martedì 30 gennaio 2018

MADE IN ITALY di LUCIANO LIGABUE

Alcuni cantanti o attori, dai retta a un pirla, è naturale criticarli a priori. La critica è pretesa e voluta da quelle forme di vita evolute, le quali possono solo inorridire di fronte a certi che non danno scandalo, non provocano, non arrivano afoni a sessanta e passa anni a furia di " Eh! Ehhhhh!"
Costoro si battono per l'arte, il rock, la vida loca, essendo tutti rinomati e sofisticati libertini, ma con una "capa tanta".
Così si decide che un film sia brutto perché Accorsi non sa recitare e Ligabue...Maremma cangura accecata! No, Ligabue no!


Certo, il titolo mi ha fatto venire in mente un classico del cinema italiano degli anni 60.  Nanni Loy dirigeva un cast di primo ordine ( Manfeedi, Sordi, Magnani) in una serie di episodi divisi in quattro o cinque settori, non ricordo bene, per parlare dei nostri vizi. Uno spaccato forse troppo tendente alla macchietta, ma efficace del nostro paese.
Ligabue, in un qualche modo, compie un'operazione simile. Non tanto negli episodi, quanto nel voler raccontare una parte d'Italia. Senza però essere un film politico e d'indagine, il che potrebbe essere un limite, in questo caso è invece un pregio.
Perché attraverso le piccole storie, forse, potremmo comprendere anche la storia colla S maiuscola.
Il film è proprio questo: un piccolo racconto. La storia di un uomo qualsiasi, né integerrimo né farabutto, che vive in provincia e lavora come operaio. Toh, va chi si rivede! Un lavoratore che fa un lavoro non fico e moderno, ma uno di fatica e tedio.
Rico con quel lavoro ci campa. D'altronde che puoi fare in un paese come quello? Una piccola vita, ai margini dell'universo. Per alcuni un paradiso ( tranquillità, amicizia vera e tutte quelle menate lì), per altri un inferno. Io sto nel mezzo. Mi piace quella vita semplice e diretta, però ho bisogno della città: i negozi, cinema, teatri.
Ok, torniamo al film! Non è facile o serena la vita di Rico. Il rapporto con sua moglie è logoro, litigano, c'è qualcosa tra di loro che è andato storto e non è stato superato. Un suo caro amico, Carnevale, è un artista che si incasina la vita, e il posto di lavoro non è sicuro.
Rico non è un uomo felice, anche se cerca di nasconderlo. Ha paura di perdere il posto, è intrappolato in un rapporto che par destinato a finire. L'unica forza che lo sostiene è la famiglia e i suoi amici.
Il film parla di un uomo qualsiasi che perde ogni stabilità e cerca di riconquistarsela. Non è un eroe, non siamo in un film americano. Rico compie tantissimi errori, si perde, cade a terra e non si rialza facilmente.
Tuttavia, questo per me il maggior pregio della pellicola, non assistiamo nemmeno a quei film che ci consolano e coccolano dicendoci: "La vita fa schifo! Siamo soli nella sofferenza!" Per fortuna non c'è traccia di questo nel terzo film del cantante emilano
Il messaggio potrebbe essere: " La vita non è comoda per nessuno, quando vuoi assaporarne tutto il profumo", la citazione di De Gregori, a mio avviso illustra benissimo la morale delfilm
Appunto quella di ricordare a noi stessi che vivendo soffriremo e penseremo di essere arrivati al capolinea, ma che le relazioni umane, vissute fino in fondo, ci possono dare una mano a vivere
Il film descrive benissimo l'amicizia che unisce i personaggi, l'amore alla base della famiglia di Rico, arriva persino a mostrarci come i rapporti di coppia possano anche arrivare a un punto, in cui si auspica la rottura, ma che possono sempre aggiustarsi, maturare, evolversi.
Un'opera semplice, piena di calore, passione, un inno alla nostra quotidiana sopravvivenza. Certo non parliamo di un film che ci colpisce per prodezze tecniche o per una trama avvincente e innovativa, ma di una pellicola media, di buona fattura.
Un film che ci rammenta che solo cogli altri possiamo farcela. In questi tempi di single e di gente chiusa in sé stessa, è un messaggio davvero ottimo

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