martedì 12 luglio 2016

il figlio di Saul di Làszlò Nemes

Il cinema della memoria, più precisamente legata allo Shoa, è un filone ben precis, con regole ferree,  scopi educativi, che nel mostrare e raccontare la stessa storia, con piccole variazioni, tende a massificare il ricordo, a renderlo quasi standardizzato, e appunto cinematografico. Sappiamo il dolore, la storia ce lo insegna. Quello degli ebrei, che era condiviso anche con altri: omosessuali, comunisti, zingari, oppositori o razze minori, secondo la follia lucidissima e appartenente al genere umano, che rispondeva al nome di : nazismo.
Non che noi italiani siamo stati di meno. Africa, Jugoslavia, Grecia, ci siamo fatti notare anche noi. Però la nostra è la crudeltà degli eterni bambini.Che poi si giustificano dicendo che : è stato lui a cominciare, mica volevo fargli davvero male. Popolo che ha una lunga tradizione di vigliaccheria e di menzogne sul proprio conto. Nemmeno la nobiltà della caduta, del guardarsi in faccia con cruda disperazione. Questa però è altra storia, materia per altro blog.
Ritorniamo alla domanda iniziale: è possibile descrivere l'orrore dei campi di concentramento, sterminio, senza la necessaria retorica, senza la scena madre di follia e violenza nazi? D'altronde Hollywood ci ha abituato a quel modo di girare storie ambientate in quei terribili posti. Eppure, c'è sempre qualcosa di troppo pulito. Anche nei lerci pigiami, nei visi scavati, nel fango del campo. Cìè forte e visibile la macchina industriale del cinema americano. 
Lo Shoa come Ben Hur, un Kolossal per le masse.




Poi, in una calda serata estiva, ti imbatti in codesta pellicola. Sai che è importante, l'hai letto in ogni ove, sai il tema, sai che sarà sempre la stessa storia. Non puoi inventare nulla su un tema così importante.
Ed infatti : non si inventa nulla, eppure...
Ecco dovessi tramandare ai posteri un film, uno solo, su questo argomento, sceglierei questa pellicola.
E sarebbe un'ottima scelta. 
No, non c'entra che sia un film poco propenso a romanzare, perché-per fortuna non è un film trattenuto- anzi nel suo essere così asciutto, essenziale, non limita o ignora affatto l'emozione. Che esplode per tutta la visione. Indimenticabile il viso di Saul, quasi impassibile, da uomo destinato alla fine, ma che ha una missione: seppellire suo figlio.
Saul fa parte di una squadra di detenuti ebrei ce nel campo ha la missione di accompagnare altri ebrei verso le docce.Angeli sterminatori della propria gente, che finiranno a loro volta sterminati.
Il punto di vista diventa subito altro, e ti spinge a porti molte riflessioni: come è possibile che si collabori sapendo che prima o poi tocca a te? Come è possibile esser efficienti in un contesto simile? Non ti viene voglia di ribellarti? Come è possibile farsi guidare verso la morte?
Non eccede nella solita messinscena, non c'è appunto il desiderio di far cinema hollywoodiano mescolando industria, spettacolo, incassi, facili emozioni a buon mercato e Shoa.  Il Figlio di Saul strazia l'anima e il cuore con pochi elementi. I rumori sopratutto. Tenendo la macchina da presa fissa sul volto del protagonista e lasciando fuori, sfocati, molti elementi drammatici e crudi. Ci sono le masse di deportati che battono sempre più forte sulle porte per uscire dalla camera a gas. Così senti come muore un uomo, ed è una cosa terrificante, ancora peggio che vederlo.  I rantoli, le urla soffocate, le bestemmie e il pianto . A questo si riduce l'umanità che va verso la morte.
Poi un giorno ti par di veder tra tutte quelle persone, tuo figlio. Per un po' ha resistito al gas. I nazisti lo hanno ucciso brutalmente, che non sia mai. Ci tengono al lavoro ben fatto. Da quel momento, per te, Saul, comincia la disperata corsa alla ricerca di un rabbino per la sepoltura del tuo figliolo. E non importa che magari, come dicono molti, non sia tuo, ma basta a tutto quell'orrore, a quella vita che è morte in ogni momento. Nel frattempo si prepara e si mette in atto una reazione armata contro le bestie naziste.
Però non ti interessa nemmeno ribellarti, tu vuoi fare un gesto di pura  umanità. Lasciare che un cadavere abbia le sue preghiere, che venga sepolto, che qualcuno possa andar a portare fiori, una preghiera, qualcosa.
Film soffocante, che segue da vicinissimo il suo protagonista, dando l'impressione di poter sentire ogni spinta, ogni mano che trattiene, c'è sempre un febbrile movimento.
L'opera seppure inserita in un certo contesto non è affatto come le altre, perché il cinema pur presente fa un passo indietro e tu sei al fianco del protagonista e lo segui nella sua missione.
Nel rumore, nell'indifferenza, in un destino donato alla morte e che non puoi cambiare, c'è l'ostinata voglia degli esseri umani di non perder l'umanità, oltre il risultato concreto.
In tutto questo c'è la grandezza di Saul.

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