lunedì 28 ottobre 2019

VIVERE di FRANCESCA ARCHIBUGI

Un titolo impegnativo da dare a un film, che carica di grandi aspettative filosofiche il pubblico, insomma "Vivere", non pub che narrarci una storia con personaggi memorabili, straordinari, in un contesto storico e sociale pieno di eventi, che ne so... Una rivoluzione, ad esempio.
Un po' come l'ottimo Zhang Yimou ha fatto col suo film dal titolo identico a quella della regista italiana.
Invece non c'è nulla di tutto questo, tranne  la vita. Sì, scritta con la esse minuscola perché questi personaggi non meritano certo due righe sul giornale, nemmeno quello locale che pubblica ogni scemenza capitata in paese.
I protagonisti di questo film sono invisibili, mediocri, non c'è eroismo in nessuno di loro. Semplicemente sono esseri umani come molti di noi. Un tempo avevano progetti, obiettivi, forse sentivano una musica particolare quando si vedevano e toccavano, prima di tornare nelle rispettive case; forse avevano una grande fede in Dio o nel domani. Forse non hanno mai vissuto veramente troppo impegnati  ad esercitare potere e possessione sui figli come sul paese, e ora?
Bè, lottano con sempre più stanchezza contro le bollette da pagare, i debiti, i lavori stressanti e mal stipendiati, incapaci di gestire i figli perché mai cresciuti davvero.
Questa è la società occidentale, questi siamo noi.
Non abbiamo i soldi ma vogliamo un pezzo di benessere, siamo convinti di essere gli unici a soffrire, ad aver problemi di coppia, a far fatica ad occuparci degli impegni e a portarli a termine. Vogliamo essere capiti e ascoltati, ma non ascoltiamo niente altro che l'ego del nostro dolore.
Il film narra di questo: di come non siamo in grado di comprendere la vita che viviamo perché dobbiamo farci male o far male, così tanto a cuor leggero.
Al centro c'è una coppia con due figli, un giovane adolescente e una bimba affetta da asma (come me alla sua età) che fa fatica ad arrivare alla fine del mese.  Lei è un'insegnante di ballo, lui un giornalista free lance, ma le loro occupazioni non hanno nessun valore né sociale né economico, né alla base hanno un progetto inseguito o ancora da realizzare. Come facciamo tutti in questa epoca senza coscienza di classe, si lavora per due soldi da metter da parte e pagare le bollette e le rotture di coglioni.  Per fortuna la generazione impicciona dei nostri genitori si sta estinguendo, così rimarremo noi a comprenderci a non dar peso alle leggende del lavoro che ti dà una importanza sociale e ti rappresenta. Siamo una generazione che può farsi rappresentare da una vecchia sigla di cartoni animati, non certo dal lavoro.
Comunque, come capita a molti, pensano di essere in crisi. Che faranno secondo voi? Ci si mette a discutere, anche al costo di dire : " Non ce la posso fare. Sono troppo debole, so che fai tutto te, ma aiutami." No. Non si parlano, se non per litigate insignificanti.
E che succede a persone prive di intelligenze e fantasia? Si tradiscono. Lui, un poveraccio lamentoso e infantile, trova conforto nel far sesso con la ragazza alla pari che ospitano in casa (una giovane irlandese, devota e cattolica ma che farà scelte di rara cretineria)
Lei pensa di aver trovato nel saggio e protettivo pediatra della bimba, l'uomo che la può sostenere, fino a quando realizza che cavolo sta combinando.
La cosa che balza agli occhi è come sia facile far male agli altri e rimanere prigionieri nei propri problemi.  Tanto da arrivare a non capire come in realtà stiamo buttando via anche le cose belle, le piccole soddisfazioni, il vivere che non  è mai un gesto isolato,  ma lo scontro e la condivisione di ogni nostro gesto con le persone che ci circondano. E mentre ci lamentiamo,  tormentiamo, non ci accorgiamo di quanto in realtà stiamo meglio rispetto al vicino di casa che riteniamo tanto felice e arrivato, o che al contrario un uomo disprezzato e disprezzabile, in un altro contesto dimostra tenerezza e ha parole di rara bontà per il figliolo.
Francesca Archibugi gira un buon film che racconta con partecipazione le travagliate esistenze di persone normali, senza particolari doti ma capaci di cambiamenti,  cadute e risalite. Viene aiutata da un buon cast che vede in Micaela Ramazzotti,  Adriano Giannini, Massimo Ghini e la giovane Roisin O' Donovan, i suoi punti di forza. Menzione particolare per Marcello Fonte, nel ruolo del vicino di casa a cui è affidato un finale  che punta su un senso di ambiguità, pericolo, qualcosa che non quadra, conclusione particolare per un film della regista romana.

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