sabato 27 agosto 2016

L'EFFETO ACQUATICO di SOLVEIG ANSPACH

A volte capita di bistrattare alcuni generi cinematografici, in una visione per me un po' reazionaria del mezzo cinematografico di genere. Più facile trovare siti, blog, appassionati che con coscienza e serietà portano avanti un discorso di riflessione sul genere horror- genere che peraltro mi piace assai- piuttosto che trovare riflessioni interessanti e profonde sulla commedia sentimentale. Non tanto la commedia come genere,  ci sono tanti studi sui vari autori, ma proprio quella sentimentale.  Di solito codesti films vengono considerati robette sdolcinate, smielate, zuccherose e buoniste. In poche parole: imbarazzanti.

Imbarazzo, ecco per me questa è la parola chiave.Nonostante possano fare anche ottimi incassi, e se ne producano un bel po' per questo motivo, non si trova- o mi è sfuggito perché poco pubblicizzato- uno studio attento sul cinema dell'amore.  Contraddizione di un tempo dove alcuni arrivano a dire che siamo troppo emotivi, ma evidentemente si riferisce a tempi passati, in quanto questa nostra società si basa prettamente sull'uso e getta di sentimenti sempre più precari, di un fastidioso ego cinico che tenta di sfruttare anti retorica e irriverenza su ogni discorso e fatto per aver due minuti di riconoscibilità dagli altri. Certamente, al cinema trionfano le commedie forse più banali, ma è il modo che si pensa e vive l'amore oggi, poi come bambini ci si stupisce che babbo natale non esiste, solo che esso, l'amore, non è un eterno regalo,ma la costruzione quotidiana di conoscere l'altro che è diverso da noi.Ok, ma questo è un altro discorso.
Rimane il fatto che, al di là degli incassi, il cinema dell'amore è poco approfondito e vissuto come una parentesi un po' sciocca e leggera, aspettando pellicole di altro genere e spessore.





Prendiamo questa deliziosa pellicola : L'effetto acquatico. Un piccolo e delizioso film che narra dell'amore tra un'istruttrice di nuoto e un gruista- di origine nordafricana, si pensa- che inizia in Francia e continua per tutta la durata in Islanda.
C'è il classico schema , quasi sempre presente nelle pellicole americane, nelle screwball comedy in particolare, di un rapporto che nasce da uno scontro, lui finge di non saper nuotare per poter conoscere lei, fino al trionfo dell'amore.
In mezzo un discorso sempre necessario e fondamentale su come nonostante tutte le difese che si possano prendere, l'amore o il destino potranno anche scompigliare i nostri piani. Agathe, fa di tutto per isolarsi, rimanere distaccata dai turbamenti che l'incontro con l'altro ci pone. Molti vivono cossì, no? Mascherando la sofferenza della solitudine, nell'abitudine, in regole precise, mettendo tanta forza nel negare la Bellezza della vita, dell'amore che ci cambia, ci rinnova, ci fa tremare il sangue nelle vene. Samir al contrario, in modo goffo, impacciato, continuamente stralunato, pur usando una menzogna iniziale per conoscere lei, cosa che molti fanno in amore, costruire un personaggio per andar incontro al desiderio dell'amata o amato e della sua figura di partner ideale,  cerca di uscire dalla sua solitudine,  il suo esser fuori da una vita ricca di emozioni e avvenimenti. La parte buffa del film è interamente gestita da lui. E si ride molto.  A un certo punto l'amnesia dell'uomo, porterà i due ad avvicinarsi. Non vi dico molto, perché è un film davvero molto carino e mi piacerebbe che andaste a vederlo.
Buffo, tenero, romantico, lieve e a suo modo profondo, con un ottimo cast di attori. Per non parlare degli scenari magnifici dell'Islanda.

Il film è , purtroppo, l'ultima opera della regista di origine islandese , morta il 7 agosto 2015 per una malattia. Film postumo, in un certo senso, testamento cinematografico  che mi ha lasciato anche la voglia di approfondire meglio il suo cinema.  Le sue tematiche. Io sono convinto che la tenerezza al cinema abbia lo stesso peso e debba aver la stessa seria considerazione del cinema della morte, sofferenza, dolore, spesso spettacolarizzati per renderci sempre più spettatori delle tragedie e vite altrui, rispetto che spettatori soccorrevoli, partecipi, in grado di vivere l'emozione e il dolore senza alibi di sorta.

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