"Io mi devo difendere."
Questa frase detta dal personaggio di Michele Apicella in Bianca, descrive molto bene la maggioranza di uomini e donne che hanno deciso di vivere nell'insofferenza, diffidenza, in una solitudine tanto esibita, quanto nel profondo subita. Perché, non dimentichiamolo "la vera libertà è stare in due" Questa volta a parlare è Don Giulio. Il film quel capolavoro che è La messa è finita.
Ci sono tanti discorsi che pretendono la nobiltà della filosofia o del grande pensiero intellettuale, votate a dar credito a tutto ciò che è pessimista, rancoroso, debole, egoistico, con la scusa che la vita è dura, il mondo fa schifo, l'amore è una sciocca illusione. Uomini e donne fieri di non essere consolatori, come se consolare fosse una cosa ignobile e meschina, ma che nella verità si nascondono, fuggono, dietro alibi, giustificazioni, due soldi di cultura buttati via. Non credete a chi vi dice che siamo soli, che gli altri sono un ostacolo alla nostra felicità. Sono parole per salvarsi da un dolore che non sappiamo gestire, per cui comprensibile, ma non sono vere. Col tempo quasi tutti ce ne accorgiamo.
Perché ha ragione Derek, la gentilezza è fondamentale e importante, e a parte certi irrecuperabili - per cui attuiamo con gentilezza la giustizia proletaria- la maggior parte delle persone se trattate con rispetto, attenzione, affetto, si dimostrano meglio di quello che sono.
Il giorno della nostra morte arriverà implacabile. Una seccatura, come quando sei costretto, da piccolo, ad andar a pranzo dai parenti. A noi piacerebbe un finale in grande stile, perché in fin dei conti la vita è una meravigliosa recita ed è venuto il momento di salutare il pubblico. Purtroppo non per tutti è possibile andarsene con stile, dicendo le ultime famose parole. Si boccheggia, nella semi incoscienza, in un letto che non è il vostro, un anonimo giorno di pioggia feriale. La gente lavora, si perde in mille scemenze, ha paura di tutto, non si fida di nessuno. E voi morite.
Per cui potreste dirmi: vedi che muori solo? Lo diciamo perché diamo per scontato le cattiverie ed assenze altrui. Dando poco peso a tutto il bene, le attenzioni, la mano che ci sfiora prima di morire, donata a noi dagli altri.
Ci siamo abituati che esser sinceri significa essere teste di cazzo. Ci siamo abituati ad ascoltare per far polemiche sterili, che dobbiamo blasterare, mi raccomando! Negli altri vediamo il nemico, colui che ci impedisce di essere felici. E allora ditemi, quale felicità vi ruba una persona che si mostra gentile con voi? Le piccole esigenze personali, la vigliacca fuga da una analisi lucida e spietata dei nostri problemi, tutte cose che ci servono per resistere ai duri colpi della vita.
Ci vuole troppa disciplina, fermezza, decisione, organizzazione per essere teneri, affettuosi e gentili con noi stessi e gli altri. Troppa. Meglio consolarci con i nostri disastri, le mancanze, le ossessioni, che pretendiamo di normalizzare.
Lo so, perché lo faccio anche io. Mi sento inadeguato, stanco, sono convinto di essere sempre e comunque un peso, il peggiore dei peggiori, e allora mi lascio andare. Mi scorre addosso la vita, la gioia, il dolore, tutto. Lontano dal mondo, da ogni essere vivente. Perché? Anche io devo difendermi. Da chi? Da me, dai miei disastri, dal coro greco di persone che nella mia testa me ne dice di tutti i colori. Mi limito a osservare il disastro che sono, che è il mondo in cui vivo. Detto questo, ho anche cominciato un lungo percorso di miglioramento personale, vado in terapia, faccio piccoli e significativi passi in avanti, che poi nego a me stesso quando "sto male", ma li faccio per quanto trascurabili agli occhi degli altri. Li faccio perché ho capito che intorno a me ci sono molte persone che mi vogliono bene e che ognuna di loro con gesti piccoli o grandi mi rende la vita migliore, degna di essere vissuta.
Che nessuno uomo è un'isola. Certo, ho dovuto incontrare mia moglie, il faro illuminante della mia vita. La persona che ha dato inizio alla mia rinascita.
Perché esistono persone stupende come Derek che non ha alibi, giustificazioni, non campa di masturbazioni mentali. Riconoscono il dolore, la sofferenza, ma cercano di accompagnarci nella nostra vita piena di tribolazioni con la loro gentilezza, generosità, amore. Lo fanno perché sanno che ognuno di noi merita di uscire dalla scena con qualcuno che applaudi alla sua vita, a quello che ha sognato, desiderato, perduto.
Dietro alle risate ( e in questa serie si ride tantissimo) c'è la malattia, la morte, le vite colpite e spezzate dei perdenti. Uomini sconfitti e non come succede nei film americani, cioè rielaborati affinché il pubblico benestante possa rendersi conto che esistano gli altri, ma che costoro sono solo un po' particolari e fondamentalmente comici. Qui ridiamo delle battute e per le situazioni, ma i personaggi sono tutti tragici. Sopratutto non addomesticati, ripuliti. Sono squallidi, ripugnanti, osceni, volgarissimi e odiosi. Eppure sono proprio loro che meritano la carezza, l'abbraccio, il sostegno totale e assoluto casino dopo casino.
Tutto questo lo noti nel bellissimo, meraviglioso, straordinario personaggio di Kevin - interpretato benissimo da David Earl- un alcolizzato senza gloria, un viscido e squallido maniaco sessuale, un uomo volgarissimo. Uno che non fa nulla, beve e dice cose sessualmente imbarazzanti . Eppure in tutto questo orrore di uomo c'è una cosa che io ho colto al volo, ma l'avranno colta tutti quelli che pensano di non meritare nessun tipo di amore, cioè un fortissimo desiderio d'amore, la voglia di esporla alla luce del sole tutto l'affetto, la dolcezza di cui è capace. Per questo il rapporto con Derek è fondamentale, lo aiuta a non sprofondare di più. In una serie in cui, come pubblico, siamo portati a piangere moltissimo, il personaggio di Kevin è quello che mi ha commosso di più in assoluto. Mi ha ricordato quel passo delVangelo, forse di Luca, in cui parlando delle opere di bene, del far del bene per gli altri, ci esorta a farlo per chi odiamo, i nostri nemici. Perché quello è il gesto che dona davvero importanza a far il bene: essere disinteressati e muoversi solo per evitare che gli altri stiano rinchiusi nel loro dolore.
Kevin è il personaggio verso cui il bene che fa Derek diventa azione quasi mistica, quasi divina.
C'è anche un bellissimo discorso sulla vecchiaia e gli anziani. Proprio ora che sono tra i più colpiti dal Covid-19, in un momento in cui nazioni che di solito stanno al primo posto tra gli esterofili di sta cippa, in cui ritenendo che la vita non sia sacra- che enorme cazzata- si reputa che la perdita di persone che comunque hanno già vissuto la loro vita, sia una perdita accettabilissima.
Derek va controcorrente. Ci rammenta che c'è vita fino all'ultimo, che gli anziani hanno il diritto e il dovere di vivere serenamente i loro ultimi anni su questo pianeta, di ridere e scherzare, forse anche innamorarsi, aver qualcuno che li ascolti e li accolga con trasporto e una esibizione cristallina delle emozioni.
La casa di riposo gestita benissimo da Hanna, bravissima Kerry Godlman, è la rappresentazione dell'ostinazione, l'amore per la sua professione, della donna e dell'amore purissimo che Derek riesce a dar a ogni ospite, collega, persona ed essere vivente che incontra nella sua via.
Quando riesci a far ridere, piangere, rendere i personaggi non degli stereotipi senza vita, ma persone a cui ti affezioni, vuol dire che stai facendo davvero un ottimo lavoro.
Gervais si conferma, dopo After Life e un buon numero di film riusciti, come uno tra i migliori autori di commedie venate di dramma, attualmente operativi.
Consiglio questa serie tv che non teme di essere sentimentale.
Opera melodrammatica, volgare e comica, mantiene sempre un livello alto; la consiglio perché sarebbe un grosso errore perderla. Derek non ha paragoni di sorta, è altro e oltre.
Vita rappresentata con dolore, partecipazione, umanità.
Penso che tutti abbiamo bisogno di queste cose. Di toglierci il peso della sofferenza fine a sé stessa e puntare a una sana e reale redenzione.
mercoledì 20 maggio 2020
DEREK di Ricky Gervais
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3 commenti:
Dopo la delusione della seconda stagione di After Life, potrei recuperarlo, questo Gervais delle origini!
Guarda a me è piaciuto moltissimo anche la seconda stagione di After Life. L’ho trovata toccante e ironica come la prima . Poi ho apprezzato tantissimo anche Humanity, il suo show comico.
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