giovedì 2 giugno 2016

FIORE di CLAUDIO GIOVANNESI

"L'amore va oltre/ evade una prigione" Ecco, in questa frase di un piccolo classico dell'illustre cantautore Gatto Panceri, si potrebbe trovare il senso di codesto film.
L'amore, l'amicizia,  la voglia di dare e ricevere affetto e attenzione, di aver qualcuno, sono cose belle date in omaggio o premio ai cittadini perbene e onesti, o ci riguarda tutti? Un delinquente, un o una giovane che si ritrova o sceglie una strada fatta di reati e furti, è forse incapace di innamorarsi? Sono domande che questa pellicola pone ai suoi spettatori. Non lo fa cercando di forzare la mano, mostrandoci ragazzi e ragazze sottoposti alla repressione dello Stato, non cerca una netta divisione tra poveri cristi e guardie infami, non ci sono scene di violenza all'interno di quelle mure, tipiche di moltissimi film che tendono a romanzare una realtà dominata dal tedio, dal tempo interminabile, dalle sbarre, dal cortile, dai lavori che dovrebbero servire per reinserire nella società, chi comunque ha sbagliato e ha commesso gesti non giustificabili.
In  Fiore, c'è la quotidianità dietro le sbarre, la normalità fragile e le dinamiche dei rapporti fra detenute che rispecchia, nel bene e nel male quello che avviene fuori.
La galera non è un mondo a sé stante, non è altro rispetto a quello che le persone sentono, provano, subiscono, fuori. Certo esistono regole e restrizioni ben precise, ma se andiamo oltre si formano gruppi, si litiga, si gioisce per una partita giocata in cortile. Nelle galere è anche possibile innamorarsi.

Giovannesi , alla sua seconda opera,  ragiona e mostra questo semplice fatto: una persona non è il suo reato, se dovessimo colpire e fermare qualcosa è il reato stesso, capendone le origini, spesso sociali e culturali, non tanto l'uomo o la donna, che posti in altri ambienti e condizioni potrebbero migliorare.
Ora non è una legge universale, non vale per tutti, io sono convintissimo che esistano anche casi irrecuperabili, credo che vi siano profonde differenze anche fra i tipi di reati, una ragazzina che ruba cellulari non ha le stesse colpe di un potentissimo boss della mafia. Però è vero che entrambi appartengono al genere umano e che in entrambi vi sia qualcosa di gentile. Poi noi decidiamo dove posizionarci. Tra quelli che, per dirla alla Spielberg: "ogni essere umano è importante" o come altri che riconoscono l'umanità dietro al criminale, ma sentono forte anche un senso di responsabilità sociale, quello che dici o fai non si può cancellare solo perché sei gentile con i cani, o gli occhi diventano lucidi quando senti parlare il tuo figliolo.  Per quanto mi possa sforzare, io sono ancora nella seconda categoria di persone. Nondimeno essendo molto contraddittorio mi ritrovo anche ad appassionarmi all'essere umano e a soffermarmi su quanto di buono possano dare e fare.

Fiore è la storia di Daphne e Josh, o un nome da tamarri come il veccho Kevin molto amati nel mondo colorato e vivace del sottoproletariato.  Lei romana, lui milanese, si ritrovano in un carcere minorile. Piano piano nasce tra loro due un sentimento che dall'amicizia diventa amore. La forza del film è proprio nel mostrare la nascita di questo amore. Tenero, dolce, anche acerbo e ingenuo, come sono gli amori dei giovani. Poi per fortuna invecchiamo, eh! Ma questo non è il film che abbiamo visto.
 Tutta questa normalità, quotidianità stride con il carcere ma nemmeno tanto. Si pone l'accento sul suo voler esser un posto dove sia possibile rimanere umani, avere, per quanto il posto possa offrire, anche un centro per festeggiare l'ultimo dell'anno, fare lavoretti, non esser del tutto abbandonati. Ripeto non ci sono scene madri, non abbiamo guardie sadiche, ma ci sono delle ragazze in conflitto tra loro o buone amiche, c'è una che in cella ci sta con il bimbo di pochi mesi, e questo mostra anche un aspetto del tutto negativo della legge/burocrazia. Molto bello anche il rapporto tra Daphne e il padre, ex galeotto che vive facendosi mantenere da una donna romena, due perdenti ma di grande dignità.
In fin dei conti  Fiore, è un film sull'adolescenza, la scoperta dell'amore, il difficile rapporto con i genitori, la voglia di esser individui e allo stesso tempo di appartenere a un gruppo.

La pellicola è prodotta, tra gli altri, da Valerio Mastandrea e Gianni Zanasi,  l'eccellente regista di quella gemma che è : La felicità è un sistema complesso. Mostra ancora una volta il grande interesse per il sociale , e quindi per il politico, di Mastandrea. Il quale si ritaglia la parte del padre, personaggio umanissimo e ricco di sfumature. L'opera si lascia apprezzare sopratutto per la bellissima fotografia di Daniele Ciprì, e per il suo bellissimo messaggio: non esistono differenze di sorta tra un sedicente gruppo di cittadini onesti e civili e persone difettose, meritevoli di "pena di morte" o altro, o almeno esiste in termini di debolezza che ci spinge sulla strada del crimine, ma non nel modo di vivere l'amore, i sentimenti. Fuori e dentro le galere le persone cercano solo qualcuno da amare, di essere amati.
Lo comprendo anche io che non sono proprio un garantista, ma sono attento alla comprensione di ogni essere umano



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