domenica 17 maggio 2015

Il RACCONTO DEI RACCONTI di MATTEO GARRONE

Una fiaba. Ecco come potremmo definire l'ultima meravigliosa creazione del regista di "Primo Amore". Come tutte le fiabe ha vaghi echi horror, morali ben precise e personaggi-simbolo o simbolici. Quando si parla di elementi fantasy reali o presunti si dovrebbe capire che codesto genere è figlio proprio delle vecchie storie, che siano dei Grimm  o di Gianbattista Basile, l'autore a cui dobbiamo codesta perla di assoluta pulcretudine, fortemente voluta da Garrone, con un cast internazionale e ben calato nei ruoli e nella caratterizzazione.


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Scrivo: una fiaba. E subito si penserà a qualcosa di infantile, di magia a buon mercato, di eroi senza macchia e paura, di fate. Ma in realtà ( o perlomeno nella mia realtà e pensiero) codesto genere ha sempre parlato agli adulti, affidandosi ai bambini. Certo sono loro che ce lo chiedono, ma nella lettura sono gli adulti che si rivedono nei re, negli orchi e così via. Quindi non è svilente, non è un insulto definire in questo termine il film ( e forse anche il libro ma non l'ho letto e non mi sbilancio)

E di cosa parla? Tre racconti , sapientemente intrecciati tra di loro dando un senso di continuità e affinità che a me è piaciuto molto e che reputo sia la chiave migliore per il messaggio del film, basati sui desideri più comuni e anche più furiosi, implacabili, violenti, che esseri umani possano avere.
Ecco: esseri umani. Pur in un contesto sospeso tra meraviglia e realtà, quelli che vediamo sullo schermo sono uomini e donne che potremmo incontrare anche nella nostra vita. Donne ossessionate dalla maternità e poi madre ossessionanti nei confronti dei figlioli, donne che aspirano all'eterna giovinezza e che per esse sono disposte a farsi scorticare (simbolicamente oggi nell'epoca degli interventi chirurgici) e uomini: infantili, ombrosi come orchi, donnaioli ridicoli terrorizzati dalla vecchiaia
Come se la precarietà della vita entrasse nelle immagini (splendide e folgoranti nella loro assoluta bellezza) e nel contesto assolutamente di genere.

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Si riflette dunque durante la visione di codesto film. Lo sguardo del regista c'è, è presente, come i suoi temi, le sue ossessioni. E noi non possiamo che arrenderci al suo volere. Ci lasciamo commuovere ( la morte della pulce, l'amicizia profonda fra il principe e un suo servo due gocce d'acqua figli di un cuor di drago, la morte di un orco) terrorizzare ( sono stato malissimo per tutta la vicenda dello scorticamento malissimo davvero) affascinare ( i titoli di coda meravigliosi e le potenti immagini delle bellezze paesaggistiche locali) sicché parliamo di opera-cinema completa  e assoluta. Il ritmo lento ( ma non noioso come i vocianti e scrivani potrebbero dire) aumenta l'atmosfera rarefatta e la sospensione tra il confine dei sogni e del fiabesco e la cruda verità. Gli affetti speciali, qui, contano di più degli effetti speciali. Perché queste storie parlano della nostra sofferenza, del nostro mal di vivere, per ragioni anche e sopratutto buonissime, ma che diventando ossessioni perdono quel senso di affetto e apertura verso l'altro e il mondo e si trasformano in prigioni.

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Nessuno dei personaggi infatti è libero: tutti soffrono di solitudini, di dolori privati che li imprigionano e tengono lontani l'un dall'altro. Nel mostruoso vi è traccia di umanità, l'orco, ma non viene compreso perché non corrisponde all'idea meccanica dell'amore e non a quella che è il suo elemento più inaspettato. Non ho mai visto tre re e uomini così dispersi: uno perisce per il desiderio della moglie e non vi rimane ricordo alcuno, l'altro senza regina è un donnaiolo idiota e vittima dei suoi impulsi, il terzo è un re bambino forse il più "puro" ma anche lui incapace di comprendere la figlia.
Ecco: un film doloroso, pessimista, che restituisce alla fiaba e al genere il suo elemento morale, di condanna delle derive umane
Ma sopratutto una pellicola imperdibile .

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E io non posso che gioire per il tanto maltrattato cinema italiano.

2 commenti:

Kris Kelvin ha detto...

Come ho scritto anche dalle mie parti, a me ha più che altro terrorizzato... ;) ma è questione di sensibilità, ovvio. Condivido tutto quanto hai scritto in merito ai contenuti e all'analisi, meno invece riguardo lo stile: il film è davvero faticoso ed estenuante nella prima parte, esageratamente descrittiva e didascalica (vabbè, sono andato alla proiezione delle 22.30 ma più di una volta mi è calata la palpebra...) mentre aumenta fin troppo vertiginosamente nel finale. Non condivido poi la scelta di frammentare i tre episodi visto che le storie, eccezion fatta per la prima e l'ultima scena, non si legano praticamente mai. E in questo modo si fa più fatica a seguirle e mettere insieme i pezzi.
Ma, aldilà di questi appunti tecnici, è un'opera indubbiamente affascinante, visivamente bellissima, imperfetta ma più che degna di visione. E un film di Garrone va visto a prescindere! :)

babordo76 ha detto...

Si, è un film di assoluta bellezza e usa la fiaba come andrebbe usata: per affrontare temi universali che hanno a che fare con l'essere umano, più che un superuomo. A me l'intrecciarsi di storie non ha dato fastidio,mi è parso anzi un ottimo espediente legati dai temi della morte e della rinascita, ce ne fossero tanti di questi film