Raman Raghav è un feroce serial killer che ha svolto la sua attività di ammazza persone in India nei lontani anni sessanta. Questa opera nerissima, crudele e di rara ferocia, riporta sullo schermo le gesta di questo pazzo furioso attraverso gli omicidi di un folle assassino, nella Mumbai odierna. Una reincarnazione? Un emulo? Non proprio direi, piuttosto il risvegliarsi ed esplodere di tanta rabbia, violenza, disumanizzazione, cinismo, crudeltà, ben rappresentate nella società e nel mondo dove si muovono i protagonisti.
Una specie di cattivo incubo e coscienza sporca collettiva che torna di nuovo a chiedere il suo tributo di sangue, terrore, morte. A combattere contro questo demonio sotto sembianze umane, come sempre, ci dovrebbe essere un eroe.
Tormentato, con grossi problemi, ma alla fine , cazzo : dateci un eroe. La sua figura ci rassicura, ci dona sollievo e voglia di credere nel genere umano.
Ecco; e se l'eroe fosse uno sbirro corrotto, drogato, potenziale omicida pure lui? Come possiamo respirare se tutta codesta cupezza e tragicità ci trascinano nelle tenebre più profonde del cuore umano?
Film spiazzante che segue le regole del genere, guarda a quello che succede nel cinema americano, i titoli di testa e certe soluzioni più "commerciali", ma usa il genere per far una critica radicale a una società di assassini, corrotti, devastata dal crimine e dall'impossibilità di provare empatia, amore, verso i prossimi. Il killer uccide convinto di ripulire il mondo, in una visione distorta e che nulla c'entra colla religione, come - al giorno di oggi- fanno molti criminali che si nascondono dietro a dio. Qui, semmai, si avverte la mancanza di una divinità, di una forza collante collettiva, di un vago senso di giustizia. Viviamo e crepiamo, male, in un brutale e sadico inferno, ecco la verità.
Verità che ci stordisce attraverso le immagini, perché Kashyap è un regista che sa come metter per immagini deliri, incubi, violenza. Non eccede nello splatter, nel gusto pacchiano per il morboso e sensazionalistico. La violenza è implacabile, cruda, possiamo anche tenere fuori campo il martello che rompe una testa, basta il gesto, lo sguardo, la postura del killer, per provare dolore, sofferenza e paura.
Dicevo film spiazzante perché l'assassino lo prendono nei primi minuti. Lui si consegna e spiega per filo e segno quello che ha fatto. Non viene creduto e dopo un po' di sevizie, viene rilasciato.
La polizia: ecco, l'opera ci tiene a specificare che forse è meglio farsi ammazzare dal killer che avere a che fare colle forze dell'ordine. Violenti, inetti, per nulla rassicuranti ci appaiono gli sbirri in questa pellicola, tenendo presente che il poliziotto protagonista è la summa di tutti i peggiori difetti umani, e non solo
Infatti la pellicola punta tantissimo, a volte risultando parecchio forzata come scelta, sul dire che assassino e poliziotto sono uguali. Come se fossero entrambi parte di una stessa orribile persona. Vi è un rapporto non tanto, o solo, di cacciatore e preda, ma quasi di collaboratori, di amici fraterni, anche se non messo in scena in modo così didascalico e - oggi mi piace scriverlo- pacchiano.
Raman Rghav 2.0 è un bellissimo thriller, che usa benissimo anche le canzoni presenti nella colonna sonora per creare immagini di rara ferocia e disturbo
Perfetto come puro intrattenimento, ai livelli dei migliori horror/thriller sui psicopatici dalla nazione che ha il brevetto e copyright in fatto di serial killers: l'America, e opera inquietante che svela l'orrore della società indiana, tanto uguale alla nostra e rispolvera il tema del doppio, della parte mancante, del sottile confine tra bene e male, con gran senso del ritmo, dello spettacolo.
Film che andrebbe visto e rivisto, per lasciarsi travolgere da tanta gioia e amore!
martedì 27 giugno 2017
RAMAN RAGHAV 2.0 di Anurag Kashyap
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2 commenti:
Lo che sei un fottutissimo snob, ma dalle mie parti c'è un premio per te... :D :D
http://solaris-film.blogspot.it/2017/06/liebster-award-2017.html
Assolutamente! Ora vengo a leggere il tuo blog e rispondo alle tue domande
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