Possiamo parlare di una scola italiana per quanto riguarda il genere gotico? Al pari dei film della Hammer e di quelli prodotti da Corman? In fin dei conti da I Vampiri di Freda, che però alla fine risulta poi confinato nel giallo e nel poliziesco, fino al Signor Diavolo di Avati, non c'è forse una tendenza a narrare storie cupe, lugubri, con spesso alla base terribili segreti e letali maledizioni giocando, appunto come fa benissimo Avati, anche su atmosfere provinciali? Forse a noi manca quel tipo di letteratura, di narrazione anche orale, che trova più spazio e sostegno nelle terre fredde e desolate del nord Europa, oppure nel caldo soffocante del sud degli Stati Uniti. Però, fossero anche opere di mera imitazione, è indubbio che il cinema italiano ha impreziosito il genere con delle vere e proprie chicce, mi vengono in mente due film di Margheriti: Danza Macabra e I Lunghi Capelli della Morte. Lo stesso Bava ha donato al genere opere splendide durante gli anni sessanta. Tuttavia non mi pare che ci siano degli studi da parte di critici legati al gotico italiano. Può darsi che mi sbagli, così fosse correggetemi pure e suggeritemi un libro che affronti questo particolare genere all'interno dell'horror.
Tra le opere migliori del gotico italiano, c'è sicuramente Il mulino delle donne di pietra. Diretta da un regista che ha attraversato quasi tutti i generi che la nostra industria tra gli anni sessanta e settanta produceva, per cui Peplum, spaghetti western e horror. Costui ha anche diretto un ottimo horror dalle atmosfere inquietanti La Notte dei Diavoli. Un film che a mio avviso ogni amante del cinema dell'orrore dovrebbe vedere.
Siamo di fronte a un cinema schiettamente popolare, ma capace anche di raffinatezze, sottigliezze, attenzione alla trama e ai personaggi che sono funzionali al mistero da svelare. Questo tipo di pellicole oggi annoierebbe mortalmente molti dei nuovi spettatori, i quali devono esser sempre catturati e tenuti svegli con una lunga sequela di jump scare a cazzo di cane. Questo tipo di cinema, invece e per fortuna, se la prende con calma. Vuol dar spazio alle relazioni tra personaggi e gettare piccoli indizi su quello che succederà.
L'opera è ambientata in terra fiamminga e narra le vicissitudini dello studente Hans Von Amin che si reca nel mulino/abitazione del professor Gregorius Whal, uno scultore che vive con la figlia Elfi. Il giovane è interessato a certi aspetti dell'arte olandese e per questo chiede lumi all'illustre artista e professore. In modo particolare la sua attenzione è catturata dalla esistenza di un enorme carrilon situato nel mulino, ad ogni ora alcune statue con sembianze femminili, che rappresentano donne importanti del passato come Giovanna d'Arco e altre, site su un nastro trasportatore fanno il loro giro, intrattenendo e incuriosendo gli spettatori. Hans è diviso tra un suo amico e una giovane donna che frequenta nei suoi soggiorni olandesi e l'attrazione per Elfi. I fatti precipitano quando la giovane spira improvvisamente tra le braccia del giovane uomo, da qui comincia un lungo incubo per Hans che lo porterà a scoprire un terrificante segreto di morte e sacrifici.
Il film è il primo horror girato a colori in Italia, stiamo parlando del 1960. Questa scelta, per me, si rivela vincente proprio perché il colore dona calore e inquietudine all'ambiente e alle statue in modo particolare. Si rimane colpiti dalle atmosfere che dietro alla luce, alla pace apparente del paesino, ai volti di gente perbene nasconde un orrore infinito. Un uomo disperato per la malattia della sua adorata figlia che scopre un metodo crudele per poterle dar pezzi di vita, momenti in cui gli è possibile strapparla alla morte e tenerla stretta a sé, per ottenere tutto ciò è necessario dissanguare delle giovani che in seguito verranno pietrificate e poste come attrazioni popolari all'interno del gigantesco carillon.
Per far questo va bene anche assoldare un medico radiato dall'ordine, un sordido criminale, che finirà per provare attrazione per la giovane donna. Pagandone il prezzo.
Per cui un'opera che indaga sul lato oscuro, morboso, folle dell'amore. Un amore che non ha più nulla di benevolo, tenero, buono, ma è solo l'incapacità di sapersi staccare da una persona che inesorabilmente stiamo perdendo. A suo modo una riflessione sul lutto, la impossibilità di accettarlo e superarlo, che porta una persona a impazzire totalmente e a trasformarsi in un mostro feroce, spietato, il tutto inserito in un luogo sospeso tra meraviglia e oppressione, arte e morte. Sopratutto un film che ancora oggi dopo tantissimo tempo rimane affascinante, coinvolgente, e capace di regalare anche qualche reale brivido. Umanizzando nel finale il cattivo di turno, impossibile non provare pena per la ingiusta sofferenza che su è abbattuta su di lui e la povera figliola.
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