Un film semplice, lineare, non originale nella trama ma per me non è un problema. Per quanto mi riguarda al genere non chiedo originalità a tutti i costi, mi accontento di una buona storia e questo film, a mio modesto avviso, ha un racconto universale capace di conquistare anche gli spettatori poco avvezzi e attenti al genere horror.
La pellicola è la rielaborazione di un corto del 2013 e come tema mi ha ricordato un po' Train to Busan. In realtà colla bellissima opera sudcoreana ha da spartire solo l'impegno di un padre nel salvare la figlia. No, a ben vedere ci sono pure degli infetti/zombi affamati di carne umana, dai quali i due dovranno difendersi.
Mentre nel film asiatico la bambina è già grande e il padre è un uomo d'affari assente nella sua vita, qui si punta di più sulla figura paterna.
L'Australia è vittima di un misterioso contagio che sta trasformando i suoi abitanti in esseri affamati di carne umana. Una volta che si viene morsi si ha al massimo un paio di giorni prima di trasformarsi in cannibali, dopodiché è impossibile trovare una guarigione. Il governo ha messo a disposizione una siringa con un siero che porta alla morte invitando di fatto la popolazione al suicidio. Andy colla sua famigliola (composta da sua moglie Kay e la loro figliola di nemmeno un anno) viaggia al sicuro sul fiume. Un giorno per una disgrazia la moglie finisce contaminata, così si decide di attraccare la loro "imbarcazione" ed inoltrarsi nell'entroterra.
Qui avviene la svolta che rende il film qualcosa di meglio e più che un semplice film post-apocalittico: Andy viene morso dalla moglie.
Ormai è anche lui un contagiato e in poco tempo si trasformerà in un mostro. Prima deve trovare un rifugio sicuro per sua figlia.
Questa missione cambia l'approccio alla materia, almeno in parte. Ripeto è un film medio e non raggiunge mai vette di lirismo o terrore incontrollabili o ingestibili, però segue una linea ben precisa nel mettere in scena questa storia: quella della speranza.
Io amo il genere post apocalittico, davvero non mi stanca mai. Anche le opere meno brillanti o meno riuscite hanno sempre degli elementi che catturano la mia attenzione. In particolare amo che nel genere non manchi mai la speranza.
Infatti l'unico difetto che potrei fare a questa categoria di film è che puntino spesso a un nichilismo e cinismo di bassa lega. I peggiori insistono su quanto siano squallidi gli esseri umani e per cui è un bene che si estinguano.
Io invece credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere umani. Costoro ci saranno sempre, non scompariranno, al di là di quanti esseri umani rimangano in giro dopo l'apocalisse.
Cargo fa parte di questa categoria. Martin Freeman è perfetto nel ruolo di un padre che decide di salvare la sua unica figlia, pur sapendo che egli non ha più speranza. La cosa migliore è che per tutta la durata del film, lui rimane un uomo normale, Non fa o dice cose eccezionali, anzi non è proprio un uomo che eccelle in qualcosa. Andy è solo un uomo e un padre.
Un uomo e un padre che ama la sua bambina.
Un rapporto padre e figlia che viene messo in scena senza retorica alcuna, lasciando spazio solo alla normalità e quotidianità dei gesti affettivi in un mondo che va alla deriva.
Mi è piaciuto il punto di vista del film, quello dell'uomo comune. Ho gradito perché non credo negli eroi, non ne ho bisogno. Trovo che l'eroismo non abbia nulla di spettacolare o particolare ma sia un atto di responsabilità individuale o collettiva, a disposizione di tutti noi.
Andy non ha una mira infallibile, non è un guerriero, però ha una missione da compiere e si impegna a portarla a buon fine. Un po' come capita a tutti noi durante la nostra vita. Certo non abbiamo a che fare con degli infetti ma ci sono tanti, troppi dolori da sostenere, troppe cose che non vanno come dovrebbero andare e c'è sempre un momento in cui un figlio, un coniuge, un genitore hanno bisogno di noi. L'eroe non si tira indietro ma non ha nessun potere, se non quello dell'amore verso la persona in difficoltà.
Qui entra in gioco un altro elemento di grande interesse (lasciato un po' sullo sfondo ma di grande efficacia) una riflessione sulle origini dell'Australia. Terra di aborigeni conquistata dai bianchi. Infatti una delle poche comunità resistenti è proprio quella degli aborigeni. Andy farà amicizia con una ragazzina di nome Thoomi che sarà decisiva per lo svolgersi degli eventi nella pellicola.
Ella fino all'ultimo non ha voluto abbandonare il padre infetto. L'amore di una figlia è tanto forte come quello di un padre per la sua bambina, per questo Andy e Thoomi sono personaggi che hanno molto in comune anche se di etnie ed età diverse.
I registi ci vogliono dire che la salvezza nasce intorno a un popolo antico, che nei secoli ha subito atti di violenza ed isolamento per mano di altre persone. Ora costoro possono ritornare ad essere padroni della loro terra. Questo discorso, più politico e sociale, rimane nello sfondo perché il tema principale è quello del padre che fa di tutto per salvare la figlia. Però è ben presente e in questi tempi di xenofobia incontrollata e di presunzione sulla bontà degli occidentali è un bene metterla in scena.
Cargo è solo un piccolo film, anche dimenticabile col tempo, ma dalla sua ha la visione di un mondo che resiste fino a quando c'è comunità, collettivismo, attenzione e difesa degli altri. Un mondo che, per quanto brutto, non potrà mai distruggere la bellezza dell'amore che un padre prova per la figlia. Un film che si chiude con un bellissimo finale, almeno per quelli che come me credono che gli esseri umani siano migliori di quanto si dica e immagini.
lunedì 30 luglio 2018
CARGO di YOLANDA RAMKE e BEN HOWLING
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