Io amo i film in costume. Quelle pellicole ambientate secoli fa, che narrano vicende di potere e amore ,possibilmente girate in un qualche lussuoso castello o palazzo signorile. Mi incantano i costumi, l'abbondanza di cibo, il modo di esprimersi raffinato delle persone. No, vabbè in sostanza mi piacciono gli intrighi di corte, l'abilità di ottenere uno scopo usando astuzia e argomenti più o meno validi. Tra gli argomenti validi, io e il mio amico Niccolò Machiavelli, ci mettiamo anche l'omicidio con carcerazione di un nemico a scelta. Ah, quei secoli! Rammento con estremo piacere la gioia che provo vedendo capolavori come " Il leone d'inverno", " Un Uomo per tutte le stagioni", " Becket e il suo Re". Ah, dimenticavo... Questi film in costume da me tanto amati devono aver a che fare con l'Inghilterra.
Per cui l'opera a cui è dedicata questa riflessione indisciplinata rientra totalmente nel cinema che amo e amerò sempre.
Non fosse per un piccolo particolare... Non amo il cinema di Lanthimos. Oddio, che bestemmia! Oddio che mancanza di cultura cinematografica! State bbboni! Possiamo anche non amare il cinema di validi e ottimi autori. Perché lo stile del regista è respingente, o tedioso, o ci lascia del tutto indifferente. Indifferenza e il pensiero rivolto alle lancette dell'orologio, ecco cosa rappresenta per me il cinema del regista greco.
Proprio per questo motivo non avevo tutta questa voglia di andar a vedere questo film. Poi la passione per il genere e per gli intrighi ha vinto su tutto. Tranne che sul mio giudizio di questo primo della classe che ha imparato a memoria la tecnica dei maestri, di cui penso non guarderò le successive pellicole. Mi pare giusto. Ci sono troppe cose da vedere e non sono più giovane. Per cui mi concentro solo sulle cose che mi piacciono (anche di livello infimo rispetto al Maestro Lanthimos) lasciandolo a chi lo ama e prova gioia ogni volta che esce un suo film.
La vita in questo mondo è già durissima, lasciate almeno che andare al cinema e veder i film sia una cosa meno cerebrale, intellettuale, cinefila e più legata alla gioia, alla passione, alla felicità (anche se magari il film è tragico).
In ogni caso, alla fine della visione posso dire che il film non mi è dispiaciuto.
Come possiamo rimanere indifferenti davanti a una tale prova di bravura delle protagoniste? Olivia Colman è straordinaria nel ruolo della Regina Anna. Non c'è nulla di regale, nobile, irraggiungibile in questa donna malata, sola, a tratti infantile che si ritrova a gestire una difficile situazione politica, manovrata da tutti e tutte.
Una donna che ama i suoi diciassette conigli, ognuno chiamato col nome dei suoi figli perduti. Una persona schiacciata da un destino crudele ma capace anche di usar questo potere per vendicarsi o sentire di aver un minimo di forza sull'altra persona. Difficilmente sullo schermo si è vista una regina così debole e umana. Come di fatto par fosse durante il suo regno. Costretta ad occuparsi della sua salute diede ampio potere ai suoi ministri, (il più abile di tutti fu il "tory" Robert Harley) e alle sue "favorite" Sarah Churcill e Abigail Masham.
Il film narra lo scontro tra queste due donne per ottenere le grazie della regina e un potere non da poco.
Sarah Churcill è legata alla Regina da un forte sentimento e passione. Le due donne si conoscono fin da bambine o poco più, il loro rapporto non si basa solo sulla gerarchia dei ruoli, sull'ipocrisia per rimanere intima di una persona potente. Seppure problematico, contorto, a tratti crudele tra le due donne c'è amore. Certo Sarah si sente intoccabile, invade spesso e volentieri il campo di Anna, prende decisioni politiche che non la competono, ma è forse l'unica che in fondo prova un po' di amore e affetto per la Regina.
Sarah è una scaltra stratega, una di quelle persone che conoscono benissimo le loro qualità e peccano di sicurezza nei confronti dei propri mezzi. Talmente sicura del suo potere anche- e sopratutto su Anna- da non accorgersi del gioco di Abigail, una sua lontana cugina.
Quest'ultima era una donna della buona società fino a quando suo padre ha perso tutto il suo patrimonio a causa del gioco d'azzardo. Comprata da un laido tedesco, ella subisce umiliazioni e violenze fino a quando prende a balzo la possibilità di far carriera nel castello dove risiede la regina.
Approfittando di una lontana parentela con Sarah, calcolando ogni parola, gesto, per scalzare la cugine e diventare la nuova favorita di Anna.
Ossessionata e tormentata dalla fame di potere celata dietro a un comportamento gentile, educato, modesto e una mancanza di morale che sarà fonte di vittorie e amarissime sconfitte.
La guerra tra queste due signore non è meno cruenta rispetto a quella che vede coinvolti i tory contro lo schieramento dei whig, o quello degli inglesi contro i francesi.
Nulla conta come mantenere il proprio potere a corte o in parlamento. Tutti si affannano a vincere e distruggere i nemici, ma sopra ogni cosa domina la misera condizione del genere umano.
Il film avvince proprio mettendo in scena questo scontro, appesantito per me da un fin troppo esibito auto compiacimento del regista, i personaggi, i dialoghi, sono a tratti davvero eccellenti. L'astuzia e scaltrezza femminile usate per intortare la regina o sbarazzarsi della rivale, sono il motore di questa opera. Si avverte il peso tragico del destino, di un potere assoluto che manovra i suoi rappresentati terreni, la profonda e inevitabile amarezza quando si scopre che la corsa al potere ci darà qualche vantaggio rispetto ad altri, ma alla fine siamo destinati a esser come i conigli della regina: liberi di correre nella stanza ma destinati a rimanere chiusi nelle gabbie.
Talora una gabbia è grande come l'ambizione di persone abiette o come un castello.
mercoledì 30 gennaio 2019
La Favorita di Y. Lanthimos
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2 commenti:
Concordo: è un film molto amaro.
Le donne, quando combattono per il potere, sono ciniche e calcolatrici come i maschi. Non si fermano neanche davanti all'avvelenamento. Ma alla fine tutto si spegne nel dolore: Abigail resta in fondo una serva e sa che quando la Regina morirà dovrà sloggiare (come difatti avvenne nel 1714)
Non credo che arriverà la statuetta per il miglior film (i giurati faranno vincere ROMA per fare un dispetto a Trump); ma Olivia Colman l'Oscar potrebbe vincerlo.
Concordo col tuo commeto. Alla fine rimane un senso di sconfitta per tutte le protagoniste. Anche per me la Colman merita l'Oscar, lei è bravissima l'adoro da quando l'ho vista in Broadchurch.
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