domenica 27 aprile 2014

DOPPIA RECENSIONE: IL CAIMANO di NANNI MORETTI

Il film della crisi , legato a un periodo in cui io misi sotto accusa il cinema di Moretti e il suo stesso autore. Spinto da una militanza politica fortemente derivativa,versione aggiornata- sopratutto nelle cavolate di spiccio moralismo- delle politiche messe in atto dai gruppettari degli anni 70. I quali se da giovani erano ribelli e anti conformisti, invecchiando sono diventati petulanti dabbenisti,immobilisti nella loro visione antiquata del tempo.
Roba da  museo della militanza,che invece deve evolversi e combattere quello che i tempi odierni ci mettono in campo: il capitalismo finanziario,l'imperialismo ed espansionismo euroatlantista e sionista,e invece...Vabbè,
Era un periodo però bello. Vivo. Penso di aver dato e fatto cose davvero buone,insieme ai miei compagni. C'era sincerità,passione, con metodi e temi non sempre giusti, con zone di pressapochismo abbondante, ma ripeto umanamente quel periodo lo ricordo con grande commozione. 
Non comprendo quelli che si vergognano delle loro azioni nel passato, se le hai fatte in quel momento andavano bene.
Così avevo messo in discussioni Moretti,che fino a quel periodo invece era uno dei miei miti cinematografici. Il verdetto: fa film piccoli borghesi , bla bla bla.


Il Caimano quindi non mi piacque. Ritenevo debole la critica a Berlusconi,perché basata su fatti noti e sopratutto si critica un capitalista,senza dire che certe cose sono possibili perché c'è il sistema capitalista.
Del quale egli è l'aspetto più ripugnante,viscido, mostruoso, ma ancora rammento le lodi a un altro capitalisra come Della Valle, il compagno Della Valle,perchè criticò il Silvio. Senza comprendere che erano scazzi tra padroni e che nelle fabbriche di Della Valle non è che vi siano così tanti diritti sindacali.
La rovina non è stata tanto l'avanzata del berlusconismo,quanto che questa avanzata sia stata fortemente aiutata dalla scomparsa della sinistra. Impegnata nell'allontanarsi sempre di più dalle sue masse di riferimento, dalle sue istanze,sempre più impegnata ad arrivare a Renzi e ad affidare le proteste alla ciurma di disadattati grillini. Per servire il capitale. Servirlo bene,ma per fare questo e niente altro.
Berlusconi ha trovato terreno fertile: enfatizza la mediocrità,propone sogni materialisti grezzi di goduria immediata, (donnine allegre,cene eleganti,la metà della popolazione maschile non saprebbe dire no), fonda il successo con il calcio,l'unica religione seria in italia.  Egli ha saputo gestire benissimo tutto lo squallore ottuso delle masse amorfe italiche.Ha vinto facile,non c'è un gran stratega. C'è solo uno furbo,e in questo paese di imbecilli vocianti,di pappamagna,mortozombi, di fai girare,lui trova terreno facile
Macerie, ecco cosa ha lasciato l'unione becero berlusconismo e scomparsa della sinistra per donarci il Pd e compagnia.
La situazione politicamente è peggiorata,perchè se contro questo odioso,orribile,insostenibile, ometto c'erano comunque partiti comunisti,girotondi,movimenti dei movimenti,ora contro il nuovo capitalismo europeo,internazionale,guerrafondaio,abbiamo Grillo . Tanto per dire. 
Ha ragione un personaggio di questo film: "Quando pensi che gli italiani abbiano raggiunto il fondo,eccoli che si impegnano a scavare di nuovo"

 

Però rivisto il Caimano mi è piaciuto tantissimo. Certo ho fatto pace definitivamente con il cinema di Moretti, (grandissimo e fondamentale autore, se non vi piace ..Va c'è uno bravo che si occuperà di voi), anche perché la mia militanza è diventata con il tempo più lucida.
Quali sono i punti di forza di questa interessantissima pellicola? Il suo essere prima di tutto un amarissimo e tenerissimo omaggio al cinema . Al prima e al dopo. Agli anni Settanta sgangherati,di opere girate in fretta e furia ,prive di qualsiasi bellezza o pretese autoriale, cinema da prendi i soldi e scappa e gli anni 90-2000 dove si parla tanto di cinema,ma sopratutto di rapporti con la Rai. Di difficoltà  a cercare finanziamenti , di proporre idee , di fare cinema militante o comunque che voglia davvero rappresentare il Reale di un Paese epico nella sua tragicommedia costante.
E qui Moretti è davvero formidabile: già dal prologo,con il matrimonio in salsa pmli, e la presentazione del personaggio di Bruno. Produttore di mediocri e maldestre pellicole che il revisionismo becero,ostentato,popolan chic, (la piaga, il male assoluto in termini di critica cinematografica,per questo me magno le mani di non aver rapito Giusti a Roma per rivenderlo ai cinema di periferia siberiani. Luogo dove deve stare . Democraticamente,civilmente), quella critica che ha enfatizzato ed intellettualizzato il cinema di genere italiano,senza un serio discorso di critica , cioè mostrando quanto di buono sia stato fatto,ma dividendolo dal tantissimo, moltissimo,dalla maggioranza di operine scialbe,mediocri,pleonastiche. Il tutto usando un modo snob e reazionario di attacco al cinema di eccellenza, di qualità, per un sostegno al populismo,qualunquismo,reazione sulla celluloide.

La colpa maggiore di questi critici è quella di mascherare la loro provenienza borghese e spocchiosa,dietro a un sostegno alla "cultura popolare",ma in sostanza il punto del loro lavoro è: "tu proletario rimani cafone,guarda la merda e sguazzaci,quello è il tuo posto,il tuo livello,vai orgoglioso e vantati della tua ignoranza , della tua mediocrità" perchè se cominci ad istruirti,a sapere, a conoscere, noi finiamo di esistere.
 Gran parte della borghesia italica è così. 


Quindi questo aspetto del film mi piace ancora oggi. Affetto e feroce critica, malinconia  e sberleffo, sono ben equilibrati. Rinasce un mondo, rinascono i personaggi e il lavoro per nulla naif o artistico di chi faceva cinema in italia. Di una buona parte,perlomeno.

Bruno è un grande personaggio,come sempre Silvio Orlando si dimostra uno dei nostri attori migliori.  Come anche Margherita Buy, si vabbè non mancano i bloghettari de noantri che hanno da ridire, ma forse dovrebbero seguire i critici petulanti anti moretti,da quello bravo. Ne hanno bisogno.

Perchè loro sono un altro punto di forza del film. La storia della loro separazione è dura, emotivamente forte,descritta con rigore,ma senza tralasciare le bassezze, le piccole cattiverie. Alternando una falsa felicità di facciata per i figli e il dolore della loro separazione.
L'uomo non accetta per nulla questa situazione, e i motivi non ci sono spiegati da parte del personaggio della moglie La lunga scena di lui che trova la moglie insieme a un altro in un bar,che corre a casa, che taglia il maglione e poi la terribile sceneggiata al telefono. Sono forti,reali,figlie di un malessere totale e vero.
Fanno davvero male.


Ecco il film a mio avviso funziona benissimo nel descrivere senza idolatrie facili e imbarazzanti, senza intellettualismi sul nulla, il mondo del cinema di un certo periodo,ma sopratutto è davvero ottimo e imperdibile quando si occupa dei personaggi. Che sono scritti benissimo,e interpretati magnificamente.
 La crisi quindi, ci avverte Moretti, non è solo avere un ladro,corrotto,personaggio odioso e insopportabile, ma è nei rapporti delle persone che preferiscono troncare,abbandonarsi,piuttosto che riscoprirsi,aiutarsi,sostenersi. La libertà è stare in due. Questa è la verità. Invece la gente nel partner cerca l'immagine riflessa di se, dei suoi ideali nati su stupide riviste,programmi idioti,luoghi comuni beceri. Tanto poi divorzio,che sarà mai.
Moretti mostra anche questo vuoto spaventoso di sentimenti, e ci rendiamo conto che siamo condannati
A esser ascari dell'imperialismo con i loro maggiordomi vari, l'ultimo fiorentino,a esser gestiti da guitti, ad aver avuto per oltre 30 anni un tizio orribile che ha rincoglionito un popolo già portato al rincoglionimento, che abbiamo la lega e ora il m5s stolti qualunquisti, la fine dell'opposizione,  l'attacco allo stato , che ci arrubbba quando te non paghi le tasse e ti lamenti anche.
Crisi politica,di sentimenti, di idee, di tutto.

Certo,otto anni dopo pare un'altra storia. Il berlusconismo è archiviato,politicamente non ha più la sua forza originaria. La crisi del 2008 serviva per far piazza pulita di un capitalismo transitorio e ora si sta riformando su altre istanze e direttive, temo che piacciano assai anche al Pd. ( Ecco odierò sempre Grillo perchè per colpa delle sue cazzate non posso più criticare come merita sto partito...),e quindi anche le paure espresse nel finale ,sono esagerate e un po' ridicole. La parte che funziona meno è infatti quella dedicata a Berlusconi,ma serve 
Per la memoria,visto che noi italiani giustifichiamo il fascismo e quindi anche tutte le altre pagine oscure.
 Il berlusconismo è stato un lungo e terrificante periodo di mediocrità,reazione,devastazione morale e culturale del paese. Dobbiamo sempre condannarlo.Sempre

Per il resto invece il film è davvero ottimo. Da notare le tante apparizioni di registi e attori , in piccoli ruoli.

Film che parla di noi e delle nostre sconfitte.

E ORA LA RECENSIONE DI VALENTINA

Dalla sua uscita al cinema ho visto Il caimano svariate volte ma poi, ad un certo punto, è uno di quei film che non ho avuto più voglia di rivedere.In qualche modo, nel ricordo, mi appariva troppo datato, troppo esplicito ma, nello stesso tempo, poco politico, poco uniforme. La visione condivisa di ieri sera, invece, ha smentito molte di queste impressioni.
Prima di tutto Il caimano è una specie di riunione di vecchi amici (o, almeno, a me è quella l’impressione che ha fatta). Pare che ci siano tutti: da Virzì a Sorrentino, da Tatti Sanguineti a Jerzy Stuhr e ognuno appare in maniera perfettamente funzionale ed integrata alla storia, anche quando compare per pochi minuti.
Il film ha momenti di assoluto genio nella riscostruzione del cinema di genere degli anni 70 (solo i titoli dei film menzionati sono esilaranti! Stivaloni porcelloni, Mocassini assassini, Cataratte…) e nella chiara presa di posizione da parte di Moretti riguardo alla diatriba tra cinema di genere e cinema impegnato nell’affermare che, alla fine, si tratta solo di una differenza di linguaggio nel fare, comunque, lo stesso mestiere. E la grandezza autoriale di Moretti si vede prorpio da qui, dal fatto che non sente il bisogno di sottolineare ed evidenziare un concetto ma sembra quasi buttarlo lì, accennarlo soltanto, ma il modo in cui lo fa, le parole che usa e che mette in bocca ai suoi attori hanno quell’incisività che contribuisce a farlo emergere, a dargli valore senza bisogno di farne una battaglia ideologica.
La stessa cosa avviene, sempre in questo film, con la parte, a mio parere, più riuscita, ovvero tutta la vicenda privata di Bruno (Silvio Orlando) che scorre parallela alla produzione della pellicola su Berlusconi, Il caimano, appunto. Il protagonista, parallelamente, alla grossa crisi lavorativa, vive una crisi familiare molto forte che lo sta portando a separarsi dalla moglie (una sempre splendida e necessaria Margherita Buy) e, di conseguenza, ad affrontare anche la separazione dai due figli. Le scene familiari sono toccanti e commoventi e, anche in questo caso, con pochi accenni Moretti riesce a ricreare la tristezza e la malinconia della fine di una storia, ancora più tragica, paradossalmente, perché finisce con una separazione consensuale (anche se Bruno non vorrebbe fino all’ultimo ma non ha il carattere per opporsi, per scegliere una strada alternativa). Perché quando ti accorgi che in una coppia c’è ancora un grande affetto stenti, inevitabilmente, ad accettare che si possa spezzare. Ed è delicatissimo Moretti nel far emergere, senza mai calcare la mano, i problemi e le insicurezze del figlio maggiore, simboleggiate dalla ricerca disperata e vitale di un mattoncino di Lego, ricerca nella quale coinvolge tutta la famiglia come se questo potesse contribuire a tenerli uniti, ad impedire l’inevitabile allontanamento.
Alla fine la parte più debole della pellicola è il finale, con la comparsa di Moretti come protagonista de Il caimano. Ed è debole proprio perché in questa parte l’ideologia è fin troppo scoperta. Moretti perde la sua consueta misura e, a mio parere, vuole strafare e, proprio per questo, perde di incisività e di convinzione.
Ma a parte questo il film rivela un ritratto dell’Italia che, anche se storicamente superato, restituisce in maniera evidente tutto lo squallore di quel periodo, l’approssimazione, l’irresponsabile leggerezza, la mancanza di prospettiva politica e il totale egocentrismo di un Paese che nasconde dietro all’arroganza una profonda crisi morale ed umana da cui tuttora non ci siamo ancora risollevati.

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