hanno problemi di deambulazione, memoria,ecc.. O un passaggio preciso, che in occidente dura tutta la vita (con gli effetti che sappiamo)

Queste potrebbero essere le domande di fondo, alla base, di codesta opera forte e inquietante, per la regia di De Matteo.


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Perché in realtà ci spinge a riflettere sulla difficoltà di essere genitori, forse perché ci sono almeno un paio di generazioni che non sanno cosa voglia dire, troppo presi dalle loro libertà e felicità prettamente individuali
Libertà e felicità che però non compongono una società evoluta e gioiosa, ma un mondo dominato dalla rabbia repressa, indifferenza per la vita altrui, incapacità di comunicare il dolore e condividerlo con gli altri. Fossero anche i nostri mariti e mogli.
Comincia con un tizio, un vero coglione, che si fa ammazzare per legittima difesa da un giovane poliziotto, si sviluppa ed esplode attraverso il pestaggio di una senza tetto e finisce con un incidente o forse no...Un'opera segnata dalla morte e dalla violenza. I vari tipi di violenza. Fisica, ma anche quella covata per anni, l'odio che nasce contro un famigliare che non comprendiamo, abbandonati e radicati nel nostro Io.


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Violenza che non appartiene solo a chi è "cattivo", ma anche a molti buoni, che stimolati su punti deboli o portati a un certo limite, per colpe di dinamiche fraterne non del tutto superate, esplode e si manifesta. Come disperato bisogno di aiuto, perché si ritrova solo senza nessun sostegno da parte delle persone che dovrebbero aiutarlo.
Due fratelli: uno avvocato in carriera, che vive di lavoro, lusso, vedovo, risposato con una donna sfuggente come carattere, come persona, una che ama la bella vita e non fa molto, ma non disprezzabile. L'altro è un amatissimo chirurgo del reparto infantile. Salva la vita ai bimbi, uomo allegro, gioioso, a suo modo con una certa etica.
Una sera la moglie di quest'ultimo vede un filmato dove riconosce il suo figliolo e la nipote come aggressori di una senza tetto.
Il precario equilibrio tra le coppie esplode.

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 Il film è sicuramente duro e cinico, mostra un mondo alla deriva, rovinato da comportamenti e modi di fare considerati normali. Radicati nell'indifferenza assoluta di chi dovrebbe educare: genitori, insegnanti, società tutta. Che preferisce covarsi rancori, vivere di piccole e grandi ipocrisie, piuttosto che manifestare i propri sentimenti e condividerli. Io credo sia meglio litigare con un amico o con la moglie, marito, per cercare una riconciliazione, un nuovo inizio, o semplicemente un aiuto. Cosa ci costa dire: mi ferisci se mi fai questo? Oppure riconoscere: si sono stato cattivo con te in questo caso.
Ma se non siamo sinceri con noi stessi, è chiaro che non sapremo educare i figli. Crescendo dei coglioni che giudicano la morte di un essere di classe inferiore o di altra razza, come una cosa da nulla.
Un discorso politico e classista. L'unica cosa su cui si basa la nostra società è la repressione e controllo classista di chi comanda contro le altre fasce. Qualora dovessimo non comprenderlo e continuare a giustificare i comportamenti dei nostri ragazzi, non solo come figli, ma come connazionali e persone come noi, non faremo altro che peggiorare le cose.

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Certo l'opera è imperfetta, forse un po' compiaciuta della sua tesi, ma è personale e autoriale. C'è un preciso pensiero e una vera urgenza nel dover affrontare un tema importante, peraltro sostenuta benissimo dal validissimo cast: Lo Cascio, Mezzogiorno, Gassman, Bobulova.

2 commenti:

Kris Kelvin ha detto...

Un film più importante che bello. I temi che tratta sono forti e certamente fa discutere, ma lo svolgimento mi pare tutt'altro che memorabile: personaggi macchiettistici e fin troppo stereotipati (Lo Cascio comincia un po' a stufare nella "solita" parte del professorino integerrimo e di sinistra, ormai sembra il sosia di Silvio Orlando), e sceneggiatura che ad un certo punto non sa più dove andare a parare (il finale è davvero ridicolo: è lampante che il writer non sapeva proprio più che pesci prendere! :) )

babordo76 ha detto...

Il finale ridicolo è quello del libro da cui è tratto. Gli attori possono stancare o no, ma sono validissimi.
Non sono nemmeno macchiette in quanto rappresentano un modo reale di comportarsi, di cercare o sfuggire la responsabilità