Io da ragazzo pensavo spesso alla morte.
Ero convinto che avrei vissuto una vita solitaria - perché nessuno avrebbe voluto vivere insieme a me- e del tutto inutile. Immaginavo che avrebbero scoperto il mio cadavere dopo un paio di mesi e solo per via dell'odore proveniente dal mio appartamento.
Al funerale sarebbero venute poche persone. Qualcuno avrebbe dato un'occhiata veloce all'orologio (sicuramente avrebbe avuto appuntamenti ben più importanti rispetto ad assistere al mio funerale) altri si sarebbero persi nei loro pensieri, fino alla conclusione della cerimonia.
La gente avrebbe mormorato stancamente un amen di circostanza -giusto per rispetto verso la funzione religiosa e per il morto- poi tutti a casa. Altri pensieri, altri problemi e io sarei svanito nel giro di poco tempo dalla testa dei presenti. I quali, magari, si sarebbero anche ripromessi di rivedersi e avrebbero speso due parole per il povero Davide, ma sapendo che dopo il funerale si sarebbero persi di nuovo di vista.
Per anni la morte è stata la certezza dell'inutilità della vita. Perché alla fine cosa c'è di certo e sicuro? Nulla. Certo, noi ci iilludiamo di lasciare una traccia, un segno, nella vita degli altri, ma la morte cancella tutto.
Ripetevo a me stesso che saremmo appartenuti soltanto all'oblio, dimenticati da tutti.
Convito di essere alternativo e superiore alla media delle persone mediocri, non capivo di far parte del gregge dei codardi, di chi ha paura di amare perché l'amore richiede un prezzo. E allora è meglio essere cinici, battere i piedi come bimbi capricciosi ogni volta che le nostre soddisfazioni superficiali non vengono rispettate, pensare di bastarsi da soli. La cultura della solitudine. che genera una felicità di seconda mano, certo, ma apprezzabile perché non implica nessun dolore. Rimaniamo ragazzini, sballiamoci, fermiamoci al sesso senza amore, e teniamo ogni nostro sentimento ben chiuso a chiave.
Viviamo comodamente scomodi in un mondo in cui è visto come debolezza chiedere agli altri un abbraccio, una spalla su cui piangere, un compagno per la vita, ma è fico vomitare odio e rancore contro i diversi, contro le persone buone e quindi ipocrite.
Un mondo che si offende per un pensiero commosso alle vittime del capitale e della nostra indifferenza, ma non per gli auguri di stupri, la felicità per qualche migrante annegato (che tanto sono solo bambolotti) o contro un ragazzo che vive una sessualità diversa dalla nostra.
Tu capisci che un mondo simile è un mondo in cui la morte regna. Un mondo di vivi morti, dove la difesa della vita- della sua bellezza e importanza- è lasciata in mano ai reazionari bigotti. Perché è meglio eliminare il problema senza affrontarlo, meglio sfuggire al dolore e alla sua rielaborazione, costantemente anestetizzati alle sofferenze.
Per anni ho voluto negarmi la gioia di amare, di dichiarare il mio amore. Ho passato anni a controllare i miei sentimenti e a negarli. Io volevo solo prendere le distanze dalla vita. Ero una persona sola in mezzo alla folla. Uno che temeva la vicinanza, le parole che scavano nel cuore, la confessione di una debolezza e la richiesta di un aiuto.
Perché teniamo per noi i nostri sentimenti. E non piangiamo i nostri morti.
Poi cosa è successo? Che ho incontrato una persona speciale e per la prima volta in vita mia mi son detto: "Non posso lasciarla andare." Non ho pensato affatto ai problemi che sarebbero sorti, o perlomeno non mi sono lasciato di nuovo ostacolare da loro. La morte non è diventata più l'unica cosa reale e vera nella mia vita. I sentimenti hanno spezzato la catena del quieto vivere e così mi sono ritrovato innamorato e poi sposato.
Mia moglie mi ha fatto capire che la morte non vince su nulla e nessuno. Non può vincere se hai amato e sei stato amato. Perché i giorni passati insieme non sono persi, non sono inutili, ogni secondo ha la sua importanza e rimarrà nella memoria delle altre persone.
Rimarranno le risate e i pianti, i momenti in cui abbiamo toccato il cielo e quelli in cui siamo sprofondati, ma non abbiamo ceduto al " basta è finita". Certo, è vero, il mio nome scomparirà dalla memoria delle persone e nessuno tra cento anni ricorderà quanta fatica e amore mi sia costato vivere la mia vita. Eppure sono convinto che qualcosa di noi ce la farà a superare il tempo e l'oblio. L'esempio della nostra vita rimane come eredità ai nostri figli e loro la daranno ai loro. Noi siamo il prodotto di quelli che ci hanno preceduto e delle loro scelte.
Per cui il Davide del 2018 che ha visto questa magnifica serie, non è il Davide del 2001. Siamo due persone diverse, ma io amo quel ragazzo. So che ha solo paura di aprirsi, di piangere ogni volta che si commuove. Così come voglio bene al bambino che stava in silenzio nel suo banco, sognando di correre sul prato della sua cascina, o che aspettava ( seduto sui gradini di pietra che portavano alle camere da letto) l'arrivo dei genitori che lo avrebbero portato a casa per il fine settimana. Oggi sono stanco di difendermi, di pensare che tanto dietro ogni felicità arriva la tristezza.
La morte è sempre la nostra unica certezza, ma prima c'è questa cosa bellissima che è vivere. Anzi amare e voler dividere questo viaggio spesso difficile e che ci spezza il cuore, con qualcuno che ci sostenga. Qualcuno che sia la croce e la delizia della nostra presenza su questo pianeta.
Non ho visto Six feet under difendendomi dal dolore che avvolge ogni episodio di questa serie, dicendo a me stesso: " Eh, vedi? Alla fine muori. Tutto qui" Io ho trovato che questa serie in realtà celebri la vita. La sua importanza.
Ogni episodio si apre con qualcuno che muore, certo, ma poi c'è sempre una persona che lo ricorda. Con amore, astio, tristezza, non sapendo come gestire la situazione. E i fratelli FIsher, insieme al grande Federico Diaz (uno dei miei personaggi preferiti) sono lì per aiutarli a vivere intensamente quel momento. Non tanto l'addio e la fine, ma il ricordo. Ecco a cosa serve un funerale: a farci ricordare chi era quella persona e celebrarla. Piangendo e stando male, perché giusto e umano, ma è un momento di assoluto tributo alla vita. Come non possiamo essere felici se non conosciamo anche il dolore ( e il suo valore) come pretendiamo di vivere se teniamo la morte lontana da noi? O la vediamo come un modo per evitare di prenderci una responsabilità e affrontare le cose terribili che la vita offre.
Non è una serie fichetta e cinica, una di quelle in cui basta un po' di sesso, personaggi che sparano battute acide e cazzo! Capolavoro! In realtà quel tipo di spettacolo, che tanto piace ai deboli che si sentono scorretti e irriverenti, è consolatorio e convenzionale. Non ti permette di sbattere la faccia contro la vita, non ti permette di affrontare la complessità dei sentimenti. Il politicamente scorretto è l'arma di difesa per non sentirsi mai coinvolti e non metterci nulla di personale, non sporcarsi mai le mani con la gioia e l'amore, perché non voglio soffrire, così se dico che niente è importante e gli esseri umani sono brutti e cattivi, in un certo senso, vivo meglio. Vivo..
Invece una serie come Six Feet Under ti spinge a riflettere sul comportamento degli altri. Ti spinge ad uscire dal tuo pensiero rassicurante, comodo, perché ti mostra come gli esseri umani siano deboli e meschini, ma capaci anche di grandi gesti d'amore. Prendiamo Nate e Brenda, il loro prendersi e lasciarsi, perdersi e ritrovarsi. Io sarei portato a condannare una persona come Brenda ( sopratutto quando spara a raffica le sue cazzate durante la prima stagione, quando era amica della sua cliente che di professione faceva la prostituta), ma durante le cinque stagioni ella evolve, prende coscienza dei suoi limiti e sul finire della quinta, mi son scoperto a volerle bene. Non giustificarla, ma comprenderla e apprezzare la fatica che fa per vivere al meglio la sua relazione travagliata con Nate e con sé stessa. Nate lo adoro perché, come me, cerca di fare sempre del proprio meglio e cade. Penso che sia il personaggio più tragico della serie. La vita si accanisce duramente contro di lui, ma egli non scappa dal dolore. Il rapporto magnifico che ha colla figlia, ci fa capire che un personaggio destinato, in altri lidi, a esser il cazzone di turno, qui è un uomo straordinario perché imperfetto, ma capace di grandi slanci d'amore verso la sua piccola.
Così personaggi che nella vita io potrei condannare con superficialità, attraverso una serie tv, mi spingono a pormi domande e a perdonare.
Una serie tv fa quello che nella vita normale ci dimentichiamo di mettere in pratica: provare compassione, pietà, tenerezza per chi è diverso da noi.
Non è stato facile per me apprezzare Brenda o Claire e i suoi "amici artisti". Non lo è perché la mia educazione ed etica mi portano da altre parti. Eppure alla fine ho pianto per loro. Come se fossero mie sorelle.
I cretini ti parlano di persone contronatura. Vedono come uno scandalo da nascondere e negare, per il decoro e la pacifica convivenza, l'amore tra due persone dello stesso sesso. I cretini ti parlano di famiglie tradizionali in pericolo di estinzione. Di lobby gay. Io vedo solo delle persone che si amano. Persone che per secoli si sono dovute nascondere, negare la loro natura, vivere vite false, per compiacere genitori e società. La colpa non è di chi ama una persona dello stesso sesso, ma di chi si rifiuta di vedere quel sentimento. Vuol dire che non si è mai amato nessuno.
Certo, sia ben chiaro, io non penso che i gay siano a prova di errore, o che siano sempre persone fantastiche. Ci saranno dei grandissimi stronzi, come ce ne sono tra gli etero. Però quanto ho patito, tifato, pianto e gioito per David e Keitrh. Quante volte ho riconosciuto nelle dinamiche di coppia di questi due, le stesse che vivo con mia moglie. Io sono come David, quello che ha maggior bisogno di essere confortato, di sapere che le cose vanno bene, forse a volte un po' distaccato, chiuso, ma con grande bisogno di affetto e amore. In un mondo che si scandalizza per i gay pride e pensa che queste cose siano nocive per le sorti meravigliose e progressive della sinistra o della società, questa serie ci mostra una coppia di innamorati. Ci fa toccare la profondità del loro sentimento. Non viene tralasciato nessuno ostacolo o problema, non sono santi. Ma d'altronde chi lo è? Noi non possiamo che emozionarci per loro. Amarli.
L'amore è il vero protagonista di questa serie. Amore che Federico mette nella sua professione. Trovo commovente quanto impegno e delicatezza metta al servizio dei parenti dei morti. Il cadavere, nelle sue mani, non è un pezzo di carne fredda. Federico crede nella vita e la celebra facendo del suo meglio col suo lavoro. Costui è uno dei miei personaggi preferiti. Complesso e sfaccettato, capace di grande affetto e chiuso in posizioni reazionarie. Lui riveste bene i panni di un angelo custode che accompagna i morti nell'ultimo viaggio.
Perché in questa serie tutti sono importanti. Anche i personaggi minori, o quelli che compaiono per poche puntate. Sono tutti veri, concreti e ognuno di loro ci lascia un suo indelebile ricordo. Una riflessione, una sensazione, qualcosa che scioglie il nostro cuore e ci spinge a confrontarci con il fatto che la vita e gli esseri umani sono assai complessi. Anche chi come Federico o Ruth, ci sembrano bigotti, reazionari, incapaci di aprirsi agli altri, eppure tanto il giovane imbalsamatore quanto la matura Ruth, sono capaci di slanci, mettere l'esigenza di sentirsi amati al centro delle loro storie.
Ruth è una donna che ha sacrificato la sua vita per gli altri: la famiglia di origine, il marito, i figli. Cerca una sua autonomia e una relazione seria. Ma andrà incontro a diversi guai e delusioni. È una donna all'antica che però rimane affascinata dalla vita libera e alternativa che vivono le altra. Ma non è debole, non è lei fuori posto, è il mondo che non ha spazio per le persone come lei.
Six Feet Under non offre ai suoi personaggi e a noi soluzioni di comodo. Non c'è la gloria finale, i sogni che diventano realtà, non tutto va come dovrebbe andare.
La vita è testarda e decide per noi, ma quello che possiamo fare è cogliere la felicità nei dettagli, nelle relazioni, nel comprendere gli altri.
Ecco, visti i tempi, questa è una grandissima e importantissima lezione.
Ps: la mia amica Lucia, anni fa, aveva scritto una bellissima recensione su questa serie.
Ecco, se volete leggere qualcosa di più oggettivo e serio, questo è l'articolo.https://ilgiornodeglizombi.wordpress.com/2011/12/21/six-feet-under/
Ps 2: dedico questo post a tutti i buonisti, petalosi, che sanno amare.
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